mercoledì 20 dicembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

(Fotografia di Annamaria Antonelli) Lo scorso anno per Matera Capitale Europea 2019, in alcuni angoli del centro storico, era possibile ammirare e suonare liberamente un pianoforte come questo fotografato al Belvedere Guerricchio, in Piazza Vittorio Veneto a Matera.

Una mattina allo specchio di Vito Coviello 

Una mattina allo specchio 

non vi ho più trovato la mia immagine 

ma solo la mia anima. 

Una mattina allo specchio, 

guardando la mia anima, 

vi ho ritrovato tutti i miei ricordi: 

un cielo stellato, il colore del mare, 

di un tramonto, di un arcobaleno. 

Il ricordo di profumatissimi fiori, 

di sonate al piano e di notturni di Chopin. 

Il ricordo degli occhi di mia moglie 

e di quelli di mia figlia 

e del loro amore per me. 

Una mattina allo specchio 

ho ringraziato il Signore 

per l’amore che mi ha dato  

e per tutto quello che mi ha donato.

domenica 10 dicembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 

La guerra di Paola Tassinari 

Ho sempre avuto una grande passione per la pittura, per il disegno e per la Storia dell’Arte; sono un’autodidatta e all’inizio ho studiato tutto con grande interesse, non tralasciando nessuna espressione artistica. Ho iniziato con la copia dal vero, frequentando atelier di artisti o maestri più o meno famosi, tanti ritratti, vedute e nature morte il più possibile vicino alla realtà; tanti disegni di volti, di nudi e di fiori ma poi mi sono resa conto che nella copia dal vero non ero capace di rendere visiva l’atmosfera e il sentimento che provavo, non ero in grado di dipingere l’emozione che sentivo, era un po’ come fare il ritratto a qualcuno senza essere capace, per esempio, di raffigurarne le 56 qualità morali, l’allegria o l’alterigia o dipingere il volto di chi si ama senza riuscire a rendere visivo quanto lo si ami, così ho cercato un mio stile per raccontare cosa avevo dentro in relazione alla vita. L’opera in questione è del 1995, è intitolata “La guerra”, è dipinto su cartoncino e misura 40x60 cm., segna l’inizio della mia ricerca, è ispirato all’Espressionismo, una corrente culturale d’avanguardia sorta in Germania all’inizio del Novecento come reazione all’Impressionismo e al Naturalismo, che contrapponeva all’oggettività dell’impressione la soggettività dell’espressione, quindi non la copia di un oggetto così come appare, ma come lo sentivo, proiettando in esso la mia vita interiore. In particolare mi sono ispirata a Van Gogh, Gauguin, Munch (questi artisti in realtà possono essere considerati dei pre- 57 espressionisti) ed Emil Nolde, che dipingevano paesaggi naturali con segni forti e incisivi e con colori meravigliosi pieni di sublime e di grandioso, i loro colori e i loro tratti producevano forti emozioni sia del bello e dell’infinito, che della paura, dell’inquietudine o del drammatico. Lo sfondo del mio dipinto è per la metà a destra e una striscia in alto e una in basso, occupato da una massa informe di grigio e di nero, con impresso varie forme che si intravedono leggermente, rappresentano dei teschi e vogliono esprimere il disordine e l’orrore. Il colore grigio in questo caso risulta duro e forte come l’impressione di camminare su una strada asfaltata ma piena di sassi o di buche, pericolosa quindi e il nero è opprimente come quando il cuore perde un battito e ci pare di soffocare o abbiamo un 58 peso sullo stomaco di cui non riusciamo a liberarci. In questo grigio/nero pericoloso e triste emerge a sinistra il volto di un bambino, che si volta verso di noi spettatori e ci guarda con occhi stupiti e increduli, ci guarda e ci chiede perché e ci chiede cosa è questo grigio/nero orribile in cui lui vive. Il bambino è ferito, ha la testa fasciata con bende, il viso sporco di sangue e indossa una maglietta rossa, questo colore può essere simbolo di vivacità, come il sapore del cocomero o delle ciliegie, come l’allegria di un bambino ma all’opposto può essere simbolo di martirio. Il bimbo ha gli occhi neri ma in questo caso il nero oltre a esprimere l’incredulità, dà il senso del velluto, del profondo, di quello che poteva essere e non è.

venerdì 1 dicembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


L’occhio guarda e il pennello sfuma il colore … creano poesia… per la penna dello scrittore…” (Foto e parole di AM. Antonelli)

“CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE” Un libro, una collaborazione, un’amicizia! di Annamaria Antonelli “Gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Sono come un vetro che, senza modificare nulla nell’immagine che catturano, trasmettono all’anima di chi guarda prima la bellezza, dopo l’emozione. E’ proprio questo che rende “Unica” un’immagine nei nostri occhi e resta nella mente in un “Infinito Album Fotografico”. E’ sfogliando quell’album che riusciamo nella vita, in particolari momenti o periodi più o meno lunghi, a ritrovare immagini, colori, perfino i profumi e le emozioni che danno continuità allo scorrere del tempo. Da un’immagine si colora la vita di bellezza, di cambi d’umore, di sogni, di fantasia e di speranze. Un amico, fotografo e “compositore di versi”, come ama definirsi, ha 53 diviso la parola fotografia in “foto-grafia”, cioè scrivere, descrivere un’immagine. E’ una frase bellissima! Quando gli occhi sono costretti a chiudere “l’obiettivo” sul mondo circostante è il cuore… è la mente… che lo riapre e lascia un nuovo segno d’arte, secondo le emozioni che ognuno ha nel suo cuore. E così si scrivono poesie, racconti e si dà loro vita con la voce, con la musica cercando di arricchire quell’album della mente. Se più persone scattassero una fotografia, nello stesso momento, il risultato non sarebbe una fotografia uguale per tutti ma, tante fotografie uniche perché gli occhi di chi le ha scattate sono quelli di ogni singola persona. Vale anche per la lettura, la pittura, la musica delle emozioni perché per scrivere e leggere un testo o una poesia, dipingere o 54 guardare un quadro, comporre e suonare si usano “gli occhi, le mani, il cuore”. L’immagine di copertina è un “Arcobaleno a tre”. Ha tutti i colori, quelli della cultura, quelli delle emozioni. Raffigura un arco, sembra un ponte che unisce punti lontani ma, che creano quei colori, i nostri, quelli che vogliamo trasmettere e regalare ai lettori con il nostro libro … Vito, Paola, Annamaria

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 

 
I fischietti in argilla, detti cucù, fanno parte della tradizione dell’artigianato materano e sono colorati come l’arcobaleno… (Fotografia di Annamaria Antonelli)

Quello che mi manca di Vito Coviello

Quello che mi manca 

è il colore azzurro di un cielo di primavera. 

Quello che mi manca 

è il colore di un’aurora, 

all’alba o al tramonto, 

sempre così bello, 

struggente sempre diverso.  

Quello che mi manca 

è il colore della neve, del mare in tempesta. 

Quello che mi manca 

sono gli arcobaleni ed i prati in fiore. 

Quello che mi manca 

è la luce del sole e delle stelle

in un cielo agostino. 

Quello che mi manca è

 la luce tenue di quel abat-jour 

che illuminava le nostre notti. 

Ma quello che mi manca in assoluto 

è la luce dei tuoi occhi, 

grandi, dolci e belli, 

che sorridevano innamorati 

ai miei bugiardi e traditori. 

Quello che vorrei, 

quando, come da sempre è stato stabilito, 

chiuderò tra le tue braccia 

questi miei inutili occhi, 

vedere ancora, un’ultima volta, 

il sorriso dei tuoi occhi 

per portarlo con me in cielo.


