sabato 20 aprile 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello



Il Papero di Paola Tassinari 

Ho già scritto sulla mia passione per il disegno, oltre allo studio dal vero, soprattutto di ritratti e di animali, affianco dei disegni “inventati” il che è molto più difficile, perché il disegno attinente al reale è compreso subito, i suoi canoni già si conoscono, ma qualcosa che non è simile a niente e che non ho mai visto, faccio fatica a crearlo e a decidere… È bello? È brutto o ridicolo? L’inclinazione a questi disegni fantasiosi mi è nata attraverso la passione per il fumetto, il quale fonde il linguaggio verbale con il linguaggio “visivo”. Il fumetto arriva da lontano, si può anche dire, senza nulla togliere alla sua importanza, che la Colonna Traiana è quasi un fumetto/racconto, sulla 131 campagna in Dacia di Traiano. Il fumetto il cui nome deriva dalle scritte inserite nelle nuvole/fumo/fumetti è l’antesignano del cinema. Ho già scritto che amo il Surrealismo e cosa c’è di più surreale degli interpreti dei fumetti di Walt Disney come Paperino o Topolino? Surreali sono pure i fumetti della Marvel e della DC come Superman o Thor. Pare quasi che gli USA abbiano ribaltato e fatto propria la mitologia occidentale in fin dei conti cosa sono Superman o Thor se non i nuovi dei e semidei e Paperino, con annesso parentado, i nuovi greci e romani con i loro comportamenti, usi e costumi? Scriveva Umberto Eco, grande appassionato di fumetti che per primo ha alzato il fumetto sul piedistallo della nona arte, subito dopo, le canoniche sette, il cinema e la radio-televisione… “il fumetto è un 132 prodotto industriale, commissionato dall’alto” e che “funziona secondo tutte le meccaniche della persuasione occulta”, supponendo nel “fruitore un atteggiamento di evasione che stimola immediatamente le velleità paternalistiche dei committenti”… quindi il fumetto propagandato con “all it’s folk” (tutto è popolare) sarebbe stato commissionato dall’alto per indottrinare le masse, ma lasciamo perdere questo discorso un po’ troppo filosofico, ho pianto secchi di lacrime per l’elefantino Dumbo e ancora oggi ne sono innamorata, se sono stata indottrinata lo sono stata piacevolmente. È innegabile che i cartoni e i film di Walter Disney abbiano accompagnato la crescita di molti bambini nel mondo con storie toccanti, morali profonde e personaggi deliziosi, quello che invece meno ci si aspetta è che Walter Disney, 133 fosse un amante di esoterismo e di massoneria e quello che in pochi sanno è che Disney era anche un grande amante dell’arte astratta e surrealista... quindi potevo mai non cimentarmi nel mondo dei fumetti? Quello che non ti aspetti… nel 1945 Salvador Dalí e Walt Disney hanno lavorato insieme per produrre il cortometraggio Destino, la storia di una principessa ballerina alla ricerca del suo amore negli onirici spazi del deserto, completato e prodotto nel 2003 dalla Walt Disney Company. In realtà più che fumetti ho creato delle immagini per delle video fiabe, in questo caso la figura rappresenta “Il papero pittarrino” disegnato con matite colorate su carta, 20x30 cm, del 2011 circa. Il papero ha un’enorme testa, di colore verde acceso che lo qualifica come un maschio, in quanto la femmina ha colori 134 mimetizzanti, anche se ha un grande occhio obliquo e femminile con lunghe ciglia, questo perché il papero in questione è molto vanitoso, il grande becco giallo è tagliato dall’inquadratura per evidenziare proprio questa protuberanza che è il punto focale della fiaba, in quanto il papero pittarrino non soddisfatto del suo becco, si reca da una ape/maga che vive sul ramo di un melograno per averlo più bello, ma non si accontenta mai così finisce col rimanere senza becco.

mercoledì 10 aprile 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello


 Un’antica casa nei Sassi, due sedie e una lampada a olio, una di quelle che si usava quando non c’era la corrente elettrica (Fotografie di Annamaria Antonelli)

La luce della candela di Vito Coviello 

Della candela ricordo ancora 

la sua luce giallastra e tremolante, 

di quando in campagna

 a casa dei miei nonni, dove ero io nato,

 non era ancora arrivata la corrente elettrica 

e la sera non essendoci luce in casa 

si accendevano quelle candele

 di cera delle api delle arnie del nonno. 

Quelle candele fatte in casa 

dalla mia nonnina Maria 

dopo che aveva estratto 

quel buon miele dorato

 erano gialline come il polline. 

Quelle candele facevano una luce tremolante 

che profumava di miele e di fiori per i petali 

che la mia nonnina aveva aggiunto alla cera s

ciolta in un pentolino a bagnomaria. 

Quella luce tremolante e ballerina, 

illuminava la notte buia 

danzando allegramente

 e felice di ascoltare con me le favole 

che mi raccontava la mia cara nonnina. 

Ora che sono vecchio e stanco 

nei miei pensieri notturni, 

ora che negli occhi ho solo il buio, 

posso ancora sentire il suo profumo 

e ricordare di quel tempo 

ora non è più 

ed io non vedo più.


