mercoledì 20 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

                                                               “Un evento speciale” 

                                             Ricordi …nei ricordi… di Annamaria Antonelli



Nonna Brunetta, la chiamavano. Bruna il suo nome. Classe 1908. Primogenita di una numerosa famiglia materana (ben 6 figli: 3 maschi e 3 femmine). Figlia di Eustachio, ex militare e Annunziata, casalinga. Una vita vissuta tra il lavoro nei campi e quello artigianale seduta al suo inseparabile 113 “Telaio”. Era conosciuta e apprezzata per il suo lavoro di tessitrice di stoffe, su commissione che realizzava e confezionava per il corredo delle giovani donne (tovaglie, asciugamani, grembiuli, camicie da notte, lenzuola e tanto altro) o per le famiglie. Da bambina amava così tanto lo studio che aspirava a conseguire la licenza elementare e a ricevere “La Pagella Ricamata” quella per gli studenti più meritevoli. Il suo unico rimpianto non aver potuto continuare gli studi sia per le condizioni economiche che per la guerra. Le piaceva scrivere e a quei tempi era utile comunicare con i familiari in guerra o con chi era emigrato per motivi di lavoro. Era una donna di bell’aspetto e corteggiata, fino a quando conobbe Paolo, il suo compagno di vita. Ma, la sua felicità fu completa quando arrivò la piccola Giuseppina. 114 Brunetta è sempre stata un riferimento per la famiglia e per tanta gente perché il suo forte carattere, le ha permesso di affrontare la vita “di petto”, con coraggio. Sapeva custodire “i segreti” che le confidavano. Aveva un difetto: le persone per lei erano simpatiche o antipatiche ma, aveva anche la capacità di calmare gli animi di chi litigava e di farli riappacificare. Al contrario di suo marito Paolo e della piccola Giuseppina che amavano l’allegria e la compagnia… Brunetta era più riservata… Era un po’ come me, lunatica ma quando era serena l’ascoltavo con piacere. Sì, sapeva raccontare la sua vita e riderci su… e aveva una memoria di ferro… Io adoro ascoltare i racconti… più che la lettura… perché posso immaginare di viverli quei racconti anche se il mio tempo, non coincide con essi… E’ il modo di raccontarli che mi 115 attrae e mi fa sognare! Brunetta era anche una buona forchetta… per lei il cibo anzi l’appetito rappresentava la salute. Diceva sempre “Hai mangiato? Mangia… Vedi io mangio poco ma, di tutto e mi sento bene, grazie a Dio…!” Chissà forse è per questo che ha vissuto a lungo, ben 106 anni… e a differenza di tante donne che non osano svelare la propria età, lei ne era fiera, anzi aspettava con ansia il giorno del suo compleanno per indossare i gioielli che le aveva regalato suo marito Paolo, un vestito nuovo e per stare in compagnia dei familiari. Sì, perché in fondo non amava la solitudine…! Era nata il 7 gennaio 1908 ma, il suo papà la registrò all’anagrafe due giorni dopo perché, a quei tempi, il lavoro nei campi impegnava tutto il giorno e bisognava trovare il tempo anche per registrare le nascite dei 116 propri figli. A volte, invece, chi nasceva negli ultimi giorni dell’anno veniva registrato ad anno nuovo per essere più giovani di 1 anno… come si fa oggi con l’immatricolazionedelle automobili… sto scherzando! Nel corso degli anni nonna Brunetta ha cambiato un po’ il suo modo di esprimere le emozioni… le sue braccia non avevano dato tanti abbracci alla sua Giuseppina (e Dio solo sa quanti ne avrebbe voluti dare!) ma, le piaceva avere tra le braccia i nipotini e anche i pronipoti… io invece, gli abbracci da lei me li prendevo…! Nonna Brunetta, infine e fino alla fine… si è aggrappata alla vita… diceva di essere fortunata perché viveva in una famiglia che l’amava e le piaceva vivere… e essere protagonista… anche in tv, quando dai 100 anni l’intervista con i ragazzi di TRM, un’emittente locale, era diventata un 117 appuntamento imperdibile per lei e anche per tanti materani. Perfino il Sindaco di Matera Emilio Nicola Buccico che l’ha omaggiata portandole gli auguri dell’intera città il giorno del suo 100° compleanno rimase affascinato e sorpreso dalle risposte precise e spontanee di nonna Brunetta. Queste le sue parole: “Sono felice di essere venuto a farle gli auguri personalmente, perché arrivare a 100 anni nelle sue condizioni, lucida e con la sua presenza scenica, ben collocata nel tempo e ben ricordando i fatti del passato è bellissimo… perché si partecipa “all’evento speciale”. Il Sindaco le chiese: “Si ricorda il nome di qualche sindaco? Ne ha conosciuto qualcuno?” Nonna Brunetta prontamente gli rispose: “Li ricordo tutti ma, non i loro nomi perché non sono mai andata per il Comune!” 118 Una risata di cuore fu la risposta del Sindaco alle sue parole… Nonna Brunetta era la mia nonna materna e ho voluto raccontarvi la sua storia per due ragioni… Per me i genitori e i nonni rappresentano “un’enciclopedia vivente”, non solo per quello che hanno imparato a scuola ma, perché non basta il sapere ma, bisogna saper fare… e quello che loro ci insegnano non si impara sui libri ma, dagli insegnamenti dai consigli che loro ci danno e soprattutto dagli esempi che ci danno. Questo è importante per affrontare la vita… per viverla e amarla anche quando il corpo è stanco e la mente funziona a intermittenza… sono i ricordi belli che ci fanno “VIVERE…” Avrei voluto farvi vedere quando la sua mente tornava al suo amato “telaio…” mimava i movimenti della tessitura come se 119 davvero fosse seduta a lavorare e con un viso così felice che la stanchezza degli anni non la sentiva… La seconda ragione è più un mio pensiero! Io la considero un personaggio della storia materana, testimone di oltre 100 anni di storia vissuta e se non lo è per Matera, lo è per me.

