giovedì 29 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9puntate)

9puntata


Il viaggio sta per terminare, siamo sul treno che ci conduce a Ravenna.
E' bello viaggiare in treno, il paesaggio scorre come in un film, i sedili sono comodi e confortevoli, lo scompartimento è intimo come un salotto, il treno è quasi vuoto, si parla e si guarda dal finestrino; così si nota l' abbandono delle piccole stazioni, delle piccole cittadine rivierasche, solo la stazione di Igea Marina, accoglie il visitatore con le pareti tinteggiate di azzurro e brulicanti di pesci e molluschi colorati.
Siamo giunti a Ravenna alle 19,30 , fame non ne avevamo come non avevamo voglia di lasciarci e di porre fine alla giornata, così telefono a Rita e le chiedo se vuole unirsi a noi per un caffè.
Io veramente ero stanca e sarei volentieri già andata a letto, ma Franco aveva il treno per il ritorno a casa sua solo alle 24,00 e quindi mi sembrava maleducato lasciarlo solo ad aspettare.
La serata si è quindi conclusa in uno dei pochi ritrovi di Ravenna che non chiude alle 20,00: il Fricandò, dove si può cenare ed anche mangiare ottimi dolci.
Fra caffè e tisane si è ricordata la giornata a Rimini fra parole impegnate e lazzi e sorrisi, in compagnia di Rita che ci ha raggiunti.
Poi ci siamo salutati ed ognuno per la propria strada, ed io dalla foto saluto pure voi, perchè il racconto è finito.

martedì 27 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)





















8puntata 

Per ultima visita, come ciliegina sulla torta, esaminiamo la mostra " La sapienza risplende". Il titolo nasce dall’epigrafe in calce alla Madonna duecentesca di Sivignano: ‘Nel grembo della Madre risplende la sapienza del Padre’. Sono veramente imponenti queste Madonne d' Abruzzo, salvate dal terremoto e custodite con affetto, sono popolane, colorate, grandi ed amorevoli mamme per tutti noi. Alcune hanno ancora le ferite del tempo e del terremoto. Alla mostra sono presenti una ventina di esemplari di notevoli dimensioni, fra i quali non mancano alcune Maesta’ piu’ grandi del naturale, che nell’imponenza della rappresentazione e nella smagliante veste cromatica esercitano su qualunque osservatore un indubbio fascino, ed e’ caratterizzata dal forte accento sul quale si fonda il titolo. Sono statue e tavole di area abruzzese realizzati tra la fine del XII secolo e gli inizi del XVI raffiguranti la Vergine. La rassegna, allestita nelle sale del Museo della Citta’, e’ in perfetta sintonia con il Meeting per l’Amicizia, in concomitanza con il quale aprira’ i battenti il 21 agosto , la mostra chiuderà il 1 novembre 2011. Le Madonne non sono mai distanti proprio perché concepite in un dialogo; affermano così contemporaneamente la loro umanità e la loro divinità, simbolo di come l’arte popolare sia principalmente arte per il popolo, studiata per essere compresa da una realtà variegata di persone...sarà pure arte popolare ma è calda ed accogliente come un abbraccio, forse saranno state le tante preghiere e invocazioni che queste Madonne hanno ricevuto lungo gli anni, ma qui si respira un divino intimo al singolare. La giornata volge al termine e Franco ed io ci incamminiamo per la stazione...si ritorna a Ravenna.

mercoledì 21 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)





































 





















