domenica 28 aprile 2013

NOVECENTO A FORLI' (quinta parte)



 

                                                            Autunno di Piero Marussig

L’"Autunno" di Piero Marussig, realizzato nel 1924, si ispira alle composizioni degli artisti del passato.  Il cesto di frutta che la figura al centro sostiene sulle gambe, il vaso portato in testa dalla donna in secondo piano e gli oggetti posti in basso a destra, riprendono le nature morte delle tele del Seicento. Mentre la finestra sul fondo si apre su un paesaggio, come nei dipinti del Quattrocento. Siamo giunti alle sale che espongono le tele del Premio Cremona. Istituito da Roberto Farinacci nel 1938, il Premio Cremona doveva contribuire ad orientare la pittura italiana "verso una concezione politico-fascista", affermando la necessità di un'arte figurativa di immediata comprensione e di elevazione sociale. La prima edizione (sui temi "Ascoltando alla radio un discorso del Duce" e "Stati d'animo creati dal Fascismo") fu inaugurata nel 1939. Mussolini indicò i temi delle edizioni seguenti: "La battaglia del grano" nel 1940 e "La gioventù italiana del Littorio" nel 1941; la quarta edizione programmata per l'anno 1942 dal tema: "Dal sangue la nuova Europa"  non ebbe luogo. Tra i membri della giuria gli accademici d'Italia Ugo Ojetti, critico d'arte, Ardengo Soffici e Felice Carena, affermati pittorii, ed infine lo studioso e critico d'arte prof. Giulio Carlo Argan . Alla proclamazione dei vincitori della seconda rassegna il primo premio è assegnato a Pietro Gaudenzi con il trittico ad affresco "Il grano", il secondo a Cesare Maggi, il terzo a Biagio Mercadante. Malgrado queste presenze nel dopoguerra pochi di questi pittori si salveranno dal boicottaggio.
Assistiamo infatti al distinguo tra il "nero" di Farinacci ed il "nero" di Bottai, quest'ultimo gerarca negli stessi anni del Premio Cremona aveva a sua volta promosso un'analoga iniziativa artistica: il "Premio Bergamo". Il conformismo degli intellettuali negli anni del dopoguerra, in una cultura orientata e monopolizzata politicamente dalla sinistra, hanno fatto il resto. Gli artisti del Premio Cremona sono stati i più vituperati.
                                                            La Terra  di Achille Funi

 Osservate questa tela, il  volto intenso, gli occhi grandi, lo sguardo che ricorda il sorriso della Gioconda, la splendida brocca con pera che rivaleggia con una natura morta di Velazquez, le braccia alzate che sorreggono un trionfo di frutta e là in fondo un verdeggiante panorama è un'opera d'arte a prescindere dallo stile. Achille Funi   fu direttore dell'Accademia di Brera fino al 1960. Dopo aver aderito al Futurismo, nel 1922 fu tra i fondatori del gruppo Novecento e tra i più coerenti sostenitori del ritorno alla pittura classica.
Prendetela come una mia personale opinione, Picasso, presente in mostra, quando arriva in Italia  nel 1920,   inizia una fase classicista. L'artista riprende la figurazione tradizionale, cercando valori di solidità e compostezza classica , insomma dopo aver copiato il futurismo copia il gigantismo di Novecento, sottolineo che è un  "copiatore" ma è pur sempre un grande.

                                                         Cagnaccio di San Pietro

Questo Cagnaccio mi ha molto colpito e perciò ve lo ripresento, la tecnica è  magistrale ed anche un quadretto di genere diventa qualcosa d'altro.
Altro genere è invece la tela di Mario Sironi. Il suo gigantismo è soffuso di melanconia, i colori sono pastellati,  ecco Picasso si è ispirato a lui per il periodo classico, sempre secondo la mia idea.
Mario Sironi è stato un pittore italiano. Con una stilizzazione che si rifaceva ad arcaici modelli pre-rinascimentali, con un potente senso dei valori plastici e del colore, ha dato voce all'umanesimo
Mario Sironi è una delle figure protagoniste del Novecento Italiano per l'incontro della sua inclinazione verso un'arte monumentale con i programmi del Fascismo.Tale arte è il risultato di un percorso passato attraverso l'adesione,dapprima al Futurismo e in seguito (ma per un breve periodo)alla corrente metafisica.

                                                       San Martino di Mario Sironi

Vi metto qui sotto la tela di Picasso in mostra Forlì così la confrontate con quella di Sironi, la mia tesi è che Picasso sia  un grande esecutore, si dice infatti che fosse molto invidioso di Matisse, quest'ultimo è un  ideatore di nuovi stili e visioni, mentre le idee le abbia sempre copiate, per il periodo blu e rosa imita Toulouse  Lautrec, per il cubismo Braque e i futuristi, poi gli italiani in particolare Sironi per il ritorno all'ordine, poi passa ai surrealisti.