domenica 10 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 



“Cavallo con orologio molle” di Salvador Dalì…E’ una delle sculture in bronzo (una copia) e si trova nel piazzale della nuova Stazione Centrale di Matera; altre sono nel Centro Storico e nei Sassi. Il cavallo ha un orologio al posto della sella e rappresenta la vita incatenata al tempo e il peso che esso ha nelle nostre azioni. (Fotografia di Annamaria Antonelli)

 Tempus Fuget di Vito Coviello 

Tempus fuget, 
ma vale la pena rincorrerlo? 
Non chiedere perché, ma seguilo soltanto. 
Non domandare del futuro 
e non stare a ricordare il passato, 
ma vivi solo il tuo presente 
per il tempo che ti è stato assegnato, 
serenamente e felicemente, 
con il tuo grande amore.


Lascia che sia di Vito Coviello 

Lascia che sia,
non rincorrere il tuo tempo 
ma lascia che sia 
e seguilo soltanto, 
lascia che sia.

venerdì 1 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Gilles di Paola Tassinari 

“Gilles” è il titolo di questa opera del 2008, acrilico su tela, dimensioni 100X100 cm. Gilles è il pagliaccio, non certo stereotipato, è ognuno di noi che vive con la propria maschera, ha paura di toglierla, quindi piange per la sua codardia, perché sa che così non vivrà la sua vita, ma quella che vogliono gli altri per lui. Avevo ricevuto una commissione per la realizzazione di un ritratto di un pagliaccio, quello “classico”, col volto imbiancato, sorridente e con, sul cucuzzolo del naso, una specie di pomodoro Pachino, naturalmente rifiutai, ma le insistenze furono talmente tante che alla fine giunsi a un compromesso, avrei dipinto un pagliaccio (uno dei temi che non mi piace in 102 assoluto) ma a modo mio, il risultato alla fine non piacque al committente, non piacque a nessuno, neanche a mia madre e il quadro lo appesi a casa mia, dopo qualche anno, lo volevano tutti, mia madre, gli amici e gli ospiti che arrivavano a farmi visita, persino il mio medico, offrendomi buone cifre, ma a quel punto mi ero affezionata a Gilles e nonostante le insistenze è ancora sulla parete del salotto di casa mia. Il dipinto ha uno sfondo informale lavorato con gesti veloci in tonalità di rosso scuro. Il simbolo del colore rosso, come tutti i simboli, ha valenze sia positive che negative, qui essendo scuro, mescolato col nero esprime il lato oscuro, il pericolo per chi tenta di conoscere il futuro, perché in questo caso il pagliaccio/Gilles che occupa quasi tutto lo spazio della tela, appare come una profetessa o come una 103 Cassandra. Gilles, infatti, è un volto di donna, imbiancato e solcato da segni scuri, gli occhi cupi con lacrime di sangue di colore nero, questo colore rappresenta la negazione, la capitolazione e la resa, Cassandra piange e soffre perché non è ascoltata nelle sue profezie. A che serve la profezia se non è ascoltata? Ecco allora che Gilles/Cassandra ha i capelli di paglia giallo/verde, l’allegria del giallo si sporca, diviene disagio e acredine, Gilles/Cassandra si interroga… perché devo scrutare il futuro, con grave pericolo per la mia salute mentale e spirituale e poi non mi ascoltano, ma mi dicono che sono pazza? Cassandra nella mitologia greca, è figlia del re di Troia, Omero la chiama “la più bella tra le figlie di Priamo e di Ecuba”, fu sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della 104 preveggenza, prevedeva terribili sventure ed era pertanto invisa a molti; predisse