7puntata 

Una carrellata di immagini che va dai primi secoli al Cinquecento, ciò è quello, solo un poco delle meraviglie presenti al Museo Della Città, di Rimini, che mi sono rimaste in modo indelebile nella mente.Il Museo è ospitato dal 1990 nella sede del Colleggio dei Gesuiti . Si presenta a forma di U addossato al fianco della chiesa, con un corridoio che permette l’accesso a tutti i vani. Attualmente si compone di circa 40 sale in cui sono esposte circa 1500 opere. Il cortile ospita il lapidario romano, al piano terra si può visitare la prima parte della Sezione Archeologica dedicata alla Rimini Imperiale. Tra il primo e il secondo piano si trova la Pinacoteca, seguendo un percorso cronologico. Fra gli altri capolavori sono presenti anche quelli della Scuola riminese del Trecento. Il Museo è ricchissimo di opere quindi vi parlerò solo di quelle che ricordo e considero le più belle. Senz'altro notevole è la ricostruzione della Domus del Chirurgo , ritrovata nella vicina Piazza, risalente al II sec d. C. con tutti gli arnesi ed attrezzi del chirurgo. Incantevole è poi il tondo in pasta vitrea colorata raffigurante pesci ed assolutamente imperdibile il grande mosaico in tessere bianche e nere coi delfini e le imbarcazioni. Dalle linee pure e nitide è il pregevole Orfeo Citaredo, che io avevo già visto in una mostra a Ravenna e perciò mi è risultato caro ed amico. E poi come non stupirsi incontrando in un grande mosaico colorato un Orfeo con la testa di Anubi? E' la testimonianza di un gusto o di una fede per l' Egitto? Testimonia comunque che al fascino per l' oriente non erano immuni neanche 1900 anni fa. Un altro bel corpus di capolavori si trova al primo piano nella sala del Trecento con tavole di giotteschi, tra cui spicca Giuliano da Rimini. In un' altra sala della pinacoteca vi è poi un capolavoro " La Pietà" di Giovanni Bellini del 1500 circa che da solo vale la visita al museo: grazia, dolcezza e armonia vibrano nell'opera del pittore veneto. Qui su questo piano del Museo vi è anche la mostra " La Sapienza risplende . Madonne d' Abruzzo" che ora visiteremo.

domenica 18 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)



6puntata




Il centro di Rimini è racchiuso fra l' asse che va dal Ponte di Tiberio all' Arco di Augusto, è raccolto in una conchiglia silenziosa nei mesi che non siano d' estate.
Lasciamo la Rocca e ci dirigiamo al suggestivo Ponte di Tiberio, un manufatto di soffuso biancore , che si tuffa sopra le acque del Marecchia mentre il fiume si tuffa nel mare.
Il Ponte di Tiberio collega il centro storico diRimini con il Borgo San Giuliano.
La sua costruzione risale all’età dell' antica Roma , i lavori iniziarono nel 14 d. C. per concludersi nel 21 d. C. come riporta l’incisione sui parapetti interni; i lavori finirono sotto il regno di Tiberio , da questo il nome. Evidentemente i romani di un tempo erano celeri nell' eseguire i lavori anche non disponendo dei mezzi di oggi.
Costruito in pietra d’Istria, il ponte si sviluppa in cinque arcate che poggiano su piloni muniti di speroni frangiflutti ed impostati obliquamente rispetto all’asse del ponte, in modo da assecondare la corrente del fiume Marecchia. Infatti è l’unico ponte cittadino traversante il fiume, resistette ai bombardamenti dei tedeschi, e oggi è ancora percorribile anche da mezzi pesanti. Questo è un po' un peccato perchè percorrere il ponte e le sponde che portano al livello del fiume è un percorso molto romantico, sulle bitte vi si può sedere ed osservare il lento fluire dell' acqua, le barche multicolori, il bianco ponte così maestoso nei suoi 2000 anni di vita, allora può assalire anche il velo della malinconia, lo struggimento degli anni inutili e futili perchè veloci come un lampo, e sobbalzare di colpo perchè un' auto ti sta per investire.
Ai bordi della pavimentazione si vedono delle lastre di pietra con iscrizioni latine. Secondo una leggenda è l’ennesimo “Ponte del Diavolo” visto la presenza di due tacche somiglianti all’impronta di piedi caprini.
Più che ponte del diavolo è ponte dell' amore, in quanto non è raro imbattersi in adolescenti che si scambiano bacetti, a dire il vero io ho pure visto una coppia di "anzianotti" baciarsi e mi hanno fatto tenerezza ed invidia...ah l' amour, l' amour.

giovedì 15 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)

