sabato 31 ottobre 2015

LA ROSA E' UN FIORE CHE PARLA

Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state... ( Guido Gozzano)

Non amo che le rose che non colsi, la rosa, pur riconoscendole lo scettro da regina, non è la mia preferita, troppo impegnativo essere la regina, meglio essere la principessa, a parte gli scherzi, la rosa ha le  spine, ricorda la vita che è bella ma ha le pene, è come se in me ci fosse lo struggimento del non luogo  dove stavo prima di nascere, sentissi la saudade del distacco dall'Uno Indivisibile e allo stesso tempo  avessi paura di ritornare nel non luogo perchè nel frattempo mi sono affezionata alla vita...la rosa mi ricorda tutto ciò.
Ho ricevuto tanti mazzi di rose, sempre rosse, e pensare che io amo la Tea, la rosa delicata dalle sfumature tenui  e dalla  forma perfetta, evidentemente gli altri non mi vedono così.
La rosa non mi è molto amica, mi fa i dispetti, non si mantiene fresca nei vasi e non si essica bene, mentre in generale è il fiore che si mantiene più a lungo e perfetto per essere essicato.
Quando è nato mio figlio, mio marito mi ha regalato una dozzina di rose Baccarat , sono rose  rosso scuro dal gambo lunghissimo, siccome all'ospedale c'era un ambiente  molto caldo, la sera le posizionavo sul davanzale del quarto piano dove ero, ebbene ogni santa mattina cadevano sul selciato sottostante, il vaso non si rompeva, era una mezza bottiglia di plastica, ma le rose a forza di cadere si  disintegrarono.
Un altro enorme mazzo di rose Baccarat è finito, appena ricevuto, dentro il bidone della spazzatura, mi era stato donato da uno spasimante...ma io sono sposata.
Un altro splendido mazzo, sempre di Baccarat, mi fu regalato per il mio compleanno da alcuni clienti del bar dove lavoro, questo dono causò però astio alle loro mogli nei miei confronti.
Vedete bene che le rose non mi amano.
Eppure ultimamente un allegro folletto ruba rami di rose dai giardini per me, regalandomi sorrisi colorati.
Regina dei fiori la rosa, da sempre considerata simbolo di eleganza, di bellezza e di fragilità, è coltivata dalla notte dei tempi. 
La rosa è stata, dall’inizio della storia conosciuta, il fiore di Venere e secondo le antiche fonti il suo colore era bianco. Fu Afrodite a far diventare rossa la rosa. Dopo aver visto il suo amore Adone colpito a morte, corse verso di lui e nella fretta si graffiò con le spine di alcune rose. Quando il suo sangue cominciò a cadere sui boccioli bianchi questi si macchiarono tingendosi di rosso. Le rose rosse rimangono tutt'oggi il regalo simbolo degli innamorati.
Nelle feste di Dioniso, gli antichi greci erano soliti coronarsi di rose poiché si diceva che avessero la virtù di calmare i bollori da eccesso d’alcol. Per questo la rosa prese anche il significato di riservatezza.  Secondo un mito non molto conosciuto, Marte, il dio della guerra, nacque da una rosa, egli in tempo di pace è il protettore dei giardini ed è l'amante di Venere.
 Omero ci racconta che Venere usò olio di rose per preparare alla sepoltura il corpo di Ettore ucciso da   Achille .
Cleopatra portava sempre al collo un cuscinetto ripieno di petali di rosa, di petali erano sparsi mobili e letti, invitava Cesare prima e  Antonio poi a fare il bagno in uno strato di petali di rosa alto mezzo metro.
Gli antichi romani erano grandi consumatori di rose  i cui petali erano cosparsi sul tragitto del vincitore. Nerone, patito delle rose, per una delle sue feste ne ordinò un quantitativo tale il cui prezzo, ai nostri giorni, si sarebbe aggirato attorno al centinaio di milioni. Eliogabalo, addirittura, faceva scendere da aperture nascoste dei suoi saloni una tal pioggia di petali di rosa da sommergere gli invitati!
Apuléio, nella favola dell’Asino  d’oro, racconta come Lucio, stanco di essere condannato a restare nel corpo dell’animale, invochi Iside per ritornare uomo e questa gli consigli di mangiare una corona di rose. Nella Bella e la Bestia, Bella chiede “solo una rosa” al padre che parte per un viaggio; al suo ritorno la riceve, è una rosa magica che non appassisce mai, cresciuta nel giardino della Bestia e che la farà innamorare di lui.
Nel Piccolo Principe di Saint-Exupéry: “Coltivano cinquemila rose in un unico, modesto giardino, e non trovano ciò che cercano. E pensare che quel che cercano lo possono trovare in un’unica rosa. Ma gli occhi sono ciechi, con il cuore bisogna cercare”.
Con l’inizio del cristianesimo la rosa è coltivata perché le sue spine ricordano la passione di Cristo, pian piano passa al culto della Madonna.
Quello dei Rosacroce fu un importante movimento esoterico nato in Germania agli inizi del XVII secolo che aveva come simbolo una croce al cui centro  c’era una rosa.
 Come dimenticare la “guerra delle rose”, che vide opposta la rosa bianca degli York alla rossa dei Lancaster?
 Un tempo, nella quarta domenica di quaresima, a San Pietro si svolgeva una cerimonia, si donava una rosa d'oro al principe che si era maggiormente distinto nei confronti della chiesa. Dopo il 1759 questo omaggio  prezioso fu riservato alle regine, l'ultima fu regalata nel 1937 a Elena di Savoia, regina d’Italia.
Nell’alchimia la rosa bianca e la rosa rossa sono il simbolo del sistema dualistico, dei due principi originari e una rosa con sette ordini di petali veniva posta in relazione ai sette metalli, ai sette pianeti conosciuti nell’antichità.
Nell’iconografia cristiana la rosa rappresenta sia la coppa che raccoglie il sangue di Cristo sia la trasfigurazione di queste gocce di sangue. La rosa a cinque petali rappresenta le cinque piaghe di Cristo.
Il rosone gotico e la rosa dei venti segnano il passaggio dal simbolismo della rosa a quello della ruota.
Il roseto è il luogo della contemplazione anche nel misticismo musulmano, è l’immagine dell’uomo rigenerato. Ed è anche l’immagine del rosario: una serie di piccole rose che formano un roseto, appunto.