Quando la marea sale di Vito Coviello 

Quando la marea sale, milioni di gocce, 

insignificanti in sé, unite da un abbraccio, 

spostano tonnellate di metallo 

a forma anche di nave. 

Quando la marea sale, 

milioni di donne 

possono fermare il mondo. 

Le donne. 

Diceva e scriveva Joseph Conrad che 

“il problema delle donne il più delle volte 

sono gli uomini”. 

Cosa dire delle donne: 

un cervello multitasking, 

poetessa, scrittrice, avvocatessa, 

presidentessa, 

romana o allemanda che fosse, 

cattolica o luterana, 

o mezza luna orientale. 

La donna, dall’inizio dell’umanità, 

ha curato l’uomo, l’ha partorito, l’ha cresciuto, 

l’ha educato, lo ha amato, l

’ha riverito e ne è stata sempre trattata 

e, mal ripagata, malamente. 

La giornata delle donne non è una festa, 

è una ricorrenza, una ricorrenza di morte: 

delle donne sono morte in questa giornata 

per lavorare, chiuse, schiavizzate 

e le cose non sono cambiate,

 nonostante siano la maggioranza, 

nonostante siano le nostre compagne, amanti, 

sono tutto per noi, i nostri angeli 

ed io come uomo, in questa giornata, 

vorrei poter chiedere scusa, 

chiedere perdono a tutte le donne 

che subiscono violenza,  

una violenza assurda verso chi ci ama. 

Questa è la giornata delle donne, 

una ricorrenza 

ma se unite le donne, 

come le gocce d’acqua del mare, 

possono spostare intere tonnellate di ferro 

a forma di nave. 

Milioni di donne possono, se vogliono, 

cambiare il mondo e, con questo, 

voglio augurare a tutte le donne 

una buona festa ma che sia una festa, 

non più una ricorrenza del dolore, 

una festa dell’uguaglianza. 

Passerà qualche generazione indubbiamente. 

Eh! La colpa dei maschi maleducati 

e malcresciuti.

lunedì 20 novembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

                                                     Preghiera alla Madonna Confido in te, Maria


Confido in te, Madonnina mia. 

Confido in te, Madonnina mia, 

che mi sorridi da quel tuo dipinto 

da dietro l’altare. 

Confido in te, che con il tuo sguardo 

vedi nel mio cuore di peccatore. 

Confido in te, per la salvezza dell’anima mia. 

Confido in te, che con le tue manine giunte, 

preghi per tutti noi. 

Confido in te, Maria, Madonnina mia 

e nel tuo perdono. 

Confido in te che mi guardi sorridendomi 

dolcemente, da quel tuo dipinto, 

Madonnina mia. 

Confido in te, Madonnina mia.  

venerdì 10 novembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

La Cattedrale di Matera, il giorno in cui è stata riconsegnata alla città dopo il restauro. (Fotografia di Annamaria Antonelli)


Preghiera “Solennità di tutti i Santi” di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo Arcivescovo delle Diocesi di Matera e Irsina Sul monte, assiso, ci guardi, Signore! 

La tenerezza dei tuoi occhi pieni di luce feconda i nostri intristiti spenti e colmi di lacrime per gli affetti perduti per i respiri spezzati. In te, Gesù, cogliamo l'amore del Padre! Ci riveli il Paradiso saldi i piedi in terra e le mani protese verso te. Viviamo già da beati e seppur nel duello tra vita e morte siam in te vittoriosi. Noi siamo tuoi, Signore, Dio nostro! Uomini siamo desiderosi di speranza in cerca di te 48 mistero rivelato di santità che infiammi i nostri ardenti cuori anelanti all'incontro dell'eterna luce. Continua a guardare questi tuoi figli, Signore! Lontani da ciò che è caduco perchè illude e divide dall'infinito desiderio di lasciarti vivere in noi per essere con te beati. Ecco i nuovi orizzonti di vita, Signore! Essi si aprono davanti a noi come luce di bellezza in cui tuffarsi tensione da coltivare perchè il nostro sguardo sia intriso del tuo. Sentiamo il profumo di cielo, il tuo, Signore! Gustiamo la bellezza dell'Amore che genera pienezza di vita plana tra stelle lucenti 49 canta con gli Angeli e i Santi la tua gloria ora realtà. Don Pino


