sabato 31 marzo 2012

IL RE DEGLI UCCELLI

Da un articolo di Primo Fornaciari su la Voce di Romagna


Molte persone, ho scoperto, sono congenitamente incapaci di apprezzare la vista di un pavone. Scrive Flannery O' Connor nel suo libro "Il re degli uccelli".
Flannery ammira ed osserva i pavoni, mai paga di essere circondata da loro, la sua dimora ne è invasa.
La scrittrice non poteva certo ignorare l' ammirazione dei primi cristiani per il pavone, regolarmente ritratto nelle catacombe e nei sarcofagi come animale simbolo di resurrezione. Per S. Agostino la carne del pavone era immarcescibile, e da qui l' attributo per l' immortalità. Inizialmente sono i pavoni ad abbeverarsi al calice ( emblema originale dei monaci di Camaldoli, fondati da San Romualdo) poi sostituiti dalle colombe.
Infatti, misteriosamente il simbolo del pavone decadde. Ciò avvenne quando il pavone fu riscoperto come prelibatezza gastronomica, sulle tavole dei ricchi.
Nella Bibbia lo si trova nell' elenco degli animali importati da Salomone. La parola che lo indica è tukki, collegato al lemma tok: " violenza". Il Signore, dice il salmista, riscatterà le vittime dalla violenza e dal sopruso, sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
Il saggio della O' Connor dedicato al pavone, termina con l' immedesimazione della scrittrice nell' animale tanto amato, i suoi personaggi in cerca di redenzione si imbattono nella violenza disperata, come rotolarsi nel sangue della violenza aspettando finalmente una resurrezione .
Nella tradizione popolare è oggetto di sfortuna, raccogliere e conservare una penna di pavone, quasi ricordando il significato di salvezza che questo uccello ha avuto, come anelare a qualcuno ai cui occhi sia prezioso il sangue, oggi copiosamente versato.

immagine di Teoderica

mercoledì 28 marzo 2012

RAVENNA NERA

A Ravenna, lungo la via Raul Gardini( imprenditore ravennate morto in circostanze tragiche e mai chiarite a fondo) vi è una bella palazzina veneziana dall' ameno balcone: è la Casa Diedi, tristemente famosa per l’eccidio perpetuato da Girolamo Rasponi ai danni dell’intera famiglia Diedi . Nel 1570 circa, Bernardino Diedi, figlio di Francesco, aveva chiesto in sposa Susanna, figlia di Bernardino Rasponi, nonostante una precedente promessa di nozze a un’altra sorella di Girolamo Rasponi. Susanna, rinchiusa in casa ma decisa a sposare Bernardino, fu martoriata dal fratello con 14 ferite di stiletto. Si salvò e riuscì a convivere con Bernardino. Dopo che ella ebbe dato alla luce una bambina e fu di nuovo incinta Girolamo Rasponi impazzito di rabbia impotente, decise di vendicarsi: partito dal suo palazzo di magnica fattura, con 50 banditi alla volta di Casa Diedi vi entrò alle 3 di notte. A colpi di archibugio e coltellate, uccisero il vecchio Francesco Diedi e il fratello canonico, madonna Giulia e la gestante Susanna. Bernardino si gettò dalla finestra e fu finito a pugnalate dai sicari per strada . Scampano all’eccidio il fratello di Bernardino : Antonio che si copre con un cadavere, un altro fratello: Bellino che fugge ferito e la figlioletta della povera Susanna, insomma una vera strage di altri tempi in nome della gelosia e dell’onore.
Il palazzo di Girolamo Rasponi il crudele assassino, fu fatto abbattere in pochi giorni dal Presidente di Romagna Francesco San Giorgio (anno 1576) il quale fece spargere il sale sull'area scoperta per significare che mai più su di essa si dovesse rifabbricare a riprovazione perpetua dell'atroce misfatto perpetrato con l'eccidio della famiglia Diedi .