E’ l’Albero della Vita di colore azzurro; il tronco è il corpo di un uomo e di una donna abbracciati e le loro braccia sono i rami - E’ una scultura che si trova davanti a un noto albergo nel Sasso Caveoso in prossimità di Piazza San Pietro difronte alla Murgia materana. (Fotografia di Annamaria Antonelli)

Anche se di Vito Coviello 

Anche se nella buia notte 

del tuo freddo inverno 

la natura sembra morire, 

non vedi più la meraviglia del cielo stellato, 

né quella piccola stellina che 

alla tua nascita ti fu assegnata. 

Anche se la neve ha imbiancato 

la sua gelida morsa, i tuoi pensieri solitari. 

Anche se dopo aver tanto camminato vorresti 

fermarti a riposare, 

se nel tuo cuore alberga amore per te 

sarà sempre primavera 

e avrai sempre voglia di correre incontro 

al tuo amore per abbracciarla, 

e quella tua stellina in cielo brillerà 

più del sole per illuminare 

la tua vita tutti i giorni.


lunedì 1 aprile 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello


 Anna la coraggiosa di Paola Tassinari 

Parallelamente alla pittura, quindi ai colori e alla loro stesura libera, al limite dell’informale, amo molto il disegno, non solo come schizzo preparatorio, ma proprio nel tracciare linee che si intersecano, creando volume e “colore” con la gamma del nero/grigio della penna biro o della matita di grafite, ma anche col pennino e l’inchiostro, poi magari intervengo con un pizzico di colore per evidenziare ciò che mi preme. D’altronde a volte non so decidere se sia più bella Firenze o Venezia, sono uniche nel loro splendore e la stessa cosa è per me scegliere fra il disegno o la pittura. Perché ho scelto queste due città per cercare di spiegarvi l’uguale importanza del disegno e della pittura per me? Nel Quattrocento/Cinquecento a Firenze si diede più importanza al disegno nella pratica pittorica, mentre a Venezia si diede più importanza al colore, alla base di questa scelta vi era anche un modo di pensare diverso. L’arte fiorentina nasce come ricerca di una bellezza che è soprattutto perfezione ideale, studiata e mediata dalla ragione. Il clima che si respira a Venezia è diverso: la bellezza ha una finalità legata più ai sensi che all’intelletto. Venezia è una città ricca, addirittura lussuosa e con una notevole tolleranza nei confronti dei piaceri della vita (Venezia era godereccia, era d’uso, per esempio, che si inscenassero nelle case nobiliari spettacoli erotici e libertini recitati dai giovani aristocratici e pure veniva  incentivata la prostituzione per distogliere gli uomini dalla omosessualità molto diffusa, la Repubblica di Venezia fu uno dei pochi baluardi rimasti immuni all’Inquisizione, rivendicando sempre la sua laicità e libertà dal Vaticano). Il disegno è il modo come il nostro cervello razionalizza ordina le forme che percepisce. Il colore è la trascrizione del nostro pensiero istantaneo e sensoriale, io mi sento attratta fortemente sia dalla forza della ragione sia da quella dei sensi, come per tutti credo, comunque l’importante è l’equilibrio, putacaso, la parola talento in origine, prima di rappresentare l’antica e preziosa moneta greca, significò bilancia, ovvero giustizia, ordine, equilibrio, che accade quando si hanno i piatti alla pari, ma poi troppo ordine stanca, siamo fatti di carne e annullare le emozioni e i sensi non è nella mia indole quindi abbraccio sia il disegno, sia la pittura, sia l’intelletto, che i sensi, convintissima della frase di Orazio… est modus in rebus (esiste una misura nelle cose) che continua… sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum (vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto). Il disegno in questione è a matita, misura 20x30 (ma è stampabile in varie misure su Polionda: un materiale rigido, resistente e leggero molto utilizzato nella stampa digitale) e raffigura una mia compagna di scuola a cui ho dedicato un racconto. Nel 2008, apro il blog: “teodericaforum.blogspot.com”, col mio nome d’arte Teoderica, pseudonimo che ormai non uso più, iniziando a scrivere frasi, articoli, poi racconti, infine, romanzi e poesie accompagnati da disegni eseguiti a mano e poi elaborati al computer. Il titolo del disegno e del racconto è “Anna la coraggiosa”, così Anna è raffigurata con lunghi capelli neri, con la riga da una parte, occhi e labbra grandi colorate di rosso bragia volendo esprimere il fuoco acceso, perché Anna la mia amica ha affrontato scogli persi, scogli insormontabili ma, superati e vinti, tramite la sua forza interiore e quel dito indice alzato sul naso, con l’unghia smaltata di rosso sta a significare il silenzio, perché in certi casi serve il fare, abbassare la testa e andare. Quel dito indice di Anna è ispirato anche al gesto del San Giovanni Battista di Leonardo, il mirare all’alto, allo sforzo, alla fatica per arrivare a riscoprire il divino e a credere che possiamo farcela.

mercoledì 20 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

                                                               “Un evento speciale” 