mercoledì 1 novembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


Il sogno di Vito di Paola Tassinari Arte Digitale, stampa su Polionda, 70x100 cm, realizzato ai primi di agosto del 2020, il titolo è “Il sogno di Vito” e rappresenta la processione della Bruna. La festa della Bruna è la festa della Santa Patrona di Matera, la festa di Maria Santissima. Da più di seicento anni i materani portano la Madonna della Bruna nel cuore, un legame profondo che il 2 luglio si manifesta in tutto il suo fervore. Come mai ho realizzato questa opera? Qualche tempo fa mi ha telefonato da Matera, Vito Coviello, scrittore e poeta non vedente, per chiedermi una specie di catalogo delle mie opere con commento, per pubblicarlo assieme alle sue poesie e alle foto di un’altra artista. Chi è costui? Vito di 39 Matera è un uomo semplice, ma non è facile descrivere la semplicità che etimologicamente vuol dire puro, senza artificio, senza malizia, perché oggi il termine di semplice molto spesso viene sminuito in sempliciotto, perché non si crede più alla purezza e alla sua dolcezza intrinseca, la si scambia per ipocrisia, ci si dice… che falsa è quella persona, crede di fregarmi con le sue smielature, oppure è uno sciocco, un credulone e un vero ingenuo? (Siamo a questo livello, lo stesso si dice dei cattolici praticanti, che quasi ti vergogni di dire che vai a Messa ogni domenica, ti guardano col sorriso ironico con negli occhi... che ingenuo non sa che la religione è l’ignoranza dei popoli, crede ancora, che grande ingenuo, la Chiesa così ricca, piena di peccatori che ipocritamente si pentono per peccare più di 40 prima e via dicendo) Vito è come Raffaello, tra l’altro il 2020 è l’anniversario dei 500 anni della morte del grande artista di Urbino, i molti eventi celebrativi sono stati semicancellati dal Covid-19, (quasi come se Raffaello non volesse essere festeggiato da una società in cui la gentilezza e la semplicità sono solo false e a fini di interesse). Raffaello era amato da tutti, papi, potenti, popolazione e anche dai concorrenti, gli artisti che di solito erano gelosissimi e invidiosi, Raffaello era amato perché era semplice, umile e innamorato della vita, grato di vivere e risultava caro e prediletto a tutti, le sue opere lo svelano, sono talmente chiare, serene e complete da apparire semplicemente divine. Vito è come Raffaello, ti fidi e ti affidi, perché l’entusiasmo nella sua voce ti dà fiducia, anche se lo conosco 41 solo “virtualmente”, mi ritengo fortunata e baciata dalla sua amicizia. Alla sua richiesta del catalogo mi viene un’idea: “Vito e se realizzassi un ritratto alla Bruna? Magari con accanto anche il fischietto tradizionale materano, quello che raffigura un gallo, simbolo di forza e virilità?” E Vito scandalizzato: “Ma che dici, scherzi, guai a toccare la simbologia della Bruna”, poi mi narra il sogno che ha fatto poco tempo prima, che ha raccontato anche all’Arcivescovo di Matera… “Mia moglie mi ha descritto tutto quello che i miei occhi inutili non mi fanno più vedere, mi ha detto che anche Lei ha portato in processione la statua della Madonna per i tre giri in piazza Duomo e in quel momento preciso mi sono sentito al suo fianco alla sua destra a sorreggere insieme agli altri fedeli la statua bellissima della 42 Madonna. Forse è stato solo un sogno che a tutt’oggi mi lascia incredulo e perplesso, ma è stato se pur brevissimo, per me un bellissimo regalo della Madonnina della Bruna. Forse è stata solo la mia immaginazione a farmelo sognare, ma per me è stato un sogno bellissimo, anche perché nel mio piccolo sogno ci vedevo e non ricordavo di essere cieco, cosa che appena ho ricordato mi ha traslato nella mia realtà di cieco e nella mia piccola cucina”. Tac… una lucina mi si è accesa sapevo cosa dovevo raffigurare. L’immagine rappresenta la processione della Bruna, con a sinistra in primo piano, l’Arcivescovo di Matera, riconoscibile dalla veste color violetto, rappresenta la Chiesa che è la guida dei fedeli, in secondo piano a destra Vito che rappresenta i credenti che amano la Madonna così come amano la 43 famiglia, entrambi con la mascherina, imposte dall’epidemia di Covid-19, come testimonianza che quest’anno 2020 ancor di più abbiamo bisogno di Lei, che rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi. Per prima cosa ho realizzato a matita e penna su carta, i ritratti dell’Arcivescovo di Matera e di Vito, che ho poi caricato sul computer su un fondo grigio chiaro, che mi è servito come base neutra per evidenziare i colori del giallo e del violetto, che ho inserito con la penna/mouse, tramite una miriade di lineette per dare movimento e brulichio. Su questa base ho inserito l’immagine della Bruna con elaborazioni al computer, inondandola di oro, con ai piedi una corona verde con i fiori rossi, simbolo del suo dolore ai piedi della Croce del Figlio. (Ella conosce questa valle di lacrime e per questo intercede per noi, è la Porta tra noi e il 44 Cielo, nel XXXIII Canto del Paradiso, Bernardo di Chiaravalle ci dice che la Sua benevolenza non solo risponde a chi la domanda, ma molte volte anticipa). La scelta del giallo carico e luminoso che pervade quasi tutta l’opera come una colata d’oro fuso è in riferimento alla luce divina. L’oro è un simbolo di sacralità e ricchezza, in questo caso è l’oro della luce solare, della divinità che dona a piene mani e che ogni anno si ripete a Matera, proprio come l’oro che può essere fuso e rifuso: “L’oro non appartiene alla mitologia dell’homo faber ma è una creazione dell’homo religiosus” (Mircea Eliade). Per il violetto del fondo, la scelta è stata estetica, per armonizzarlo col primo piano della porpora dell’Arcivescovo, ma anche pensando a Dante nel Canto XXVIII del Purgatorio: “Men che di rose e più che di 45 viole/colore aprendo, s’innovò la pianta/che prima avea le ramora sì sole”, questa volta con la mia traduzione personale: il colore della pianta che coi rami spogli rifiorì era meno intenso del colore delle rose e più intenso delle viole era cioè un vivido violetto allo stesso tempo pacato e pastello, un violetto come il porpora, detto anche paonazzo mitigato dal bianco. Il porpora era il colore indossato dai magistrati romani; divenne il colore imperiale indossato dai sovrani dell’impero bizantino e dal Sacro Romano Impero e in seguito dai vescovi cattolici. Dante, secondo me, vi aggiunge un po’ di bianco, lo rende un colore pastello, perché i fiori che sbocciano sull’albero spoglio sono nel Paradiso, mentre l’uomo perquanto eccelso non può essere del tutto bianco, cioè senza peccato.

venerdì 20 ottobre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello



                                        Al fontanino (la fontana) di Annamaria Antonelli 

                                     


                     

                                                                    (La fontana…oggi) 

Anni fa e fino al sorgere dei nuovi rioni al piano, i materani vivevano in abitazioni in tufo scavate nella roccia, i Sassi di Matera (Caveoso e Barisano). Avere l’acqua corrente in casa era privilegio di poche famiglie anche perché aveva un costo. C’erano e ancora ci sono varie fontane. Le donne si recavano lì per riempire l’acqua da bere o che serviva per cucinare, per lavarsi e per la pulizia della casa. Mentre aspettavano in fila, il loro turno 33 per riempire bottiglie, secchi, bacinelle e anfore, si raccontavano la giornata e le storie dei vicini. Per i giovani, invece, era un’occasione, un modo per conoscersi come i protagonisti di questo racconto. “Vado a riempire l’acqua al fontanino” diceva la giovane e bella Bruna alla sua mamma! Era quella un’ottima scusa per poter incontrare un ragazzo che le piaceva molto, parlare con lui e scambiarsi fugaci sguardi d’amore, ma non lontano dagli occhi indiscreti di donna Graziella, la pettegola di Matera. Tutto era nei suoi occhi, nelle sue orecchie e soprattutto sulla sua lingua sempre pronta a raccontare alla gente le storie che ascoltava di nascosto. Mentre i due ragazzi chiacchieravano felicemente alla fontana, la signora Graziella si recò di gran fretta a casa di Bruna per informare la 34 mamma dicendo: ”Ho visto tua figlia al fontanino che amoreggiava con un ragazzo”. La mamma della giovane rispose: “Per fortuna ci sei tu che sai tutto di tutti! Vai via! Pensa a te che a mia figlia ci penso io!”. Era tardi. Bruna tornò di corsa a casa con le bottiglie dell’acqua tra le braccia e vide donna Graziella allontanarsi frettolosamente e per la paura di essere sgridata lasciò cadere, sull’uscio di casa, le bottiglie che si ruppero e le costarono i rimproveri e qualche sberla. Sì, perché a quei tempi per frequentare una ragazza bisognava avere il consenso dei suoi genitori e non sempre era concesso. Anzi si impediva alle figlie di uscire di casa e i giovani cercavano altri modi per vedere, almeno da lontano, l’amata. La fontana, alla quale tutti dovrebbero abbeverarsi, rappresenta metaforicamente 35 l’Amore nelle sue varie forme, tra innamorati, tra amici, tra genitori e figli e tra le famiglie del vicinato. “L’incontro alla fontana” il “Corteggiamento di altri tempi” è solo uno dei tanti racconti e delle tante storie nate nei vicinati che sono oggi, i nostri bei ricordi. Ricordi che, forse, tornano alla mente dei materani grazie alla “Fontana dell’Amore”, un’opera realizzata in bronzo composta da cinque statue a grandezza naturale che dovrebbe rappresentare l’incontro alla fontana dei giovani materani e una nuova attrazione per i turisti. È stata disegnata da Enzo Viti e Teresa Lupo e realizzata dallo scultore Domenico Sepe. Si trova in Via Muro nel Sasso Caveoso, a Matera. E’ stata inaugurata il 7 settembre 2020. Gli innamorati passeranno di lì per scambiarsi promesse 36 d’amore e qualcun altro, come me, sceglierà quel posto come il suo “angolo preferito per i pensieri” e per ammirare la naturale bellezza dei Sassi di Matera di giorno o mentre si colorano al tramonto.


