lunedì 20 dicembre 2021

Vacanze romane 134°

 



Betty la mattina del matrimonio si alzò molto presto, erano circa le quattro del mattino e si sentiva vispa come un fringuello nonostante che la sera prima avesse fatto circa le due di notte passeggiando fra il caos del Lungotevere. Betty si alzò e diede una mancia all’impiegato della reception che le aveva offerto un caffè e si mise a quell’ora mattutina in giro per l’Aventino, decise di scendere per arrivare sino alla Bocca della verità, cosa che non le riuscì perché successe una specie di fattaccio. La luce mattutina di Roma era incantevole, tanto quanto i suoi tramonti, Roma era bella niente da ridire, anche a Betty sarebbe piaciuto vivervi e capiva i politici che una volta arrivati qui non volevano più lasciare la poltrona ma anche Roma era “inlasciabile” secondo Betty. Intanto Betty scendeva l’Aventino fra una profusione di rose. Il Roseto comunale di Roma, è unico al mondo per la sua spettacolare posizione, si adagia sulle pendici dell’Aventino, di fronte ai resti del Palatino e al Circo Massimo, una delle parti più antiche di Roma, un museo a cielo aperto. La leggenda vuole che Roma ebbe le sue origini sul Palatino e scavi recenti hanno mostrato che delle popolazioni vi abitavano già nel 1000 a.C. circa.  Betty scendeva l’Aventino estasiata.

immagine: Roseto comunale dell'Aventino



venerdì 10 dicembre 2021

Vacanze romane 133°

 


La grattachecca è una bibita rinfrescante a base di ghiaccio, non è una granita, non è un ghiacciolo e la si trova solo in certi chioschetti a Roma, il nome di grattachecca deriva da… grattare il ghiaccio. Betty sapeva che a Roma esisteva la grattachecca ma aveva sempre pensato che fosse il nome di un chiosco e non che fosse la specialità in sé, Betty mentre si trovava sul lungotevere, vicino all’isola Tiberina credeva che quello fosse l’unico chiosco che si chiamava grattachecca, invece sono diversi i chioschi storici di Roma che risalgono addirittura a un secolo fa. La grattachecca deve il suo nome al verbo “grattare” e a “checca”, termine che in romanesco è il blocco di ghiaccio che si utilizzava quando ancora non esistevano i frigoriferi. Si gratta il ghiaccio con un raschietto in ferro. Le scaglie di ghiaccio che si ottengono vanno a riempire il bicchiere poi si aggiunge sciroppo o spremuta di frutta a scelta e voilà la bibita prima si mangia col cucchiaio e poi si succhia con la cannuccia. La grattachecca è una bevanda “da strada” nata agli inizi del Novecento nei chioschetti nei quartieri di Trastevere fatte tutt’oggi rigorosamente a mano. Una tradizione che si tramanda di generazione in generazione e che ha tutto il sapore di Trastevere dove tutto pare argento vivo.

mercoledì 1 dicembre 2021

Vacanze romane 132°

 


L’hotel si trovava a poche centinaia di metri dalla Chiesa di Santa Sabina dove si sarebbe celebrato il matrimonio. Dopo una doccia veloce si andò a cena in un bel posto dove si mangiò assai bene, l’unica cosa che ricordava Betty era che il maitre di sala l’aveva avvicinata per complimentarsi del suo grazioso portacenere portatile, poi Betty fu trascinata da un’insolita verve del marito verso la movida del Lungotevere. Nel periodo giugno-agosto il Lungotevere ospita eventi gratuiti per rallegrare e colorare l’estate romana. Dalle ore 18.00 in poi le sponde del Tevere, scendendo lungo i 2 km di banchina del fiume tra ponte Sisto e ponte Palatino, si trasformano in un casino allegro e pazzesco, a Betty sembrava di stare a  Rimini, con stand in cui si vende di tutto, locali su barche e barchette, ristoranti e fast food sull’acqua, danze, musica, moltitudini di persone, caos, ressa e rumori di ogni genere, spettacoli di cabaret, danze, musiche, mostre, e il tutto col Tevere che si ingrossa e poi ha ripide e cascatelle, si respira aria movimentata che non ha niente a che fare con le abitudini della mortifera Ravenna. Il giro continuò sino all’isola   Tiberina che sconvolse Betty perché non capiva più in quale riva si trovasse, non capiva avendo perso l’orientamento, ciò non la fermò dal cercare qualcosa da bere visto che era una nottata caldissima e così in un chioschetto prese una grattachecca.


immagine: Lungotevere di Trastevere

sabato 20 novembre 2021

Vacanze romane 131°

 


Piazza della Bocca della Verità, è proprio davanti all'Isola Tiberina e prende il nome proprio dal mascherone/tombino chiamato Bocca della verità, sorge sull’antico foro boario romano. Oltre alla chiesa risalente al tardo medioevo di S. Maria in Cosmedin su cui è installato il mascherone, nella piazza sorgono due antichi templi sopravvissuti alle demolizioni del 1924-1925. Il primo, di forma rettangolare, è il tempio di Portuno, conosciuto come tempio della Fortuna virile. Risalente nel suo aspetto attuale al II-I secolo a.C., nell’872 divenne chiesa, poi consacrata a Santa Maria Egiziaca e concessa alla comunità armena. Il secondo tempio è chiamato di Ercole Vincitore, divinità già presente nel Foro boario in quanto protettore dei commercianti, è il più antico tempio ancora esistente in città. identificato in modo errato con il tempio di Vesta per via della sua forma circolare. Nella piazza vi sono altri monumenti interessanti tra cui due archi e una bella fontana che risale ai primi anni del Settecento ed è alimentata da un ramo dell’Acqua Felice, -quest’Acqua Felice come sarebbe bello poterne bere un bicchiere e sentirsi a posto, gioiosi e contenti- si disse Betty, lanciando dal taxi un’ultima occhiata alla fontana che si ispira a quella del Tritone di Gian Lorenzo Bernini in Piazza Barberini e alla piazza così antica che appare come un miraggio in mezzo al traffico automobilistico assai caotico.

immagine: Tempio di Portuno e Tempio di Ercole Vincitore

mercoledì 10 novembre 2021

Vacanze romane 130°


 

Numerose sono le leggende legate alla Bocca della Verità. Nel medioevo si fa strada la leggenda che Virgilio fece costruire la Bocca della Verità per verificare la fedeltà tra mariti e mogli. Una storia narra di una giovane e bella moglie di un patrizio romano, accusata di adulterio. Il marito, nonostante lei giurasse che non era vero la obbligò alla “prova” della Bocca della verità. Poco prima di infilare tutta tremante la mano dentro l’antro della Bocca, un giovane, all’apparenza sconosciuto, si avvicinò a lei e la baciò. I presenti lo considerarono un povero mentecatto e lo lasciarono andare. Quando la fanciulla pose finalmente la mano all’interno della Bocca disse di non aver mai baciato nessuno all’infuori di suo marito e di quel povero pazzo di poco prima e ritirò la mano intatta. In realtà la donna aveva detto la verità, ma sotto, sotto, c’era un abile sotterfugio, il pazzo del bacio altri non era che il suo amante. Per questa furberia si dice che da allora la   Bocca della verità, offesa non volle più punire chi non diceva la verità.

immagine: Piazza Bocca della verità

lunedì 1 novembre 2021

Vacanze romane 129°

 


La Bocca della verità è un mascherone assai imponente: 1,80 metri di diametro per un peso di oltre 1.300 Kg. Sta murato nella parete della chiesa di S. Maria in Cosmedin dal 1632. Questo grande volto maschile coi capelli e la barba come serpi e gli occhi il naso e bocca forati, attira frotte di turisti, fu il film “Vacanze romane” a renderlo immortale nel 1953: una sequenza del film con i due indimenticabili protagonisti Audrey Hepburn e Gregory Peck dove quest’ultimo inserisce la mano dentro la bocca del mascherone poi la tira fuori monca, avendo nascosto la mano nella manica della giacca, con la Hepburn spaventata e poi ridente quando Gregory svela il trucco. Ma perché questo affascinante manufatto ha gli occhi il naso e bocca forati? Perché era un tombino, questo dimostra che i romani erano sì un popolo pragmatico di ponti, di strade, di acquedotti e di cloache ma anche di senso estetico: i tombini di oggi dono grate assai poco decorativi. Già con Tarquinio il superbo si edificò la Cloaca massima in cui defluivano le acque piovane e quelle dei bagni pubblici e privati.


immagine:Audrey Hepburn e Gregory Peck alla Bocca della verità

mercoledì 20 ottobre 2021

Vacanze romane 128°


 

