sabato 29 gennaio 2011

INTERMEZZO

LA VOLPE

Un altro intermezzo fra le puntate del racconto incasinato. Il fatto è che ho voluto seguire gli eventi, e la volpe mi è letteralmente piovuta dal cielo. Da New York Alberto, grande amante degli animali, mi ha inondato di immagini di volpi, Raffaele l' ha citata in un suo commento al post " i viaggi di Gilles" e poi mi sono imbattuta sul mio quotidiano preferito: la Voce, in un racconto sulla caccia alla volpe che sembrava una mia memoria.
E allora mi tocca parlare della volpe.
Si tratta di un animale estremamente adattabile , che colonizza qualsiasi ambiente a disposizione, trovandosi un posto anche nelle periferie delle aree urbane. Il suo cibo prediletto sono conigli e roditori, ma la volpe è un cacciatore opportunista e si adatta all'ambiente in cui vive.

Normalmente vive in coppia, con i cuccioli, la madre non li abbandona mai , si dedica interamente al loro allattamento e viene nutrita dal maschio.Il maschio marchia il territorio in modo sistematico e comunica con i propri simili attraverso segnali sonori, visivi, tattili e olfattivi. Una volpe può riconoscere un altro esemplare dall'odore, oltre a decifrarne il rango gerarchico e il livello sociale. È significativo sottolineare che, in questa specie, la coppia tende a riformarsi ogni anno e che il maschio solitamente partecipa attivamente alla cura e all'allevamento della prole, procurando il cibo e difendendo i cuccioli da possibili predatori.Quindi non si capisce bene perchè la volpe sia vista simbolicamente in modo negativo,soppratutto in epoca medievale, essa viene vista come la peggior specie di astuzia.

Se pensiamo alle favole di Esopo, troviamo una volpe scaltra ed orgogliosa, furba ma di tipo intelligente non nel senso cattivo ( astuzia per malvagità) o nel senso cretino( astuzia per fare del male a te e del male a me). La mia favola preferita è quella della volpe e dell' uva, in cui la volpe non riuscendo a prendere l' uva dice: " tanto non mi piace", trovo questo un bell' atteggiamento nella vita: il sapersi accontentare senza livore.Un altro esempio di tolleranza viene dalla favola in cui un tale pieno di rancore contro una volpe che gli recava danni, la catturò e per vendicarsi , le legò alla coda della stoppa e le diede fuoco. Ma un dio guidò la volpe nei campi di colui che aveva dato fuoco alla volpe e tutte le messi si incendiarono.

Questa favola mi fa tornare in mente l' odio/timore che i contadini avevano per la volpe. D' inverno, tanti anni fa, si instaurava una vera e propria lotta fra volpi e contadini, per la salvaguardia del pollaio.

" Attenta, la volpe è venuta questa notte, fai la brava, altrimenti ti porta via" questo era il ritornello che mia madre mi cantava, ed io me ne stavo tra il timore e la voglia di vedere la volpe, che in tutta la mia vita non ho mai visto dal vero.

Se i contadini riuscivano ad uccidere la volpe, i ragazzi passavano di casa in casa, con la volpe impagliata, ricevendo in cambio dolciumi e qualche soldo perchè era un evento.

A Ravenna, nella Chiesa di San Giovanni Evangelista vi è un mosaico bellissimo che rappresenta il funerale della volpe: in esso sono raffigurati due galli che portano una volpe morta, legata ed appesa ad un bastoncino. Probabilmente l'immagine risale al 1200 circa. Vi possono essere due chiavi di lettura per comprenderla del tutto. La prima è più semplice ed immediata: la vigilanza sconfigge l’astuzia. L’altra versione, invece, è leggermente più complessa: la perfida furbizia sarà vittoriosa, perché i vanitosi galli si accingono a portare nel loro pollaio, quale trofeo, la volpe morta solo in apparenza. L'animale è da sempre simbolo di frode, di ipocrisia, d'eresia. Molto spesso si finge morta solo per attirare gli uccelli e mangiarli. Sarà pronta alla caccia al momento opportuno: l’errore compiuto dai pennuti decreterà la fine loro e dei loro simili. I moniti scaturenti da questa immagine : mai fidarsi del male, mai vantarsi di averlo sconfitto senza aver prima duramente lottato. Come vediamo qui la volpe è vista proprio come malefica, ma io non vedo proprio nulla di malefico e nonostante l' ambiente in cui sono cresciuta, dove la volpe è ancora oggi malvista, trovo la volpe bellissima esteticamente e bellissima anche nei suoi rapporti biologici e di riproduzione e bellissima la sua adattabilità.

mercoledì 26 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

LUGH 31 Puntata

Vi ho parlato di Lugh in Romagna ed anche di Lugh divinità celtica.

Nei toponomi a volte rimangono più tracce che nella storia.