immagine di Teoderica

domenica 25 marzo 2012

SE POTRO' IMPEDIRE

SE POTRO' IMPEDIRE


Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano


EMILY DICKINSON






immagine di Teoderica

giovedì 22 marzo 2012

SEMPRE DALLA PARTE DEL TORTO


Tredici reati di sangue, otto morti, sei feriti, centosette pugnalate inferte, una sola firma: quella della setta degli accoltellatori di Ravenna. L' attività criminosa si svolse tra il 1865 e il 1871, culminò col processo, che ebbe vasta risonanza in tutto il Paese, istruito in città nel 1874 contro i 23 presunti accoltellatori, quasi tutti condannati.
Tutto comincia a Ravenna una sera del 1865, in via delle Melarance ( oggi via Mentana), spesso si incontravano ubriachi che annegavano nel vino dell' Osteria della Grotta le preoccupazioni per la crescente disoccupazione e le incertezze del futuro. Tra di loro vi erano molti ex garibaldini, qualcuno aveva anche partecipato all' impresa dei Mille, delusi per il nuovo assetto politico che andava assumendo l' Italia, unita ma monarchica. La monarchia era una pillola amara che loro non riuscivano ad ingoiare.
Dai tavolacci delle osterie andavano predicando che il Risorgimento era stato tradito e passarono dalle parole ai fatti, decisero di dare una lezione a quei "boia" che si arricchivano affamando la povera gente. Colpirne uno per educarne cento, si dicevano, ed amavano definirsi dei " bon burdell" ( buoni ragazzi).
La prima vittima fu il direttore della Banca Nazionale di Ravenna, poi dopo una serie di ferimenti con la saracca ( coltello da tasca romagnolo a lama dritta micidiale, ai tempi lo portavano molti in tasca, anzi pare che il sedicenne Mussolini fosse espulso dal collegio dei salesiani perchè tirò fuori minacciosamente la saracca dalla tasca) ci scappò il primo morto, uccidendo il procuratore del re.
Gli ambienti repubblicani vennero setacciati e gli arresti furono all' ordine del giorno.
A mettere fine alla banda fu un delatore, un pentito diremmo oggi.
C' è da dire però, che l' attività della banda, quella dei delusi garibaldini, è quasi certamente da riferirsi ai primi anni, quella dei ferimenti, mentre nella fase più cruenta ci sarebbero stati degli infiltrati, dei sobillatori, che approfittarono della setta per colpire i primi socialisti, riuscendo così a decapitare la nascente sezione internazionalista ravennate che alla fine del 1871 aveva abbracciato l' internazionalismo anarchico di Bakunin.
Vero o non vero, quando dalle parole si passa ai fatti, ancora peggio al coltello, si è sempre dalla parte del torto.


immagine: Nero di Teoderica

lunedì 19 marzo 2012

SE IO FOSSI PAOLA COME SONO E FUI VORREI ESSERE SOLO PAOLA


S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;
s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.
Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

CECCO ANGIOLIERI





immagine di Teoderica

venerdì 16 marzo 2012

CAPITA OGNI TANTO

Capita ogni tanto ( Amores)


Ma non è forse bella, non è forse curata questa donna, ma, dico, non è stata tante volte oggetto dei miei desideri? Eppure l'ho avuta fra le braccia senza poter concludere nulla, vittima di una malaugurata impotenza, e sono rimasto inattivo, peso vergognoso, su un letto inerte e, benché lo desiderassi io e lo desiderasse in egual misura anche la mia donna, non sono riuscito a ricavare piacere dal mio membro spossato. A dire il vero ella mi gettò al collo le sue braccia d'avorio, più bianche della neve sitonia, mi impresse con lingua bramosa baci provocanti, insinuò lascivamente la sua coscia sotto la mia, mi disse frasi carezzevoli, chiamandomi padrone, e aggiunse quelle parole che nella circostanza riescono gradite. E tuttavia il mio organo virile, fiacco come se fosse stato sotto l'effetto debilitante della cicuta, deluse i miei intenti. Giacevo come un tronco privo di vita, larva d'uomo e inutile peso, e non era chiaro se fossi una persona vivente o un fantasma. Quale sarà la mia vecchiaia, se pur ci sarà per me una vecchiaia, quando perfino la giovinezza vien meno ai suoi compiti? Ahimè, mi vergogno della mia età: a che scopo esser giovane e uomo? La mia amante non mi ha conosciuto né giovane né uomo. Si è alzata dal mio letto come la sacerdotessa chiamata a recare le sacre fiamme, o come una sorella che il fratello deve rispettare?