                                                              Bagnante di   Pablo Picasso                        

giovedì 25 aprile 2013

DIARIO DI NAVIGAZIONE 21

Queto è il ventunesimo post che riguarda il  diario di navigazione, le mie giornate che ho voluto condividere con voi, oggi è il 6 gennaio giorno della Befana, giorno che chiude le feste natalizie  e penso che saranno le mie ultime memorie, il gioco è bello quando è corto.
Sveglia alle otto e trenta, colazione e lettura dei quotidiani, pulizie di casa con  smantellamento dell'albero di Natale e varie decorazioni.
La giornata è stata calda 12 gradi, temperatura primaverile, soleggiata,  sono così riuscita a ritagliare una mezzora per passeggiare lungo il fiume.
Pranzo velocissimo e poi al lavoro.
Sono un po' grandicella ma ho trovato anche io una bella calza della Befana a casa di mia madre, mi ha regalato una tuta grigio fumo in ciniglia.
Al lavoro mi è venuto a trovare un cliente che è anche un amico, mi ha portato una bottiglietta di liquore alla liquerizia che ha fatto lui, una vera bontà da  leccarsi i baffi, inoltre  aveva con sè i suoi arnesi, è un factotum, è calzolaio ma aggiusta anche strumenti musicali e costruisce apparati mediovali, perchè era deciso  a mettere a nuovo il mio flauto dolce.
Mi ha fatto un lavoro d'artista,  rifilando col filo il boccaglio e decorandolo con spago per aggiustare le crepe, avrei potuto comprarlo nuovo ma, vuoi mettere il mio flauto che è stato anche quello di mio figlio?
Ho tolto le decorazioni natalizie anche al bar e fra un caffè e un altro ho fatto assaggiare ai clienti/amici il liquore alla liquerizia e uno di questi è poi ritornato indietro e mi ha portato in dono per ricambiare la mia cortesia una bottiglia di olio di frantoio, inviato dai genitori che hanno terre di olivi nelle Marche.
Golosa come sono, appena ho avuto un minuto di tempo, ho tagliato una fetta di pane toscano e vi ho sparso sopra l'olio marchigiano, era denso, saporito e profumato.
Il pomeriggio è volato veloce, era quasi  ora di chiusura, stavo lavando i pavimenti, quando è suonato il telefono, una brutta notizia, la morte di un vecchio, non di età, cliente, che era stato ricoverato poco prima di Natale per degli accertamenti.
E' entrato che stava bene, almeno in apparenza e in pochi giorni è peggiorato sino a morire, in questi casi mi sovviene in mente la spada di Damocle, ognuno di noi ce l'ha sospesa in testa, come una roulette russa, può toccare al tuo vicino o può toccare a te.
E allora improvvisamente la vita perde gusto perchè non siamo immortali.
Non ho ancora risposto al biglietto di auguri del parroco dei miei anni giovanili, lui ha sempre avuto molta stima di me, io credo di non avere più fede, è per questo che non rispondo a quel biglietto che mi occhieggia fra le bottiglie di liquore del bar, non voglio mandare stereotipati auguri, non voglio mentire, ma non voglio neanche che lui pensi che io non abbia più fede, penso che ora andrò a cercare in internet una frase della Divina Commedia o dei Salmi oppure del Vangelo e troverò  il pensiero adatto...sarà per me il viatico di quest'anno.


immagine di  Teoderica 

lunedì 22 aprile 2013

NOVECENTO A FORLI' ( quarta parte)

 
 
                                             Monumento a Minniti di  Arturo Martini

Minniti, l’eroe leggendario d’Africa è un’opera monumentale realizzata per onorare l’aviatore italiano, eroe della guerra d’Etiopia, catturato dai nemici durante una ricognizione e morto dopo orrende torture.
Martini evita i riferimenti alla guerra, alla celebrazione diretta del fascismo e sceglie la strada dell’immagine evocativa, attraverso la severità dell’impianto e la solennità della figura rappresentata. In una forte tensione compositiva l’artista, con un dialogo continuo tra la poesia e la letteratura, esprime il pathos eroico della tragedia greca. Notate la decapitazione nascosta da un telo e la testa come un fagotto sottobraccio, un'ideazione veramente singolare.


                                              Alzana  di  Cagnaccio di san Pietro 

Questo è un autore che non conoscevo, mi ha stupito la sua potenza, l'iperrealismo che diventa l'assurdo, la tragicità latente, gli artisti stavano muti ma con le immagini parlavano, qui c'è tutto lo sforzo, la tensione per una corsa che si rivelerà mortale. Natale Scarpa vero nome di Cagnaccio  espone nel 1924 alla Biennale di Venezia, assume il nome d'arte di Cagnaccio, a cui aggiunse di San Pietro in onore del piccolo borgo marinaro, nell'isola  della Laguna Veneta dove visse la sua infanzia.
Il soprannome di "Cagnaccio" venne attribuito ai nonni dell'artista per via di un cane piuttosto aggressivo    che per anni disturbò i vicini.
Inizialmente fu futurista poi passò ad un'arte realista e magica.