Ci sono molti luoghi dedicati a Lugh nell'Europa centrale e occidentale che testimoniano l'importanza del dio tra i Celti. L'antico nome Lugus sembra significhi “lucentezza, illuminazione”, è quindi connesso anche a tutte le capacità della mente umana. Lugh è l' occhio benevolo, egli sconfigge il nonno Balor che governa con l' occhio malefico. L' occhio e la luce sono la stessa cosa, la luce attiva la retina, che se non è stimolata non può iniziare a funzionare , la luce è sorgente di visione e la visione è sorgente di luce interiore e quindi di sapienza... ma se la visione è malefica la luce sarà tenebra.
Lugh significa luminoso è legato all'intelligenza, a come essa porti alla supremazia della mente sui problemi.
Lugh è esperto in tutte le arti, dalla poesia alla metallurgia, dall'arte della guerra alla musica.
Lugh nasce in un periodo di tensioni e pericoli. Il dio è figlio di Cian, figlio di Dian Cécht, e di Eithne, figlia dell'invincibile campione Balor, colui il cui occhio inceneriva tutto ciò su cui si posava. Lugh rappresenta la possibile riconciliazione tra Danai e Fomori (tra saggezza e forze del caos). Poiché la sua esistenza è un pericolo viene nascosto nelle profondità marine, dove apprende l'arte della poesia. Cresciuto, Lugh reclama il suo posto.
Secondo la tradizione gallese, egli è figlio di Arianrhod, la Dea Bianca, e di Gwyddyon, suo fratello. La madre, insofferente al nascituro, getta sul bambino tre geasa (divieti). Il bambino non deve avere un nome a meno che non gli venga dato dalla dea stessa, non può possedere armi se non donate da lei e non può avere in sposa una fanciulla mortale. Attraverso l'ingegno del padre Gwyddyon il bambino riesce ad aggirare i geasa , riuscendo ad avere un nome (la madre, stupita dalla sua abilità esclamò: Lleu Llaw Gyffes, che significa “Il leone ha la mano ferma” e che quindi divenne il nome del giovane dio), ad avere le armi (attraverso un travestimento fu la dea stessa a metterle nella sua mano) e una bellissima donna non mortale (venne creata dal padre mediante la magia e l'uso di nove fiori e il suo nome è Blodeuwedd, che significa appunto “viso di fiori”). Blodeuwedd tradisce il marito, riferendo all'amante Grown Pebr il suo punto debole, ma Lleu riusce a salvarsi e a sconfiggere il nemico. Blodeuwedd viene invece tramutata in gufo.

Lugh è l'archetipo dell'eroe salvatore, colui che porta il lieto fine. Lugh possedeva dei corvi profetici secondo le fonti più antiche.

Lugh è uno strano e molteplice dio che si confonde, si unisce e si divide. In lui si possono ritrovare: Cerridwen colei in grado di mutare il suo aspetto, Brigid la patrona tradizionale dei guaritori, della poesia e dei fabbri, i cui attributi sono la luce, l'ispirazione e tutte le attivita' associate con il fuoco e infine Morrigan a volte raffigurata con l'aspetto di un corvo, dea dell'acqua il cui suo pozzo sacro ha una fonte di conoscenza infinita ma è anche dea della guerra e delle battaglie.

immagine: Lugh

lunedì 24 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

ANTONIO ABATE, LUGH, HORUS,MITRA 30puntata 


Il racconto continua più incasinato che mai. Abbiamo visto che Antonio Abate potrebbe essere una traslazione degli antichi druidi ed abbiamo visto che la Romagna , ha anche radici celtiche . Gli antichi druidi erano i sacerdoti celti depositari della cultura, coloro che gestivano le varie tribù nei tempi di pace; non usavano la scrittura ma tramandavano oralmente i loro insegnamenti e per questo non ci sono arrivate molte informazioni. Il druidismo non aveva una gerarchia piramidale con una persona al vertice, ma era circolare, ogni pietra del cerchio era uguale all’altra. Si conosce il culto della Dea Madre, del Sole visto come Padre, un politeismo che muore poi con l’avvento del cristianesimo, ma noi abbiamo visto che il rito seppur nascosto si è tramandato. Alcuni dicono che lo studio della filosofia abbia avuto origini barbare, pare che Pitagora ascoltasse molto attentamente i druidi. Celti, Galli, Galati, sono sempre loro, cambia solo il posto dove si stanziano. I Galati hanno avuto contatti anche con l' Egitto, una loro divinità Lugh, ha qualche assonanza con Horus il falco egizio, simbolo del sole levante che è talvolta rappresentato con la testa sormontata, al posto della testa di falco, da un disco solare circondato da un cobra che rappresenta la fiamma. Horus e Lugh hanno anche in comune una storia sul perdere e ritrovare l' occhio. Da Horus e Lugh possiamo avvicinarci a Mitra, questi uccide il toro ( la parte femminile o luna) esaltando solo il sole, ma i drudi/magi terranno la memoria della Dea Madre e le porteranno i doni il 6 di gennaio. Con il tempo la Dea ritroverà il posto che le compete. Vi siete mai chiesti perchè lo Spirito Santo è rappresentato come una colomba? La colomba rappresenta lo Spirito Santo ( al battesimo di Gesù lo Spirito Santo discende sottoforma di colomba) altre volte le colombe rappresentano l' anima, ma prima del culto cristiano le colombe rappresentavano l' amore, ed erano sacre ad Afrodite, nel santuario di Erice, in Sicilia, Afrodite si manifestava in colomba. Lugh, o almeno uno dei suoi tanti aspetti, si festeggiava il 17 gennaio proprio come oggi si festeggia Antonio Abate, ed hanno gli stessi attributi: la luce , il fuoco, la guarigione, la sapienza. Vorrei anche dirvi che Lugh o Luz a volte è identificato con Lucifero, l' angelo di luce caduto nel fuoco e a volte Horus ed anche Mitra sono identificati con Gesù per il fatto che la nascita si festeggiava il 25 dicembre e perchè si creava con Iside, la madre, ed Osiride, il padre, una specie di trinità. 

immagine: Galata suicida

sabato 22 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

LUGH 29 puntata

I Druidi sono i sacerdoti dei Celti,

molti studiosi affermano che i Druidi provenissero da Atlantide, prima che essa scomparse , altri sostengono che i Druidi erano il risultato di una fusione con i Celti. La cosa più interessante nella loro storia è che le loro pratiche hanno notevoli somiglianze con quelle degli Indiani d'America, i Druidi, come gli Indiani, considerano gli animali come guide, guardiani e protettori.