5puntata




Decidiamo di fare una passeggiata per smaltire un poco l' effetto del cibo e del vino e per prima cosa giranzoliamo attorno a Castel Sigismondo.
Il Signore di Rimini e Fano: Sigismondo Malatesta volle edificare un castello poderoso al quale diede anche il nome.
La struttura venne costruita per resistere alla forza dei cannoni, come degna sede per la corte e per la guarnigione e come segno di potere e di supremazia sulla città. Le cortine sono molto robuste e i grandi torrioni quadrangolari ospitavano al loro interno un cannone in bronzo ciascuno (su consulenza di Filippo Brunelleschi che predisponette l'apparato difensivo).
La costruzione conserva un notevole fascino con le sue poderose muraglie a scarpa, il cui effetto originario, doveva essere formidabile. L’ingresso verso la città è ornato da uno stemma costituito dal classico scudo con bande a scacchi, sormontato da un cimiero a testa d’elefante crestato e affiancato da una rosa quadripetala. A sinistra e alla destra dello stemma è scritto “Sigismondo Pandolfo” in caratteri gotici, alti e pittoreschi. La parte centrale del castello era adibita ad abitazione del principe. In questo castello Sigismondo è morto nel1468 .
Subì profonde modifiche nel XVII secolo, quando divenne proprietà pontificia, infatti fu abbattuta la cinta muraria, riempito il fossato e svuotato degli antichi arredi.
Il Castel Sismondo è stato anche il carcere di Rimini, dal XIX secolo fino al 1967 prima di essere restaurato, oggi è sede di prestigiose mostre d' arte.
Voltiamo le spalle alla Rocca incamminandoci verso il Ponte di Tiberio.

lunedì 12 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)


4puntata




Finita la visita al Tempio Malatestiano ci dirigiamo verso La Rocca Malatestiana per cercare una trattoria. La troviamo proprio di fronte a Castel Sigismondo, presenta un allegro arredamento in stile rustico romagnolo, con accattivanti eleganti e teatrali lampadari a gocce di cristallo e candele.
Scegliamo maccheroncini alle canocchie innaffiate da vino bianco frizzante. Vi scrivo la ricetta, perchè sono facili da fare e buonissimi da mangiare.

Preparazione:

Pulire le canocchie privandole delle zampette, della bocca e di tutte le parti acuminate. Tagliarle quindi a metà o in tre parti, a seconda della grandezza. Lavarle velocemente sotto l’acqua. In una padella fare rosolare l’aglio con l’olio extravergine e il peperoncino fresco. Aggiungervi le canocchie e, una volta dorate, salare e versarvi il vino bianco, quindi sfumare. Unire infine i pomodorini tagliati a metà, coprire il tutto e continuare la cottura. Nel frattempo cuocere i maccheroncini all’uovo, scolarli e aggiungerli al sugo delle canocchie. Se necessario, aggiungere un mestolo di acqua di cottura della pasta. Amalgamare bene il tutto e servire con un filo d’olio extravergine d’oliva e una manciata di prezzemolo tritato.

Le portate erano abbondanti e perciò saltiamo il secondo e passiamo al dolce e alla frutta. Stupita mi sono vista servire, la mia scelta era stata pasticceria secca con mascarpone, 7 fette, dico 7 fette di torte miste ed una ciotola di mascarpone. La mia golosità ha fatto sì di mangiare tutto col risultato di sentirmi troppo appesantita. L'ananas era invece servito decorativamente con un torciglione di arancio e una coppia di amarene.

Finito il pranzo siamo usciti e trovandoci di fronte alla Rocca abbiamo deciso di tornare a Rimini per la nuova mostra di pittura che si terrà in gennaio proprio alla Rocca, sede di mostre d' arte ad alto livello. A Gennaio inizierà la mostra da Vermeer a Kandinsky e io e Franco non la perderemo di sicuro e voi fate altrettanto che vi divertirete.

venerdì 9 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)






