                                                    Volo su Vienna di  Alfredo Ambrosi 

Si procede con la visita. si incontrano i futuristi che esaltano la conquista dei cieli, in quegli anni ci fu la  leggendaria trasvolata Italia/America  nel 1933, la seconda trasvolata oceanica di Balbo dopo quella che lo aveva portato in Brasile alla testa di dieci idroplani, è passata alla storia come "Crociera del Decennale" e fu seguita in Italia e nel mondo da milioni di persone fino a trasformarsi in uno dei maggiori eventi mediatici dei primi anni '30.  
 Alfredo Ambrosi, pittore del secondo futurismo, si dedicò prevalentemente all'aereopittura. La sua opera più famosa è l'Aeroritratto di Benito Mussolini aviatore. 
                                           Incuneandosi nell'abitato di  Tullio Crali
 Una delle più belle opere dell'aereopittura l'autore è Tullio Crali. Nato a Igalo (Croazia) nel 1910, Tullio Crali visse a Zara fino all’età di dodici anni e nel 1922 si stabilì con la famiglia a Gorizia.
A quindici anni, mentre era studente all’Istituto Tecnico, scoprì, sulle pagine del "Mattino illustrato" di Napoli, il futurismo, movimento al quale rimase per sempre legato e che fu per lui, più che una vocazione artistica, una vera e propria scelta di vita.Una piccola nota di cronaca , non molto tempo fa, a Gorizia un ingegnere per  quasi trent'anni non ha aperto la porta della stanza blindata di casa sua perchè non ricordava la combinazione. E quando l'ha fatto, nei giorni scorsi, ha scoperto di avere cinque quadri inediti del pittore futurista Tullio Crali. Che fortuna capita a qualcuno!
                                                    Aurora sul golfo di Gerardo Dottori

Il Futurismo è ben presente con opere di Gerardo Dottori, e di Giacomo Balla, di Dottori è in mostra anche il Trittico della velocità.
Accanto ai futuristi è esposto il modellino dell'Eur con tanti disegni e il plastico di Forlì rinnovata in quanto città natale di Mussolini. Colpisce  la grandiosità e la bellezza di queste nuove costruzioni, in particolare il modellino e i disegni sul Palazzo della Civiltà Italiana, edificato in vista dell'Esposizione Universale di Roma del 1942, è uno dei simboli dell'Eur ed è considerato icona architettonica del Novecento romano e modello esemplare della monumentalità del quartiere.architetti Guerrini, La Padula e Romano, i lavori vennero iniziati nel 1938 ed il Palazzo fu inaugurato il 30 novembre 1940, nonostante i lavori fossero ancora in corso. Noto anche come "Colosseo Quadrato", si ispira al più celebre Colosseo, riprendendone l'architettura caratterizzata da file di archi. Sotto i portici del pian terreno sono collocate 28 statue, una per arco, che illustrano le arti e i mestieri.  Un vero gioiello! Lo so tutti conosciamo l'Eur ma lo vediamo veramente con occhi liberi da pregiudizio?


                                            Palazzo della Civiltà Eur  Roma (Marcello Piacentini)
 Marcello Piacentini è l’architetto ufficiale del regime fascista. E resta in sella come capogruppo di tanti progetti, tra cui il più importante è proprio la costruzione dell’Eur. Fu un architetto e urbanista italiano. Figura controversa nella storia dell'Architettura, a causa del forte legame con il regime fascista, la sua opera è oggetto di rivalutazione critica solo da pochi anni.
Alla sua scomparsa dopo lunga malattia, su di lui cadde l'impietoso giudizio distruttivo di Bruno Zevi, che come architetto lo definì "morto nel 1925".
Il suo rapporto con il regime, indubbio e ampiamente documentato, pur essendo stato duraturo e proficuo, non manca di notevoli incongruenze. Nei primi anni venti infatti, Piacentini fu aggredito dalle squadracce fasciste a Genzano dove aveva una casa e dei possedimenti: la causa di tale gesto probabilmente va ricercata nelle frequentazioni e nelle amicizie del giovane Marcello Piacentini, che già grazie al peso del padre Pio, aveva potuto gravitare attorno a personaggi della massoneria poco gradita allora a Mussolini e di conseguenza al violento e intransigente fascismo rurale. Il successo di Piacentini nel ventennio poi non fu improvviso; ma Mussolini poi gli riconobbe la genialità, mentre i posteri, probabimente astiosi e soprattutto invidiosi lo misero nel dimenticatoio, vergogna! 