All'inizio del IV secolo i Galli, scendono in Emilia Romagna , si irradiano in tutta la regione : i Senoni nel territorio tra il Montone e l'Esino, i Boi al centro della regione emiliana, i Lingoni nell'area adriatica.

Lugo o Lugh in dialetto romagnolo è una cittadina sita nella provincia di Ravenna. Lugo è stato fin dai tempi antichi un crocevia ,la pianta della città si è formata su due assi viari che si incontrano a forma di croce. La croce è uno dei simboli più importanti, unione del cerchio e del quadrato, è presente in quasi tutte le religioni. I crocevia erano sacri ad Ecate la dea trivia che rappresenta le fasi della luna,Ecate a volte si confonde con la dea celtica Morrigan o con la dea Diana dei romani. Il luogo di culto più antico di Lugo è l' Oratorio della croce coperta, qui prima vi era il culto della Madonna ed ancora prima un pozzo sacro , dedicato ad una dea dei Celti molto famosa nell' antichità, venerata poi anche dai Romani col nome di Diana. A Lugo esistono numerose chiese dedicate alla Vergine ed altre a santi eremiti come Sant' Ellero ( che visse in una grotta a Galeata, famoso perchè al suo cospetto si inginocchiò il cavallo di Teoderico e questi per poco non cadde) e Sant' Onofrio. Persino Gastone de Foix, nipote del re di Francia, e cugino di quello di Spagna, passò da Lugo, prima di morire nella battaglia di Ravenna nel 1512, un suo soldato dipinse su un muro un volto bellissimo di fanciulla,questa immagine divenne culto popolare , ci furono dele grazie, si costruì un oratorio a cui si aggiunse una confraternita. La Romagna rossa ,degli strozzapreti , è molto religiosa o superstiziosa?
Lugh è stato ed è ancora oggi il mercato più famoso della Romagna.
Ma la sua particolarità è che è considerata la città al centro della Romagna e perciò anche il cuore della romagnolità
Qui si svolge il palio della Caveja, la quale è il nostro simbolo.
Qui è nato il Padre del tricolore:Giuseppe Compagnoni , e Mazzini era di casa.
A Lugh è venuto pure Einstein, da Gregorio Ricci Cubastro, per riuscire a dimostrare matematicamente la teoria della relatività.
La famiglia di Gioachino Rossini era di Lugo, Rossini diceva di sè: sono il cigno di Pesaro ed anche il cinghiale di Lugo.
Qui vedete raffigurato il monumento a Francesco Baracca, il famoso aviatore nato a Lugh.
Il cavallino rampante simbolo della Ferrari era un tempo sulla carlinga dell' aereo di Francesco Baracca . Egli morì fra le fiamme del suo velivolo il 19 giugno del 1919 all' età di 31 anni.
La madre fece dono ad Enzo Ferrari del celebre cavallino dicendo che gli avrebbe portato fortuna.


immagine Lugo di Romagna

mercoledì 19 gennaio 2011

INTERMEZZO SPECIALE

  




