 

Allora la vecchia mi disse:
“Guarda questa rosa secca
che un giorno fu incantata
dallo sfarzo della sua stagione;
il tempo che sbriciola anche altissime mura
non priverà questo libro della sua saggezza.
In questi petali secchi c’è più filosofia
di quella che può darti la tua saggia biblioteca;
essa sulle mie labbra pone la magica armonia
con cui sul fuso incarno i sogni della mia rocca.”
“Sei una fata”, le dissi. “Sono una fata”, mi disse,
“e celebro l’esultanza della primavera,
donando vita e volo a queste foglie di rosa.”
Si trasformò in una principessa profumata
e nell’aria sottile, dalle dita della fata
volò la rosa secca come una farfalla.



                                                                         Rubén Darío



immagine di Teoderica

lunedì 26 ottobre 2015

LATTE DI GALLINA


Sono nata in campagna e ciò mi ha lasciato ricordi bellissimi legati alle erbe ed ai fiori selvatici, ancora oggi li preferisco a quelli che nascono nei giardini seminati o trapiantati dall'uomo. In febbraio c'era la cerca delle viole, si raccoglievano mazzi rigonfi che poi si regalavano alla mamma.
In marzo si intrecciavano lunghe collane con le pratoline, volendo si facevano piccole coroncine da mettere in testa e all'istante si era trasformati in principesse. Arrivavano poi i papaveri, ma quelli erano delicati e come li raccoglievi già erano appassiti. Esisteva però un gioco, si raccoglievano i papaveri ancora col bocciolo chiuso e si doveva indovinare il suo colore, che a seconda della sua maturazione poteva essere bianco, rosa o rosso, vinceva chi trovava il colore rosso. Ma erano tanti i fiori, c'erano i gialli ranuncoli, gli azzuri non ti scordar di me, i blu fiodaliso e poi c'erano i miei preferiti: il latte di gallina una graziosa pianta con una infiorescenza larga e piatta, formata da fiori di forma stellata e colore bianco candido. Io li chiamavo i fiori della Madonna perchè erano candidi come piccoli gigli e si sa che il giglio è il fiore simbolo della purezza e quindi della Madonna. Li chiamo ancora così ed ancora mi paiono tanto belli, li raccoglievo in ginocchio dicendo l'Ave Maria, ne prendevo pochi perchè ne avevo troppo rispetto e li portavo in ragalo alla mamma, ma lei li tirava via perchè non le piacevano, non erano di giardino.
Erano altri tempi ai grandi piaceva un altro latte di gallina un latte prelibato da bere per scaldarsi. Una bevanda ottenuta sbattendo un tuorlo d’uovo con abbondante zucchero e poi si diluiva con latte bollente e con un’aggiunta di cognac o rum.