                                             Ricordi …nei ricordi… di Annamaria Antonelli



Nonna Brunetta, la chiamavano. Bruna il suo nome. Classe 1908. Primogenita di una numerosa famiglia materana (ben 6 figli: 3 maschi e 3 femmine). Figlia di Eustachio, ex militare e Annunziata, casalinga. Una vita vissuta tra il lavoro nei campi e quello artigianale seduta al suo inseparabile 113 “Telaio”. Era conosciuta e apprezzata per il suo lavoro di tessitrice di stoffe, su commissione che realizzava e confezionava per il corredo delle giovani donne (tovaglie, asciugamani, grembiuli, camicie da notte, lenzuola e tanto altro) o per le famiglie. Da bambina amava così tanto lo studio che aspirava a conseguire la licenza elementare e a ricevere “La Pagella Ricamata” quella per gli studenti più meritevoli. Il suo unico rimpianto non aver potuto continuare gli studi sia per le condizioni economiche che per la guerra. Le piaceva scrivere e a quei tempi era utile comunicare con i familiari in guerra o con chi era emigrato per motivi di lavoro. Era una donna di bell’aspetto e corteggiata, fino a quando conobbe Paolo, il suo compagno di vita. Ma, la sua felicità fu completa quando arrivò la piccola Giuseppina. 114 Brunetta è sempre stata un riferimento per la famiglia e per tanta gente perché il suo forte carattere, le ha permesso di affrontare la vita “di petto”, con coraggio. Sapeva custodire “i segreti” che le confidavano. Aveva un difetto: le persone per lei erano simpatiche o antipatiche ma, aveva anche la capacità di calmare gli animi di chi litigava e di farli riappacificare. Al contrario di suo marito Paolo e della piccola Giuseppina che amavano l’allegria e la compagnia… Brunetta era più riservata… Era un po’ come me, lunatica ma quando era serena l’ascoltavo con piacere. Sì, sapeva raccontare la sua vita e riderci su… e aveva una memoria di ferro… Io adoro ascoltare i racconti… più che la lettura… perché posso immaginare di viverli quei racconti anche se il mio tempo, non coincide con essi… E’ il modo di raccontarli che mi 115 attrae e mi fa sognare! Brunetta era anche una buona forchetta… per lei il cibo anzi l’appetito rappresentava la salute. Diceva sempre “Hai mangiato? Mangia… Vedi io mangio poco ma, di tutto e mi sento bene, grazie a Dio…!” Chissà forse è per questo che ha vissuto a lungo, ben 106 anni… e a differenza di tante donne che non osano svelare la propria età, lei ne era fiera, anzi aspettava con ansia il giorno del suo compleanno per indossare i gioielli che le aveva regalato suo marito Paolo, un vestito nuovo e per stare in compagnia dei familiari. Sì, perché in fondo non amava la solitudine…! Era nata il 7 gennaio 1908 ma, il suo papà la registrò all’anagrafe due giorni dopo perché, a quei tempi, il lavoro nei campi impegnava tutto il giorno e bisognava trovare il tempo anche per registrare le nascite dei 116 propri figli. A volte, invece, chi nasceva negli ultimi giorni dell’anno veniva registrato ad anno nuovo per essere più giovani di 1 anno… come si fa oggi con l’immatricolazionedelle automobili… sto scherzando! Nel corso degli anni nonna Brunetta ha cambiato un po’ il suo modo di esprimere le emozioni… le sue braccia non avevano dato tanti abbracci alla sua Giuseppina (e Dio solo sa quanti ne avrebbe voluti dare!) ma, le piaceva avere tra le braccia i nipotini e anche i pronipoti… io invece, gli abbracci da lei me li prendevo…! Nonna Brunetta, infine e fino alla fine… si è aggrappata alla vita… diceva di essere fortunata perché viveva in una famiglia che l’amava e le piaceva vivere… e essere protagonista… anche in tv, quando dai 100 anni l’intervista con i ragazzi di TRM, un’emittente locale, era diventata un 117 appuntamento imperdibile per lei e anche per tanti materani. Perfino il Sindaco di Matera Emilio Nicola Buccico che l’ha omaggiata portandole gli auguri dell’intera città il giorno del suo 100° compleanno rimase affascinato e sorpreso dalle risposte precise e spontanee di nonna Brunetta. Queste le sue parole: “Sono felice di essere venuto a farle gli auguri personalmente, perché arrivare a 100 anni nelle sue condizioni, lucida e con la sua presenza scenica, ben collocata nel tempo e ben ricordando i fatti del passato è bellissimo… perché si partecipa “all’evento speciale”. Il Sindaco le chiese: “Si ricorda il nome di qualche sindaco? Ne ha conosciuto qualcuno?” Nonna Brunetta prontamente gli rispose: “Li ricordo tutti ma, non i loro nomi perché non sono mai andata per il Comune!” 118 Una risata di cuore fu la risposta del Sindaco alle sue parole… Nonna Brunetta era la mia nonna materna e ho voluto raccontarvi la sua storia per due ragioni… Per me i genitori e i nonni rappresentano “un’enciclopedia vivente”, non solo per quello che hanno imparato a scuola ma, perché non basta il sapere ma, bisogna saper fare… e quello che loro ci insegnano non si impara sui libri ma, dagli insegnamenti dai consigli che loro ci danno e soprattutto dagli esempi che ci danno. Questo è importante per affrontare la vita… per viverla e amarla anche quando il corpo è stanco e la mente funziona a intermittenza… sono i ricordi belli che ci fanno “VIVERE…” Avrei voluto farvi vedere quando la sua mente tornava al suo amato “telaio…” mimava i movimenti della tessitura come se 119 davvero fosse seduta a lavorare e con un viso così felice che la stanchezza degli anni non la sentiva… La seconda ragione è più un mio pensiero! Io la considero un personaggio della storia materana, testimone di oltre 100 anni di storia vissuta e se non lo è per Matera, lo è per me.