 
MAPPE SURREALI DI RAVENNA

Gaetano Barbella mi ha inviato le mappe surreali di Ravenna. Le mappe sono rilievi morfologici delle carte geografiche di città, in cui compaiono disegni con forme di animali o di persone. Entusiasta del dono che ho ricevuto, mi appresto a leggerle col rammarico di conoscere poco sulla mia città, ma mi guiderà l' amore che ho per essa. La mappa che subitamente mi ha colpita è quella che presenta la corona. Subito il pensiero è andato alla Tiche, erma di cui è rimasta solo la testa turrita, rappresenta la città di Ravenna e si trova custodita al Museo Nazionale.
Tiche è anche la personificazione della Fortuna, rappresentata con la ruota e la cornucopia. In alcune rappresentazioni è figlia di Oceano e Teti ( Ravenna per lungo tempo è stata dominata dalle acque che la circondavano) in altre di Ermes e Afrodite.
Individuata la corona mi è così facile individuare nell'altra mappa, nella grande figura femminile turrita la rappresentazione della Chiesa ravennate, evidente è la croce sul polsino della veste, inoltre si erge nella zona del Duomo. 
 La mano della Chiesa di Ravenna è stata molto importante, nei secoli, ed ancora oggi è mediazione importante fra la chiesa orientale e quella occidentale. Nella dea Fortuna ,vi era l' idea che il mondo rispondesse ad una legge di armonia, per cui il bene debba essere compensato dal male e viceversa,la raffigurazione ipotetica della chiesa nella mappa, tiene saldamente in mano la testa del maialino e con l' altra mano lo uccide con la saracca ( stiletto romagnolo),come un equilibrio fra bene e male ,di qualcuno consapevole che la bilancia debba stare in equilibrio; e qui il pensiero va all'indole dei ravennati , dei molti pavidi e voltagabbana che vi sono stati, sempre nei tempi, ma anche dei testardi rivoluzionari se non terroristi ( la setta degli accoltellatori negli anni 1860 circa). 
 Il maialino occupa tutta la parte ove vi è il complesso monumentale di San Vitale, in effetti la zona patrimonio dell' Umanità, anche se è famosa per i mosaici del corteo di Teodora e Giustiniano, i due imperatori non sono mai venuti a Ravenna, i lavori furono seguiti dal vescovo Massimiano. 
Il braccio di Ermes o di Mercurio ( una piccola parentesi perché Mercurio era anche il nome di chi uccise l'imperatore Giuliano e che divenne un santo per i copti, mi preme far risaltare che la figura femminile ha solo un occhio e che ciò potrebbe proprio riferirsi al monofisismo copto) si erge nella zona del Mausoleo di Teoderico e alla zona cimiteriale dei Goti. 
 Teoderico inizialmente un sovrano giusto, equilibrato, i due popoli goti/romagnoli e ariani/cristiani vissero in pace per poi alla morte di Teoderico esplodere con la guerra gotica.
Il braccio ha uno specchio in mano su cui si riflette un'oca ( forse rappresenta Afrodite) e dunque forse solo riflettendo, come in uno specchio, l'equilibrio tollerante di Teoderico, si otterrà un nuovo ordine ( almeno nel territorio di Ravenna) ed il rapporto oggi burrascoso fra i sessi raggiungerà l' equilibrio, Ermes ed Afrodite ripartoriranno la Tiche.
Dalla rinascita della famiglia, partirà la prima cellula per una città migliore. ( sarà un po' difficile perché in Romagna ci facciamo più caso se un matrimonio dura piuttosto che si sfasci) 
E poi c' è la figura maschile con l'occhio chiuso, chi potrebbe essere, chi? 
Arriva dall'esterno, da fuori alle mura, dalla zona che porta a Forlì, a Rimini e a Lugo, alla Romagna quindi, avevo pensato a Raul Gardini, ma questa non è la sua zona, poi ho capito è l' alone di morte che aleggia su Ravenna,dei tanti forestieri, anche eccellenti che qui sono morti. 
Forse che a Ravenna è dolce morire? 
  Così sembra dire quel volto con gli occhi chiusi, ma forse non è vero. 
Da quella parte arrivò baldanzoso e forte dei suoi vent'anni Gastone de Foix, nipote e pretendente al trono di Francia e cugino dei reali di Spagna, qui ucciso e con lui uccise le speranze di una nuova pace.
La morte di Gastone fu ben strana, egli fu ucciso nonostante urlasse agli spagnoli che era cugino dei reali di Spagna, inoltre la sua armatura doveva qualificarlo se non come comandante almeno come un grande condottiero e quindi una preda di guerra molto ambita per il sicuro e alto riscatto da chiedere...e allora perché fu ucciso? 
Un intrigo della storia? 
Le sorti future non sarebbero certo state le stesse se Gastone non fosse morto, forse non ci sarebbero state le guerre di Successione. 
La fine di Gastone,cantata anche da Ludovico Ariosto, il quale ha parole di fuoco contro le nuove e terribili armi (l'archibugio), sancisce anche la fine della cavalleria medievale. 
Al Museo di Ravenna è conservata solo la sua testa di marmo,forse sua maschera funebre, essa sta accanto alla Tiche. 
 
foto: carta di Ravenna 
foto: mappe surreali di Gaetano Barbella 
foto: Gastone de Foix 
foto: Tiche

domenica 16 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)


IL CALDERONE SACRO 28 puntata


Ci siamo lasciati col calderone usato in Romagna per l' uccisione del maiale ed ho scritto quanto questo rito sia ancora qui molto sentito.
Il calderone per i Celti rappresenta il grembo della Dea , dove tutto nasce. La dea druidica della luna, Cerridwen, utilizzava sei erbe per preparare il suo Greal , pozione (è possibile che la parola Graal derivi da qui), sobbollita nel calderone divino. La pozione doveva bollire a fuoco lento per un anno e un giorno (nel mondo celtico un tempo simbolico che rappresenta la preparazione, lo studio, la pratica che precedono la realizzazione della Magia), e alla fine di quel periodo produceva le Tre Gocce di Saggezza.Il calderone di Cerridwen è un simbolo antico di rinnovamento, di rinascita spirituale, di trasformazione e di abbondanza inesauribile. È il simbolo femminile primario del mondo del pagano e rappresenta il grembo della Grande Dea da cui tutte le cose sono create e nutrite.

Cerridwen corrisponde alla funzione divina del sostegno e del nutrimento; per questo motivo è descritta spesso come un animale magico, la scrofa bianca, che rinasce ogni volta che viene mangiata. Il maiale nella cultura celtica veniva onorato e consumato in modo rituale. La scrofa rappresenta la Dea dispensatrice di vita.
La parola inglese “sow” significa sia scrofa sia seminare: appare così meno sorprendente che Cerridwen sia anche divinità preposta alla protezione del raccolto dei cereali.

Cerridwen nelle sembianze di corvo, spesso stagliato contro la luna, invece, rappresenta il cambiamento e il "centro" da cui emergono sia la luce che l’oscurità, così mostrando il lato di tutte le cose, sia dell’interiorità (l’occulto) che della parte esteriore della realtà (il manifesto).