Il terzo viaggio a Roma che anno era? Boh forse il 2006, si partì il treno in un pomeriggio molto caldo, alle 18 in punto si era a Roma un taxi portò Betty e il marito in un delizioso albergo sul colle Aventino, dal finestrino dell’auto Betty vide un mascherone di marmo che attirò la sua curiosità, era la “Bocca della verità” e Betty riandò a tanti anni prima, quando giovane e coraggiosa, sognava leggendo i fotoromanzi Lancio, era stato proprio in una storia di un fotoromanzo interpretato dall’affascinante e sfortunato Franco Gasparri, il re del fotoromanzo: un incidente in moto lo condannò alla sedia a rotelle a 32 anni e la vita se lo è portato via a 51, che Betty vide la Bocca della verità: si doveva mettere la mano dentro la bocca del mascherone e dire “Ti amo” alla tua ragazza/ragazzo se non era vero la maschera si sarebbe ‘mangiata’ la mano, Betty ci credeva, al tempo era poco più che quindicenne e credeva a tutto quello che le dicevano.

immagine: Bocca della verità, Roma

domenica 10 ottobre 2021

Vacanze romane 127°

 


Questo descritto sino ad ora su Santa Maria degli Angeli, era ciò che Betty sottolineò sulla guida, ciò che la interessava, ciò che le era rimasto impresso nel recente ricordo, dei dipinti, cappelle e monumenti funebri ciò che si appuntò con interesse fu la presenza del Monumento a Salvator Rosa, costruito nel 1673 dal figlio il monumento raffigura il pittore che fuoriesce dal sarcofago sorretto da un basamento sul quale sono collocati due putti che simboleggiano la pittura e la poesia, costruiti da Bernardino Fioriti. Betty non ricordava di averlo visto, si mise un indice sul labbro inferiore e meditò sulla Basilica, al culto degli angeli, alla Meridiana e da ultimo Salvator Rosa. Betty allora non lo sapeva ma erano elementi che sarebbero entrati prepotentemente nella sua vita, nei suoi undici anni di pazzia. Ma questo Betty non lo sa, mentre prende il cellulare e digita su Google… Salvator Rosa. Betty non ebbe tempo di guardare le notizie su Salvator Rosa, il treno si era appena fermato alla stazione di Forlì, era arrivata a casa, nella soporifera Ravenna, mise il telefonino in borsa e scese dal treno, in fin dei conti si era stancata di tutti quegli argomenti che ora le parevano pure noiosi. Il secondo viaggio a Roma era finito, il terzo sarebbe stato da lì ad un anno: il viaggio del matrimonio.


immagine:  S.Maria degli Angeli Tomba di Salvator Rosa 

venerdì 1 ottobre 2021

Vacanze romane 126°

 


Nel transetto destro di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma, incastonata nella splendida pavimentazione in marmi policromi della basilica, si estende una linea meridiana di 44,89 metri facente parte di un grande orologio solare, tra i più pregevoli della Capitale, inaugurato il 6 ottobre 1702 e tuttora funzionante. Sul pavimento, costruito da Giuseppe Barberi, si può notare, sul braccio destro del transetto, la meridiana ideata da papa Clemente XI che la commissionò a Francesco Bianchini per il Giubileo del 1700; per la costruzione, Bianchini chiese l'affiancamento degli astronomi Giacomo Filippo Maraldi e Gian Domenico Cassini, quest’ultimo autore della meridiana di San Petronio a Bologna. Tutto intorno alla meridiana vi sono dei riquadri che rappresentano le costellazioni. Una lapide recente afferma che fu usata come orologio solare fino al 1846 quando fu sostituita dal cannone del Gianicolo. Lo scopo dell’installazione (oltre che di far concorrenza all’analogo oggetto allora esistente in San Petronio di Bologna) era di verificare dimostrativamente la correttezza del Calendario Gregoriano e di determinare la data della Pasqua nel modo più coerente possibile con i moti del Sole e della Luna. Funge da gnomone il foro attraverso il quale la luce del Sole, al momento del suo passaggio al meridiano locale, cade in un punto variabile e misurato della linea di bronzo lunga circa 45 metri tracciata nel pavimento. L’avvicendarsi delle stagioni è rappresentato dalle figure dei segni zodiacali intarsiate in marmo disposte lungo la linea, che porta ad un capo il segno del Cancro, a rappresentare il solstizio d’estate, e all’altro quello del Capricorno (solstizio d’inverno)


immagine: Meridiana di di Santa Maria degli Angeli

giovedì 23 settembre 2021

Vacanze romane 125°

 




Ora Betty, lasciava da parte le ricerche sugli angeli, le sembrava di aver approfondito abbastanza, così si dedicò alla facciata, al perché ci fossero due porte, un significato doveva esserci

La porta di destra, ha come tema l’Annunciazione, difatti l’anta sinistra raffigura in alto un angelo e ‘'anta destra raffigura, più in basso, la Vergine Maria, uno sfondo raffigura il mondo. Sulla lunetta vi è una schiera di angeli rappresentati con la sola testa bendata ed un corpo di una giovane acefala.

La porta di sinistra rappresenta la Resurrezione: l’anta di sinistra raffigura la crocifissione (una figura umana in cui è incavata profondamente la figura di una croce). Sullo sfondo vi sono una testa bendata ed una palma. Sulla lunetta vi sono delle figure rappresentanti i martiri.

Le lunette vogliono richiamare il nome della basilica con gli angeli ed i martiri. Sul retro delle porte vi sono dei pannelli raffiguranti quattro arcangeli

Quindi si entra con l’Annunciazione e la venuta di Cristo, si esce con la Resurrezione, se il nostro viaggio sarà delimitato dall’abbraccio protettivo della Chiesa.


immagine: Facciata Basilica Santa Maria degli Angeli

mercoledì 15 settembre 2021

Vacanze romane 124°

 

 


“L’arcangelo Geudiele, “lode a Dio”, combatte lo spirito dell’invidia e della gelosia. Lo spirito dell’invidia si diresse contro la prestanza di Maria, perché da lei doveva uscire l’Incarnazione della seconda divina persona. Il diavolo dell’invidia si mise contro il decreto di Dio. In vari esorcismi il secondo demonio in grandezza si è pronunciato come l’antagonista dell’arcangelo Geudiele. Il peccato di invidia è l’essere geloso del bene del prossimo. Un tempo nell’Antico Testamento i suoi fratelli volevano togliere di mezzo Giuseppe per invidia perché era il figlio prediletto di Giacobbe. L’invidia rese ciechi i farisei di fronte alla santità e alla potenza miracolosa del Figlio di Dio. La loro invidia diventò odio contro il Signore e lo condannò a morte. Noi riusciamo a vincere l’invidia con l’amore verso Dio, i suoi comandamenti e il prossimo, con la benevolenza, accettando e riconoscendo il prossimo e anche l’odio e il fanatismo si vince con l’amore verso Dio. Il santo arcangelo Geudiele è la nostra guida e il nostro aiuto. La sua incondizionata accettazione del decreto divino e il suo zelo nell’eseguire i divini comandi sigillò la sua eterna alleanza con Dio. Perciò egli glorifica ed esalta per tutta l’eternità Iddio e incorpora nell’amore la viva lode di Dio. Geudiele è l’Angelo della lode a Dio: nella mano destra ha una corona, simbolo della glorificazione di Dio e della gloria riservata a chi lo cerca con cuore, mentre nella sinistra porta un flagello, come monito ai colpevoli e strumento di correzione per i penitenti. Da qui il suo motto, contenuto nell’epiteto ad egli relativo nel dipinto di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri: Deum laudantibus, praemia retribuo (ricompenso con premi coloro i quali lodano Dio). Tra gli ortodossi sembra essere più diffusa la devozione a questo Arcangelo piuttosto che Barachiele.Viene quasi sempre dipinto con una corona ed una frusta, la prima sta a coronare il successo degli sforzi spirituali degli uomini, la seconda per soggiogare i potenti della terra al servizio di Dio.In alcune rappresentazioni cattoliche viene invece raffigurato con un cuore infuocato che simboleggia il Santo Cuore di Cristo.È generalmente riconosciuto come il protettore dei lavoratori, specialmente quelli che lavorano per la gloria di Dio (altre fonti affermano protegga quelli che operano nei campi della ricerca. (sogninegliocchi.forumfree.it)

 immagine. Arcangelo Geudiele

mercoledì 8 settembre 2021

Vacanze romane 123°

 




L'arcangelo Sealtiele è nemico giurato dell’intemperanza e della smoderatezza, in alcune regioni viene anche chiamato Selaphiel. È l’Arcangelo che protegge dagli istinti delittuosi ed invita all’incessante preghiera (difatti viene quasi sempre rappresentato con un incensiere o con le mani giunte al petto in segno di riverenza). La preghiera è strettamente legata all’atto di chiedere, di domandare, in relazione con la divinità. Tuttavia a volte si prega sperando di piegare la volontà divina alla nostra, questo non è il pregare indicato da Sealtiele; raramente, al contrario, si chiede di ricevere la forza di adeguarci noi alla volontà divina o si prega senza chiedere nulla di particolare, semplicemente appagati di stare misticamente alla presenza di Dio. 