venerdì 19 aprile 2013

DIARIO DI NAVIGAZIONE 20

Ora devo dirvi quale è il lato che amo del mio lavoro, un sorriso mi sfugge, è il conoscere persone!
Quante persone meravigliose ho conosciuto, strane, pazze, santi e diavoli, li ho tutti dentro  al mio cuore, qualcuno ritorna dopo anni, qualcuno non può ritornare.
Se sono diventata una psicologa da strada è grazie a loro, se sono diventata una scrittrice da strapazzo è per i loro racconti, dovete sapere che alla barista si raccontano tante  cose, un po' perchè l'alcool rende ciarlieri, un po' perchè ad una sconosciuta è più facile parlare.
Agli ubriachi io non do più da bere, anzi da me non si  ubriacano perchè li fermo prima, li blocco con una gentilezza, un regalino, pure una carezza se sento che li  può calmare,  in questo periodo ad esempio ho un ragazzo che ne sta passando di cotte e di crude, cerca sollievo nel vino, io canto con lui canzoni napoletane , lui canta e non beve.
La sua è una situazione disastrata e io parlo e parlo con lui e con la moglie, quanto vorrei che seppellissero i torti peciproci, ma lui non riesce a perdonarsi, dio quanto è difficile perdonare se stessi, e quando i fantasmi diventano pesanti lui beve e dopo per rabbia si mette a bere pure la moglie.
Ma io voglio parlarvi di un mio successo, una perla che tengo nello scrigno, voglio parlarvi di un ragazzo di vent'anni,  che navigava in un mare da paura, si fermava da me  durante il viaggio verso Ravenna per procurarsi la droga, si fermava al ritorno "fatto duro" e beveva perchè l'alcool pure è una droga leggera, aveva occhi blu come il cielo terso d'estate, occhi buoni, occhi limpidi.
Diventammo amici, io lo vedevo come un figlio, mi raccontò la sua infanzia, tragica e  terribile, peggio che essere senza madre perchè la sua era cattiva, cattiva e cattiva come la strega nel bosco.
Una luce però c'era nel suo cielo, una ragazza innamorata di lui, che lo accettava così com'era, lo aspettava sempre a braccia aperte senza rimproverarlo quando lui cedeva al  suo vizio, entrambi molto giovani  avevano un bimbo di due anni.
Io gli ricordavo sempre che trovare qualcuno che ti ama così senza rete è ciò che serviva a lui per ritornare a galla, "non ti demoralizzare per le volte che cadi, l'importante è che tu ti rialzi" gli dicevo.
Era una festa non vederlo passare, quando i tempi erano lunghi, voleva dire che non andava a Ravenna, quando poi passava invece di reguardirlo perchè andava a "farsi" gli facevo notare che aveva resistito una settimana di più.
E venne il giono che non passò più.
Io lo aspetto un giorno o l'altro con  la moglie e il figlio  fermarsi a prendere un caffè...per lui sarà offerto dalla casa.

 Quando il mare fa paura

e le onde son leoni e

compaiono dal niente

marinaio di vent'anni

non guardare su nel cielo

il tuo cuore cederà

e l'olandese volante che và,

che và, che và.

( ...da  Marinaio di vent'anni dei Nomadi)

Immagine Teoderica

martedì 16 aprile 2013

NOVECENTO A FORLI' ( terza parte)




                                                  Monumento alla Vittoria di  Libero Andreotti

La mostra prosegue con un'infilata di ritratti  su Mussolini, un po' celebrativi ma di notevole spessore. Il
 Duce  è visto come un eroe divino ma le opere non sono "vuote" e più che un'antica Roma rievocano un nuovo Rinascimento. Mi spiace di non essere in grado di mostrarvi uno splendido ritratto di Mussolini con la melagrana in mano nelle vesti del duca di Urbino ritratto da Piero della Francesca, con alle spalle la veduta di Predappio, città natale del Duce, al posto della città di Urbino, l'autore è Cesare Sofianopulo.

“Monumentajo per forza!, scoraggiato si definì sul finire della carriera; Se l’avessi saputo a vent’anni avrei trovato in me la forza di morire, drastico disse quando l’Ojetti paragonò la sua opera a quella di un redivivo Piero della Francesca. Libero Andreotti, invece, non avrebbe voluto ingabbiare la propria ricerca artistica nei cliché del gigantismo mussoliniano. Suo malgrado, quindi, lo scultore toscano si ritrovò protagonista del ventennio fascista, le sue figure sono esili e il Duce vittorioso pare quasi Ulisse.
Maschera di Mussolini di Adolfo  Wildt

Che dire diquesta maschera? Possiano negare un capolavoro perchè in odore di fascio?  Io personalmente considero Wildt il Michelangelo del Novecento.
Non mi preoccupo di turbare, spaventare, allontanare: debbo raggiungere il mio fine educativo, realizzare l’etimologia della scultura.” Tra ellenismo ed espressionismo, passando per insospettabili inquietudini gotiche, Adolfo Wildt ha tracciato una nuova strada nella scultura italiana cercando di superare istanze troppo classicheggianti.
La Maschera di Mussolini di Wildt, commissionato da Margherita Sarfatti per la Casa del Fascio di Milano nel 1923, divenne subito un’opera simbolo del primo fascismo eroico post Marcia. Dal gesso vennero poi tratte innumerevoli sculture del busto e della maschera, in marmo e bronzo. Presto però al carattere quasi astratto e musicale dell’opera, legata all’idealizzazione degli imperatori romani come ben evidenziato dall’infula sacerdotale augustea che ne adorna la fronte, la propaganda fascista preferì i comodi stilemi del Realismo di stato. 