OVIDIO


immagine di Teoderica

martedì 13 marzo 2012

A FERRARA ANDAI ( racconto in 17 puntate)

17 puntata


Durante la visita alla Cattedrale di Ferrara, Cosimo anche se non l' aveva mai vista si distraeva per osservare le auto d ' epoca che erano in bella mostra sulla piazza estense: " Cosimo così non va, io ti faccio da cicerone e tu ti distrai, così non va".Ma Cosimo, come la maggioranza degli uomini , preferisce la beltà della tecnica meccanica piuttosto che la beltà della Cattedrale.
C'è tempo ancora per gustarci un gelato e poi autobus, perchè la stazione di Ferrara è lontana dal centro, quindi treno e si torna a Ravenna.
La giornata si è conclusa ai tavolini del solito bar Roma in piazza del Popolo a Ravenna cantando canzoni nostalgiche di Gino Paoli: "...quando ti ho vista arrivare, bella così come sei...", parlando della nostra gita culturale, io sorseggiando una siciliana e un gelato, Cosimo una birra e Fiore un succo di frutta al pompelmo rosa.
E' stata una giornata molto bella ed ora vorrei chiudere il racconto dicendo la mia sulle amicizie formatisi nel web. Cosimo lo conoscevo solo tramite blog e facebook, incontrarlo di persona non è stata una sorpresa perchè è tale e quale a come si presenta nei bit. E' gentile, solare e allegro come nei commenti che lascia da me.
Quindi incontratevi e incontratevi, chi si presenta in internet così come è lo sarà anche nella realtà e così nella realtà vivrà l' irrealtà dei bit, il bit da sogno si realizzerà.
Ci salutiamo e ci avviamo in direzione diverse, Fiore verso la centralinissima via Cavour, io verso l' auto e Cosimo verso la stazione ferroviaria.
Tengo a dirvi che i fatti sono veri, i nomi tranne il mio sono inventati, Cosimo è stato scelto in onore del mio pittore preferito Cosmè o Cosimo Tura ( mi scuso con Cosimo mio commentatore per l' intreccio ordito , mi piaceva giocare un poco) e la mia amica Fiore, critico d' arte conosciuto forse non ha piacere di essere accostata ai miei fantasiosi scritti sull' arte, quindi ho usato uno pseudonimo grazioso e gentile come è lei.

FINE


immagine di Teoderica

sabato 10 marzo 2012

A FERRARA ANDAI( racconto in 17 puntate)