Nelle immagini compare spessissimo nel suo aspetto di anziana e strega, nell’atto di rimescolare il calderone formando un movimento a spirale nel liquido.
A volte porta un falcetto legato alla vita simbolo della luna, del raccolto e di morte/rinascita.
Dietro di lei un corso d’acqua rappresenta il fiume da attraversare prima della rinascita.E’ il ciclo della vita, colei che detiene i segreti della procedura della trasformazione che una persona deve affrontare per trasformarsi in un tutto. Se continuerà a trasportare interamente il suo vecchio bagaglio non avrà il posto per la conoscenza nuova che verrà (o sarà troppo affaticata dal carico per trovare nuova ispirazione).
Cerridwen ci dice che anche la morte, che sia reale o metaforica, ha la sua funzione solo quando permette di lasciare il vecchio per abbracciare il nuovo.
E’ la madre saggia e non possessiva che alimenta il figlio con tutti gli strumenti della conoscenza, della saggezza e delle arti, poi lo spinge nel mondo: “Non fermarti! Esplora e cogli il cambiamento! Segui la tua meta!”


La Rosa è un altro simbolo di Cerridwen, comune a tutte le dee avaloniane e guarda caso la rosa è anche simbolo della Vergine.

immagine : il calderone sacro
http://www.ilcalderonemagico.it/dee_Kerridwen.html

giovedì 13 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

IL CALDERONE DI MORGANA 27 Puntata

Ora entriamo, col racconto, nel grande calderone di Morgana. Il mio Gilles vorrebbe assomigliare all’ Antonio di Padova, ed andare ramingo e famoso, ma gli tocca il destino di essere come l’ Antonio eremita, di stare cioè sempre nello stesso luogo col maiale e il calderone, se non lo sapete ve lo dico io : la Romagna è la terra “de baghen”, cioè del maiale. Persino Cesare lo sapeva, quando reclutò in Romagna gli uomini per la X legione, la sua preferita, gli diede come vessillo un maiale.

Considerato, a torto, un animale brutto e sporco, vietato in tavola agli ebrei, considerato immondo dai mussulmani , forse il maiale avrebbe preferito le prescrizioni alimentari del mondo ebraico o di quello islamico, piuttosto che i romagnoli facessero a lui così tanta festa. Allevare il maiale costava poco, bastavano gli avanzi della tavola, ma forniva carni e salumi per tutto un anno. Prima si mangiavano le cose meno saporite, poi in estate si iniziava il prosciutto. I maiali furono portati in Romagna dai Galli della tribù dei Boi e qui trovarono il loro habitat, in cambio noi offrimmo agli invasori il nostro vino che loro non conoscevano. L’ incontro deve essere stato fortunato perché da noi in Romagna è ancora in uso fare allegre tavolate dove l’ ospitalità romagnola non fa mancare fiumi di Sangiovese e grigliate di salciccia , costine e lonze perché a tavola ci si mantiene giovani. Col maiale si beve il sangiovese, ma abbiamo un altro vino, poco conosciuto ma eccellente, è un vino chiamato Uva d' Oro, poichè la leggenda narra che Renata di Francia ( 1510/ 1575), venuta in sposa ad Ercole II d' Este, portasse in dono una varietà di vite detta Uva d' oro. E' l'unico vino rosso che accompagna benissimo il pesce, nella nostra zona è buona usanza accompagnarlo con la tipica anguilla di valle.

Renata di Francia figlia di Luigi XII era promessa sposa a Gastone di Foix, il famoso condottiero che, morì a Ravenna nel 1512. Nel luogo dove morì Gastone, nella campagna ravennate vi è un monumento chiamato Colonna dei Francesi. Renata andò quindi sposa al duca d' Este. Renata alla corte di Ferrara protesse ed accolse molti perseguitati religiosi, fra cui anche Giovanni Calvino.

Per chi non lo sapesse vi dico che un tempo la Romagna comprendeva anche le città di Bologna e di Ferrara.

Ma ora ritorniamo al rito del maiale.

Per fare la festa al maiale, prima di tutto si iniziava col mettere sul fuoco un grande calderone.

immagine : tipico calderone o paiolo

lunedì 10 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)



















Madonna del Fuoco 26 puntata 

Ed ora facciamo un salto ed uniamo sant’Antonio Abate a Mago Merlino.

Un salto azzardato ?

Non è detto.

Antonio Abate è raffigurato molto anziano, con la barba lunga, lunga, il maiale accanto, il bastone a forma di tau( croce egizia, simbolo di vita), con un campanello per segnalare l’ arrivo di malati infetti ed è protettore dell’ herpes zoster , comunemente chiamato il fuoco di sant’Antonio ed è anche l' ispiratore delle famigerate catene.

Merlino era un druido e i druidi erano i sacerdoti dei Celti, chiamati anche Galli ed anche Galati.

I Celti sono famosi per le catene che portavano al collo ( torques) che avevano una valenza magica, erano un legame col divino ed erano simbolo di libertà .Le catene sono poi diventate corone, rosari , catene d' unione nella massoneria, ed anche catene di messaggi.

I druidi sono raffigurati anziani, con la barba lunga , lunga, accompagnati sovente dal cinghiale (che è una specie di maiale). Il cinghiale mangia le ghiande, frutti dell’ albero per loro sacro della quercia.

I druidi governavano la corretta esecuzione dei fuochi .