La fotografia è in bianco e nero; ha l’antico e il nuovo. Rappresenta l’incontro dei giovani alla fontana… e il “Corteggiamento di altri tempi!” Al muretto, in Via Muro, ci sono due ragazzi uno seduto e l’altro appoggiato; difronte a loro ci sono una donna e una ragazza che mentre riempie l’acqua riceve in dono da un giovane una rosa. (Fotografia di Annamaria Antonelli)


martedì 10 ottobre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Recensioni

Salvatore Adduce
Vito Coviello, mio vecchio amico, ha deciso da tempo di “regalarsi” ad un pubblico vasto di suoi estimatori attraverso la scrittura e la poesia. L’incontro di Vito con Paola Tassinari, che ho avuto la fortuna di conoscere grazie al viaggio culturale della città di Matera, mi ha molto colpito per l’ardire che entrambi hanno avuto di trasferire emozioni e “visioni” in questa pubblicazione che aggiunge un tassello importante nel mosaico delle produzioni culturali in un mondo che ha bisogno di queste boccate di ossigeno per cercare vie nuove per raccontarsi. Poesia e pittura, un binomio fantastico della creatività, regalano emozioni capaci di superare ostacoli e difficoltà riportandoci tutti sullo stesso piano 28 a condizione che ci lasciamo trasportare dolcemente nel mare infinito della fantasia. Sono ancora una volta grato a Vito per aver promosso questa nuova opera. Salvatore Adduce Presidente dell'ANCI Basilicata, già Onorevole e Senatore della Repubblica e già Sindaco di Matera, già Presidente della Fondazione Matera-Basilicata 2019 per Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019.

Lina Senese Cantante Internazionale in Lingua Francese e Napoletana “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE…” un lavoro sinergico di tre autori che non si sono mai incontrati: un poeta non vedente, una pittrice e una fotografa, accomunati dalla loro capacità di vedere oltre, di saper cogliere l’essenza, l’anima di cose e persone. Nessuno di loro guarda con gli occhi, ma con il cuore, trasformando un lavoro collettivo in un unico inno d’amore verso la vita. Lina Senese

Chiara Manicone Cittadina materana Non ho visto tutto, ma l’impressione che ho avuto è che tutto il libro sia un viaggio introspettivo attraverso ricordi, immagini ed emozioni. Mi colpisce molto come una persona non vedente abbia fatto a scegliere una fotografa e una pittrice come collaboratrici, pur non vedendo le vostre opere… Evidentemente l’empatia riesce a far godere della bellezza di un’immagine anche chi non vede. E magari ci sono persone che vedono bene con gli occhi, ma non con il cuore! Complimenti per questo lavoro… Chiara Manicone
 

domenica 1 ottobre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Recensioni 

Mario Lorenzini Redazione giornale online Giovani del 2000 (www.gio2000.it) “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE”. È il titolo dell’ennesimo libro dello scrittore materano non vedente Vito Coviello. È altresì il modo con cui Vito raggiunge la sua massima espressività, amplificata in quest’opera collaborativa. La sua visione oltre il naturale, gli ha permesso qui di raggiungere forse l’apice della sua “comunicazione trasversale”; il lettore apprenderà un nuovo modo di incanalare foto, sensazioni visive. Imparerà a far permanere quei ricordi con profonda 22 incisività perché raccontati in una chiave totalmente diversa e inaspettata per chi soltanto vede distrattamente un’immagine. Mario Lorenzini

Dott.ssa Rossella Montemurro Direttore Responsabile della testata giornalistica online Tutto H24 (www.tuttoh24.info) Tre sensibilitàdiverse accomunate dall’amore per l’Arte, l’Arte nelle sue forme molteplici. Sono una fotografa, una pittrice e un poeta - Annamaria Antonelli, Paola Tassinari e Vito Coviello - gli autori di “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE”, una pubblicazione decisamente sui generis perché nata da un mix delle loro opere. L’Arte è filo conduttore e, nello stesso tempo, il trait d’union tra loro, amici virtuali. I versi del poeta-scrittore Coviello diventano la traccia per l’obiettivo e i pennelli della Antonelli e della Tassinari: si intersecano, si fondono, si completano offrendo al lettore 24 un’esperienza unica. E se le parole di Coviello, cieco da 21 anni, accompagnano in un universo dai colori incredibilmente vividi in cui le sensazioni sono protagoniste, le foto e le opere delle co-autrici sono da interpretare con gli occhi del cuore. Rossella Montemurro

Pasquale Doria Giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno e Consigliere Comune di Matera Conosco Vito da molti anni, ormai. Allora eravamo giovani. La corsa pazza tra lavoro, famiglia e impegni di ogni tipo ci ha presto gettato nella trincea del quotidiano, dove è facile allentare le relazioni amicali. Poi, a un certo punto, tramite i social media, è rientrato nel raggio del mio radar personale, quello di cronista. Vito ha iniziato a scrivere. Come ha evidenziato in più occasioni, ha trovato la terapia giusta per comunicare con il mondo: la scrittura. Sono stato ben lieto, perché vivo da decenni di scrittura e, quindi, l'ho incoraggiato ad andare avanti, a non mollare, notando una maturazione lontana dagli anni spensierati giovanili. In particolare, mi ha colpito la paziente tenacia 26 che lo sostiene, alla stregua di un monaco zen. A questa caratteristica non possono non scorgere un certo coraggio nell'affrontare i frangenti della vita che hanno forgiato il suo animo nell'acciaio di un vero guerriero. Eppure, leggendo le sue parole si avverte che qualcosa è rimasto di quegli anni lontani, la freschezza giovanile di un'immaginazione che ha conservato l'entusiasmo e la spontaneità di un bambino. Complimenti Vito, adesso sei una persona nota, hai guadagnato un discreto successo. Non solo per quello che hai fatto per te stesso ma, più che altro, per il messaggio che hai lanciato con il tuo esempio e quindi, per quello che continui a fare per gli altri. Pasquale Doria
 

mercoledì 20 settembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Recensioni


D.ssa Rosanna Viceconte Presidente del Comitato Regionale Anpas Basilicata “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE” Un libro realizzato dalla collaborazione di tre artisti: Annamaria Antonelli, fotografa e scrittrice materana, Paola Tassinari, pittrice e poetessa ravennate, Vito Coviello, poeta e scrittore di Matera non vedente. E’ soprattutto a Vito che mi rivolgo. La bellezza di una persona è racchiusa nell’anima. Una bellezza ben descritta dalle fotografie della Antonelli e dai dipinti della Tassinari. Quella di Vito Coviello è un’anima nobile. Non appartiene a tutti la capacità di 19 raccontare con parole semplici gli eventi che ci travolgono. Vito Coviello uno scrittore che ha la capacità di raggiungere il mondo esterno con le sue opere. Con gli occhi, con le mani, con il cuore, è un'opera dei nostri tempi. La paura, l'angoscia e poi la speranza sono le emozioni di oggi ben raccontate da Coviello. Con gli occhi si osservano le opere, con le mani si realizzano e con il cuore si raggiunge il prossimo. Quel prossimo che Vito non ha smesso mai di emozionare con i suoi capolavori. Si possono scalare mille montagne, ma l’amore per il prossimo, la passione per l’arte sono preziose e insostituibili. 20 Ci sono mille modi per raccontare una storia, ma la semplicità di Coviello rende tutto perfetto. E’ ascoltando i racconti e guardando le fotografie e i dipinti che ci si perde in un mondo fantastico e il nostro animo a volte tormentato viene invaso da un soffio di vento di serenità. Con affetto Rosanna Viceconte Presidente del Comitato Regionale Anpas Basilicata  

domenica 10 settembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Recensioni 

Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo Arcivescovo di Matera - Irsina Recensione al testo CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE Ci sono tanti modi per vedere, ascoltare, dire, gustare, toccare. Tutto dipende da come ci poniamo difronte alla realtà della vita, con le sue gioie e i suoi dolori, con le sue ombre e le sue luci, con il duello con la morte. 15 Tutto dipende dall’equilibrio interiore che si riesce a trovare esprimendo quella bellezza che ogni essere umano possiede. Solitudini, incomprensioni, mancanza di affetto, discriminazioni offuscano spesso gli orizzonti di una vita più bella, vera, autentica. Soprattutto un non vedente è capace di vedere e scrutare ciò che a volte chi possiede la vista non riesce: vigile e pieno di luce anche quando le delusioni e i tradimenti degli ideali affondano nei sentimenti, nei progetti che crollano. Mani che si muovono nello scrivere poesie, nel dipingere, nel realizzare ciò che di più bello e di sacro si porta dentro. Ma anche le tristezze, il buio dell’esistenza che fa sprofondare nelle tenebre. 16 Leggere la propria vita e presentarla agli altri attraverso racconti, versi poetici, preghiere, tradizioni e immagini è sicuramente un dono grande: chi è capace di raccoglierlo di certo potrà arricchirsi e gustarlo, vincendo la miopia di un’esistenza sciapa e scolorita, per scrutare orizzonti lontani nei quali ci si immerge e si diventa un tutt’uno. Ringrazio gli autori di questo testo che davvero “con gli occhi, con il cuore e con le mani” aiutano a sentire i palpiti della vita che, feconda e sempre più gravida, partorisce altra vita. Li ringrazio perchè aiutano a riempire gli occhi di cielo mentre ancora le mani di Dio, come all’inizio di ogni cosa, servendosi delle nostre mani, impastano, modellano, 17 tracciano la bellezza e la santità di un’esistenza che ha bisogno di essere solo vissuta pienamente e amata. ✠ Don Pino
 

venerdì 1 settembre 2023

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello





CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice e il poeta) è un libro di scrittura corale, scritto e composto a sei mani da: Annamaria Antonelli, da Paola Tassinari e da Vito Coviello. Questo libro è formato da un album fotografico dell'artista fotografa, di Matera, Annamaria Antonelli, da un catalogo pittorico della pittrice, scrittrice e poetessa, di Ravenna, Paola Tassinari e da un quaderno di poesie dello scrittore e poeta non vedente, di Matera, Vito Coviello. Nato dall'amicizia di tre persone che non si sono mai incontrate nel mondo della realtà, ma che la loro grande empatia, sensibilità e resilienza ha fatto incontrare nel mondo dei sognatori e dei poeti, nel mondo di mezzo tra 3 realtà e sogno dell'Iperuranio. Questo libro porta al cuore e alla mente di Vito Coviello, scrittore cieco totale da 21 anni, il mondo delle immagini delle fotografie artistiche di Annamaria Antonelli e dei quadri della pittrice e scrittrice Paola Tassinari, ma soprattutto vuole condividere e regalare a tutti noi sentimenti, sensazioni e sogni, espressi attraverso la fotografia, la pittura e la poesia. La stesura, l’impostazione e l’impaginazione del libro sono state curate, in egual misura, dai tre autori.

Annamaria Antonelli ha 49 anni e vive a Matera, la città dei Sassi. Riflessiva e critica verso se stessa ma, allo stesso tempo altruista e buona ascoltatrice, usa la scrittura per comunicare e conoscere la gente attraverso pensieri, racconti o semplici descrizioni del proprio stato d’animo. Non conoscendo a sufficienza la storia e i luoghi della propria città, incuriosita dai tanti racconti della nonna ultracentenaria, dei genitori, di familiari e amici e grazie ai bei ricordi dell’infanzia vissuta, in parte, nella casa nei Sassi ha cercato di colmare alcune 5 lacune partecipando a alcuni eventi e visitando mostre di foto storiche di Matera e non solo e avvicinandosi così alla fotografia. Attratta dai particolari colori della natura, che non indossa ma, che custodisce, dalla bellezza dei paesaggi, dei Sassi e dei suoi tanti angoli nascosti che più l’affascina scoprire e conservare nelle sue fotografie. Ma, la storia che più la emoziona è quella rappresentata dalla vita, dai Momenti di vita quotidiana che tanto adora e che sono i suoi Ricordi più belli e li riflette nelle immagini e nei suoi racconti. Con il cellulare o la videocamera scatta istintivamente le sue fotografie, senza alcuna tecnica e per sé, prima che per gli altri perché le piace vedere subito se ha catturato la sua emozione per poi poterla trasmettere; quelle in bianco e 6 nero hanno l’antico e il nuovo allo stesso tempo. Ha partecipato al progetto Il cielo stellato, della regista Caterina Erica Shanta, sulla Festa della Madonna della Bruna vista dai materani. Un progetto cinematografico realizzato attraverso la digitalizzazione del materiale video-fotografico fornito e realizzato dai cittadini stessi durante le diverse edizioni della festa patronale materana del 2 luglio. Vieni… ti racconto una storia è il suo primo racconto, con foto, scritto per il libro Da quel balcone dei miei ricordi: Matera di Vito Coviello. Forse, la sua passione per la fotografia era solo nascosta, poi scoperta, ora espressa, cercando di seguire le linee guida delle storie 7 dei dipinti di Paola Tassinari, artista di Ravenna e delle poesie di Vito Coviello, scrittore di Matera che è già un fotografo, nella luce e nel buio… è lui l’ideatore del libro: “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE”

Paola Tassinari (Teoderica) scrittrice, pittrice, illustratrice, blogger ravennate. Ha pubblicato una silloge poetica Arcana fese colpo, una raccolta di favole Biocchi di cotone e numerosi romanzi. Diversi suoi racconti e poesie hanno ottenuto dei riconoscimenti e sono stati pubblicati in antologie. Sue favole sono edite sul sito Ti racconto una fiaba. I suoi lavori pittorici e digitali sono presenti in numerosi portali d’arte. Ha partecipato a diverse mostre in Romagna (Forlì, Modigliana, Dovadola, Cesena, Cervia) in 9 particolare dal 2014 è presente ogni anno al Festival delle Arti di Cervia. Nel 2015 ha partecipato alla Biennale d’Arte IAT (Italy Art Tokio). Nel 2016 ha partecipato al progetto artistico della rivista letteraria Ellin Selae creando 1000 mini opere d’arte. Nel 2018 ha partecipato ad Art San Diego e ha illustrato il libro di favole E adesso parlo io. Nel 2019 ha partecipato con ArtetrA a Mostre tenutasi nelle città di Lisbona, Madrid, Parigi, Roma e Firenze; è stata selezionata al Premio Maestri d’Italia e invitata alla mostra Lo stato dell’arte ai Tempi della 58° Biennale di Venezia a cura di Giorgio Gregorio Grasso.
 