3puntata 


Preso il treno delle 11,15 per Rimini, siamo giunti nella tiepida e sonnolenta città romagnola, Rimini è viva solamente durante il periodo estivo, e infilati subito dentro il Tempio Malatestiano. La luce è la cosa che colpisce il visitatore appena entra dentro questo edificio progettato dall'Alberti e voluto dall'allora signore della città, Sigismondo Pandolfo Malatesta, come tempio quasi pagano (era in lotta col Papato e non volle simboli cristiani) per celebrare lui e la sua stirpe. Luce che proviene dalle alte finestre gotiche e si riversa entro le cappelle laterali e sui putti, scolpiti da Agostino di Duccio, che ne decorano le balaustre. Putti che sorridono, giocano, si rattristano mentre fanno da compagni eterni a chi li volle, uno dei condottieri più coraggiosi e spietati del rinascimento italiano. C'è qui dentro anche qualcosa di Ravenna, nell XVI secolo la Basilica di Sant' Apollinare in Classe subì la spoliazione dei marmi interni, posti in opera per la costruzione del Tempio Malatestiano di Rimini, quando i monaci camaldolesi abbandonarono il luogo per insediarsi nel Monastero Classense in città.

La parte esterna è tutta di marmo, nella parte inferiore della facciata si notano tre archi, due ciechi e uno aperto per consentire l'ingresso al tempio, la parte superiore è incompiuta. Le facciate laterali, sempre in marmo, hanno sette archi ciechi con altrettante finestre.

L'interno cala il visitatore in un atmosfera surreale caratterizzata dal "bello" allo stato puro: una sola navata, ricoperta da travi di legno. dalle quali partono le arcate che chiudono alla base le cappelle. Salta all'occhio la differenza tra la parte voluta da Sigismondo (ricca di ornamenti, sculture e fregi) e la parte realizzata dopo la sua morte;

il sepolcro di Sigismondo, posto a destra, tutto in marmo, caratterizzato da due bassorilievi che raffigurano il profilo dello stesso Sigismondo.

Nella quarta cappella vi è l' affresco di Piero della Francesca raffigurante Sigismondo Malatesta inginocchiato davanti a San Sigismondo re di Borgogna (l'affresco oltre ad essere bello è l'unica testimonianza di come era stato fatto il castello nel XVI sec. che si scorge alle spalle di Sigismondo)

Nella seconda cappella, una statua di San Michele Arcangelo , e il sarcofago di Isotta degli Atti (grande amore di Sigismondo Malatesta); nella terza cappella bassorilievi realizzati da Agostino di Duccio, uno dei più belli raffigura Rimini sotto il segno del Cancro; tra i capolavori più interessanti da vedere all'interno del tempio: il Crocifisso di legno realizzato da Giotto, realizzato dall'artista toscano nel 1312 appositamente per l'antica chiesa francescana e una tela del Vasari. Nella prima cappella, realizzata in onore di San Sigismondo re di Borgogna, si vede un balconcino retto da putti marmorei che reggono lo stemma malatestiano; questi angioletti sono di un erotismo sfacciato, mostrano i loro culetti carnosi con atteggiamenti strafottenti, li potete ammirare nelle foto.

Nel tempio potrete imbattervi frequentemente ne simbolo del dollaro, bè raffigura l'iniziale di Sigismondo divisa a metà da un' asta in modo simmetrico, il Tempio è imbevuto di alchimia e di simboli legati al dualismo, pare impossibile che qui si celebri la Messa, anzi il Tempio è l' odierno Duomo di Rimini, pensate un po' quante contraddizioni e quindi non preoccupiamoci se ci sentiamo incoerenti ed inadeguati, sono i nostri archetipi nell' inconscio dovuti alla vita e non a noi, inconsapevoli fruitori di opposti inconciliabili ...ma il Tempio ci insegna che ci può essere armonia nei poli opposti.

martedì 6 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)


























  



