Nell’antica tradizione celtica le Feste dedicate al Fuoco erano quattro e, insieme ad altre, segnavano il cambiamento delle stagioni. Tra le feste del fuoco abbiamo: Samhain, Beltane, Imbolc e Lughnasadh. Ciascuna era celebrata per tre giorni - prima, durante e dopo il giorno ufficiale di osservanza. Ognuna di queste feste, svolte in maniera diversa rappresentavano i cicli naturali della coppia che genera, identificati nel sole( dio o uomo) e nella luna( dea o donna). In Romagna si festeggia la Madonna del Fuoco, protettrice di Forlì, proprio nei giorni dei Fuochi di Imbolc ( 4 e 5 febbraio). E' una Xilografia, è una delle più antiche oggi esistenti: scampata ad un incendio divampato durante la notte in una scuola della città, la sua datazione è incerta forse risale al 1420.L' immagine presenta chiaramente simboli pagani: il sole e la luna, la Madonna col Bambino è contornata da Santi fra cui anche i padri del deserto.L' altra immagine è la raffigurazione dell' incendio della scuola e del miracolo dell' immagine ritrovata integra fra i carboni ardenti. Essa mostra l' immagine della Madonna col sole e la luna e lo spegnimento dell' incendio è mostrato come un percorso pagano, vi è la scala iniziatica, il calderone, l' acqua elemento sacrale della grande dea, e il vecchio col bastone potrebbe essere S. Antonio Abate, ma anche un druido. In Romagna i fuochi sono ancora sacri, i nonni raccontavano di contadini che riuscivano ad accendere il fuoco come facevano i druidi solo strofinando le mani...naturalmente con un po' di zolfo sul palmo.

Il legame con la terra rimane saldo , la tecnologia corre ma le radici rimangono. Questo ben lo sapeva la Chiesa già tanti anni fa, all’ inizio della sua storia, quando si rese conto che certi riti non sarebbero mai stati estirpati, li convogliò nel suo grande ventre .

E non è tutto.

immagine : Xilografia Madonna del Fuoco ( Forlì)

immagine: Pagina da antico codice che raffigura l' incendio della scuola

sabato 8 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

TEBAIDE 25 puntata

Qui è raffigurata la Tebaide del Beato Angelico, cioè il luogo, in Egitto, dove è vissuto Antonio Abate ed altri eremiti come lui.

Sfuggenti, scontrosi, scorbutici: i padri del deserto sono stati spesso dipinti così, senza dimenticare, ovviamente, l’elenco delle stranezze e delle bizzarrie, la barba irsuta, le povere vesti di stracci o di pelle di pecora, il comportamento “asociale” di questi uomini che vivevano in una grotta, si nutrivano di erbe e di radici e sceglievano talvolta la sommità di una colonna per trascorrere in penitenza i loro giorni. I padri del deserto evitano la compagnia degli uomini, si negano all’incontro. I più noti sono: Antonio alle prese con ogni tipo di draghi e di mostri, Girolamo in preghiera accanto a un leone, Onofrio che per nascondere la sua nudità ha solo la sua lunga capigliatura, Macario in meditazione con un teschio tra le mani, Pafnuzio che cerca di strappare Taide ai suoi amanti e soprattutto Simeone lo stilita che visse per 37 anni su di una piccola piattaforma posta in cima ad una colonna, nella zona nord di quella che è oggi la Siria. Allo scopo di isolarsi dalla massa sempre crescente di pellegrini che venivano a trovarlo, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. Simeone non permetteva alle donne di avvicinarsi al suo pilastro, neanche a sua madre, dicendo loro "se saremo degni, ci vedremo nella vita a venire". Beato Angelico, ci raffigura invece la tebaide come un' isola felice ed operosa, dove i fraticelli vivono in comunità aiutandosi, ma allo stesso tempo ognuno con la propria abitazione o grotta.


immagine: Tebaide del Beato Angelico


giovedì 6 gennaio 2011

EPIFANIA TUTTE LE FESTE PORTA VIA

LE STREGHE


Ghiga e Ghega sono maghe,
son megere con le rughe
o, la gente dice, streghe.
Fanno gesti, pappe grigie,
purghe, gemiti e magie,
piogge gelide o roghi,
velenosi sughi ed aghi:
basta solo che le paghi.


ROBERTO PIUMINI


A volte queste maghe
arrivan con le scope
e le chiaman le befane.

martedì 4 gennaio 2011

I VIAGGI DI GILLES ( racconto incasinato)

S. ANTONIO ABATE 24 puntata


Nato presso Eracleopoli nel Medio Egitto nel 251, Antonio Abate è uno dei fondatori del monachesimo orientale e perciò chiamato "padre dei monaci". Dopo la morte dei genitori distribuì infatti tutti i suoi averi ai poveri e nel 270 si ritirò nel deserto della Tebaide dove cominciò la vita di penitente. Lì lo raggiunsero numerosi discepoli e perciò fondò varie comunità anacoretiche in Egitto Sostenne i martiri nella persecuzione di Diocleziano e si adoperò moltissimo contro l'eresia ariana. Morì presso Afroditopoli nell'anno 356. Lo sviluppo del suo culto in Occidente, fu dovuto probabilmente alla fama di guaritore dall'herpes zoster, comunemente conosciuto come "fuoco di S. Antonio", che accompagnò la figura del santo in vita. L'iconografia tradizionale ce lo rappresenta sempre con due elementi inscindibili: il fuoco e un maiale Il primo ha un chiaro richiamo al male nella cui cura S. Antonio abate era particolarmente versato, mentre per il maialino, si suppone, rappresenti la terapia a quel male. Infatti pare che, nel medioevo, fosse usanza spalmare sulle parti del corpo interessate dall'herpes zoster un impasto fatto dal lardo di maiale. Si possono, pertanto, individuare due aspetti distinti nello sviluppo del culto popolare tributato al Santo Abate: uno che si riconnette alla fama di taumaturgo e l'altro che pone, invece, l'accento sul problema della tutela degli animali. Oltre che come guaritore dell'herpes zoster, in alcune località la protezione del Santo è invocata anche contro la peste e altre malattie.


Dopo avervi presentato i due Antonio, vi posso svelare di avere scoperto che l' ispiratore delle mefistofeliche catene di San Antonio è proprio l' Antonio abate, in quanto esiste una leggenda in cui si racconta che Antonio inviò una lettera al duca d' Egitto minacciandolo di morte se continuava a perseguitare i cristiani ed intimandogli di scrivere lettere per avvisare tutti i notabili di lasciare stare i cristiani. Il duca rise e stracciò la lettera, ma il giorno dopo morì cadendo da cavallo.

A discolpa del triste flagello delle catene è da imputare ad Antonio abate anche una cantilena che sentivo spesso in bocca a mia nonna( forse qualcuno di voi la ricorda) e pare funzionasse nella cerca, io ricordo solo la prima frase:

S. Antonio dalla barba bianca

fammi trovare quello che mi manca.


Dovrò bene continuare le ricerche su Antonio abate , il quale indirettamente è stato la causa del mancato viaggio in Giappone del Gilles , ma essendo anche fautore della cerca, qualcosa mi farà trovare.

Intanto vi posso dire che esiste l' Epifania del 6 gennaio, ma esiste anche un'altra Epifania che si festeggia il 17 gennaio giorno dedicato a S. Antonio abate.

La motivazione che ho trovato viaggiando nel web:

Il romanzo di Hugo, Notre Dame de Paris, inizia il 6 gennaio 1482, giorno dell'Epifania. In realtà, la stessa data corrisponde al 17 gennaio, correzione introdotta soltanto un secolo più tardi dalla riforma Gregoriana che fece saltare i calendari dal 4 al 15 ottobre 1582. Questo ha fatto acquistare alla data del 17 gennaio una valenza simbolica molto forte: se, infatti, l'Epifania del 6 gennaio rappresenta la Manifestazione essoterica, l'Epifania Occulta del 17 gennaio rappresenta il suo opposto, ovvero una Manifestazione esoterica.
Questo santo venerato dalla Chiesa ha un substrato in odor di superstizione, ma la superstizione è davvero il male della razionalità?
O molto meglio sarebbe per la razionalità accettare simboli e riti che benchè si tenti di schiacciarli come serpenti, sgusciano dall' inconscio più forti?

immagine : S. Antonio Abate














domenica 2 gennaio 2011

INTERMEZZO SPECIALE A CURA DI GAETANO BARBELLA

2011. Catene di un Dna che si spezza e si duplica. Un vitale "manierismo" in atto.

Mi viene da perfezionare un celato risvolto su "catene" che si spezzano a causa di "forza maggiore" - mettiamo in modo traslato ad una certa occulta "radioattività" cui ho fatto cenno nel commento al post del 19 dicembre 2010. Buona, fra virgolette, però.