immagine di Teoderica

martedì 20 ottobre 2015

MIRACOLO EVENTO O CASO quinta puntata


Non scandalizzatevi di ciò, non crediate che vi racconto bugie, conosco personalmente signore che tengono Padre Pio nel portafogli e poi lo invocano tenendolo in mano per vincere alle lotterie.
Si dicono poi religiose e hanno la lingua tagliente con tutti quelli che non vanno in chiesa. Una volta ho fatto ad una di loro una domanda teologica, ho chiesto perché  Mosè si arrabbiò per il vitello d’oro…non sapevano neanche chi era Mosè, un profeta, un martire o un santo.
Allora mi è venuto in mente, quando alle elementari, studiai gli Egiziani, mi piacevano ma non li capivo con tutti quegli animali che erano divini, coccodrilli, gatti, cani, in grado di fare miracoli,  pensavo a quanto erano schiocchi, forse perché erano nati migliaia di anni fa e quindi non avevano conoscenze come quelle che abbiamo noi.
Mica loro erano andati sulla Luna, o studiavano tanto come noi, noi avevamo gli scienziati, i presidenti, oggi le persone quasi tutte hanno la laurea, chi anche due o tre, perciò gli Egiziani erano scusabili se credevano di poter rinascere, un po’ meno noi. 
Per fortuna che oggi  avendo studiato tanto, non ci lasciamo più prendere per il naso, ciò che pensiamo noi è vero, quello che pensano gli altri un po’ meno, e soprattutto alle streghe non crediamo più. Oggi sappiamo che mettendo un po’ di sale sulla coda di un uccello non lo si acchiappa, scrivo e parlo a voce alta così mi arriva la risposta di mia madre:
“Tu non credi mai a niente, che persona sei, i miracoli accadono”.
“E quando mai”, le chiedo secca, nell’invecchiarsi è diventata talmente bigotta, secondo me
  indossa pure un silicio, ne ho il sospetto.
“Guarda Ercole era lo scemo del villaggio, ed ora è un santo, ricco e venerato, sa cosa accadrà quando moriremo, sa quale animale diventeremo nella prossima vita, se non è un miracolo questo”.
Non ho replicato, aveva una sua logica, posso dire che non ci credo ma non posso negarlo con assoluta certezza, in fondo il male che facciamo agli animali per la probabile legge del contrappasso, noi li  mangiamo un giorno forse loro mangeranno noi. Uno scambio di ruoli potrebbe essere possibile in un’altra vita, ma sto abusando della vostra pazienza, perciò vi saluto e smetto di scrivere.


immagine di Teoderica

giovedì 15 ottobre 2015

MIRACOLO EVENTO O CASO quarta puntata



Credeteci se volete, ma  un’anziana coppia di milionari americani, della Georgia, aderenti ad una filosofia New Age, è capitata per caso al mio paese.
Questi due, credono che ci rincarneremo in un’altra vita in un animale.
Si sono innamorati del podere di Ercole, di quest’oasi incontaminata, un po’ selvaggia, degli animali liberi e si sono incantati  di Ercole e delle sue idee: lo considerano il loro santone, il guru degli animali.
Ercole è stato praticamente adottato da loro.
Così Ercole vive e viaggia con loro un po’ qui, un po’ là, un po’ in  Georgia, un po’ in India.
Hanno sistemato la casa al paese, l’architetto si è ispirato all’orgone, una forza che non si sa bene cosa sia; ora Ercole fa il bagno tutti i giorni in una Jacuzzi, profumato,  azzimato, sulle unghie curatissime stende persino un velo di smalto trasparente e gira con un paio di cagnolini, passeggiando sulla riva del fiume con un lungo saio giallo canarino, ha la barba lunga dove nidificano piccoli passeri. 
A noi paesani non ci saluta, la signora americana ha detto di non importunarlo di non salutarlo, perché lui ha timore che lo prendiamo in giro come prima.
E’ stato riconosciuto come un  maestro, lo sarebbe già stato in una vita precedente. Insomma Ercole era avanti coi tempi, eravamo noi che ci credevamo delle persone in gamba ad essere arretrati, il destino ha voluto che persone più evolute giungessero nel nostro profondo sud e lo riconoscessero.  Basti pensare che il podere di Ercole, su richiesta dei residenti, diventerà  oasi naturale, luogo del silenzio, con tanto di visita di scolaresche, sempre che Ercole dia l’assenso.  
Qualcuno poi, non voglio essere cattiva, ma lo sono, le beghine che ascoltano sempre Radio Maria, e pregano, infilano rosari, digiunano, non mangiano carne lasciando scadere gli alimenti nel frigo, hanno iniziato a rubare i rametti delle acacie del podere di Ercole. Pare, mi vergogno a scriverlo, ma ve lo dico, pare che faccia vincere al lotto, coi gratta e vinci invece è quasi sicuro… il loro sogno sarebbe toccare Ercole, almeno i suoi vestiti, ma come vi ho già scritto il tempo che Ercole passa in paese è poco e in più, dei paesani non ne vuole sapere. Le pie donne assicurano che se riuscissero a toccarlo, accadrebbero miracoli eccellenti.