Nasce a Massalombarda da padre senese e madre romagnola e  qui tra la Romagna e il Montefeltro Francesco Sapori ha ambientato alcune delle sue novelle e romanzi. Durante il Ventennio si è prestato senza riserve nell'attività di propaganda di un'arte fascista, alcuni suoi titoli rimangono a tal proposito emblematici, come "L'arte e il duce" (1932) e "Il fascismo e l'arte" (1934). La sua dedizione autarchica, a cui aggiungeva una buona dose di retorica, lo ha accompagnato nella cura di antologie di canti popolari e patriottici e di manuali scolastici di storia. ( la mostra Novecento è eclettica, presenta anche vari libri sul fascismo ho voluto presentarvi questo, perchè ritengo che chi sceglie come copertina l'opera di Wildt, non possa essere retorico fino in fondo)

                                                               Dux Renato Bertarelli

Continuiamo  l'itinerario con i molteplici volti del Duce. Renato Bertarelli rappresenta forse un caso unico nel panorama della scultura italiana del Novecento: il caso di un artista il cui nome è rilanciato in tutto il mondo non per la sua lunga attività svolta nell'ambito della "tradizione", ma per una forma plastica ideata nel 1933 durante una breve esperienza tra i "Gruppi Futuristi Indipendenti" di Antonio Marasco: il Profilo Continuo di Benito Mussolini, o Dux, la cui morfologia si stacca nettamente dalla pletora dei ritratti mussoliniani, attraverso una rilettura seppure sui generis di alcuni principi futuristi enunciati da Boccioni.

                                         Mussolini a cavallo di Duilio Prampolini

Allievo di Duilio Cambellotti all'Accademia delle belle arti di Roma, fu un esponente di primo piano del Futurismo ed ebbe stretti contatti con i rappresentanti delle avanguardie artistiche europee.
Vedendo come e quanto è stato ritratto Mussolini mi sovviene pensare che  solo i ritratti dei Santi e dei Martiri hanno avuto nell'arte tanta simbologia ed iconologia.
Quasi mi sento conquistata dal mito e dal rito anche  se so bene che dopo al Ventennio ci fu il baratro.

                                                 Ritratto di Mussolini di Gerardo Dottori

Gerardo Dottori, uno degli artisti più significativi del Futurismo e intenso interprete della tecnica aeropittorica.  Pittore, Poeta e uomo di cultura nasce in Umbria ed è un grande protagonista dell'arte, sconosciuto ai più, è un eccelso colorista. Le tematiche erano diverse, ciò non toglie, che i cubisti forse copiarono i futuristi, questi ultimi, molti di loro, si trovavano a Parigi prima del 1910 ( nascita del Cubismo e del Futurismo) 

                                                              Condottiero  di Thayaht

Ernesto Michahelles (o Micaelles) in arte Thayaht o Thayat  (Firenze 1893 – Pietrasanta/Lucca 1959) fu scultore, pittore ed orafo di matrice futurista. Fu un artista estremamente eclettico, poliedrico ed innovatore, un antesignano di nuove sensibilità. La sua opera si distinse per le linee e le forme sintetiche, che attraverso una precisa geometria espressero una squisita eleganza. 
Nel 1954 fonda la storica associazione C.I.R.N.O.S., acronimo per Centro Indipendente Raccolta Notizie Osservazioni Spaziali, la prima associazione di impostazione scientifica civile italiana per lo studio del fenomeno UFO che avrà  sede presso la sua residenza estiva a Marina di Pietrasanta. Nel 1955 pubblica un primo rapporto sugli avvistamenti UFO in Italia, e nel 1958 il secondo rapporto in cui denuncia il moltiplicarsi del fenomeno degli avvistamenti di UFO in Italia e nel mondo. 
La mostra Novecento continua, ho  scelto i ritratti del Duce per darvi  un'idea del consenso che Egli aveva, visto addirittura come un Ufo che scende dal cielo per condurre il mondo...inquietante però lo steccato di filo spinato che corre sull'immagine.