domenica 10 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 



“Cavallo con orologio molle” di Salvador Dalì…E’ una delle sculture in bronzo (una copia) e si trova nel piazzale della nuova Stazione Centrale di Matera; altre sono nel Centro Storico e nei Sassi. Il cavallo ha un orologio al posto della sella e rappresenta la vita incatenata al tempo e il peso che esso ha nelle nostre azioni. (Fotografia di Annamaria Antonelli)

 Tempus Fuget di Vito Coviello 

Tempus fuget, 
ma vale la pena rincorrerlo? 
Non chiedere perché, ma seguilo soltanto. 
Non domandare del futuro 
e non stare a ricordare il passato, 
ma vivi solo il tuo presente 
per il tempo che ti è stato assegnato, 
serenamente e felicemente, 
con il tuo grande amore.


Lascia che sia di Vito Coviello 

Lascia che sia,
non rincorrere il tuo tempo 
ma lascia che sia 
e seguilo soltanto, 
lascia che sia.

venerdì 1 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Gilles di Paola Tassinari 

“Gilles” è il titolo di questa opera del 2008, acrilico su tela, dimensioni 100X100 cm. Gilles è il pagliaccio, non certo stereotipato, è ognuno di noi che vive con la propria maschera, ha paura di toglierla, quindi piange per la sua codardia, perché sa che così non vivrà la sua vita, ma quella che vogliono gli altri per lui. Avevo ricevuto una commissione per la realizzazione di un ritratto di un pagliaccio, quello “classico”, col volto imbiancato, sorridente e con, sul cucuzzolo del naso, una specie di pomodoro Pachino, naturalmente rifiutai, ma le insistenze furono talmente tante che alla fine giunsi a un compromesso, avrei dipinto un pagliaccio (uno dei temi che non mi piace in 102 assoluto) ma a modo mio, il risultato alla fine non piacque al committente, non piacque a nessuno, neanche a mia madre e il quadro lo appesi a casa mia, dopo qualche anno, lo volevano tutti, mia madre, gli amici e gli ospiti che arrivavano a farmi visita, persino il mio medico, offrendomi buone cifre, ma a quel punto mi ero affezionata a Gilles e nonostante le insistenze è ancora sulla parete del salotto di casa mia. Il dipinto ha uno sfondo informale lavorato con gesti veloci in tonalità di rosso scuro. Il simbolo del colore rosso, come tutti i simboli, ha valenze sia positive che negative, qui essendo scuro, mescolato col nero esprime il lato oscuro, il pericolo per chi tenta di conoscere il futuro, perché in questo caso il pagliaccio/Gilles che occupa quasi tutto lo spazio della tela, appare come una profetessa o come una 103 Cassandra. Gilles, infatti, è un volto di donna, imbiancato e solcato da segni scuri, gli occhi cupi con lacrime di sangue di colore nero, questo colore rappresenta la negazione, la capitolazione e la resa, Cassandra piange e soffre perché non è ascoltata nelle sue profezie. A che serve la profezia se non è ascoltata? Ecco allora che Gilles/Cassandra ha i capelli di paglia giallo/verde, l’allegria del giallo si sporca, diviene disagio e acredine, Gilles/Cassandra si interroga… perché devo scrutare il futuro, con grave pericolo per la mia salute mentale e spirituale e poi non mi ascoltano, ma mi dicono che sono pazza? Cassandra nella mitologia greca, è figlia del re di Troia, Omero la chiama “la più bella tra le figlie di Priamo e di Ecuba”, fu sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della 104 preveggenza, prevedeva terribili sventure ed era pertanto invisa a molti; predisse la guerra di Troia, mise in guardia i Troiani sul Cavallo di legno (ideato da Ulisse), ma non fu ascoltata, la sua ultima profezia riguardò la sua stessa sorte, quando, catturata come schiava di guerra dal re di Micene Agamennone, predisse la morte di lui e la propria per mano di Clitennestra, quest’ultima era la moglie di Agamennone che si vendicò in quanto non riuscì mai a perdonare al marito la morte di Ifigenia, la loro figlia sacrificata per volere di Artemide, affinché i Greci potessero salpare per Troia. Gilles/Cassandra sorregge il volto con due mani piegate formando la lettera “M” che riporta a Maria, alla Madonna, infatti, si intravede anche un po’ blu, colore che oltre a Maria evoca l’esperienza del bello, la 105 meditazione, la quiete, la moderazione e il controllo. Gilles/Cassandra scruta il futuro non come una cartomante, ma per ascoltare il divino e aiutare l’umanità. Perché la mia opera è intitolata Gilles, se alla fine risulta essere una Cassandra? Antoine Watteau Valenciennes (1684-1721) è stato un pittore francese rococò. Il Rococò è un nuovo stile nato in Francia alla fine del Seicento e diffusosi poi in tutta Europa. Si affermò sotto Luigi XV e si sviluppò sino alla metà del XVIII secolo quando subentrò il Neoclassicismo. Questo stile interessò anche la musica e la pittura, ma si realizzò soprattutto nell’architettura degli interni e nelle arti applicate cioè arazzi, mobili, porcellane, stucchi, destinati a ornare i salotti aristocratici. È un’arte che proviene dal Barocco, ma molto più leggera, con forme 106 curve e sinuose, con soggetti, graziosi ed eleganti, stile che non amo particolarmente ma Watteau è diverso, dipinge rococò perché quella è la società di allora ma ne è disturbato, non la avvalla. Watteau nel 1718/19 dipinge “Gilles” (conosciuto anche come Pierrot detto Gilles) custodito al museo del Louvre di Parigi, questo Gilles/Pierrot è raffigurato da Watteau grande, grosso e infiocchettato, ma dal volto fortemente malinconico, con uno sguardo triste e perso come se dicesse… sono qua cosa devo fare? Quello di Watteau è un mondo artefatto, gli anni in cui visse sono un po’ come i nostri anni odierni, in cui tutto è falsità, tutto è teatro, dove noi siamo marionette, coi fili esterni mossi dalle mode volute dal mercato, ma anche tenuti prigionieri da misteriosi e inflessibili legacci interni. Sotto l’apparente 107 frivolezza di Watteau si cela un sentimento di malinconia che riflette la consapevolezza della fugacità dei piaceri terreni. Questa intensità poetica pervade le sue opere di un vago senso di finito ed infinito. Watteau era noto per il suo temperamento irritabile e irrequieto. Morì prematuramente di tubercolosi; si è ipotizzato che l’umore malinconico dei suoi quadri fosse connesso all’ossessivo pensiero della morte. Egli usava materiale scadente, di poco conto, perciò molte sue opere sono in condizioni precarie, in lui c’era già quel raccogliere il gettato, il riutilizzare lo scarto che può far pensare ad una stessa matrice insita anche nell’Arte Povera, movimento artistico italiano degli anni Sessanta in cui serpeggia la stanchezza della stanchezza morale, da me molto amato. Ho scritto un romanzo ispirato a questo dipinto 108 il cui titolo è “I viaggi di Gilles”, un racconto dove antico e moderno si incontrano, è la storia della ricerca del Graal in terra di Romagna… un nuovo ritorno al Divino.
 