16 puntata


Non posso ogni volta che vado a Ferrara non fermarmi incantata davanti al pizzo rosa della Cattedrale di Ferrara dedicata a San Giorgio. Meravigliosa opera architettonica nel centro della città fu costruita a partire dal XII secolo; nella sua struttura ha la particolarità di racchiudere insieme tutti gli stili e le epoche storiche attraversate dalla città di Ferrara, a partire dalla facciata con la sua particolare struttura a tre cuspidi fu iniziata in stile romanico tutt'oggi presente nella parte inferiore,la parte superiore iniziata alcuni decenni dopo è in stile gotico dove sopra la loggia centrale si rimane affascinati da uno stupendo Giudizio Universale di cui non si conosce il nome dell'artista,di suggestiva bellezza il campanile è completamente costruito in marmo rosa e bianco in stile rinascimentale. Di particolare fascino il S. Giorgio e le scene del Nuovo Testamento poste sopra la porta centrale opera dello scultore Nicholaus.Sulla sinistra e' posta una lapide che ricorda il passaggio di Ferrara sotto il dominio pontificio.Questo intreccio di trafori, colonnine, statue, altorilievi è imbevuto di alchimia medievale, vi è espresso il Bene, nella facciata infatti è presente molta vegetazione che richiama la vita; il suo intreccio, che spesso ricopre l’intero edificio cristiano, riporta l’Eden sulla Terra. Vi sono parecchi animali che si intravedono tra le foglie di vite, simboli del creato. La chiesa è così la metafora di un immenso Albero della Vita.Vi è il male con statue dalle raffigurazioni mostruose, forse per spaventare i credenti o forse per aiutare il Bene a sconfiggere il Male. Sempre sulla facciata vi è anche la rappresentazione dell’inferno, dove un mostruoso Lucifero inghiotte l’anima dei dannati, Vi è scolpito l' uomo stetocefalo, cioè col volto rappresentato al posto dello stomaco, cioè chi ragiona col ventre altrimenti che con la testa.La facciata è molto interessante, perché la sua realizzazione è unica nel suo genere. Essa è stata costruita basando la geometria sul cerchio diviso in dieci parti uguali. Il dieci aveva un grande valore simbolico essendo la somma dei primi quattro numeri: 1+2+3+4, il cosmo più il dualismo più la trinità più la terra = il tutto assoluto. E’ identificato non a caso con la X dai romani, cioè l’unione del principio maschile /\ con quello femminile V che dà la vita senza la quale non vi è nulla.
Sopra il portale si può vedere un'interessante loggia del 1250 ove si sviluppa il Giudizio Universale, di autore ignoto, che è un esempio unico in Italia di architettura gotico-francese. Sui pennacchi degli archi è possibile osservare il tema della Resurrezione con i morti che risorgono dalle proprie tombe.
Impossibile non notarle perché strane, uniche e bizzarre, sono le colonnine site sul lato destro della cattedrale che non mancano di incuriosire con le loro svariate forme. Perché sono state fatte in questo modo? Uno scherzo o un messaggio simbolico?L’Opera fu realizzata dai maestri Comacini, famosi per lasciare messaggi nascosti nelle loro opere, forse sostituendo una particolare parola ad ogni colonnina ne verrebbero fuori una frase importante.Esse recano in sé un simbolismo alchemico che pochi potrebbero leggere chiaramente. Ad oggi nessuno ancora si è fatto avanti, chissà, forse il discorso conclude con l’obbligo di mantenere il segreto, ma esiste una leggenda.Si dice infatti che fossero state realizzate dritte, ordinate, simmetriche.Ma nella notte il Diavolo, invidioso di tanta perfezione, volle tirare un bello scherzo e si divertì a plasmarle come creta per rovinare la giornata di inaugurazione del Duomo che si sarebbe svolta il giorno seguente. Così all’alba la gente fu si sorpresa ma positivamente applaudendo gli scultori e complimentandosi per quel tocco di “soprannaturale” che erano riusciti a dare all’edificio. Il diavolo così se ne andò con la coda tra le gambe. Sopra la porta destra della facciata vi è un curioso busto femminile molto antico, al quale i ferraresi sono molto affezionati.Si dice che un certo Marco fondò la città chiamandola con il nome di una fanciulla troiana che aveva recato con sè. Il suo nome era "Madonna Frara" , ovvero Madonna Ferrara.


www.luoghimisteriosi.it/emilia_ferraraduomo.html


immagine di Teoderica

mercoledì 7 marzo 2012

A FERRARA ANDAI( racconto in 17 puntate)


15 puntata



Stanchi della visita alla mostra ed alla pinacoteca di Ferrara, finalmente ci sediamo ai tavoli di un bar per rifocillarci un poco. Nella piazza del Castello estense oltre ad un raduno di auto d' epoca, vi è anche un ballo in costume d' epoca sulle note di Verdi per ricordare che quest' anno sono 150 anni dall' Unità d' Italia.
Fiore era stanca, ma io non ho voluto perdere la visita alla Cattedrale di Ferrara, anche se l' interno è stato spogliato dalle opere più preziose, portate poi al vicino Museo della Cattedrale, dove vi sono le splendide formelle dei Mesi, la Madonna della Melagrana di Jacopo della Quercia e soprattutto il capolavoro di Cosmè Tura: le ante di organo con l' Annunciazione e con San Giorgio e il Drago , che potete vedere nelle immagini. La terza immagine è sempre di Cosmè Tura, non ho potuto fare a meno di metterla perchè è fra le opere d'arte più alte di tutti i tempi, almeno per me, avrete anche notato che non ho avuto il coraggio di sfregiare queste opere coi miei soliti interventi nelle immagini...non ci riesco sono sacre per il mio immaginario.


