domenica 10 novembre 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Paolo e Francesca di Paola Tassinari Questo dipinto è un acrilico su tela, misura 50×60 cm., è del 2018. E’ uno dei pochi in cui sono raffigurate due persone, un uomo e una donna ed è l’unico in cui i volti sono di profilo. I due raffigurati sono “Paolo e Francesca”, Canto V dell’Inferno dantesco… Potevano mancare due amanti fra i miei dipinti? Poteva mancare che cercassi di rappresentare gli amori che restano per sempre, gli amori dei poeti, dei romanzi, dei film e dei cantanti? Nel dipinto i due amanti sono su uno sfondo nero, che vuol essere il buio della ragione, hanno entrambi i capelli neri, lei lunghi, lui corti, sono di profilo, contornati di rosso, che rappresenta il fuoco ardente e bruciante della passione. Si toccano punta a punta il naso, gli scienziati dicono che ci innamoriamo attraverso l’olfatto, che fu il primo dei nostri sensi… nella narrazione biblica: “... E plasmò il Signore Iddio l’uomo polvere dal suolo, e soffiò nel suo naso alito di vita, e fu l’uomo anima vivente”. Si guardano e si fondono attraverso gli stessi occhi grandi e gialli con scintille giallo intenso e ipnotiche: i due innamorati sono come in trance ipnotizzati l’una dall’altro, sentono e vedono solo attraverso quello che vorrebbero sentire e vedere, sono in un’altra realtà che non è quella terrena. Nel V Canto dell’Inferno, la pena per la legge del contrappasso è di essere trasportati dal vento (come in vita dal vento della passione), qui Dante incontra le anime di Paolo e Francesca, che volano unite e paiono leggere al vento. Paolo piange, mentre Francesca racconta la storia del loro amore, nato mentre leggevano la storia di Lancillotto. Dante, alla vista delle loro anime è turbato, talmente turbato che sviene e cade come se fosse morto. Come mai Dante mette i due amanti all’Inferno? Mentre leggevano le storie dei cavalieri arturiani? Dante era un Fedele d’Amore e il ciclo bretone era un riferimento per questo gruppo di poeti, che ritenevano l’esperienza d’amore come elevazione morale. Dante è obbligato a metterli all’Inferno perché timoroso di incorrere nell’eresia, essendo Francesca traditrice del sacro vincolo del matrimonio, però, “cadendo come corpo morto cade”, quando non c’è più nessuna speranza ci si può salvare fingendosi morti… Ecco che metaforicamente l’Alighieri salva Paolo e Francesca, infatti, non può essere inferno se Paolo e Francesca sono per sempre avvinti dal vento della passione perché se il vento cessa l’amore finisce… e qui sta il punto. Se l’amore/passione/follia cessa, anche il vento termina, se l’amore diventa rispetto e comprensione il vento impetuoso diventa brezza. Da dove viene questa idea? Arriva dal Romanticismo ed io mi sono avvoltolata per anni in questo movimento artistico, sin dalla fanciullezza, sin da quando appena dodicenne lessi “Cime tempestose”, desiderando un amore travolgente, di fuoco e di tormento… potevo essere stata tanto sciocca? Il tragico è che ho perdurato per lungo tempo, fino a che mi sono bruciata, anche se mi consolo con Shakespeare… Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente, scrive il bardo in un’altra grande storia d’amore finita male, quella di Giulietta e Romeo. E ancor più mi consolo col Vangelo secondo Luca: “In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo”. Gesù le disse: “Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi peccati, perché ha molto amato”, rispondendo al fariseo che pensava di dover restituire i doni ricevuti da Dio attraverso prestazioni e opere morali e religiose, pareggiando così i conti e non essendo più debitore. La peccatrice, invece, amava senza condizioni. Si prostra ai piedi di Gesù non chiedendo nulla se non il suo perdono e se ha il coraggio di farlo è appunto perché avendo molto amato sa che Gesù può amare ancora di più, mentre il fariseo ama col contagocce. Il Romanticismo divenne un movimento artistico dominante in tutta Europa a partire dagli anni venti del XIX secolo, ispirato dal movimento tedesco Sturm und Drang, termine che di solito viene tradotto come “tempesta e tormento”, due termini che sintetizzano molto bene le idee romantiche. Sebbene fosse principalmente un movimento letterario e musicale ebbe un grande impatto e influenza sulla coscienza pubblica e artistica. Il Romanticismo presentava delle caratteristiche contrarie a quelle del Neoclassicismo (una tendenza culturale sviluppatasi nel ‘700, nata come reazione al tardo barocco e al Rococò che era immaginario, scenografico e suntuoso) che era armonia, equilibrio, ordine e decoro, il Romanticismo era sfrenata passione e forti sentimenti, inoltre, se l’artista neoclassico era convinto che la perfezione dell’arte fosse stata raggiunta dagli antichi, il romantico traeva, invece, ispirazione dal cupo e misterioso mondo del Medioevo, che fino a quel momento era stato considerato un periodo privo di importanza e prettamente negativo… Per farla breve il Romanticismo è Dioniso, il Neoclassicismo è Apollo e tutto gira, ci si stanca di uno ci si aggrappa all’altro e solo qualche rara volta vi è equilibrio, generando un periodo che viene chiamato del buon governo o anche dell’età dell’oro, per inciso oggi si dice che siamo nell’età del ferro.