Sealtiele, viene indi invocato da alcuni ortodossi qualora non riescano a concentrarsi durante le preghiere.

Un riferimento a Sealtiele potrebbe trovarsi  nell’Apocalisse (8:3):“E un altro angelo venne e si fermò presso l’altare, avendo un incensiere d’oro; e gli furon dati molti profumi affinchè li unisse alle preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che era davanti al trono.” 

A Sealtiele lui sono riconosciuti i titoli “Petitio Dei”” ( petizione di principio indica delle fallacie, queste sono errori nascosti nel ragionamento che comportano la violazione delle regole di un confronto argomentativo corretto, perciò Sealatiele ci aiuta a non cadere nella fallacia nascosta in falsi profeti/dottrine/preghiere “Oro, supplex, acclinis” ( ovvero inginocchiato e sottomesso, Sealtiele ci induce ad essere umili nella nostra preghiera) (sogninegliocchi.forumfree.it)


immagine: Arcangelo Sealtiele

 

mercoledì 1 settembre 2021

Vacanze romane 112°

 


L'Arcangelo Barachiele viene spesso rappresentato con un mazzo di rose che distribuisce col gesto del grazie. Questo suo gesto viene anche interpretato come il simbolo della protezione dei sacerdoti, i quali “distribuiscono” la fede alle persone tramite le parrocchie, allo stesso tempo viene pregato per avere l’aiuto divino contro l’incostanza. Secondo altre tradizioni sarebbe il protettore del mese di Febbraio e capo degli angeli custodi.

Barachiele è l’angelo del’aiuto e della benedizione divina.

Così come gli altri Arcangeli, è perennemente presente di fronte al trono divino e combatte la superficialità nelle cose di fede, la tiepidezza e l’accidia.

Nel Libro di Enoch è descritto come un principe angelico con un’armata di spiriti celesti al proprio servizio.

Barachiele è quindi l’Arcangelo del grazie, che significa essere grati a Dio, grati di ciò che abbiamo. Di solito corriamo da Dio per delle richieste, per degli aiuti e non lo ringraziamo spesso per le molte cose meravigliose che si trovano nel mondo, quando succede qualcosa che incrina il bello pretendiamo quello che avevamo prima, che non era nostro, non ci era dovuto, quindi un grazie va sempre detto. Tommaso d’Aquino insegna che “La gratitudine si compone di diversi gradi. Il primo consiste nel riconoscere il beneficio ricevuto; il secondo consiste in lodare e render grazie; il terzo consiste in retribuire d’accordo con le possibilità e secondo le circostanze più opportune di tempo e luogo”.

A Barachiele appartiene il titolo “Benedictio Dei” (la benedizione apostolica Urbi et Orbi, la prima benedizione pubblica di un papa subito dopo la propria elezione al soglio pontificio. Viene inoltre impartita dal pontefice nei giorni di Natale e Pasqua. Alla benedizione è annessa l’indulgenza plenaria, la quale comporta la remissione di tutte le pene dovute per i peccati per i fedeli presenti in piazza San Pietro e per coloro che la ricevono tramite i vari mezzi di comunicazione alle condizioni di sincerità e confessione e comunione entro gli otto giorni prima o dopo, e di preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice).(sogninegliocchi.forumfree.it)

 immagine: Arcangelo Barachiele

 

 

lunedì 23 agosto 2021

Vacanze romane 111°

 

 


I sette Principi (così vengono spesso citati nella Bibbia), vennero di fatti ridotti a tre. Degli altri vennero addirittura cancellate molte immagini nei luoghi di culto, in una sorta di iconoclastia mal interpretata. Essa era stata concepita per proteggere l’integrità degli Arcangeli, ma finì per annullare anche alcuni tra i più potenti di loro.

Michele, il cui nome significa “Chi è come Dio?”, il vittorioso comandante delle legioni celesti.

Gabriele, “Dio è Potente”, il messaggero per antonomasia, rappresentato con una torcia e uno specchio.

Raffaele, “Dio guarisce”, che ha con sé unguenti e medicinali.

Uriele, “Dio infiamma”, simile a Michele negli armamenti (porta con sé spada e fiamme).

Barachiele, “Benedizione di Dio”, che distribuisce rose, metafora delle grazie celesti.  

Geudiele, “Lode di Dio”, che ha con sé una corona, ma anche una frusta.

Sealtiele, “Dio comunica”, l’orante divino per eccellenza, raccolto in mistica preghiera.  

Barachiele è l’angelo del’aiuto e della benedizione divina.


immagine: La Trinità coi sette Arcangeli ( seppur 4 un po' defilati)- Antonio Maria Viani

domenica 15 agosto 2021

Vacanze romane 110°


Beda il Venerabile nella sua Storia ecclesiastica degli Angli (Historia ecclesiastica gentis Anglorum), la sua opera più nota, scritta nel 731, monumentale compendio della storia delle isole Britanniche - e non solo in ambito religioso – dall’epoca di Cesare al tempo dell’autore. Nel capitolo dodicesimo del quinto e ultimo libro (traduzione italiana di Giuseppina Simonetti Abbolito, Roma, Città Nuova Editrice, 329-335), infatti, San Beda riferisce, con ricchezza di particolari, un caso di visione dell’altro mondo particolarmente lucida e realistica, narratogli dalla viva voce di un confratello di colui che ne fu protagonista. Ciò che rende questo caso particolarmente impressionante è che il soggetto si trovava in stato di morte apparente, allorché fu colpito dalla visione dell’al di là http://www.accademianuovaitalia.it Betty lesse le parti riguardanti la visione dell’aldilà che partiva da un… che cosa hai fatto nella tua vita che ti sembri sufficiente? Poi il quasi morto vedeva davanti a sé l’inferno dantesco… un lato era terrificante per ribollire di fiamme, l’altro non lo era meno per una furiosa tempesta di grandine e neve, che soffiava con violenza e portava via ogni cosa. L’uno e l’altro erano gremiti di anime, che erano sbattute alternativamente di qua e di là come dalla violenza della tempesta (…) Quando il clamore avvicinandosi mi giunse più chiaro, vedo una schiera di spiriti maligni che trascinava cinque anime di uomini che si lamentavano e piangevano, mentre quelli saltavano e sghignazzavano trascinandoli nelle tenebre. Di questi uomini, per quanto potei scorgere, uno aveva la tonsura come un chierico, uno era un laico una era una donna: trascinandoli, gli spiriti maligni discesero in mezzo al baratro ardente, sì che allontanandosi essi sempre più, io finii per non distinguere con chiarezza il pianto degli uomini e il riso dei demoni, e tuttavia avevo ancora nelle orecchie un clamore confuso. Intanto alcuni spiriti oscuri salirono dall'abisso che vomitava fiamme; accorsero, mi circondarono e mentre fiammeggiavano con gli occhi, sputavano fuoco puzzolente dalla bocca e dalle narici appestandomi (…)Egli subito deviò il cammino verso destra e cominciò a condurmi in direzione del sorgere del sole invernale. Senza indugio mi portò via dalle tenebre e mi condusse dove il cielo era illuminato da una luce serena; e condotto all'aperto, vidi davanti a me un grandissimo muro che sembrava non aver fine né in altezza né in lunghezza. Cominciai perciò a chiedermi meravigliato perché ci avvicinassimo al muro, dato che da nessuna parte si vedeva porta o finestra o scala. Ma quando fummo arrivati al muro, non so come ci trovammo sulla sua sommità. Ed ecco che là c'era un campo larghissimo e bellissimo, pieno di tanta fragranza di fiori sbocciati che la soavità di questo profumo straordinario scacciò via tutto il fetore della tenebrosa fornace, che mi aveva investito (…) Quando tornando indietro arrivammo alle sedi beate degli spiriti biancovestiti, egli mi chiese: - Sai che cos’è tutto ciò che hai visto? - . Io risposi: - No -. E quello disse: - La valle che ai visto, orrida di fiamme ribollenti e freddo raggelante, è il luogo ove debbono essere esaminate  e punite le anime di coloro che, procrastinando la confessione e il pentimento dei peccati, che hanno commesso, si sono ridotti a pentirsi proprio al momento della morte e in questo stato escono dal corpo; costoro tuttavia, poiché almeno al momento della morte si sono confessati e pentiti, tutti nel giorno del giudizio giungeranno al regno dei cieli. Le preghiere dei vivi, le elemosine, i digiuni e specialmente la celebrazione delle messe giovane a che molti siano liberati anche prima del giorno del giudizio (..,) Quanto a te, dato che ora devi tornare di nuovo nel corpo e vivere tra gli uomini, se ti adopererai a sorvegliare le tue azioni con la massima cura e a conservare retto e semplice il tuo modo di agire e di parlare, riceverai anche tu dopo la morte un posto in mezzo a queste schiere felici di spiriti beati, che ora vedi. A Betty pareva di leggere la Divina Commedia, si disse, meglio chiudere qui e tornare agli angeli.  

  

domenica 8 agosto 2021

Vacanze romane 109°

 


Beda il Venerabile (673 circa – 26 maggio 735) è stato un monaco cristiano e storico anglosassone, vissuto nel monastero benedettino di San Pietro e San Paolo a Wearmouth (oggi parte di Sunderland), in Inghilterra, e a Jarrow, in Northumberland; è sepolto nella Cattedrale di Durham. È famoso come studioso e autore di numerose opere, tra le quali la più conosciuta è la Historia ecclesiastica gentis Anglorum (Storia ecclesiastica del popolo degli Inglesi), che gli ha valso il titolo di “Padre della storia inglese”. È stato dichiarato santo e dottore della Chiesa dalla Chiesa cattolica. La memoria liturgica è il 25 maggio (nella forma straordinaria del rito romano è il 27 maggio); nel Rito ambrosiano la memoria liturgica è il 23 maggio. Citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Paradiso, canto X) scrisse su molti altri argomenti, dalla musica alla poesia, ai commentari biblici. Il motto riportato nello stemma di papa Francesco, Miserando atque eligendo, è tratto da un passo delle Omelie di Beda il Venerabile (Wikipedia) Ma c’è di più su Veda… a sette anni, entrò in convento, a diciannove anni diventò diacono e a trenta anni fu fatto sacerdote. Appassionato della Bibbia, al cui studio dedicò praticamente l’intera esistenza, arrivò a scrivere perfino alcuni commenti. Una leggenda racconta come ebbe l’appellativo di Venerabile… un sacerdote, volendo mettere un’iscrizione sulla tomba di San Beda, non trovò parole adatte e lasciò lo spazio vuoto, di notte scese un angelo e scrisse venerabilis… ma c’è di più su Veda

domenica 1 agosto 2021

Vacanze romane 108°

 


Se i quattro nomi di Uriele, Sealtiele; Jehudiele e Barachiele non hanno l’autentica approvazione della Chiesa, come Michele, Gabriele e Raffaele, ciononostante i padri della Chiesa la tengono molto fondata e grande e sono molti gli autori cristiani che li riconoscono, non ultimo il Venerabile Beda che nella Colletta li invoca tutti e sette.

Nei nostri tempi più recenti, lo stesso Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario mariano di Pompei volle che nello stesso Santuario fosse apposto un quadro con San Michele e gli altri sei Spiriti celesti e compose diversi libretti in cui dava il nome di questi sette Spiriti celesti, anche perché il suo padre spirituale, il redentorista Padre Radente aveva una particolare venerazione per i sette arcangeli.

In conclusione, è giusto invocare i sette Spiriti Celesti ma per prudenza ed in ossequio alle direttive del Magistero ufficiale della Chiesa, per quanto riguarda i nomi è opportuno invocare solo i tre biblici di Michele, Gabriele e Raffaele. http://www.iotibenedico.info/2017/04/30/antica-devozione-dei-sette-angeli-davanti-al-trono-dio/   Betty dopo aver letto ciò, doveva fare un intermezzo, entrando in campo il Venerabile Beda, doveva assolutamente ricercare su questo Santo, perché qui entravano in gioco i Druidi, il ciclo di Artù e molto altro.  


immagine: I sette Arcangeli- Massimo Stanzione

venerdì 23 luglio 2021

Vacanze romane 107°

 


Antonino Mongitore che stampò, nel 1726, a Palermo il suo libro: Il Monastero dei sette Angeli, dopo aver fatto la storia delle sette immagini di angeli con i loro nomi, venute in luce a Palermo nel 1516, e della copia di esse, esistente nel quadro che vediamo tuttora nella Cattedrale di Palermo, aggiunge un lungo elenco di località dell’Europa dove si trovano le immagini con i nomi dei sette arcangeli. Nel libro, edito a Bruxelles, di Andrea Serrano, del 1707, intitolato “Los Siete principos” sono raffigurati i sette arcangeli con gli stessi nomi e simboli di quelli ritrovati a Palermo: Michele con una lancia e un vessillo crociato, nelle sinistra una palma e sotto i piedi il dragone vinto; Raffaele con in mano una pisside di aromi medicinali e vicino il piccolo Tobia; Uriele con in mano una spada; Gabriele con uno specchio di diaspro e una lanterna; il quinto angelo chiamato Sealtiele in atto di pregare; il sesto angelo chiamato Jehudiele, con una corona e un flagello; l’ultimo dei sette spiriti chiamato Barachiele con un serto di rose. Sul finire del 1400, il Beato Amodeo de Sylva, un frate portoghese morto in concetto di santità e vissuto a Roma in San Pietro in Montorio, nella sua Apocalittica, nomina gli stessi sette angeli con gli stessi nomi venuti poi in luce a Palermo, i quali afferma essere i più gloriosi dopo Dio e la Vergine Santissima. Verso la fine del 1600, nella Biblioteca apostolica Vaticana venne ritrovato un antichissimo codice ebraico in cui, oltre agli arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele, venivano nominati anche Uriele, Sealtiele, Jehudiele e Barachiele. Il cistercense Giulio Bartolocci, in un suo libro, del 1683 parla di questi nomi con molta circospezione e prudenza. Parlando delle immagini di Palermo e del quadro in Santa Maria degli Angeli a Roma, il Bartolocci afferma che: “Le iscrizioni che sorreggono questi sette angeli specificano il ministero di ciascuno di essi e si può accettare il nome, dall’ebraico, di essi stessi” e cioè quei medesimi nomi ed epiteti che figuravano ai piedi di ognuna delle immagini dei sette angeli venute in luce nel 1516 a Palermo.  

MICHELE: Vittorioso, è nel quadro di Santa Maria degli Angeli: “Paratus ad animas suscipiendas”.

RAFFAELE: Medico, è nel quadro suddetto: “Viator comitor; infirmos medico”.

JEHUDIELE: Remuneratore, è nel quadro suddetto: “Deum laudantibus; praemia retribuo”.

GABRIELE: Nunzio, è nel quadro suddetto: “Spiritus sanctus superveniat in te”.

URIELE: Forte alleato (Luce di Dio), è nel quadro suddetto: “Flammescat igne charitas”.

BARACHIELE: Tutore, è nel quadro suddetto: “Adjutor ne derelinquas nos”.

SEALTIELE: Oratore, è nel quadro suddetto: “Oro, supplex, acclinis”.


immagine: Icona russa dei 7 arcangeli

giovedì 15 luglio 2021

Vacanze romane 106°

 


Da principio, la Chiesa delle origini conosceva unicamente le rappresentazioni angeliche ispirate dagli avvenimenti della Sacra Scrittura e quindi raffigurava anche gli Angeli assistenti al trono di Dio. La più antica immagine angelica cristiana risale al II secolo nelle Catacombe di Priscilla e rappresenta l’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele. Il Principe degli Angeli, San Michele ebbe, nel 312-328, la prima chiesa di cui si ha notizia che fosse dedicata al suo nome, edificata ad Alessandria d’Egitto dal Patriarca Alessandro. La chiesa Ortodossa egiziana, fin dal III e IV secolo invocava, nella sua liturgia, oltre che i nomi noti dei tre Arcangeli, anche il nome dell’Arcangelo Uriele, nominato nei Libri apocrifi di Enoch e terzo e quarto di Esdra; ugualmente facevano la chiesa copta ed etiopica. In molte “natività” i sette angeli sono rappresentati presso la Madonna col Figlio, oppure circondano quali cherubini il volto dell’Eterno Padre. Sette angeli con lo scettro, secondo la più antica tradizione bizantina, erano tra le figurazioni in mosaico che rivestivano la volta dell’altare maggiore in San Marco a Venezia nel 1543, da cui fu ritratto il quadro della Vergine con i sette angeli, che attualmente vediamo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in Roma, a Piazza Esedra. http://www.iotibenedico.info/2017/04/30/antica-devozione-dei-sette-angeli-davanti-al-trono-dio/


immagine: Annunciazione-Catacombe Priscilla- Roma

giovedì 8 luglio 2021

Vacanze romane 105°

 


Quando il Concilio di Nicea (735) ristabilì il culto delle immagini, si ebbero immagini di angeli sia a gruppi sia separati, ma molto raramente sembra in numero di sette e tanto meno con i loro nomi. Il motivo potrebbe forse essere questo: quasi contemporaneamente alla bufera iconoclasta, cioè nel 745 gli eretici Adalberto e Clemente erano caduti in una quasi idolatria degli angeli, invocando addirittura con i nomi otto di questi: Uriel, Raguel, Tubuel, Michele, Abnis, Tubua, Sabaoth e Simile, con formule di terrore superstizioso, per cui non solo furono solennemente scomunicati, ma fu anche stabilito nel Concilio di Laodicea da, papa San Zaccaria, che i cristiani non dovessero menzionare nelle loro preghiere altri nomi d’angelo all’infuori di Michele, Gabriele e Raffaele. Tale grave decisione sarebbe stata presa tanto più in quanto in quel particolare momento, gli iconoclasti non avessero una fondata ragione di incolpare di idolatria quei fedeli che abbagliati dallo splendore degli angeli, finissero per perdersi nella adorazione di essi. Oggi, tale pericolo all’interno della Chiesa è del tutto svanito, data la sicurezza dogmatica del Magistero, anche se purtroppo il New Age, l’Esoterismo e la Cabala creano grande confusione nei cattolici del XXI secolo.  http://www.iotibenedico.info/2017/04/30/antica-devozione-dei-sette-angeli-davanti-al-trono-dio/


immagine: Rappresentazione del concilio di Nicea II

sabato 3 luglio 2021

LA STATUA DEL SOGNO DI SAN FRANCESCO

                                            LA STATUA DEL SOGNO DI SAN FRANCESCO

                                                    La donna nera in carriera del xx secolo

                                                             A cura di Gaetano Barbella


Il segno di Giona e l'adultera

salvata dalla lapidazione da Gesù

Due cose sono inspiegabili sulla parola di Gesù attraverso i vangeli e che sono legate fra loro, entrambe sulla questione dei segni, e sorge l'idea che una sia la chiave che spiega l'altra. Da un lato si erge il segno di Giona, attraverso i vangeli di Matteo (12,40) e di Luca (11, 29-32), in cui Gesù parla sulla sua missione; dall'altro lato ripete due volte dei segni per terra, senza spiegarne la ragione, nella circostanza della lapidazione dell'adultera da lui scongiurata, attraverso il vangelo di Giovanni (8,3-11).

>> Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. >> (Mt 12,40)

>> Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona. Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui. Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui. >> (Lc 11,29-32)

A differenza degli altri profeti, realmente esistiti, Giona è un personaggio immaginario e la storia che lo riguarda è quasi fiabesca. Il profeta, chiamato e inviato da Dio a portare la sua parola a Ninive, decide di non andarvi perché non sopporta la compassione di Dio verso Ninive, la città che aveva distrutto il suo popolo. E s'imbarca su di una nave guidata da un equipaggio pagano, per andare a Tarsis, lontano dal Signore. La sua fuga è interrotta da una tempesta. I marinai gettano la sorte per cercare il colpevole che risulta essere proprio lui, Giona. Il profeta, riconoscendo la colpa della sua disobbedienza, domanda di essere gettato in mare. Dio, che prima aveva inviato la tempesta, lo fa divorare da un grosso pesce e Giona rimane nel suo ventre tre giorni e tre notti. Poiché Dio lo vuole vivo comanda al pesce di vomitarlo sulla terra asciutta.

A che cosa corrisponda il pesce che inghiotte Giona non ci è dato saperlo. La Bibbia non ne descrive i particolari. Afferma solo che si tratta di un grosso pesce. Per questo si è pensato alla balena o al Leviatan (cfr. Sal 104,26). L'immagine di Giona nel ventre del pesce è simbolica e indica, anzitutto, che Dio, ponendo il profeta in una situazione impossibile, lo costringe a capire che solo da Lui può ottenere salvezza. Il numero tre è pure simbolico e indica un periodo dopo il quale non vi è più speranza (cfr. Lc 24,21). Alcuni pulpiti dell'Europa centrale, come ad esempio in Slesia e Boemia, hanno la forma della balena. Questa iconografia indica che il predicatore, se vuole essere efficace, come Giona deve attraversare le difficoltà della predicazione. Significativo è il pulpito a Dobroszów.1

E veniamo al vangelo di Giovanni (8,3-11)

>> Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più». >> (Gv 8,3-11)

Gesù che scrive, un caso singolare della storia evangelica di Gesù ed è in relazione all'episodio dell'adultera che stava per essere lapidata raccontata da Giovanni.

Ma cosa scriveva Gesù? E perché quelle parole non ebbero fortuna? Perché Giovanni riferisce l’episodio, ma non svela le misteriose parole che Gesù scrive sulla sabbia? Ma soprattutto per quale misteriosa ragione l’episodio di Gesù che scrive, è ignorato dai commentatori, dai biblisti, dai padri della Chiesa e dai teologi?

Non sono parole mie, ma di Roberto Cotroneo della manifestazione Milanesiana, che ha scritto un articolo in merito, sul Corriere della sera il 38 giugno 2014, che ho tratto dal web.

Egli argomenta alcune spiegazioni, ma non approda a certezze, cosa che peraltro è la stessa di molti altri come lui, compreso teologi, che si sono posti la sua stessa domanda senza una chiara risposta, restando così un vuoto a livello esegetico sul conto di Gesù. È un paradosso considerato che gli evangeli sono stati scritti e tramandati fino a noi col preciso scopo di ammaestrarci sulle cose di Dio.

Quale spiegazione dare allora?

Alla luce di mie concezioni esposte in questo scritto mi viene di formulare questa ipotesi.

Gesù è il Figlio di Dio e per questo caso si rivela in lui la verità che Egli ripone “scrivendo” per terra, da cui fu tratto il fango unito alla saliva del Creatore dell’uomo. Quasi a costituire il sacello tombale dell’episodio che si stava preparando per l’adultera trasgressiva. Egli, così facendo, forse volle dimostrare che Suo tramite, l’episodio dell'adulterio della donna, con la legge mosaica infranta e la tentata lapidazione, ma non attuata, venivano riposte nella terra. Nulla doveva dunque essere dimenticato, per il Suo giudizio finale. E allora viene da pensare che veramente la terra, attraverso la sua morfologia, in qualche modo è simile ad un hard disk di immenso computer in cui è riposta la memoria di tutta la storia della Terra. E se così fosse in che modo? Ma prima di fare una certa ipotesi esaminiamo un altro mistero legato alla Terra, nell'intento di rafforzare al suddetta ipotesi che la Terra conservi la memoria della storia umana. Cioè che potere ha Terra in relazione all'uomo che, in seguito all'ammonimento di Gesù col "Segno di Giona", mostra una cecità nel capire la lezione che vi deriva.

Gesù guarisce il cieco nato

Sorge una prima idea sul segno di Giona proposto da Gesù agli uomoni increduli, forse l'unico in grado di distoglierli dalla loro cecità, quasi che fossero dei "ciechi nati": la guarigione del "cieco nato" nel vangelo di Giovanni (8,12). E qui riemerge qualcosa che si lega al fatto inspiegabile di Gesù che scrive due volte sulla sabbia supposto da me in stretta relazione con il fango con cui fu generato l'uomo dal Creatore.

>> Chi segue me, avrà la luce della vita >> (Gv 8,12).

Gesù dona la luce a quanti vogliono accoglierla. L’episodio viene descritto subito dopo che Gesù ha avuto un confronto acceso con i giudei, tanto che volevano lapidarlo; ed egli è uscito di nascosto dal Tempio. A questo punto Gesù vede un uomo cieco dalla nascita; unica occasione, tra le varie guarigioni di ciechi, in cui è specificato che lo era dalla nascita, dato che prelude a un evento straordinario. La presenza del cieco dalla nascita è motivo di discussione, tanto che i discepoli, condizionati dalla logica della ‘retribuzione’ (per cui a ogni azione corrispondono le equivalenti conseguenze buone o cattive), chiedono a Gesù se la cecità fosse la conseguenza del peccato dell’uomo o dei suoi genitori. Anche se già alcuni profeti come Geremia ed Ezechiele avevano criticato la ‘dottrina retributiva’, tuttavia a livello popolare essa sussisteva ancora. Ma Gesù non asseconda la logica popolare, e dichiara piuttosto che l’uomo è in quello stato “perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv,9,3), annunciando così il prodigio che, prima ancora di essere compiuto, è anticipato dalla definizione che Gesù dà di se stesso come “luce del mondo”.

Ora l’apice della scena, il miracolo:

>> sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi >> (Gv 9,6).

Perché il fango? Sant’Ireneo di Lione ritiene che il fango alluderebbe alla terra dalla quale è stato tratto il primo uomo. Gesù effettivamente dona la vita donando al cieco nato la vista. E il rimando alla creazione (luce, acqua, vita) è confermato dal fatto che poi il cieco è invitato da Gesù ad andare a lavarsi nella piscina di Siloe, piscina già menzionata dal profeta Isaia, sita fuori le mura della città vecchia di Gerusalemme e alimentata dalle acque del torrente Ghicon. Era un luogo significativo per gli ebrei, che vi andavano a festeggiare il ricordo del miracolo dell’acqua sgorgata dalla roccia. La tradizione afferma: “Chi non ha mai visto l’allegrezza della festa dell’attingimento dell’acqua, non ha mai visto in vita sua l’allegrezza autentica” (Mishnah Sukkat), in riferimento al corteo che andava ad attingere acqua in occasione della festa delle Capanne, e che aveva valore messianico (da qui il legame con il nome di Siloe che significa ‘Inviato’).2

E poi vale rammentare le parole che compaiono in Genesi 3,19 allorché Dio, dopo il peccato originale, cacciando Adamo dal giardino dell’Eden lo condanna alla fatica del lavoro e alla morte. Egli dice:

>> Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris >>,

ovvero: «Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai».

Sono le parole che si dicevano e si dicono tutt'ora in chiesa all’atto del cospargimento del capo dei fedeli di cenere nel mercoledì dopo martedì grasso.

Ed ecco ancora la polvere che impastata con la saliva di Gesù dona col "fango" la vista al "cieco nato"!

Che si vuole di più per credere, allora, che la Terra, tramite la sua morfologia, come già ipotizzato, sia veramente immenso "hard disk" di memoria simile a quello dei computer!

E allora diamoci da fare per fare un esperimento a campione, esaminando una mappa particolare che sembra mostrare una curiosa morfologia davvero sorprendente. Ma già si capisce che si tratta della mappa di Assisi la città del Santo Poverello, Francesco di Bernardone, poiché il tema di questo scritto si rivela attraverso il titolo  relativo, cioè

"Il piede del peccato di Assisi sanato da San Francesco"

Ma che significato ha il piede? Perché sono i piedi a rilasciare le impronte sulla terra e, dunque, a costituire la memoria nell'ipotetico hard disk terrestre in questione. E come Gesù si addossò i peccati degli uomini per  la loro riabilitazione animica, che prima era "cieca" e non vedeva la luce di Dio, così San Francesco, con la sua disposizione a fare altrettanto con il prossimo, scegliendo la povertà assoluta, liberò dal peccato la sua Assisi.

Promemoria del 1997 su Assisi

Il 10 dicembre 1997 scrissi alcune note su San Francesco di Assisi a commento di alcuni disegni che eseguii a ricalco della mappa di Assisi (illustr.1) definendole cartografie mappali. Oggi le riporto su questo saggio perché portano luce sul messaggio che da esse sembra trapelare e che si riflette sui tempi nostri tempi. 

                                                          Illustrazione 1: Mappa di Assisi

Già si è colpiti dall'immagine che si presenta all'osservazione della mappa di Assisi come divisa in due parti: quella in primo piano, sembra chiaramente una scarpa che ci riporta al discusso piede di Assisi, argomentato in precedenza; e quella a sinistra una sorta di un grosso pesce che ingoia la Basilica di San Francesco. Il passo è breve per intravedere nel pesce la balena del famoso Segno di Giona, argomentato ampiamente in precedenza, e che ci ha indirizzati a cercare nella morfologia terrestre per intravedervi il segno col suo segreto ivi riposto.

La via del "segno" è difficile da far digerire alla ragione umana di questo millennio rivolto alla scienza e alla pura ragione umana, ma, per la fede nelle scritture evangeliche e bibliche, unito al possibilismo dello scienziato che tenta coraggiosamente la strada sperimentale per giungere a scoprire una nuova legge scientifica, parimenti non c'è altro modo per giungere a rintracciare uno spiraglio della luce di Dio.

>> Audaces fortuna iuvat (La fortuna aiuta gli audaci) recita un vecchio proverbio popolare, poiché costoro sono sicuri di sé, non indietreggiano di fronte ai rischi e non temono di esporsi. Sono capaci da azzardare e questo li mette in risalto. Non c’è forza più grande. Sinonimi di audace, a seconda dei diversi contesti, si può può essere considerati: ardito, coraggioso, intrepido, valoroso, avventato, rischioso, imprudente, sconsiderato, spericolato, temerario, insolente, irriverente, provocante, sfrontato, spudorato e perfino innovativo e originale. [...]

Potrebbe sembrare strano al lettore, dopo aver letto il significato della parola Audacia, associare questa parola alla Chiesa. [...]

Una chiesa audace non può non essere anche creativa! Se la Chiesa, infatti, vuole ringiovanire il proprio volto, deve riscoprire la creatività nel dire Dio, riscoprire l’audacia dell’annuncio dell’amore di Dio, rivisitando e mettendo in discussione i modi di fare abituali, partendo dall’ascolto del Vangelo, discernendo con creatività le strade su cui il Signore chiama la comunità a vivere nuovi orizzonti, a gettare nuovamente le reti in quei mari dove a volte ci sembra di aver pescato solo fallimenti, delusione, scoraggiamenti. >>3

La maledizione di San Francesco

La scarpa col puntale

Francesco, che si trova alla Porziucola, riceve notizie non buone sulla sua comunità, poiché da Bologna arrivano segnali di allarme.

>> In quella città i "minori" sono tentati più che altrove di abbandonare la via della semplicità e della povertà. Nell'autunno del 1222 un brutto terremoto colpisce l'Italia settentrionale e moltissimi sono convinti che sia un castigo di Dio predetto da Francesco. In verità il "poverello aveva parlato in toni molto aspri, riferendosi sopreattutto ai problemi della comunità che ha fondato, senza però fare previsioni del tipo di quelle che gli venivano attribuite dalla fantasia popolare.

Per cercare di estirpare il male alla radice torna a Bologna e, fose per la prima volta nella vita perde la calma serafica.

Nela città che ospita forse l'embrione di un rivolta si rivolge con accenti accorati all'Onnipotente, presenti tutti i frati che vorrebbero una vita più comoda.

>> Signore Gesù Cristo, tu che hai scelto i dodici Apostoli, dei quali anche se uno venne meno, gli altri però rimasero fedeli ed hanno predicato il santo Vangelo animati dall'unico Spirito, tu, o Signore, in questa ultima ora, memore della antica misericordia hai fondato l'Ordine dei frati a sostegno della tua fede e perché per loro mezzo si adempisse il mistero del tuo Vangelo.

Chi dunque ti darà soddisfazione per loro, se quelli che hai mandato a questo scopo, non solo non mostrano a tutti esempi di luce, ma piuttosto le opere delle tenebre?

Da Te, o Signore santissimo, e da tutta la Corte Celeste e da me tuo piccolo siano maledetti quelli che col loro cattivo esempio confondono e distruggono ciò che un tempo tu hai edificato per mezzo dei santi frati di questo Ordine e non cessi di edificare!

Dove sono quelli che si dichiarano felici della sua benedizione e si vantano di essersi accaparrati a loro piacimento la sua amicizia? Se, Dio non voglia, si troverà che hanno mostrato le opere delle tenebre con pericolo del prossimo, senza pentirsene, guai a loro, guai di dannazione eterna! >>

È davvero duro l'intervento del figlio di Pietro di Bernardone. Ilverbo maledire non era stato mai conigato da questo mite personaggio amico dei poveri, dei diseredati, degli umili, degli uccelli e dei pesci ai quali durante la quaresima al lago Trasimeno aveva dettodi non farsi ingannare dai pescatori.