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sabato 10 ottobre 2015

MIRACOLO EVENTO O CASO terza puntata


Dunque il notabile riceve in dono della marmellata da Ercole, invece di buttarla decide di fare uno scherzo agli amici.
Ad una delle solite cene, offre come dessert una crostata con la confettura di Ercole. Quando tutti l’hanno mangiata, al caffè, il notabile, esagerando, come suo solito, parla della marmellata, di come Ercole gliela avesse data da una ciotola tutta nera per lo sporco, incrostata di anni dal lercio, e con un gatto che la leccava, mentre gli è parso di scorgere sul tavolo pure un topo, non un topolino, ma quei ratti da fogna, con la coda lunga quasi un metro. E mentre tutti ridevano lui sbottò:
“E’ quella che era sopra la crostata vi è piaciuta?”
Silenzio, qualcuno già aveva il rigurgito, altri avevano mal di pancia, uno o due scuotevano la testa dicendo che non era vero.
Ma per una volta nella vita successe quello che accade solo nei romanzi o nei film, o che comunque capita agli altri.
Le parti si rovesciarono, il notabile perse la stima di tutto il paese per la sua incapacità ed Ercole divenne un  maestro, un profeta, un santone assai riverito.
Come accadde, ve lo racconto deciderete voi se fu un miracolo, un evento o un caso.
Condizioni economiche sfavorevoli e forse anche l’incapacità del notabile a preservare il patrimonio di famiglia, si sa che è più difficile mantenere che realizzare, costrinsero il notabile a vendere i terreni e la villa per pagare i debiti e, per vivere, andò a fare il bracciante, il lavoratore agricolo. Lui che nel periodo estivo dava lavoro a più di venti persone, nella sua tenuta con ettari di peschi e di meli ed estensioni di grano e granoturco.
Fu scoperto a rubare  energia elettrica, si era allacciato al contatore del vicino di casa, da allora i paesani appena veniva a mancare loro qualcosa accusavano del presunto furto il notabile.
Una signora perse il portafoglio, pensando che lo avesse rubato il notabile lo denunciò ai carabinieri, lo aveva visto nei pressi, era stato lui ne era certa; si scoprì poi che la donna aveva dimenticato il borsellino al forno quando era andata a prendere il pane.
Ed Ercole?


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lunedì 5 ottobre 2015

MIRACOLO EVENTO O CASO seconda puntata


Ercole vive come piace a lui, non toglie le erbacce, non da veleni, perciò ricava assai poco dal suo terreno, e per questo è sbeffeggiato.
Non taglia l’erba, mette sul prato delle ceste rovesciate, sotto vi tiene i conigli, provvedono loro allo sfalcio: funziona, io la trovo un’idea geniale.
Un po’ meno accattivante è il suo esagerato amore per gli animali: da il cibo anche ai topi, guai a toccare una mosca o ad uccidere una zanzara, e pensare che noi abbiamo la zanzara tigre che  è micidiale.
Ha rifiutato la pensione perché ritiene suo dovere non vivere sulle spalle dello Stato.
A chi gli ricorda che ha versato i contributi, lui replica:
“Lo Stato li deve dare a chi ha bisogno, io ho tutto quello che mi serve, io non ho bisogno di soldi”.
Si sostiene con ciò che produce lui, fagioli, piselli, piadina, uova e basta, ha il pollame, ma quello non si mangia.
E’ buono, infinitamente buono, tanto da credere all’amicizia.
Ha un amico prediletto, Ercole si sente onorato dalla sua amicizia, notabile del paese, scusate ma mi scappa da ridere, notabile in un paese di centocinquanta anime, ma è comunque riverito e considerato, quasi come un papa, da queste persone.
Lo chiamerò il notabile, allora questo tipo, va spesso a casa di Ercole, quest’ultimo non sa come sdebitarsi della visita ricevuta, gli dona uova, piadina, frutta o verdura, quello che ha, non sa che il notabile li getterà nel cassonetto subito arrivato a casa, ritenendola roba immangiabile e sudicia.
Oddio è vero, la tavola di Ercole è più frequentata dai gatti e dai topi, che dalla pulizia.
Perché il notabile va a casa di Ercole?
Per vedere quello che fa, per poi raccontarlo alle cene con gli amici, fra braciole di maiale e bicchieri di Sangiovese; il notabile narra le gesta di Ercole e tutti ridono, e il notabile è palesemente  tronfio di sé, ha l’attenzione di tutti.
Il suo successo più eclatante è stato quello del barattolo di marmellata.


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