sabato 13 aprile 2013

DIARIO DI NAVIGAZIONE 19

Ed eccoci al 5 gennaio, domani  è il giorno della Befana, oggi intanto c'è un bel sole, io ho già preparato il pranzo, bruschette con l'olio casereccio che mi hanno regalato ieri, hamburgher all'arancia, spinaci al formaggio e veneziana con frutta fresca, ora sono qui al computer e vi parlerò del mio lavoro e degli inconvenienti che capitano, che da un lato impensieriscono e dall'altro lato mi danno modo di fare la crocerossina.
Io amo sentirmi utile agli altri, davvero sento il ringraziamento che mi viene dal cuore, se l'altro si lascia aiutare da me, se poi il mio aiuto serve a qualcosa sono felice.
Mio padre, inizialmente faceva il contadino, ho vissuto la mia infanzia in un giardino terrestre, fra erbe, piante, fiori, frutti, animali ed insetti, stare stesa sull'erba, osservare il cielo e cantare al mio cane Ringo era il mio ozio dorato.
Mio padre era però molto ambizioso, voleva il meglio per la moglie e la famiglia , studiava, prendeva specializzazioni, era per il futuro e la tecnologia, fu il primo, nel paese ad acquistare l'auto, una Millecento coda di rondine e fece un sacco di debiti per acquistare una taverna con annesso spaccio, che rimodernò  e diede il nome di bar, e di supermercato, una cosa che rendeva il paese moderno, considerate pure che c'era un complesso musicale beat che suonava anche in tv...insomma io mi trovai dalla campagna, in un paese che mi pareva New York che tra l'altro non sapevo neanche esistesse; mi sentivo fortunata, auto,  telefono, tv, giradischi,  erano i primi anni '70, mica tutti ci avevano tutta  questa roba.
Ma dopo un'iniziale euforia iniziai ad odiare il bar, dovevo lavorare al bancone, non potevo uscire con le amichette, avevo dieci anni la mattina andavo a scuola, il pomeriggio sino alle ventuno dovevo fare dei caffè, non c'era molto lavoro ma non mi dovevo muovere dal negozio, per consolarmi rubavo un gelato, se l'avessi chiesto  la mamma non mi avrebbe permesso di prenderlo, il difficile era nascondere  la scatoletta del gelato vuota, io mangiavo sempre il "Dessert du roi" cioccolato e zuppa inglese, era uno dei più costosi ed aveva l'involucro grande.
Di solito la tiravo dalla finestra, dove c'era un campo incolto con l'erba alta un metro, non esisteva ai tempi la raccolta rifiuti, ma un giorno sbagliai il lancio e l'involucro di gelato finì a casa del vicino, il quale arrivò dopo poco, andando da mia madre con l'oggetto del delitto...quante botte  presi, un po' per il furto, un po' per la maleducazione.
Per il lavoro al bar fui caldamente consigliata di abbandonare la scuola, così odiai ancora di più fare i caffé e tanto brigai che riuscii ad andarmene, ma il fardello del bar è sempre ritornato.
Ancora oggi ogni tanto tento di lasciare questo lavoro, ma mi ritorna indietro come un boomerang, non mi riesce di lasciarlo, sono ancora qua dopo 40 anni a fare caffè.
Eppure questo lavoro ha un lato, che amo.


immagine di Teoderica 

mercoledì 10 aprile 2013

NOVECENTO A FORLI' (seconda parte)

                                                    Foto "Silvana Cenni" di  Felice Casorati

Si  inizia il percorso e si è accolti dalla "Silvana Cenni", di Felice  Casorati da una parte e dall'altra dalla veduta della  Città  Ideale di autore ignoto proveniente dalla galleria di Urbino.
Una città ideale auspicata dal Regime, voluta con tutte le forze da una schiera di intellettuali, tanti e in gamba anche se poi molti pagarono con l'oblio la loro adesione al Fascismo. 
Devo fare i complimenti all'ideatore della mostra mai entrata  fu simbolicamente più centrata. La  Silvana se ne sta apparentemente in riposo, con accanto tutto ciò che gli serve per costruire una città ideale, che si vede fuori dalla finestra, ma ha gli occhi chiusi, non sa cosa accadrà nel futuro e sebbene Felice Casorati si ispiri alla  "chiarità" di Piero  della Francesca, qui l'aria che si respira è quella precedente ad un terremoto, quando l'aria è ferma, tutto è sospeso e poi vi è il boato.

                    Foto "La città ideale" autore sconosciuto, a volte attribuito a Piero della Francesca

Alexander "Xanti" Schawinsky  è stato un un designer e fotografo svizzero, partecipa all'esperienza del Bauhaus che sappiamo bene fu  chiuso dal regime hitleriano, eppure Xanti arriva nel 1933 a Milano e diviene una presenza decisiva per il mondo pubblicitario, realizza i manifesti per Cinzano,Motta ed Olivetti.
Xanti usa una tecnica innovativa: il fotomontaggio.
Partecipa anche alla campagna pubblicitaria del plebiscito del 1934. 
Si svolge il "secondo plebiscito", che fornisce sanzione ufficiale della solidità e del consenso interno del regime di Mussolini. Per il fascismo il risultato è ovviamente scontato in partenza. Ciò non toglie che, dal 1932, tutta una serie di iniziative di Mussolini si possano ritenere concepite in funzione di esso, come una grande campagna propagandistica mirante a radicare l'idea che il regime sia come non mai saldo, che sia merito suo l'aver fatto uscire nel migliore dei modi l'economia italiana dalla crisi, e che, in fase ormai di superamento la crisi, esso sia sul punto di riprendere la marcia sulla via di uno sviluppo economico e di un progresso sociale che non solo costituiranno l'atteso "terzo tempo" del fascismo, ma indicheranno a tutto il mondo quale strada va battuta per superare le contraddizioni e le crisi del capitalismo e per evitare il comunismo.