 
2puntata

Le giornate di novembre avevano però influenzato Rita, e così  all'ultimo momento mi aveva telefonato per dirmi che lei non sarebbe venuta. Ora, era appena arrivato da Pesaro, Franco per unirsi a noi, alla gita a Padova, che fare? Andare a Padova io e Franco? Ma sia io che Franco la Cappella Scrovegni la conoscevamo bene e voglia di levatacce dopo una settimana di sveglia per il lavoro, non avevamo voglia proprio di farne. Che fare? Decidiamo di non andare a Padova, ma di fare una piccola e vicina escursione a Rimini. Appuntamento allora al parcheggio di via di Roma. Arrivo puntuale, ma Franco non c'è, mi incammino verso la stazione, prendendo in mano il telefono per chiamarlo: " Franco dove sei?" " Sto in via Cavour, fra poco ti raggiungo." Mi risponde. "Non preoccuparti vengo io da te, è presto per prendere il treno, visitiamo la chiesa di San Domenico, che è in via Cavour, dove c'è una mostra di mosaico internazionale". Gli dico.

Una mostra realizzata a Ravenna per presentare nella città del mosaico le produzioni più recenti degli artisti che nei diversi continenti hanno scelto i percorsi di quest'arte antica.

Opere che forniscono un'ampia visuale sulla produzione contemporanea, contraddistinte da una ricchezza cromatica e da una dettagliata precisione nella tecnica impiegata.

Dall' altra parte del telefono silenzio, Franco non mi risponde.

"Franco, ci sei?"

Silenzio, poi all' improvviso alle spalle Franco mi assale e mi urla: "sono qui"

Che spavento! Proprio non me lo aspettavo, scoppiamo entrambi a ridere e ci abbracciamo, mentre un signore, col bastone da passeggio, ci guarda in malo modo e scuote la testa.

Ci dirigiamo in via Cavour, a San Domenico, e fra i tanti mosaici ne individuiamo alcuni che ci piacciono da matti e da pazzi. Ve li ho messi nelle foto e come vedete ricordano l' Art Optical e sono degni di nota per l' uso dei materiali nelle loro caratteristiche più povere e intrinsiche, raggiungono equilibri di grazia ed armonia, sono mosaici silenziosi e dimessi come urla silenziose nel silenzio.

sabato 3 dicembre 2011

A PADOVA VOLEVO ANDARE ( racconto in 9 puntate)








 

 
 





 



1puntata

Avevo già visitato a Padova, la Cappella Scrovegni, ma Rita, una mia amica, mi aveva chiesto di accompagnarla, perchè dovendo preparare delle lezioni su Giotto, la voleva rivedere. Le giornate ora sono corte, e spostarsi in treno da Ravenna per Padova voleva dire alzarsi col buio e col freddo e ritornare allo stesso modo, ma il sacrificio non era grande, in quanto la Cappella Scrovegni lo merita ampiamente.
La Cappella degli Scrovegni, è il capolavoro di Giotto e della pittura del Trecento italiano ed europeo, è considerato il ciclo più completo di affreschi realizzato dal grande maestro toscano nella sua maturità. Un mare di blù zaffiro con scene ricche di emozioni di Dio e di uomo.
La Cappella intitolata a Santa Maria della Carità, affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto su incarico di Enrico degli Scrovegni costituisce uno dei massimi capolavori dell'arte occidentale. La narrazione ricopre interamente le pareti con le storie della Vergine e di Cristo, mentre nella controfacciata è dipinto il grandioso Giudizio Universale, con il quale si conclude la vicenda della salvazione umana. Enrico degli Scrovegni , uomo pio e retto volle la Cappella per espiare l' usura del padre il quale si dice che avesse affamato mezza Padova e mezza Venezia. Così il destino volle che gli Scrovegni venissero ricordati ai posteri più che per i delitti per la grande opera d' arte rimasta. Anche se Dante mette lo Scrovegni all' Inferno tra gli usurai e sprezzante non lo degna di una parola: " guarda e passa". Nelle immagini che vedete, potete constatare il taglio netto che Giotto fa con l' arte del suo tempo, un' arte asettica, filiforme e decorativa. Al contrario Giotto è empatico, gli angioletti sono disperati e sofferenti per la morte di Gesù;la Maddalena si strugge; e i corpi sono pesanti e grossi, Giotto mette pure in primo piano un grosso sederone e pecore ed arieti in varie pose.