Vito Antonio Ariadono Coviello è nato a Sarnelli, frazione di Avigliano, provincia di Potenza, il 4 novembre 1954, vive a Matera, dove è felicemente sposato e ha una figlia. Un glaucoma cortisonico gli ha rubato la vista, ventuno anni fa. Ha dovuto riorganizzare la sua quotidianità ma, nello stesso tempo, si è rafforzata la sua voglia di condividere la cultura con tutti piccoli e grandi lettori, senza distinzione alcuna, attraverso la scrittura di racconti, di romanzi e poesie, regalando emozioni con parole e 11 immagini ma, anche con la sua voce che racconta le sue storie è Il Contastorie, per i bambini è Vito di Matera. Ha scritto e pubblicato, in primis, Sentieri dell’anima, premiato nel Concorso di Gaeta nel 2017, seguito da diversi libri, romanzi, racconti e poesie: Dialoghi con l’Angelo, Donne nel buio, Sofia, raggio di sole, “Il treno: racconti e poesie”, I racconti del piccolo ospedale dei bimbi, un libro di poesie intitolato “Poi…sia: un amore senza fine” e sottotitolato come “Quaderno di poesie di Vito Coviello”, I dieci racconti per Sammy, romanzo Victor, Debby ed il sogno, “Da quel balcone dei miei ricordi: Matera”, Paolo e Anneshca, La Madonna dei pastori. Regala le sue opere, che pubblicata gratuitamente sul web, a ospedali, carceri, 12 associazioni e nel 2020 anche al Presidente della Repubblica e al Papa. E’ l’ideatore del libro scritto in collaborazione con Paola Tassinari, artista ravennate e Annamaria Antonelli, fotografa materana che ha come fine la condivisione della cultura nelle sue varie forme e la dimostrazione che la cultura è una, ha tanti colori e soprattutto è per tutti… E’ il fondatore del gruppo Facebook ”Invitus invitus matera.il contastorie da matera…”. 

venerdì 25 agosto 2023

GEOMETRIA DÜRERIANA Nudo femminile da dietro. 1495 AMORE E PSICHE DI UN DIALOGO GEOMETRICO Di Gaetano Barbella

 

GEOMETRIA DÜRERIANA

Nudo femminile da dietro. 1495

AMORE E PSICHE DI UN DIALOGO GEOMETRICO

Di Gaetano Barbella

Alla donna in punta del piede sinistro consensiente, ma solidamente poggiata sul tallone destro e sul bastone, la stella dell'Esagramma. Ad Albrecht Dürer della sua firma, la stella del Pentalfa.




La punta del piede di lei, in C, si congiunge con la sommità del bastone inlA che rappresenta il capo di Amore-Cupido. Passa per il centro O della stella dell'esagramma, la passione dell'Eros di lei.

Uno dei piedini della firma di Albrecht Dürer, in D, si congiunge con O il centro della sua stella Pentalfa il fulgore dell'Eros di lui e nel contempo si ricongiunge col piede del bastone.

Il bastone rappresenta Amore-Cupido, cui si adagia quasi Psiche, della favola di Apuleio. Il Pentalfa si intreccia in sintonia con l'Esagramma col parallelismo delle linee IH ed EG.  Come lo sono il suo asse yy con quello del bastone AB. Si nota il dialogo d'amore della punta del piede sinistro di lei, con il "piede " della firma di Albrecht Dürer. Il mantello copre sul davanti l'ignudità di lei e di lui, e sul di dietro tutto è visibile del mistero.

Amore e Psiche sono i due protagonisti di una nota storia narrata da Apuleio all'interno della sua opera Le Metamorfosi, anche se è considerata risalire ad una tradizione orale antecedente all'autore.

Nella vicenda narrata da Apuleio, Psiche, mortale dalla bellezza eguale a Venere, diventa sposa di Amore-Cupido, senza, tuttavia, sapere chi sia il marito, che le si presenta solo nell'oscurità della notte. Scoperta su istigazione delle invidiose sorelle la sua identità, è costretta, prima di poter ricongiungersi al suo divino consorte, a effettuare una serie di prove, al termine delle quali otterrà l'immortalità. Altre versioni, differenti da quella di Apuleio, narrano, invece, la morte della ragazza prima dell'ultima prova, altre ancora narrano che la ragazza abbia fallito l'ultima prova e che abbia, quindi, dovuto lasciare Amore-Cupido.

Il piedino della seduzione


È poetico il ricorso al piede rialzato sul tallone di Psiche di Albrecht Dürer, cui corrisponde il piede della sua firma. Ed è immediato il pensiero a immaginare lo scenario di un amore che sboccia, provocato da un'audace segno con piede di lui sul piede di lei, che non si ritrae. È Amore Cupido che ha fatto centro con la sua freccia.

Fare piedino è un gesto di approccio e seduzione non verbale  che consiste nello sfiorare intenzionalmente col proprio piede (o con la scarpa) il piede o la scarpa della persona da sedurre. La maggior parte delle volte si effettua da seduti e, poiché il contatto avviene per lo più sotto un tavolo, il seduttore gioca sul dubbio che il contatto possa non essere intenzionale. In generale, è un gesto che avviene di nascosto e che implica un'intesa tra due persone, ma in molti casi esso è utilizzato come prima manifestazione di un'intenzione seduttiva, soprattutto laddove questa è volta all'immediata conquista erotica piuttosto che a un più meditato corteggiamento.

Nella seduzione

Il "fare piedino" è soltanto una tecnica per manifestare un'intenzione seduttiva. Se la persona a cui il gesto è rivolto non allontana il proprio piede e finge di non accorgersene o addirittura asseconda i movimenti del "seduttore", quest'ultimo potrà correttamente interpretare tali comportamenti come inequivocabili ed eccitanti segnali di disponibilità. Al contrario, se la persona a cui è rivolto il gesto non gradisce il corteggiamento, questa allontanerà il proprio piede e il mancato seduttore potrà tranquillamente fingere che quel contatto sia stato del tutto accidentale e per nulla intenzionale.

Dovrebbe quindi risultare abbastanza chiaro come il "fare piedino" non vada assolutamente confuso con le svariate forme di feticismo del piede, come, per esempio, il retifismo, che sono invece delle vere e proprie pratiche sessuali[1].

Il Laccio dell'Amore



[1]  https://it.wikipedia.org/wiki/Piedino_(sessualit%C3%A0)

L'intreccio del Pentalfa con l'Esagramma nel disegno di Albrecht Durer dell'illustr. 2 è un fatto meraviglioso dell'Eros che trova risonanza attraverso La danza del Laccio D‘Amore dell'illustr. 4 che affonda le sue origini nella preistoria, parte di una più vasta liturgia di venerazione delle divinità arboree e di propiziazione della fecondità.

In questo caso si tratta di una delle tradizioni popolari più sentite che cadenza i ritmi della vita rurale abruzzese, attraverso le tappe più importanti come il primo amore, il fidanzamento, il matrimonio. Tra i tanti balli popolari, quello del Laccio D'Amore è senza dubbio il più ricco, dal punto di vista scenografico e delle implicazioni simboliche. La danza si apre con l'arrivo delle dieci coppie che indossano un tipico costume abruzzese e che passano sotto un lungo arco formato da ragazze che agitano in alto tamburelli e nastri multicolori. Il ballo si intreccia attorno a un palo conficcato al centro della piazza, alla sommità del quale vengono fissati i ‘lacci d'amore', venti lunghi e colorati nastri, tenuti per l'altro capo dai venti ballerini che, al suono del ‘ddu' botte', caratteristica armonica a due bassi, danno inizio alle danze che partono da sinistra verso destra, a coppie sciolte. [...]

A Penna Sant'Andrea (prov. di Teramo in Abruzzo), la danza del Laccio d'Amore è rimasta radicata sino ad oggi. All'inizio del ‘900 si è costituito l'omonimo Gruppo Folkloristico che ha fatto conoscere il ballo in tutto il mondo. La tipica danza, infatti, chiude tradizionalmente l’Incontro del Folklore Internazionale, che si svolge da oltre quaranta anni a Penna Sant’Andrea agli inizi di agosto, con la partecipazione di gruppi folkloristici da tutto il mondo.

