
Il sogno di Vito
di Paola Tassinari
Arte Digitale, stampa su Polionda, 70x100
cm, realizzato ai primi di agosto del 2020, il
titolo è “Il sogno di Vito” e rappresenta la
processione della Bruna. La festa della
Bruna è la festa della Santa Patrona di
Matera, la festa di Maria Santissima. Da più
di seicento anni i materani portano la
Madonna della Bruna nel cuore, un legame
profondo che il 2 luglio si manifesta in tutto
il suo fervore. Come mai ho realizzato questa
opera? Qualche tempo fa mi ha telefonato da
Matera, Vito Coviello, scrittore e poeta non
vedente, per chiedermi una specie di catalogo
delle mie opere con commento, per
pubblicarlo assieme alle sue poesie e alle foto
di un’altra artista. Chi è costui? Vito di
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Matera è un uomo semplice, ma non è facile
descrivere la semplicità che etimologicamente
vuol dire puro, senza artificio, senza malizia,
perché oggi il termine di semplice molto
spesso viene sminuito in sempliciotto, perché
non si crede più alla purezza e alla sua
dolcezza intrinseca, la si scambia per
ipocrisia, ci si dice… che falsa è quella
persona, crede di fregarmi con le sue
smielature, oppure è uno sciocco, un
credulone e un vero ingenuo? (Siamo a questo
livello, lo stesso si dice dei cattolici
praticanti, che quasi ti vergogni di dire che
vai a Messa ogni domenica, ti guardano col
sorriso ironico con negli occhi... che ingenuo
non sa che la religione è l’ignoranza dei
popoli, crede ancora, che grande ingenuo, la
Chiesa così ricca, piena di peccatori che
ipocritamente si pentono per peccare più di
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prima e via dicendo) Vito è come Raffaello,
tra l’altro il 2020 è l’anniversario dei 500
anni della morte del grande artista di
Urbino, i molti eventi celebrativi sono stati
semicancellati dal Covid-19, (quasi come se
Raffaello non volesse essere festeggiato da
una società in cui la gentilezza e la
semplicità sono solo false e a fini di
interesse). Raffaello era amato da tutti, papi,
potenti, popolazione e anche dai concorrenti,
gli artisti che di solito erano gelosissimi e
invidiosi, Raffaello era amato perché era
semplice, umile e innamorato della vita,
grato di vivere e risultava caro e prediletto a
tutti, le sue opere lo svelano, sono talmente
chiare, serene e complete da apparire
semplicemente divine. Vito è come Raffaello,
ti fidi e ti affidi, perché l’entusiasmo nella
sua voce ti dà fiducia, anche se lo conosco
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solo “virtualmente”, mi ritengo fortunata e
baciata dalla sua amicizia. Alla sua richiesta
del catalogo mi viene un’idea: “Vito e se
realizzassi un ritratto alla Bruna? Magari
con accanto anche il fischietto tradizionale
materano, quello che raffigura un gallo,
simbolo di forza e virilità?” E Vito
scandalizzato: “Ma che dici, scherzi, guai a
toccare la simbologia della Bruna”, poi mi
narra il sogno che ha fatto poco tempo prima,
che ha raccontato anche all’Arcivescovo di
Matera… “Mia moglie mi ha descritto tutto
quello che i miei occhi inutili non mi fanno
più vedere, mi ha detto che anche Lei ha
portato in processione la statua della
Madonna per i tre giri in piazza Duomo e in
quel momento preciso mi sono sentito al suo
fianco alla sua destra a sorreggere insieme
agli altri fedeli la statua bellissima della
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Madonna. Forse è stato solo un sogno che a
tutt’oggi mi lascia incredulo e perplesso, ma è
stato se pur brevissimo, per me un bellissimo
regalo della Madonnina della Bruna. Forse è
stata solo la mia immaginazione a farmelo
sognare, ma per me è stato un sogno
bellissimo, anche perché nel mio piccolo
sogno ci vedevo e non ricordavo di essere
cieco, cosa che appena ho ricordato mi ha
traslato nella mia realtà di cieco e nella mia
piccola cucina”. Tac… una lucina mi si è
accesa sapevo cosa dovevo raffigurare.
L’immagine rappresenta la processione della
Bruna, con a sinistra in primo piano,
l’Arcivescovo di Matera, riconoscibile dalla
veste color violetto, rappresenta la Chiesa che
è la guida dei fedeli, in secondo piano a
destra Vito che rappresenta i credenti che
amano la Madonna così come amano la
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famiglia, entrambi con la mascherina,
imposte dall’epidemia di Covid-19, come
testimonianza che quest’anno 2020 ancor di
più abbiamo bisogno di Lei, che rivolga a noi
i suoi occhi misericordiosi. Per prima cosa ho
realizzato a matita e penna su carta, i ritratti
dell’Arcivescovo di Matera e di Vito, che ho
poi caricato sul computer su un fondo grigio
chiaro, che mi è servito come base neutra per
evidenziare i colori del giallo e del violetto,
che ho inserito con la penna/mouse, tramite
una miriade di lineette per dare movimento e
brulichio. Su questa base ho inserito
l’immagine della Bruna con elaborazioni al
computer, inondandola di oro, con ai piedi
una corona verde con i fiori rossi, simbolo del
suo dolore ai piedi della Croce del Figlio.
(Ella conosce questa valle di lacrime e per
questo intercede per noi, è la Porta tra noi e il
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Cielo, nel XXXIII Canto del Paradiso,
Bernardo di Chiaravalle ci dice che la Sua
benevolenza non solo risponde a chi la
domanda, ma molte volte anticipa). La scelta
del giallo carico e luminoso che pervade
quasi tutta l’opera come una colata d’oro fuso
è in riferimento alla luce divina. L’oro è un
simbolo di sacralità e ricchezza, in questo
caso è l’oro della luce solare, della divinità
che dona a piene mani e che ogni anno si
ripete a Matera, proprio come l’oro che può
essere fuso e rifuso: “L’oro non appartiene
alla mitologia dell’homo faber ma è una
creazione dell’homo religiosus” (Mircea
Eliade). Per il violetto del fondo, la scelta è
stata estetica, per armonizzarlo col primo
piano della porpora dell’Arcivescovo, ma
anche pensando a Dante nel Canto XXVIII
del Purgatorio: “Men che di rose e più che di
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viole/colore aprendo, s’innovò la pianta/che
prima avea le ramora sì sole”, questa volta
con la mia traduzione personale: il colore
della pianta che coi rami spogli rifiorì era
meno intenso del colore delle rose e più
intenso delle viole era cioè un vivido violetto
allo stesso tempo pacato e pastello, un violetto
come il porpora, detto anche paonazzo
mitigato dal bianco. Il porpora era il colore
indossato dai magistrati romani; divenne il
colore imperiale indossato dai sovrani
dell’impero bizantino e dal Sacro Romano
Impero e in seguito dai vescovi cattolici.
Dante, secondo me, vi aggiunge un po’ di
bianco, lo rende un colore pastello, perché i
fiori che sbocciano sull’albero spoglio sono
nel Paradiso, mentre l’uomo perquanto
eccelso non può essere del tutto bianco, cioè
senza peccato.