Alexander "Xanti" Schawinsky manifesto per il plebiscito del 1934





 

domenica 7 aprile 2013

DIARIO DI NAVIGAZIONE 18

Ho sempre fame, non riesco a riempire lo stomaco, mi fanno  voglia le schifezze, tipo patatine e cioccolatini e cose migliori come pasta al pomodoro, carne, verdura e mele e arance, basta che mangi, ora per esempio avevo finito i cioccolatini ma pur di masticare ho preso una palla rotonda rosa, una gomma da masticare credevo, e invece sorpresa era un cioccolatino col cuore di torroncino, buono!
Ieri è stata una giornata assolutamente normale, assolutamente noiosa, neanche un piccolo colpo di scena, finchè si è aperto la porta del bar, alle diciannove, ed è entrata una signora bionda, era  una cara amica che non vedevo da  cinque anni: Mariarosa
Mariarosa divenne maestra di ruolo, nella scuola del nostro paese, trent'anni fa e cinque anni fa è andata in pensione, se fosse rimasta la pensione sarebbe quasi andata in fumo, sappiamo tutti i tagli dell'Inps di questi ultimi anni.
Baci, abbracci e ricordi, fra i tanti quelli relativi al periodo in cui andavamo a prendere lezioni di equitazione,  in un maneggio che si trovava sulle prime colline di Forlì, era un posto bellissimo, isolato e pieno di verde.
 Le prime lezioni  si tenevano in un luogo al chiuso, rotondo, col pavimento di sabbia, qui si tenevano le lezioni di postura  e di trotto.
Le lezioni di trotto causavano inizialmente un male terribile al sedere e alle gambe, il giorno dopo praticamente non camminavi.
Qui dentro Mariarosa andava spedita, ma quando facevamo le splendide passeggiate nei boschi e nelle colline, il suo cavallo si fermava a  brucare l'erba e non si muoveva, doveva  intervenire l'istruttore col frustino, Mariarosa non voleva usare il frustino sul cavallo, anche se ci era stato detto che il cavallo ha la  pelle dura e spessa, Mariarosa si ostinava pure ad accarezzarlo gentilmente ben sapendo che per fare una carezza al cavallo bisogna dargli una pacca, altrimenti non sente niente.
 Ah, la prima cosa che ci hanno insegnato è di non passare mai dietro al cavallo, altrimenti la zoccolata te l'ha sei voluta.
Mariarosa mi abbracciava e mi diceva che quando è triste, la neurologa l'ha trovata depressa, pensa a quei momenti felici, io non l'ho detto a nessuno, ma a voi voglio confessarlo, quei ricordi sono legati anche ad un mio egoismo che ancora mi tormenta e mi fa sentire in colpa.
Le lezioni di equitazione erano care, non potevo certo pagare due lezioni alla volta, eppure le voleva fare anche mio figlio, che allora  aveva otto anni, mi diceva, "vengo anch'io mamma, vengo anch'io", io lo prendevo con me, ma lui stava a guardare i cavalli e io cavalcavo, il desiderio era troppo forte, sul cavallo mi sentivo libera e una specie di empatia si instaurava fra me e la mia cavalcatura, ciò non toglie che ho pensato prima al mio piacere che a quello di mio figlio, e poi  se  obbligavo a rinunciare lui, dovevo farlo anch'io...una mamma snaturata.
Due volte ho  pensato prima a  me stessa e non mio figlio, una è questa, l'altra accadde ad una serata di fine anno a  Portorose, io persa nel ballo, mio figlio che dormiva al  tavolino,  poco più che decenne, e io ballavo, non riuscivo a smettere di ballare, per lavarmi la coscienza andavo ogni tanto da lui: "Ti porto a letto?" e lui:

"no, no, mi piace guardare ballare", secondo me lui aveva il timore che lo portassi a letto, all'hotel e poi tornassi indietro a ballare.
Alle quattro finalmente smisi di ballare, gli altri sarebbero andati al casinò, io portai a letto mio figlio, aspettai che si addormentasse e sgaiattolai al casinò...una mamma snaturata.


immagine di Teoderica

giovedì 4 aprile 2013

NOVECENTO A FORLI' (prima parte)

Musei San Domenico, ecco la nuova mostra sul 'Novecento' Eventi a Forlì.
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Nella foto  "Maternità" (1916) di Gino Severini  opera scelta come logo-manifesto per la mostra a Forlì.

Il dipinto è il ritratto della moglie Jeanne Fort e del figlio secondogenito Antonio, morto ancora neonato. Si respira nel dipinto un'atmosfera cupa, la stessa che circondava la vita del pittore in questo periodo, dovuta alle tristi condizioni economiche che portarono alla malattia e alla morte del bambino. La dolce Madonna è triste e la rotondità perfetta della testa del Bimbo, la fasciatura che lo stringe come una bara, evocano il preludio ad un destino di dolore. Non c'è molta differenza fra Madonne di Botticelli, la grazia che diventa struggimento è la stessa. Severini dichiara, nelle sue memorie, di essersi voluto rifare ai primitivi toscani. La presunta naturalezza dell'immagine nasce  da un rigoroso studio preparatorio, come dimostrano i diversi disegni.

Dal 2 febbraio al 16 giugno 2013, presso i Musei San Domenico, a Forlì, sarà allestita la mostra "Novecento - Arte e vita in Italia tra le due guerre".  Musei San Domenico, ecco la nuova mostra sul 'Novecento' Eventi a Forlì
 

Orario: da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 19.00 - sabato, domenica, giorni festivi dalle 9.30 alle 20.00.
La biglietteria chiude un'ora prima della chiusura.
Chiusura: lunedì non festivo
Tariffe
Intera: € 10.00
Ridotta: € 8.00
Speciale € 4.00 (per scolaresche - scuole primarie secondarie).