Cosmè Tura o Cosimo di Domenico di Bonaventura (Italia 1433/1495), decoratore, disegnatore, affrescatore, pittore italiano , nasce a Ferrara probabilmente nel 1433 e fu il fondatore della scuola ferrarese della quale fu uno dei rappresentanti di spicco. Figlio di un calzolaio, non si hanno notizie certe del suo apprendistato, Vasari lo collegava all' artista Galasso Ferrarese , una figura quasi mitica, legata a Piero della Francesca.Le notizie della vita di Cosme Tura sono poche e con ampi vuoti, ma sembra che già nel 1451-52 decorasse oggetti di uso quotidiano per la corte, disegnasse stemmi sulle bandiere e ornasse le armi da parata, attività proprie delle botteghe artistiche locali. Nel 1456 Cosmè torna a Ferrara, dopo essere stato a Padova a perfezionare le sue capacità artistiche nella bottega dello Squarcione , la più importante fucina di talenti dell'Italia settentrionale da cui uscirono molti maestri che diffusero lo stile Rinascimentale tra i quali AndreaMantegna. La pittura di Cosmé Tura è dotata di grande originalità nel panorama italiano del tempo, caratterizzandosi con composizioni fastosamente decorate con le figure quasi come sculture, in un apparente realismo che appartiene alla fantasia più che alla realtà. I colori sono accesi e irreali, che fanno spesso sembrare i soggetti come metallici o funerei, immersi in un'atmosfera tesa e surreale, di sapore onirico. Le riminiscenze di Pisanello vengono integrate con la scuola padovana e dal Mantegna, la luce dello sfondo rimanda a Piero della Francesca, ma la linea e la poetica è tutta nordica e fiamminga. Ho voluto mettere anche l' immagine della Pietà perchè l' iconografia è tutta nordica, il pietismo fiammingo raggiunge qui l' apice e allo stesso tempo è mitigato dalla dolcezza della Madre che alza il braccio al Figlio per un ultimo bacio e ne raccoglie il corpo rattrappito nel suo grembo come a volerlo riprendere e custodire, come che con la sua natura dolce e amorevole potesse sconfiggere la natura matrigna.


immagini ante d' organo ( 1469) "San Giorgio e il drago" e "l' Annunciazione"

"Pietà" di Cosmè Tura

domenica 4 marzo 2012

A FERRARA ANDAI ( racconto in 17 puntate)


14
puntata




Ma torniamo al Maestro dagli occhi ammiccanti e al Bambin Gesù tutto ingioiellato di corallo come protezione scaramantica.
Grazie alla sua forma, al suo colore e alla sua misteriosa capacità di indurirsi al contatto con l’aria, il Corallo nell’Antica Roma aveva assunto proprietà curative e apotropaiche.

Nelle rappresentazioni rinascimentali della Madonna col Bambino questo a volte viene rappresentato con una Collana di grani di Corallo o d’oro con un rametto pendente, facendo assumere all’opera una probabile funzione protettiva , oltre che probabilmente contrassegnare simbolicamente la natura umana di Gesù, rappresentata anche attraverso la sua nudità.