Come si evince dagli approfonditi studi dell’etnocoreologo Giuseppe M. Gala, la danza dei nastri è un modulo coreutico diffuso in tutto il continente europeo, riscontrato anche in alcune zone dell’Africa settentrionale (Marocco e Algeria), nel Bengala occidentale e in buona parte dell’America Latina (Messico, Guatemala, Venezuela, Perù e Bolivia). In Europa la danza dei nastri è attestata in Provenza con il nome di danse des cordelles, mentre in Borgogna, presso Mâcon, era in uso un ballo analogo chiamato danse de rubans; la stessa danza era diffusa in Belgio, in Svezia, in Inghilterra, in Russia e in Spagna ma le testimonianze più numerose riguardano l’area tedesca, dove è ancora praticata in una vasta zona della Baviera con il nome di Bandltanz.

In Italia la danza dei nastri è presente nell’area campana nel periodo carnevalesco (‘ndrezzata, palintrezzo, laccio d’amore), a Petralia Sottana in provincia di Palermo (ballo della cordella), in Piemonte (bal do sabre); infine, unico caso in Abruzzo oltre a quello di Penna Sant’Andrea, il ballo del palo intrecciato sopravvive a Castiglione Messer Marino come rito carnevalesco itinerante (ballo della sposa).

La straordinaria estensione geografica del ballo rafforza l’ipotesi della sua antichità; alcuni studi collegano l’intreccio coreutico dei nastri alle danze arboree praticate in relazione al culto degli alberi, di derivazione neolitica e basato sull’evocazione della forza vitale e della fecondità. Che il ballo abbia delle funzioni propiziatorie è testimoniato dall’uso che ancora oggi ne viene fatto a Penna Sant’Andrea, dove l’intreccio dei lacci colorati è spesso eseguito in occasione di matrimoni come augurio per la coppia di sposi. [...]

Il ballo è caratterizzato dall’intreccio attorno a un palo di ventiquattro nastri colorati tenuti da dodici coppie di ballerini, e da una serie differenziata di intrecci e di esecuzioni di danza, codificati nel corso del Novecento dal gruppo folkloristico del “Laccio d’amore”: la zenna cupertë, danza processionale di trasferimento, usata in passato per gli spostamenti da una contrada all’altra e divisa in due fasi, la processione e la galleria; la saldarellë, eseguita in coppia e inserita in un contesto formale di simulazione del corteggiamento; lu trallallerë, accentuazione del corteggiamento al ritmo di quadriglia; la polchë, con uomini e donne che girano in direzioni opposte, dandosi in alternanza la mano destra e la mano sinistra a ogni incontro con un differente ballerino; il ballo del laccio vero e proprio, contrassegnato da cinque tipi di intrecci differenti e di diverso grado di complessità, eseguiti a ritmo di saltarella (il palo semplice, il palo a coppie, il palo a quattro, il palo doppio e le treccette), guidati da comandi in dialetto e accompagnati dall’organetto a due bassi (ddu bottë), dalla fisarmonica, dal tamburello (ciuciombrë), dalla chitarra e dal tamburo a frizione (battafochë)[1].

La catena del DNA avvolta al palo dell'Eros metafisico



[1]  https://www.gransassolagaich.it/arti-e-spettacolo/laccio-damore/


Potremmo legare il palo dove si attorcigliano i Lacci d'Amore (fig. 5) con le catene o eliche degli infiniti casi di DNA degli abitanti della nostra Terra, (fig. 6) per avere l'idea della funzione dell'Amore emanante dall'Eros metafisico.

La catena del DNA è un acido nucleico (detto desossiribonucleico) che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi.

Il DNA è la base fondamentale della vita. Possiamo immaginarlo come una lunga catena, che si trova all’interno di ogni cellula del corpo umano.

Al suo interno troviamo i cromosomi, che contengono tutte le informazioni genetiche che si trasmettono da un individuo all’altro. Ogni parte di questa catena è formata da elementi più semplici.

Dal punto di vista chimico, possiamo definire il DNA come un polimero organico costituito da monomeri chiamati nucleotidi (deossiribonucleotidi).

Questi nucleotidi sono costituiti da tre elementi:

1.    Un gruppo fosfato;

2.    Il deossiribosio (zucchero pentoso);

3.    Una base azotata che si lega al deossiribosio con legame N-glicosidico.

Ma vediamo ora qualcosa in più sulla struttura del DNA e sulla sua funzione.

Come struttura il DNA, così come l’RNA, è un acido nucleico costituito da subunità chiamate nucleotidi. Ogni nucleotide è costituito da tre componenti (gruppo fosfati, zucchero pentoso e base azotata).

Lo zucchero di riferimento è il desossiribosio, che può legarsi a quattro basi azotate differenti: adenina, timina, guanina e citosina.

La molecola del DNA è formata da due catene polinucleotidiche appaiate e avvolte intorno allo stesso asse, in modo da formare una doppia elica. Ecco le principali caratteristiche della stessa:

   Si tratta di catene complementari e antiparallele;

   I legami tra i nucleotidi all’interno di ciascuna catena sono covalenti, mentre quelli che uniscono i due filamenti appaiati sono legami a idrogeno;

   L’elica ha diametro costante e avvolgimento destrogiro.

Il DNA si trova nel nucleo di tutte le cellule, di cui porta il codice genetico.

A cosa serve l’acido desossiribonucleico?

Sicuramente, la funzione più preziosa ascrivibile al DNA è quella di contenere le informazioni necessarie per far funzionare l’organismo.

Questo patrimonio di dati è trasmissibile da una cellula all’altra e da un organismo all’altro. Nella molecola ci sono tutte le istruzioni fondamentali per la sintesi delle proteine importanti per costruire i tessuti e gli organi e per attivare i processi biologici e chimici che garantiscono la sopravvivenza dell’organismo.

Dunque, la funzione più rilevante del DNA è quindi quella di trasmettere le caratteristiche ereditarie da un individuo all’altro[1].

Brescia, 14 agosto 2023



[1]  https://www.unicusano.it/blog/didattica/corsi/struttura-del-dna/


domenica 20 agosto 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 40

Ho chiuso coi pleiadiani, i marziani, e i rettiliani

 

 

“Rico quella pianta di finocchietto esiste ancora, è nella casa in campagna dove abitava mia nonna.   Ora la casa è disabitata, ci sono andata l’ultima volta la primavera scorsa in una delle mie gite in bici. Quando ci passo davanti, a volte mi fermo proprio per rivedere la pianta di finocchietto. Nel mese di maggio è tutto verde, poi si alza e si infittisce e sbocciano gli ombrelli di fiori gialli. Raccolgo i fiori, li faccio essiccare poi li uso per insaporire vari cibi, i piccolissimi noccioli hanno     dentro un solo seme a forma di cuore, credevo che tutte le piante di finocchietto avessero sentore di menta e che i semi fossero tutti a forma di cuore, mica sono una botanica… andiamoci subito”.

“Andiamo, ma cosa vuoi fare? Non puoi essere certa che il tuo finocchietto selvatico sia il silfio”.

“Intanto la fotografo e poi la estirpo e me la porto via, che è mia perché l’hanno regalata a me e l’ha piantata la mia bisnonna, poi mi metto in contatto con qualcuno, in Internet si trova di tutto, troverò qualcuno che è informato”.

Tornarono indietro, a buon passo mentre Lyuba non la finiva di dire: “… pensa te, incredibile, pensa un po’, si hanno le cose sotto agli occhi e non si notano, che ignorante che sono, ma ci pensi Rico, mi sta scoppiando il cuore, ma ci pensi Rico…”  

Arrivarono alla casa di campagna, con il viottolo che calava dalla strada sopraelevata, che costeggiava il fiume, sulla cui aia vi era a fianco della casa un pozzo.

Lyuba aprì lo sportello prima che l’auto si fermasse, corse al pozzo e rimase fissa e tinca come un baccalà.