martedì 20 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello


 Due diverse farfalle… (Fotografie di Annamaria Antonelli)

Come farfalla di Vito Coviello 

Come farfalla vorresti volar via 

dalla solitudine della tua prigione ma, 

fra te e il cielo, c’è un muro invisibile, 

un vetro sul quale continui ad impattare

 i tuoi ricordi ma, aspetta, 

arriverà chi aprirà quella finestra 

e volerà insieme, felice, incurante della gente. 


E’ bello con te di Vito Coviello 

E’ bello con te fare un tratto di quel sentiero 

impervio, pieno di ciottoli 

appuntiti che è la vita. 

E’ bello con te attraversare quel sentiero

 dell’anima che porta al cuore. 

Il nostro amore.


Il ponte tibetano sul torrente Gravina che collega il Sasso Caveoso al Belvedere della Murgia materna. (Fotografia di Annamaria Antonelli)

sabato 10 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


Ginestre di Paola Tassinari 

“Ginestre” è il titolo di questo acrilico su tela, dimensioni 60X50 cm del 2005. In questi anni continuo a dipingere con una sintesi di stili diversi: Surrealismo/Informale/Simbolismo, se dei primi due movimenti ho già scritto, del Simbolismo non ho ancora detto nulla. Il Simbolismo è un movimento artistico e culturale che si sviluppa in Francia nella seconda metà dell’Ottocento coinvolgendo arti figurative, poesia e musica, nasce in contrapposizione al Realismo, con l’obiettivo di penetrare al di là delle apparenze dell’evidente. Per i simbolisti la realtà non sta in ciò che si vede con gli occhi, ma in ciò che si percepisce con l’anima, in questo sono 94 quindi affini al Surrealismo come lo sono per i temi legati alla religione, al sogno, al non visibile, concetti ormai cancellati e sepolti dalla ragione che impone l’oggettività della scienza, anche se ultimamente il “dio” della scienza sembra essere messo in discussione. Il Simbolismo è simile all’Informale, nonostante la non figurazione di quest’ultimo, per il fatto che entrambi si affidano al caso, entrambi sono pessimisti ma, mentre il Simbolismo si volta indietro verso un’ipotetica età dell’oro, l’Informale azzera tutto, ma da questo zero si potrà ben ricominciare, arrivati al fondo si potrà ben risalire e a cosa aggrapparsi se non alla tradizione? Il legame tra la letteratura e le opere d’arte simboliste è molto stretto, saranno, infatti le emozioni evocate dai racconti di Edgar Allan Poe o dalle poesie dei “poeti maledetti” Baudelaire, 95 Rimbaud, Verlaine e Mallarmé a fornire spunto di ispirazione per le opere dei pittori del Simbolismo. In Italia, gli echi del Simbolismo arrivano con qualche decennio di ritardo, accolti principalmente da tre autori molto diversi tra loro: Giovanni Pascoli (1855-1912), Gabriele D’Annunzio (1863- 1938) e Dino Campana (1885-1932) ed è proprio attraverso la poesia del Pascoli che riesco a mitigare il forte pessimismo leopardiano. Perché questa mia opera, è ispirata a una poesia di Giacomo Leopardi ed è soffusa di intenso blu, come un grande mare dove nuotare sereni, con qualche sprazzo di denso marrone, che vuol dare la contrastante durezza della terra, che quando la stringi nel pugno ti scivola via tra le dita, lasciandoti le mani sporche, in questo contrasto tra il divino del cielo e la sostanza 96 selvaggia della terra, appare un’onda inarrestabile di giallo pieno di sole, di caldo e di vivacità: sono le ginestre e sono il mio ricordo dell’impatto visivo dal finestrino dell’auto, vagando sull’Appennino romagnolo, in giugno, quando le nuvole gialle delle ginestre accecano, allora il ricordo va al Leopardi, che pessimista come pochi trova ristoro nel fiore e lo paragona all’uomo. Leopardi si rivolge con rispetto e ammirazione alla gentile ginestra, che consapevole di non essere immortale, accetta e vive comunque piena di bellezza e di profumo intenso nei deserti e nelle asperità sassose. In questa mia opera il blu simboleggia il divino, la nostra probabile (o improbabile) immortalità, il giallo è la vita, il bruno rossiccio è la terra… Dio per fare l’uomo lo impastò con la terra. 