Esempi di queste raffigurazioni si possono trovare nelle opere del primo Rinascimento, come quelle di Piero della Francesca, dei pittori della cerchia dello Squarcione e dei Bellini; Squarcione operava nell' area di Padova e le influenze fra Padova e Ferrara furono numerose.
Vi ricordo di andare a dare un' occhiata su internet alla bellissima Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, anzi vi risparmio il lavoro e ve la inserisco io nel post.
Tutti questi preamboli per raccontarvi come nasce la mia passione per il corallo e il suo potere contro il malocchio.
Risale a tanti anni fa, ero giovane mamma, 16 anni, ero giovane e credulona.
Un' anziana zia mi venne a trovare, subito dopo il parto era tradizione andare a trovare le puerpere e portare un dono alla mamma e uno al nuovo nato. La zia mi raccontò di bambini ed anche giovani indemoniati che soffrivano di crisi epilettiche, non mangiavano e deperivano, senza che nessuna cura fosse efficace. Venivano allora portate alla cattederale di Sarsina, a Forlì, qui veniva a loro imposto il collare di ferro di San Vinicio che si rivela potente in favore di coloro che portano infermità nel corpo e nello spirito.La zia proseguiva col racconto asserendo che lei li aveva visti di persona gli indemoniati, la loro ritrosia ad entrare in chiesa, il loro ribellarsi all' imposizione del collare . Con l' inserimento del collare, si sarebbero poi verificati espulsioni tramite la bocca di rospi, bisce ed altro e l' indemoniato poi cadeva stremato ma libero dal demonio.Le entità diaboliche colpirebbero preferibilmente i nuovi nati, l' unico antidoto sarebbe , essere nati di venerdì o indossare sempre qualcosa di rosso.
La mattina dopo corsi a comprare un piccolo bracciale d' oro coi pallini rossi di corallo e lo infilai al braccio di mio figlio , non è che credessi al racconto della zia...ma non si sa mai.



immagine di Teoderica

immagine Madonna di Senigallia di Piero della Francesca




giovedì 1 marzo 2012

A FERRARA ANDAI( racconto in 17 puntate)

13 puntata


Prima di proseguire col racconto devo dirvi qualcosa sull' arte fiamminga e l' influenza che ebbe sull' arte ferrarese tramite soprattutto Rogier Van Der Weyden.
Rogier Van Der Weyden, anche chiamato Rogier de la Pasture nacque a Tournai attorno al 1400 ca. e morì a Bruxelles nel 1464. Nel 1427 andò a lavorare nella bottega del celebre Rober Campin (identificato anche come il maestro di Flémalle). Nel 1435 si trasferì a Bruxelles ed assunse il titolo di "Maistre Rogier".Nel 1450 si recò a Roma , successivamente a Ferrara dove lavora per Lionello d'Este.La prima opera che gli viene attribuita è la "Deposizione", (Prado, Madrid), che rivela già da subito la sua grande abilità nell'esprimere la commozione.Nelle sue opere l'attenzione è concentrata sui simboli, sui gesti, sull'espressione dei volti e sulla minuziosità. Nelle Fiandre (termine con cui, spesso, genericamente indichiamo una vasta area geografica che comprende buona parte dell’attuale Belgio e Olanda) si sviluppò nel Quattrocento un’arte, che oggi chiamiamo «fiamminga», destinata anch’essa a conoscere un’ampia fortuna e ad influenzare profondamente il resto dell’arte europea successiva.Molteplici sono stati i protagonisti dell’arte fiamminga. Tra di essi il più noto è sicuramente Jan Van Eyck, dopo di lui il più importante è proprio Rogier ed è lui che porta a Ferrara quella linea secca e dura e quell' espressionismo patetico delle figure, nonchè la ricerca del particolare naturalistico e la ricchezza descrittiva dell' abbigliamento, senza di lui non si capirebbe l' esistenza di un Cosmè Tura a Ferrara.
Secondo la tradizione, i pittori fiamminghi, e in particolare Jan Van Eyck, furono gli inventori della pittura ad olio. In realtà la tecnica era già nota nell’antichità, ed era limitatamente utilizzata anche nel medioevo. Quale sia stata, in questo campo, la reale novità introdotta dai pittori fiamminghi è uno dei problemi ancora aperti della storia artistica di quegli anni. Possiamo però ritenere che la vera rivoluzione che essi apportarono non fu tanto nella composizione dei colori, quanto nella tecnica di stesura: con i pittori fiamminghi si elevò a sommo grado la tecnica della velatura.



immagine di Teoderica