la guerra di Troia, mise in guardia i Troiani sul Cavallo di legno (ideato da Ulisse), ma non fu ascoltata, la sua ultima profezia riguardò la sua stessa sorte, quando, catturata come schiava di guerra dal re di Micene Agamennone, predisse la morte di lui e la propria per mano di Clitennestra, quest’ultima era la moglie di Agamennone che si vendicò in quanto non riuscì mai a perdonare al marito la morte di Ifigenia, la loro figlia sacrificata per volere di Artemide, affinché i Greci potessero salpare per Troia. Gilles/Cassandra sorregge il volto con due mani piegate formando la lettera “M” che riporta a Maria, alla Madonna, infatti, si intravede anche un po’ blu, colore che oltre a Maria evoca l’esperienza del bello, la 105 meditazione, la quiete, la moderazione e il controllo. Gilles/Cassandra scruta il futuro non come una cartomante, ma per ascoltare il divino e aiutare l’umanità. Perché la mia opera è intitolata Gilles, se alla fine risulta essere una Cassandra? Antoine Watteau Valenciennes (1684-1721) è stato un pittore francese rococò. Il Rococò è un nuovo stile nato in Francia alla fine del Seicento e diffusosi poi in tutta Europa. Si affermò sotto Luigi XV e si sviluppò sino alla metà del XVIII secolo quando subentrò il Neoclassicismo. Questo stile interessò anche la musica e la pittura, ma si realizzò soprattutto nell’architettura degli interni e nelle arti applicate cioè arazzi, mobili, porcellane, stucchi, destinati a ornare i salotti aristocratici. È un’arte che proviene dal Barocco, ma molto più leggera, con forme 106 curve e sinuose, con soggetti, graziosi ed eleganti, stile che non amo particolarmente ma Watteau è diverso, dipinge rococò perché quella è la società di allora ma ne è disturbato, non la avvalla. Watteau nel 1718/19 dipinge “Gilles” (conosciuto anche come Pierrot detto Gilles) custodito al museo del Louvre di Parigi, questo Gilles/Pierrot è raffigurato da Watteau grande, grosso e infiocchettato, ma dal volto fortemente malinconico, con uno sguardo triste e perso come se dicesse… sono qua cosa devo fare? Quello di Watteau è un mondo artefatto, gli anni in cui visse sono un po’ come i nostri anni odierni, in cui tutto è falsità, tutto è teatro, dove noi siamo marionette, coi fili esterni mossi dalle mode volute dal mercato, ma anche tenuti prigionieri da misteriosi e inflessibili legacci interni. Sotto l’apparente 107 frivolezza di Watteau si cela un sentimento di malinconia che riflette la consapevolezza della fugacità dei piaceri terreni. Questa intensità poetica pervade le sue opere di un vago senso di finito ed infinito. Watteau era noto per il suo temperamento irritabile e irrequieto. Morì prematuramente di tubercolosi; si è ipotizzato che l’umore malinconico dei suoi quadri fosse connesso all’ossessivo pensiero della morte. Egli usava materiale scadente, di poco conto, perciò molte sue opere sono in condizioni precarie, in lui c’era già quel raccogliere il gettato, il riutilizzare lo scarto che può far pensare ad una stessa matrice insita anche nell’Arte Povera, movimento artistico italiano degli anni Sessanta in cui serpeggia la stanchezza della stanchezza morale, da me molto amato. Ho scritto un romanzo ispirato a questo dipinto 108 il cui titolo è “I viaggi di Gilles”, un racconto dove antico e moderno si incontrano, è la storia della ricerca del Graal in terra di Romagna… un nuovo ritorno al Divino.