Qui su l’arida schiena 

del formidabil monte

 sterminator Vesevo, 

la qual null’altro allegra arbor né fiore, 

tuoi cespi solitari intorno spargi,

 odorata ginestra, 

contenta dei deserti (La ginestra-Giacomo Leopardi- vv. 111-135)

giovedì 1 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello


 “Una rosa rossa” (Fotografia di Annamaria Antonelli)

Ti regalerò una rosa di Vito Coviello 

Ti regalerò una rosa 

per dirti che ti amo ancora

 come il primo giorno, 

quando te le portavo a scuola ogni mattino 

rubandole in un giardino sotto casa. 

Ti regalerò una rosa 

per dirti grazie per l’amore che mi hai dato

 e ancora mi dai,

 per quello che sono e, nonostante, 

quello che sono. 

Ti regalerò una rosa 

ma, questa volta, vi toglierò tutte le spine 

perché la vita non abbia più a ferirti. 

Ti regalerò una rosa in ginocchio 

per dichiararti, ancora una volta, 

il mio amore per te.

“Una viola di campo” (Fotografia di Annamaria Antonelli)

Viola di campo di Vito Coviello

Viola di campo, fiore profumato, 

tu aspetti ancor colui che non ritorna.

Viola di campo, fiore più bello del prato, 

il sogno più bello è quello 

che ancor non hai sognato. 

Viola di campo, fiore vellutato, 

l’amor più bello è quello 

che ancor non hai amato. 

Viola di campo, fiore dall’amor colorato,  

sarà chi dall’aria, 

ascolta i suoi sospiri e gioirà del tuo profumo 

che coglierà il tuo fiore e ti darà amore 

e sarete innamorati e felici 

ed insieme per sempre.


(Collage fotografico di Annamaria Antonelli)

Il cielo e il mare di Annamaria Antonelli 
Seduti in riva al mare 
lasciamo andare i pensieri, 
basta sdraiarsi sulla sabbia 
e quei pensieri prendono il volo! 
Il mare calma la mente, 
il cielo la libera. 
Il mare, in qualche modo, ha un inizio: 
“la spiaggia” e a piccole o grandi distanze 
troverà un’altra “terra”. 
Il cielo è immenso, senza confini. 
C’è chi si sente a suo agio nell’acqua ma, 
per respirare deve sempre tornare in superficie. 
Se ci pensate, tutto è rivolto verso l’alto, 
verso il cielo, 
per me rappresenta la LIBERTA’, 
forse è per questo che si desidera VOLARE. 
Sulla Terra o vicino al Mare c’è la Realtà, 
nel Cielo ci sono i Sogni.