Ma proseguendo nella requisitoria contro i presunti "traditori" va anche oltre.

>> Verrà tempo - dice - nel quale pei mali esempi la diletta religione di Dio sarà diffamata così che i suoi membri dovranno vergognarsi di uscire tra la gente. >>

>> Gli amici più intimi raccontano che Francesco ha avuto un sogno profetico. Avrebbe visto - secondo la testimonianza dei suoi seguaci - una statua: la testa sembrava d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre di cristallo e le gambe di piombo. >>7

La maledizione di Francesco deve aver lasciato il segno sulla terra di Assissi che si conforma ad una particolare scarpa con un puntale acuminato, come si può riscontrare dalla cartografia dell'illustr. 2.

E ancora meglio in forma di una scarpa di quelle degli uomini d'arme del XV secolo, come si vede dall'illustr. 3.

 

Illustrazione 2: La scarpa col puntale, di Assisi. La maledizione di San Francesco. Il piede del "Peccato" di Assisi

Del puntale disegnato da me e di tutto il resto, oltre la scarpa, se ne parla ora, Apocalisse di Giovanni alla mano.

Si vede un'enorme testa del Dragone rosso dell'Apocalisse che lotta con un altro Drago verde dalla coda di pesce.

Di loro così racconta l'Apocalisse:

Illustrazione 3: Scarpa con armatura a puntale dell'uomo d'arme del XV secolo

Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva:

«Ora si è compiuta

la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio

e la potenza del suo Cristo,

poiché è stato precipitato

l'accusatore dei nostri fratelli,ù

colui che li accusava davanti al nostro Dio

giorno e notte. >>(Ap 12,7-1)

 Illustrazione 4: La statua del sogno di San Francesco, la “donna nera in carriera del XX secolo”

alto, come adagiata sulla coda del Drago verde (di Michele e i suoi angeli), è la «donna vestita di sole» (Ap 12,1) che era incinta, e ha partorito «un figlio maschio destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro». (Ap 12,2-5).

Nella posizione in cui si trova la «donna vestita di sole» è come se fosse in salvo nel deserto, al riparo del Dragone Rosso che aveva tentato di aggredirla, mentre il figlio è «rapito verso Dio e il suo trono». (Ap 12,5-6)

Ma la «donna vestita di sole» è anche la donna della cartografia dell'illustr. 4 che rappresenta una particlare "donna nera in carriera del XX secolo, profetizzata da San Francesco col sogno della statua descritta in precedenza.

Si sarà capito che la testa del Dragone verde, in sede della Basilica di San Francesco, è rappresentato dal puntale della scarpa di acciaio dell'illustr. 4.

Nello scudo sulla sinistra in basso dell'illustr. 3, si vede che si fronteggiano le forze della Croce di Dio con quelle di un leone rampante, il Dragone rosso.

 

 

 

La lavanda dei piedi simbolo di lavacro del peccato

Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 13, racconta l'episodio della lavanda dei piedi. Gesù

>> avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine >> (Gv 13,1), e

>> Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto >> (Gv 13, 2-5)

Fu un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi ed ai servi, quello di lavare i piedi degli Apostoli, asciugandoli poi con l’asciugatoio di cui era cinto.

Bisogna sottolineare che a quell’epoca si camminava a piedi su strade polverose e fangose, magari sporche di escrementi di animali, che rendevano i piedi, calzati da soli sandali, in condizioni immaginabili a fine giornata. La lavanda dei piedi era una caratteristica dell’ospitalità nel mondo antico, era un dovere dello schiavo verso il padrone, della moglie verso il marito, del figlio verso il padre e veniva effettuata con un catino apposito e con un “lention” (asciugatoio) che alla fine era divenuto una specie di divisa di chi serviva a tavola.

Quando fu il turno di Simon Pietro, questi si oppose al gesto di Gesù:

>> «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi». >> (Gv 13, 7-11)

Questa lavanda è una delle più grandi lezioni che Gesù dà ai suoi discepoli, perché dovranno seguirlo sulla via della generosità totale nel donarsi, non solo verso le abituali figure, fino allora preminenti del padrone, del marito, del padre, ma anche verso tutti i fratelli nell’ umanità, anche se considerati inferiori nei propri confronti.

Lavanda dei piedi, Papa vicino a Francesco d’Assisi

>> Papa Francesco ha modificato le rubriche liturgiche del Messale Romano circa il rito della “Lavanda dei piedi” «affinché esprimano pienamente il significato del gesto compiuto da Gesù nel Cenacolo, il suo donarsi “fino alla fine” per la salvezza del mondo, la sua carità senza confini». Nel decreto di attuazione si ricorda che «tale rito era tramandato col nome di Mandatum del Signore sulla carità fraterna secondo le parole di Gesù (cfr. Gv 13,34), cantate nell’Antifona durante la celebrazione»; si è «invitati a conformarsi intimamente a Cristo che “non è venuto per farsi servire, ma per servire”».

Anche in questo la decisione papale richiama Francesco d’Assisi, il Santo da cui Bergoglio ha preso il nome pontificio quasi a indicarne un riferimento non solo per il proprio pontificato ma per il momento storico attuale. Infatti l’Assisiate nel suo Testamento afferma che l’avvenimento determinate del suo cambiamento di vita fu l’usare misericordia con i lebbrosi (cfr. Paolo Martinelli – Pietro Messa, Francesco e la misericordia, Bologna 2015). Tale notizia autobiografica fu ripresa dagli agiografi e Buonaventura da Bagnoregio la inserì persino nella cosiddetta Legenda minor, ossia la prima vita del Santo d’Assisi scritta appositamente per l’uso liturgico. In tale narrazione, che ebbe una vastissima diffusione proprio a motivo del suo inserimento nella liturgia, si racconta che la misericordia verso i lebbrosi si esplicitò anche nella lavanda dei piedi:

>> Da allora, amante di tutta l’umiltà, si dedicò a onorare i lebbrosi per imparare, prima di insegnarlo, il disprezzo di sé e del mondo, mentre si assoggettava alle persone miserabili e ripudiate con il giogo del servizio. E, in verità, prima egli era abituato ad avere in orrore i lebbrosi più che ogni altra categoria di uomini; ma, quando l’effusione della grazia divenne in lui più copiosa, egli si diede come schiavo a ossequiarli con tanta umiltà di cuore che lavava i piedi e fasciava le piaghe e spremeva fuori la marcia e ripuliva la purulenza. Perfino, per eccesso di fervore inaudito, si precipitava a baciare le piaghe incancrenite: poneva, così, la sua bocca nella polvere, saziandosi di obbrobri, per assoggettare con piena potestà l’arroganza della carne alla legge dello spirito e, soggiogato il nemico di casa, ottenere in pacifico possesso il dominio di sé (Franciscus liturgicus.  Editio fontium saeculi XIII, a cura di F. Sedda, Padova 2015, p. 244). >>8

Piede e Peccato

>> La tradizione ebraica ci consegna la parola “peccato” come violazione dell’ordine voluto da Dio, che Coehlo ne “Il cammino di Santiago” così ci restituisce: La parola “peccato” viene da “pecus” che significa “piede difettoso”, piede incapace di percorrere un cammino. Il modo per correggere il peccato è quello di camminare sempre diritto, adattandosi alle situazioni nuove e ricevendo in cambio le migliaia di benedizioni che la vita concede con generosità a coloro che chiedono. Diversamente, nella Sloka 1 della Stanza V di “Theogenesis” è scritto come l’energia universale Fohat, ponte del percorso tra spirito e materia, diriga l’evoluzione dell’uomo e del cosmo tramite i propri passi, uno alla volta, così che il progresso proceda in infinitesimali periodi di tempo, il cui intervallo è rappresentato dal piede sollevato tra un passo stesso e l’altro: Diventerete così audaci da ostacolare la mia volontà? – gridò Fohat nella sua ira (…) – badate che non abbassi il mio piede così pesantemente da demolire il ponte tra gli dèi e gli uomini; allora non potrete più soccorrere gli uomini, né far risuonare accordi pienamente armonici.