La mostra comprende quasi un trentennio. Dalla fine del primo decennio del '900 alla seconda guerra mondiale. Ma il fuoco è sugli anni '20 e '30. L'esposizione consente di mettere in luce tutte le tendenze, i movimenti, le avanguardie, i protagonisti, i temi, procedendo non secondo una sequenza cronologica, ma per polarità dominanti. Ne emerge uno spaccato di vita, di costume, che ben ritrae quegli anni, e che coinvolgerà anche le nuove arti: il cinema, la moda, le arti grafiche e decorative. I nomi sono quelli di Carrà, Severini, Soffici, Casorati, Prampolini, Balla, Sironi, De Chirico, Oppi, Sbisà, Funi, Marussig, Campigli, Donghi, Ferrazzi, Dottori, Maccari, Janni, Manzù, Guttuso, Martini, Andreotti, Fontana, Messina.
Il visitatore si renderà ben presto conto dello sforzo congiunto delle arti per migliorare e dare un volto al Paese.
La forza magnetica del Duce, i suoi tanti volti, ci fanno capire che il presunto consenso dovuto alla forza è realativo, emergono  invece  ammirazione, fiducia ed ottimismo in un  domani, che odora già di morte, queste opere d'arte così belle hanno il profumo intenso e dolciastro della disfatta, un Duce che sta diventando un Nerone, ma che è ancora in grado di ricostruire Roma, sono in mostra il platico  i disegni dell'Eur che testimoniano la rinnovata  grandezza che comunque per un po'  è stata Roma, purtroppo si è pagato il tutto a caro prezzo. 

lunedì 1 aprile 2013

DIARIO DI NAVIGAZIONE 17

Oggi è il 3 gennaio, ore 11 sono qui al computer a scrivere per voi che navigate con me in rete, avete mai pensato al significato di rete?
Una rete è il simbolo della cattura, poiché è questa la sua funzione e chi tende la rete è un ingannatore lo fa per ucciderti, è il ragno malefico, ma io lo amo, mi piace, ammiro l'arte della tessitura e del ricamo, in gioventù ho fatto metri e metri di uncinetto a punto rete, mi piace essere catturata non sapendo di esserlo.
Nell'Antica Persia, la rete è simbolo mistico correlato all'idea dell'illuminazione "che cattura".
Gesù pesca le anime  con la rete del pescatore...
Pesca forza tira pescatore
pesca non ti fermare
anche quando l'onda ti solleva forte
e ti toglie dal tuo pensare
e ti spazza via come foglia al vento
La rete del ragno in India è simbolo dell'ordinamento cosmico  dell'irradiarsi dello spirito divino, è  anche simbolo  del mondo dei sensi ( il velo di Maya ) che imprigiona in modo illusorio il debole e che il saggio è in grado di strappare.
Insomma la rete è affascinalte ma potrebbe imbrigliarci...ma sì lasciamoci intrappolare ci penseremo poi, tanto il domani arriva sempre, per  me internet, la rete è la decima musa e lo scoprirò un giorno  se sono debole o saggia...i saggi poi li ho visti sempre un po' noiosi, pensate al grillo di Pinocchio quanto era pesante e scocciatore, rovinava tutto sul più bello.
Per analogia mi viene in mente "la camicia della Madonna", ossia quando il bambino vede la luce dentro al velo del sacco amniotico, questo bambino veniva considerato magico e medicamentoso, da me al mio paese esiste ancora la "medichessa" una signora ormai anziana che legge le carte, cura con erbe, i  "malati"  omeopatici sono spesso da lei, è insuperabile per la cura del "fuoco di Sant' Antonio",  ha le sembianze di un'antica strega, da sempre, anche quando era più giovane porta lunghi sottanoni scuri, il fazzoletto annodato stretto, magra all'osso, scura le dita lunghe, secche e bitorzolute sempre...sorridente, ma un sorriso che non mi ha mai convinto, un sorriso che mi gela invece di riscaldarmi.
Ieri è stata una gionata uggiosa, grigia all'inverosimile a rendere il giorno ancora più amaro è stata la lettura del quotidiano, una persona conosciuta, un uomo di 54 anni, che a me piaceva, percepivo come una personalità positiva, forte uno spirito indomito e buono, è morto, è caduto da 65 metri mentre stava scalando  una montagna, si è spezzato il rampino  e lui è scivolato  giù, più giù , in un posto dove gli amici e i parenti non possono più andare a trovarlo.
Era nato senza un braccio,ma ciò non lo aveva fermato ed era diventato uno scalatore provetto.
Oggi è un altro giorno, c'è il sole tutto sembra un altro mondo...nella pentola bolle il minestrone, oggi non surgelato ma fatto da me, fra qualche ora andrò a lavorare, ma prima suonerò un poco il flauto dolce e canterò al karaoke, la canzone "Eternità" per chi non c'è più.



immagine di Teoderica