“Che c’è perché fai quella faccia? Dov’è il silfio?”

“Non c’è più, c’è solo erba”

“Una bella iella, ora che sai che forse poteva essere il silfio, il finocchietto non c’è più”.

“Incredibile, trent’anni e più questa pianta è stata qui. Accanto al gelsomino che è ancora qui ma il silfio no, non c’è più”.

“Adesso non esagerare Lyuba, è più probabile che fosse una comune pianta di finocchietto”.

“In primavera spuntava e poi cresceva, anche quest’anno a maggio c’era e ora è sparita, al suo posto solo dell’erba, vieni con me nel capannone, forse c’è ancora una vanga o un badile”.

“Che vuoi fare?”

“Scavare per vedere se c’è il vaso di rame”.

“Lyuba, lascia perdere, va bene, lascia che scavo io”.

“Abbiamo scavato, un metro per un metro, non c’è nulla, con gli anni si sarà disintegrato”.

“Va bene Rico, basta, qualcuno l’ha portato via, qualcuno che lo credeva una pianta di finocchietto selvatico, qualcuno a cui piace il coniglio arrosto o la pasta alle sarde col finocchietto, alla mia vicina di casa hanno rubato i gerani dal davanzale di casa, ormai rubano tutti e di tutto e poi danno del ladro agli zingari”.

“Ci sei rimasta male?”

Rico, le prende il mento, le solleva il viso, la guarda con strani occhi liquidi, poi la bacia lievemente sulle labbra, tentando di insinuarsi con la lingua, ma Lyuba serra velocemente i denti.

“Non ti provare mai più, non hai rispetto per la mia scelta, mai più, mai più darò fiducia a un uomo, ha ragione la Chiesa sulla castità, ti dai ad uomo e lui non ti apprezzerà più per quello che sei ma ti riterrà solo un contenitore da riempire col suo coso, non farti sentire più, vattene”.

“Scusami, non volevo offenderti… dove stai andando”.

“Vado ad aspettare la corriera, con te non torno, sei un falso amico, perché ti aspettavi qualcosa da me, e poi già che ci siamo ho chiuso coi pleiadiani, i marziani, e i rettiliani come te”.

Duga che aveva dissotterrato, la pianta già da una settimana, ma non aveva ancora avvisato il Maestro, aveva provato tramite Rico ad entrare nella psiche di Lyuba, per rendersi conto se poteva metterla al corrente delle sue capacità divinatorie, se era possibile un futuro per loro due, ma vista la sua reazione, soprattutto avendo percepito dentro di lei un terrore autentico, non se la sentiva di rischiare, non voleva farle altro male, senza di lui che interferiva con la sua mente Lyuba sarebbe stata finalmente in pace.

Non avrebbe mai saputo che lei era stata la messaggera divina più importante, meglio così all’oscuro di tutto non sarebbe stata in pericolo, non avrebbe più avuto bisogno di un agente segreto innamorato di lei.

Ora doveva andare, l’ultimo tassello del puzzle, il silfio, andava al suo posto, ora era tempo di lavorare per realizzare il nuovo Rinascimento. 

Intanto Lyuba aspettava la corriera e la rabbia iniziale per il sentirsi un oggetto sbollì improvvisamente così come era venuta, ebbe come la consapevolezza che non si sarebbe mai più sentita invadere l’anima, la testa, il cuore, tutta sé stessa, da qualcuno che non avrebbe mai saputo chi fosse, sentiva che sarebbe finito tutto e non voleva, ora alla paura di sentirsi come posseduta era subentrato il terrore di perdere per sempre quel qualcuno che non sapeva chi era o cos’era ma ormai non poteva più farne a meno, intuiva che dietro a Rico, dietro ai suoi amori c’era sempre la stessa persona, ma non capiva come poteva accadere.

Lyuba ora si struggeva, sapeva dentro di sé che era libera da quel qualcuno, che non lo avrebbe mai più sentito palpitare dentro di lei e un ardore, una fiamma la bruciava, voleva con tutte le sue forze una storia d’amore che finisse bene, ma come fare, dato che lei non sapeva nulla di nulla?

Arrivò l’autobus e Lyuba salì e fece il biglietto alla macchinetta e si sedette con un gran sorriso… quel qualcuno avrebbe sentito che lei lo cercava e qualcosa di nuovo e di bello sarebbe accaduto.

 

 

giovedì 10 agosto 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 39

Era un finocchietto speciale al profumo di menta

 

 

Lyuba stava distesa, seminascosta dall’erba alta, osservando gli specchi d’acqua, che si allargavano all’infinito, come pure infiniti sembravano i gruppi di volatili, di cui sembravano pieni zeppi sia il cielo che le acque.

Milioni di uccelli.

Lyuba era immersa nella luminosità e nella la pace circostante, ancora più evidente in quanto se girava il volto dalla parte opposta trovava il grigio delle ciminiere industriali e il traffico della strada.

Si sentiva appagata e felice immensamente grata alla bellezza della natura, stupita come di fronte a un grande miracolo; mentre Rico era andato ad osservare il bottino di carpe di due giovani pescatori dagli alti stivali.

Lyuba sonnecchiando mentre il sole la riscaldava, pensava che tutto quel ricercare sugli zingari e la sua ipotesi bislacca sul loro perpetuo girovagare per colpa del silfio, era veramente assurda e strampalata.

Poi all’improvviso ricordò.

Tanti anni prima, si trovava con la bisnonna al mercato rionale, lei avrà avuto al massimo cinque anni, una zingara, che non pareva neanche tale, offrì alla bisnonna dei bottoni per mille lire, che furono acquistati.

La zingara le disse che era scura e bella come i loro bambini, le chiese come si chiamava e alla sua risposta la zingara disse che lei era un amore di zingarella poi le prese le mani dicendole di strofinarle forte forte chiedendole che odore sentisse.

Lyuba rispose che sentiva odore di terra, la zingara tirò fuori da non so dove, come per magia, un contenitore di rame decorato con dei graffiti, poi le diede un seme e disse alla bisnonna: “Piantalo   in questo vaso con della terra di fiume, poi coprilo e tienilo al buio, appena spunta il germoglio interra tutto, vaso compreso, all’ombra di un pozzo”.

La nonna bisa  tornata a casa, andò al fiume a prendere della terra, con Lyuba che le trotterellava accanto e assieme misero il seme nella terra e la nonna lo coprì con un pezzo di stoffa bagnato d’acqua.

Lyuba andava ogni giorno a sollevare un poco il pezzo di tela per sbirciare e fu lei che si accorse per prima del germoglio, tre piccole foglioline.

La nonna fece un buco con la vanga accanto al vecchio pozzo chiuso da una pesante lastra di ferro, che era ornato da un gelsomino rampicante di colore giallo.  

Si era dimenticata tutto, eppure quella pianta era cresciuta, la bisnonna era morta pochi anni dopo, ma Lyuba ricordava che la nonna la usava per cucinare il coniglio e in agosto quando si apriva la caccia e il nonno acchiappava la lepre le diceva: “Lyuba corri, vai al pozzo a prendere un po’ di finocchietto selvatico che cucino una lepre in salmì coi fiocchi” e un po’ di quel finocchietto lo metteva pure nel ragù che serviva per condire le tagliatelle.

Lyuba si ricordava bene che la nonna diceva che era un finocchietto speciale al profumo di menta.

Poteva essere il silfio?

Si alzò e chiamò a gran voce Rico, era eccitata al massimo.

“Che c’è devi raccontarmi altro sugli zingari?”

Raccontò la scoperta a Rico e poi e poi era troppo eccitata.