sabato 20 gennaio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello



Pratoline di Paola Tassinari 

“Pratoline” è il titolo di questo acrilico su tela, dimensioni 80X50 cm, del 2003 e vuole rappresentare ciò che rimane nella mente di una giornata di marzo, ventosa e fredda, quando è ancora inverno ma spira lo Zefiro il vento ponentino, che riporta alla vita e muove le incredibili nuvole di pratoline sussurrandoci che sta per arrivare la primavera, annunciando lo spuntare delle gemme, promettendo anche a noi una rinascita, basta volerlo, ma volerlo davvero ascoltando la voce del vento… “Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il 82 terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna”. (1Re 19,9.11-16) La tela è soffusa di varie tonalità di verde, da quello scuro e fresco come l’odore della menta, a quello chiaro e tenero come i fili d’erba a quello giallastro un po’ sbiadito, un po’ titubante ma anche allegro e fiducioso. Il gesto è veloce, l’impasto dei colori è grossolano ed inciso da segni scattanti, in verticale e in diagonale volendo dare l’idea del vento che soffia. In questo sfondo di erbe e di vento galleggiano nuvole informi di pratoline, come secchiate di bianco, certo un ricordo di un pittore che ho molto amato: William Turner (Londra 1775/1851). All’inizio della sua carriera artistica Turner 83 divenne famoso per i suoi acquerelli, che lo accompagnarono per tutta la sua vita. Era particolarmente bravo nella scelta dei colori che evocavano le diverse atmosfere di un paesaggio, nessuno come lui riusciva a rappresentare le forze della natura, tempeste, alluvioni o piogge torrenziali, a volte per raffigurarle si faceva legare all’albero maestro dei velieri e rimaneva sulla tolda incurante della tormenta. Era molto stimato dai colleghi, ma fu criticato e accusato di tirare il bianco a secchiate sui suoi lavori. Turner è considerato facente parte del Romanticismo, movimento da me molto amato in ambito letterario e musicale meno nell’arte visiva, lo considero un precursore dei tempi, antesignano dell’Informale. L’arte informale è una corrente artistico-pittorica della fine degli anni Quaranta, nata a 84 seguito delle enormi devastazioni e sofferenze portate dalla seconda guerra mondiale, quando ormai nemmeno gli artisti hanno più certezze e rifiutano la forma e qualsiasi messaggio, limitandosi a intervenire sulla materia, il colore non è più importante, mentre basilare è capire come stendere il colore. Amo tantissimo quest’arte informale, ma non riesco a farla mia completamente perché la speranza e il messaggio non sono morti dentro di me e qualcosa dalla massa informale sbuca dal mio dipinto: fra le nuvole bianche delle pratoline e quelle verdi delle erbe, appaiono nettamente disegnate alcune forme delicate dei piccoli fiori di campo… le pratoline. Questo piccolo fiore spontaneo il cui nome scientifico è Bellis Perennis, letteralmente significa “guerra perenne”, è un po’ il simbolo della vita sempre 85 piena di inciampi o problemi ma la pratolina, le guerre le supera, infatti è spesso calpestata ma si rialza sempre, malgrado le avversità si tira su e dopo il passo devastante delle noncuranti scarpe è là in piedi con le sue corolle per essere sfogliata nel m’ama o non m’ama, o per formare una coroncina per piccole principesse e all’imbrunire richiude umile i suoi petali a ricordo dell’emozione provata dal tocco della veste della Madonna, mentre fuggiva dall’Egitto, così racconta la leggenda.

mercoledì 10 gennaio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 

(Fotografia di Annamaria Antonelli) Il palco per il concerto a “La Cava del Sole” a Matera, un teatro all’aperto realizzato per eventi teatrali e musicali. Ha un’ottima acustica. Ho immaginato Vito e sua moglie Bruna al concerto dei Pooh… Un sogno realizzato!)

Caro Amore di Vito Coviello

Caro amore, 

vorrei portarti a quel concerto dei Pooh

 che ci siamo persi anni fa 

perché i biglietti erano troppo cari. 

Dolce tesoro mio, 

vorrei portarti a fare un viaggio in moto 

con quella bella moto tutta cromata che tanto

mi piaceva e che non ho mai comprato.  

Anima mia, 

vorrei portarti in crociera intorno al mondo, 

a visitare tutti quei posti 

che sognavi di poter vedere. 

Cuore della mia vita, 

vorrei portarti a Venezia 

per poterti sposare mille e una volta ancora. 

Angelo mio, 

ti porterò in cielo con me 

a cavalcare gli arcobaleni, 

ti porterò a fare merenda nel cielo azzurro, 

usando come tovaglia imbandita 

la nuvola più bianca 

e poi ti porterei a ballare 

tra le stelle nel cielo infinito. 

Ma ora stai qui con me, non mi lasciare, 

dammi la mano, 

mentre un lungo sonno mi sta portando via.


“Un cuore nella neve” (Fotografia di Annamaria Antonelli)


Dedicata a te di Vito Coviello 

Scriverò nel vento la mia poesia 

dedicata a te 

perché Zefiro te la sussurri dolcemente. 


La scriverò sulle onde del mare in primavera 

perché i suoi versi accarezzino il tuo corpo 

di bellissima sirena. 


La scriverò sui raggi del sole di estate 

perché le sue parole possano coprire 

di caldi baci la tua pelle abbronzata. 


La scriverò sulle ali di una rondine 

in autunno perché tu possa volare 

sempre alto nel cielo azzurro e poi tornare da me. 


 La scriverò d’inverno su un manto di neve, 

candido e puro come il mio amore per te.