Vediamo ora le analogie metaforiche, sul rispetto o meno delle Leggi di Natura (la discendenza), tra il monito cristiano del IV comandamento e le narrazioni mitologiche, partendo da Edipo, che a sua insaputa diverrà parricida nonché incestuoso, e iniziamo dall’etimologia. Infatti, il suo nome significa il piede gonfio che in metafora ci dà il concetto seguente: il piede offeso non può tenere l’equilibrio, al pari di tutti gli zoppi e ciechi nominati, in seguito, nei testi biblici. Si tratta di una stortura metaforica che indica la confusione dei ruoli creata dall’uomo rispetto all’ordine della legge divina. Se infatti andiamo a ricercare nella genealogia edipica, abbiamo Cadmo fondatore di Tebe che però uccise il drago sacro ad Ares, segue Penteo che con atto di hybris disprezzerà i riti dionisiaci e Laio, padre di Edipo, che in barba alla xenìa (la legge sacra dell’ospitalità) stuprò Crisippo, figlio di un suo ospite.

Il monito qual'è? Onorare il padre e la madre va concepito nell’ottica del rispetto delle leggi divine, nel rispetto dell’ordine che Dio ha dato al creato. Purtroppo, come a Tebe furono sovvertite le leggi divine, così oggi vorrebbero che avvenisse nella nostra società quando ritroviamo altrettanta confusione nei ruoli di genere (ben riassunti dalla teoria gender e dalla conseguenza di fluid sexualitye utero in affitto, affiancati ai neologismi di Genitore 1 e Genitore 2) in quanto deviazione che allontana dalla biologia-natura, che al contrario è divina poiché direttamente dal volere divino e naturale scaturisce. Perciò, più siamo zoppi, meno viene rispettato l’equilibrio universale. Lo stesso Asmodeo il distruttore è il diavolo appartenente alla gerarchia degli angeli di Satana ed è il simbolo della discordia coniugale (Libro di Tobia) raffigurato con un arto artificiale, poiché appunto zoppo, dacché distruttore delle leggi di natura. [...] >>9

La statua del sogno di San Francesco d'Assisi

Il riscatto: la donna nera in carriera del secolo XX

Donne afroamericane che hanno fatto del loro mestiere una missione: eliminare i pregiudizi sulla razza. Donne che hanno scelto di portare in vita donne di speranza, determinazione, grinta e grazia perché questo è quello che sono. La loro integrità è impeccabile.

Donne che hanno aperto la strada ad altre donne nere che hano osato fare carriera nell’intrattenimento, ma per essere la strada.

Queste sono le 10 (splendide) donne afroamericane che stanno scrivendo (letteralmente) la storia.

>> Un'attrice, una giornalista, un'imprenditrice, una scrittrice, una modella, una presentatrice, una deputata, una bellerina, due cantanti, una chef. No, non è l'inizio di una barzelletta divertente ma di una storia straordinaria, o meglio di dieci storie straordinarie. Dieci simboli di empowerment femminile, dieci esempi di come il coraggio e la determinazione possano cambiare il mondo e fare la differenza, dieci changemaker e teste di serie che hanno stravolto le coordinate di genere nei rispettivi campi, facendo sentire sempre e comunque la propria voce nonostante le intemperie e gli sgambetti. Dieci donne afroamericane (individuate e celebrate da Refinery29 a fine del 2019) che stanno scrivendo la storia e di cui Michelle Obama, Oprah Winfrey e Beyoncé non potrebbero essere più fiere, e noi tutte ancora di più. Oggi più che mai.10

Kiki Layne

La sua performance in Se la strada potesse parlare (If Beale Street Could Talk) l'ha catapultata direttamente nell'olimpo delle attrici più talentuose e promettenti di tutta Hollywood (e il look incredibile by Atelier Versace sul red carpet degli Oscar 2019 ha contribuito a legittimare il suo ruolo di attrice di serie A). Per ottenere il ruolo di Tish ha dovuto "sfidare" 300 colleghe molto più famose e conosciute, ma alla fine il regista Barry Jenkins (Moonlight) si è innamorato di lei. E non è l'unico.

Kamala Harris

Tra i candidati dem anti Trump più quotati, Kamala Harris, senatrice e già procuratore generale della California e seconda donna di colore a ricoprire questa carica negli Stati Uniti, non a caso viene chiamata The Female Barack Obama. Si è espressa chiaramente sui temi più caldi e controversi della presidenza Trump, ovvero aborto, immigrazione, gender equality e diversità (è stata una delle madrine del Gay Pride di New York) ed è già diventata un punto di riferimento per le minoranze (bistrattate dall'attuale presidenza).

Ego Nwodim

Egobunma Nwodim è tra le star della 44esima stagione del Saturday Night Live. Il suo ingaggio da leading nel team del più celebre show comico del tubo catodico a stelle e strisce è stato qualcosa di epocale. Perché le donne afroamericane non sono habitué del celebre SNL (tanto che nella stagione 39 fu chiamata Kerry Washington a vestire i panni di Michelle Obama in uno sketch comico per la totale assenza di imitatrici di colore) e la Nwodim ha fatto la storia.

City Girls

Le Destiny's Child Millenial Edition. Le City Girls aka Caresha Romeka "Yung Miami" Brownlee e Jatavia Shakara "JT" Johnson sono sulla cresta dell'onda dall'agosto 2017 dopo il lancio della riuscitissima Fuck Dat Nigga. Apprezzate per i testi forti e potenti, hanno elevato il girl power a un altro livello, dimostrando che anche le donne possono parlare in modo crudo, reale e vibrante.

Erica Lall

Misty Copeland è stata la prima donna afroamericana a diventare prima ballerina all'American Ballet Theater, una delle principali compagnie di balletto classico al mondo. Al suo fianco da qualche mese, tra esercizi alla sbarra, attitude e arabesque la giovane e talentuosa Erica Lall, considerata dagli esperti la sua degna erede.

Tomi Adeyemi

Per la scrittrice Tomi Adeyemi il suo libro Figli di sangue e ossa è "un’allegoria dell’essere neri oggi". Una storia di inclusione e empowering, in cui la protagonista è una forte e coraggiosa ragazzina di colore (la protagonista è Zélie Adebola, la giovane figlia di un pescatore che combatte contro il re per far tornare la magia nel regno di Orisha, nell’Africa Occidentale ndr). La prima volta che il fantasy ci regala un'eroina di colore, e sinceramente, era ora.

Adut Akech

Segnatevi questo nome perché la metamorfosi del fashion system verso la diversità e l'inclusione passa da Adut Akech Bior. Classe 1999 e originaria del Sud Sudan è una delle modelle più richieste, più ammirate, più desiderate del momento. Adut è di una bellezza rara e potente (nonostante sia stata bullizzata a scuola proprio per il colore della pelle, i capelli e la distanza tra i due incisivi) ed è riuscita a portare la black heritage sul tetto del mondo.

Adrienne Cheatham

Adrienne Cheatham ama raccontarsi attraverso il cibo. Da chef a Le Bernardin, Red Rooster e poi come personaggio televisivo nello show Top Chef ha tradotto le tradizioni culinarie black mainstream, ha portato le sue origini sul bancone mediatico, sfidando lo status quo e parlando per la prima volta di Soul Food.

Yamiche Alcindor

Durante una conferenza stampa, Yamiche Alcindor ha chiesto (retoricamente) al presidente Trump se si poteva definire "un suprematista bianco". E lo ha fatto con il sorriso dimostrando di non avere paura. Yamiche è una giornalista preparata, conosce il suo mestiere, è conosciuta e rispettata per la sua dedizione. Ed è una delle poche a cui è concesso di dare la possibilità anche alla storia afroamericana di avere un posto in prima pagina.

Melissa Butler

Melissa Butler ha lasciato il suo lavoro di analista finanziaria a Wall Street per lanciarsi nel vuoto. E ha fatto bene. Ha lanciato una linea di make up, The Lip Bar, pensata per tutte le donne, senza eccezioni. Una linea di rossetti vegani e cruelty-free su cui nessuno avrebbe puntato ma che oggi vale quasi mezzo milione di dollari. Yes women can. >>

Brescia, 30 giugno 2021



1 Filippa Castronovo. Il segno di Giona. https://www.paoline.it/blog/bibbia/3195-il-segno-di-giona.html

2Fonte: https://www.lavoce.it/cura-per-la-cecita-dellanima/

3I LINGUAGGI DELLA PASTORALE. Comunità Audaci e Creative. Don Elio Santaniello

7Ibidem - 3 - pag. 133.

8  Fonte: https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/fede/Lavanda-dei-piedi-Papa-vicino-a-Francesco-d%E2%80%99Assisi-36807

9Fonte: https://www.ereticamente.net/2021/06/piede-e-peccato-triade-e-tetrade-costanza-bondi.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=piede-e-peccato-triade-e-tetrade-costanza-bondi

10Articolo di Monica Monnis. 02.06.2020.  https://www.elle.com/it/magazine/women-in-society/a28588164/donne-afroamericane-famose-2019/