Verso la fine del Medio Evo si estese dalla società all'arte il Manierismo, un termine affascinante che orienta il significato di artificiosità di volta in volta con un'accezione positiva o negativa, similmente alla "catena" in questione.
Dal linguaggio cortese in lingua d'oil arriva in Italia il termine manière col significato di disinvoltura, eleganza, raffinatezza, grazia cortese. Quel significato resta lo stesso fino al Cinquecento quando Vasari, nella terza parte delle Vite, dice che con Leonardo, Raffaello e Michelangelo comincia la «maniera moderna» o «grande maniera» la quale supera e vince non solo gli antichi ma la natura stessa.
Il campo semantico della parola si sposta quindi dall'ambito della corte a quello dell'arte. Ma c'è di più: l'arte non è più l'imitazione delle opere della natura (come era stato a partire dagli antichi i quali per dimostrare la bravura del pittore Zeusi raccontavano come un uccello si fosse ingannato beccando un grappolo d'uva dipinta), bensì l'imitazione delle opere dei grandi maestri che hanno saputo correggere l'imperfezione della natura.
Fa quindi la sua apparizione, non nominato, l'artificio (il «fatto ad arte»).
Secondo l'«Idea del Tempio della Pittura» pubblicato dal Lomazzo nel 1590, per dipingere il quadro ideale di Adamo ed Eva, si dovrebbe affidare il disegno di Adamo a Michelangelo, il colore a Tiziano, le proporzioni di Eva a Raffaello e il suo colorito a Correggio. Nasce quello stile che, a posteriori, nel 1789, verrà chiamato Manierismo dall'abate Luigi Lanzi per stigmatizzare quegli artisti seguaci dei maestri del Rinascimento contro i quali si era già espresso nel Seicento il Bellori accusandoli di aver abbandonato lo studio della natura.
Viene sancito così lo slittamento verso il significato negativo della parola: la maniera è lo stile del nascondere e la pittura, alla fine del Cinquecento, diventa infatti talmente ermetica ed elitaria che spesso nemmeno gli eruditi che stilavano i trattati di iconologia riescono a interpretare i lavori dei colleghi.
L'enigma, il rebus, il piacere dell'arcano conosciuto solo da una stretta cerchia di eletti, le allegorie e gli emblemi caricano la decorazione di un'arte che ama il mistero e il meraviglioso.
Allo stesso modo, nell'ambito della letteratura e della società il termine maniera continuava a designare un contegno elegante e ricercato ma, rispetto al Medio Evo, ora si aggiungeva il concetto di «sprezzatura», come indicato dal Baldassar Castiglione nel Libro del Cortegiano.
La corte, così come l'arte, sono una maschera peregrina e preziosa ma portata con grazia, senza mostrare alcuno sforzo apparente. Un significato che sopravvive ancora nel Settecento francese dove maniériste designa l'artista per il quale la facilità di esecuzione viene prima di ogni altra cosa. Inizialmente stile di corte, dunque, la maniera si ripropone come artificiosità intellettuale in seguito all'incrinatura della serenità rinascimentale dovuta a due grandi choc: lo scisma di Lutero e il sacco di Roma del 1527 ad opera dei barbari protestanti.
Il linguaggio classico viene allora riformulato secondo uno spirito inquieto e pieno di contraddizioni. La contaminazione con l'arte dei paesi germanici (portata in Italia dall'invenzione della stampa) introduce effetti irrazionali e capricciosi.
Una società diventata di nuovo «liquida», diremmo oggi con il termine di Zygmunt Bauman, dopo la caduta dei punti fissi umanistici e rinascimentali, prende in arte la strada dell'involuzione su se stessa. Non va in cerca di nuove invenzioni ma preferisce forzare il linguaggio classico con un accento anticlassico; al posto della simmetria introduce la visione laterale; alla linea dritta preferisce quella spiraliforme; alla correttezza delle proporzioni, le figure allungate, al discorso diretto quello criptato.
Ma se fino all'inizio del secolo scorso il concetto di Manierismo designa la decadenza e la corruzione rispetto alle conquiste del Rinascimento, a partire dagli anni Dieci, grazie all'opera critica di Max Dvoràk, viene rivalutato come capacità di esprimere l'aspetto irrazionale e inquieto di una crisi, un momento di contraddittoria ricchezza. Manierismo diviene allora sinonimo di inquietudine e personalità bizzarre come Pontormo ed El Greco attraggono l'interesse degli artisti espressionisti. La rilettura in chiave positiva del Manierismo coinvolse quindi anche l'ultimo Raffaello (già nella Stanza cosiddetta dell'Incendio di Borgo dipinta in Vaticano) e l'ultimo Michelangelo: oggi si sostiene che furono proprio i padri della «grande maniera» a seminare i virus anticlassici. E lo si dice con ammirazione per quell'ombra di malinconia che seppero far calare sulle serene certezze del Rinascimento.(1)

Non a caso (una mia presunzione? vanagloria?) sul finire del 2010 ho rilasciato un saggio proprio sul dipinto di Raffaello, l'Incendio di Borgo. Qui una nuova stella è posta in mostra dal maestro di Urbino ma nessuno vi ha dato mai importanza notandola. È un rosone a 22 raggi di cattedrale insolito ma singolare. Si può affermare che è «grande maniera» lì in mostra, come un replicarsi in atto di una catena di concezioni che vi si sprigionano ed io ne mostro le possibili peculiarità.

Oggi mi sto occupando di uno straordinario manierista che raccoglie in sé i grandi dell'«Idea del Tempio della Pittura» pubblicato dal Lomazzo nel 1590, sopra menzionato. È Benvenuto Tisi detto il Garofalo col dipinto Sacrificio pagano. In questo quadro, come ha fatto Tintoretto mostrandosi assai critico (alla S. Tommaso) al centro del suo dipinto Nozze di Cana, (una sua peculiare "maniere" assai evidente ma sfuggita a tutti: perché?). Garofalo pone la questione del capro espiatorio posto sull'ara sacrificale e lo mostra al centro attraverso il suo occhio spento. Una centrale verticalità regale (strutturata al suo "interno" dalla "divina Proporzione), la giusta mentre altre, quelle delle case in lontananza e dell'ara stessa non lo sono. Ecco come si spezzano catene di cose in perdizione ma chi le nota? Anche Giorgione fa la stessa cosa con La Tempesta e solo una "cicogna su un tetto" si erge in una ideale verticale a sfidare la tempesta in procinto di devastare.

Oggi c'è Magritte con "Il falso specchio", l'opera che condanna la verità dell'immagine. Le nuvole dell'illusione, così un grande occhio mette in crisi il mondo. "Il falso specchio" è un enorme occhio che ci guarda, ma dentro il quale non vediamo riflessi noi stessi, bensì un cielo attraversato da nubi. L'immagine più semplice del mondo, eppure quanto mai ambigua, a partire dalla pupilla che, al centro di quel cielo azzurro, appare come un inspiegabile sole nero. Ma non solo: che cosa è quel cielo? Quello reale riprodotto dalla superficie specchiante della pupilla, oppure un «falso specchio » che non rappresenta ciò che l'occhio vede, bensì ciò che ci illudiamo di vedere? È una finestra sul mondo o il nostro mondo interiore che diventa una finestra?(2)

Gaetano

(1) http://archiviostorico.corriere.it/2010/settembre/23/Manierismo_fuga_nell_irrazionale_che_co_9_100923069.shtml

(2) http://duemilaragioni.myblog.it/archive/2008/11/27/francesca-bonazzoli-magritte-il-falso-specchio.htm