(Mosaico fotografico floreale con foto, di Annamaria Antonelli)

lunedì 1 gennaio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


Omaggio a Frida Kahlo di Paola Tassinari 
Questo dipinto si intitola “Omaggio a Frida Kahlo” è un acrilico su cartoncino, misura 50x70 cm, è stato eseguito nel 1999. Testimonia il mio passaggio dall’Espressionismo al Surrealismo. Il Surrealismo nasce ufficialmente nel 1924, quando il poeta André Breton, influenzato da Sigmund Freud dal suo libro “L’interpretazione dei Sogni”, scrisse il primo manifesto del movimento, che coinvolse come gli altri gruppi delle avanguardie del Novecento tutte le arti, emergendo anche in letteratura e nel cinema. Il Surrealismo è nato come evoluzione del Dadaismo, altro noto gruppo artistico del Novecento da me molto amato, posso dire tranquillamente che l’Espressionismo e il 69 seguente Dadaismo mi hanno trasportato verso il Surrealismo. Tra i pittori surrealisti il più noto è sicuramente Salvador Dalì. Frida Kahlo (1907-1954) è considerata una delle più importanti pittrici messicane, molti la annoverano tra gli artisti legati al movimento surrealista, ma lei non confermerà mai l’adesione a tale corrente. Ebbe una vita triste e dolorosa, con problemi sin da piccola, era infatti affetta da spina bifida, che i suoi genitori e i medici attorno a lei scambiano per poliomielite, così non la curano in modo adeguato. Successivamente un fatto gravissimo, appena diciannovenne, viene coinvolta in un terribile incidente che le causa la frattura multipla della spina dorsale, di parecchie vertebre e del bacino. Rischia di morire e si salva solo sottoponendosi a 32 interventi chirurgici che 70 la costringono a letto per mesi, i genitori le regalano colori e pennelli per aiutarla a passare le lunghe giornate. Causa i postumi di questo incidente non riuscirà, con suo sommo dolore, mai, ad avere figli. Quando rimase incinta del primo figlio, Frida fece di tutto per portare avanti la gravidanza, si arrese quando i medici le dissero che oltre alla sua vita avrebbe perso anche il bambino. Frida fu una fervente comunista, immaginava… “Marx come il salvatore che libererà il mondo dal dolore e dalla sofferenza, i malati miracolosamente sanati”. In questo ambiente rivoluzionario incontrò il celebre pittore Diego Rivera… “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita, il primo è stato quando un tram mi ha investita, il secondo è stato Diego”. Rivera le causò molte pene e se ci furono gioie Frida le pagò assai care. Lui 71 era il genio e il maestro di casa, l'artista dei murales, era più vecchio di lei di venti anni, brutto come la paura e la tradiva continuamente, anche con la sorella di Frida ebbe una storia. Rivera era un narcisista sfegatato, di quelli che cercano sempre una conferma del loro fascino calpestando tutti senza accorgersene, poi tornava come un agnellino piangente da Frida, perché un narcisista non lascia mai la sua preda e lei non sapeva portare rancore, perdonava sempre. Frida ha avuto molti amanti (uomini e donne), tra cui il rivoluzionario russo Lev Trotsky e il poeta André Breton, può darsi, ciò nontoglie che lei non era contenta di questo. Diego Rivera era un comunista attivo, che dipingeva murales dedicati al sol dell'avvenire proletario, mentre per ciò che era Frida parlano le sue opere che ci 72 appaiono “doppie”. Da una parte, infatti, le opere coi suoi interventi chirurgici e i numerosi autoritratti, dove non è mai sorridente, addirittura in uno, si raffigura con le spine al collo e un colibrì nero come ciondolo, nella cultura tradizionale messicana questi volatili dalle penne colorate erano utilizzati come amuleti per favorire la vita amorosa ma, in questo caso è nero e con le ali aperte a forma di croce. Frida lo trasforma in un simbolo del suo matrimonio fallito. “Le due Frida”, è un suo dipinto del 1939, lo stesso anno in cui la Kahlo divorziò da Diego Rivera, causa la relazione con sua sorella, anche se lo risposò l'anno seguente. Rappresenta una Frida in abito messicano, con il cuore integro che pompa sangue a un ritratto di Rivera, l’altra Frida col cuore mancante di un pezzo, cioè senza più Diego, 73 indossa un bel vestito classico, bianco coi pizzi, pare una regina pura e leggera, dal suo cuore è stato reciso il ritratto di Diego con un paio di forbici, solo qualche macchia di sangue sporca il bianco del tessuto, sembra che le sia stato facile liberarsi del marito. Allora perché lo risposa? Frida ci appare come una donna che ama troppo. Dall'altra parte, ci sono le opere di Frida piene di vita e gioiose, sono i dipinti con fiori e frutti meravigliosi soffusi da animo religioso. Si diceva atea, ma pregava prima di ogni intervento chirurgico e una specie di preghiera, un omaggio al divino sono i suoi quadri che raffigurano la bellezza della natura, che denotano una religione antica, quella del dolore unito alla bellezza. Nel mio dipinto “Omaggio a Frida Kahlo” raffiguro due Frida, una addolorata e disperata e una 74 piena di fede seppur dubbiosa. Ambedue vestite di rosso acceso, quindi col sapore fresco delle fragole o delle ciliegie, ambedue con gli occhi e i capelli neri e vellutati e spinosi come il sapore delle more di rovo, la prima Frida ha una collana al collo che come ciondolo ha un piccolo teschio, vuole rappresentare gli aborti spontanei, ma anche suo marito Diego, in fondo l’unico bambino che lei abbia mai avuto. Lo sfondo del dipinto è di colore verde, volendo esprimere il colore dell’erba e della speranza.