venerdì 1 novembre 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello



Strega di Paola Tassinari Questo dipinto su tela, è un acrilico, dimensioni 60X80 cm., del 2017 si intitola “Strega” o “Dea dei serpenti”, è un autoritratto simbolico, che segue gli autoritratti di Gilles/Cassandra e di Omaggio a Mondrian. Ricordo che quest’ultimo autoritratto con il taglio dei capelli simboleggia la perdita di qualcosa, mentre Gilles aveva i capelli fluenti ma piangeva… e ora col terzo ritratto da strega cosa voglio dire? Il volto spigoloso è di tre quarti, è su uno sfondo rosso/peccato, immaginatevi un divano rosso con grandi ed enormi cuscini, ha il cappellino da strega messo in modo vezzoso, il sorriso ironico, pungente e canzonatorio, un gatto nero, che evoca subito le streghe, le avvolge il collo come una soffice sciarpa, gli occhi del gatto sono gialli come quelli della strega/dea dei serpenti. In Oriente il giallo è il colore del sole, della fertilità e della regalità mentre nell’antica Grecia era il colore dei pazzi. Nel medioevo era il colore della veste imposta agli ebrei come distintivo ingiurioso, come era gialla la stella, utilizzata allo stesso modo denigratorio, durante il nazismo. Il giallo è stato usato anche come colore di guerra, alcune tribù dei Pellerossa si cerchiavano gli occhi di giallo, pensando così di ipnotizzare il nemico. Dunque gli occhi gialli significano regalità e autostima, ma anche segnale di pericolo, questo segnale di pericolo si avverte anche dal forte contrasto dello sfondo rosso contrapposto dal cappellino, i capelli e il gatto di colore nero… Attenzione a cosa? Il   senso è questo: la strega è consapevole di essere diversa, ecco la differenza con gli altri autoritratti che accettavano la diversità come una punizione. Diversa, ma consapevole, nel cercare e ricercare, diversa nella sua grande curiosità ma, ora è conscia che deve fare attenzione perché occorre andare cauti con la conoscenza, perché è possibile, se non preparati, di cadere nel pozzo. Il dipinto è ispirato all’arte minoica, in particolare per la posa e i colori all’affresco della “Parigina”, anche conosciuto come la Signora Minoica, che fu probabilmente dipinto sulla parete della Sala del Santuario nel palazzo di Cnosso. Nell’affresco della Parigina, colpisce l’elaborata acconciatura e l’uso del colore nero per enfatizzare la forma degli occhi e il rosso per le labbra. Per il titolo e per il gatto mi sono ispirata a una piccola scultura chiamata Dea dei serpenti. La statuetta risale al 1700 a.C. e fu ritrovata a Cnosso. Ha il seno scoperto, i vestiti che corrispondono agli abiti delle donne cretesi del tempo, in mano tiene dei serpenti ed in testa ha un piccolo gatto. Il serpente può simboleggiare il potere dell’oltretomba poiché sbuca dal terreno ma è anche un simbolo fallico e può rappresentare gli organi genitali maschili; il gatto è connesso con la civiltà egizia, con cui i cretesi hanno avuto stretti rapporti e si lega al culto diffusissimo della dea Buba (dea gatto) e del suo santuario di Bubasti, situato alle foci del Nilo nel basso Egitto. La dea Buba, chiamata anche Bastet dea-leonessa o Bast dea-gatta è collegata alla procreazione ed è una figura di divinità zoomorfa di grande importanza. Il culto dei gatti ebbe un largo seguito: ogni anno, migliaia di pellegrini si recavano a Bubasti. Si pensa che i gatti selvatici furono addomesticati e poi venerati in Egitto in quanto deterrenti ai topi, roditori che attaccavano le loro riserve di grano. Una decina di anni fa, quando mi dedicavo al recupero di oggetti dal cassonetto, di cui ho già scritto, ho realizzato una piccola scultura, utilizzando una bottiglia di acqua vuota poi con gesso ed altri materiali ho creato la mia Dea dei Serpenti. Volendo dare un’aurea antica e mistica ad un prodotto di scarto, elevando il rifiuto a divinità… dal basso all’alto e viceversa, traendo ulteriore ispirazione da Ermete Trismegisto, una figura leggendaria, associata anche al dio egiziano Thot, a cui è attribuita la fondazione della corrente filosofica nota come ermetismo, di cui cito solo la legge più famosa… Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso.