lunedì 20 gennaio 2025

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

I Riti della Settimana Santa. Nelle due immagini: Il sepolcro e la processione della Madonna Addolorata. (Fotografie di Annamaria Antonelli)

Mater Dolente Alla Madre mia Addolorata di Vito Coviello 

Madre mia dulcerrima, 

tu figlia di Sion, 

bellissima rosa 

appena sbocciata alla vita, 

mi desti alla luce 

con grande travaglio e dolore 

per farmi portare la Luce nel mondo. 

Madre mia, 

migrante mi portasti via

 da Betlemme in Egitto

 per tenermi salva la vita. 

Madre mia premurosa, addolorata 

per giorni mi cercasti 

quando adolescente ero al Tempio

 a fare la volontà del padre mio. 

Mater mia piangente 

mi accompagnasti, 

nel mio ultimo viaggio, sul Golgota. 

Mater dolente soffrendo

 mi hai sostenuto 

fino al mio ultimo sospiro

 lí sulla Croce

. Madre mia addolorata,

 santissima e veneratissima, 

ora io sostengo te, anziana e stanca,

 tra le mie braccia 

e con me ti porterò nei cieli 

tra gli Angeli di Dio mio Padre...

venerdì 10 gennaio 2025

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello



Trittico Fellini di Paola Tassinari “Trittico Fellini”, sono i miei ultimissimi lavori, realizzati il 28/29/30 agosto 2020 al 19° Festival delle Arti di Cervia, il cui tema era il centenario della nascita di Federico Fellini. A destra e a sinistra sono due opere di Arte Digitale, a sinistra è raffigurato Fellini, a destra Mastroianni. Per prima cosa ho realizzato i ritratti a penna e matita su carta, che ho caricato e poi colorato al computer, successivamente stampati su Polionda, misurano 80x60 cm, ma è possibile realizzarli anche in altre misure. I colori sono scelte estetiche: per Fellini sfondo giallo/grano con linee/onda rosse e volto con le sfumature del grigio; per Mastroianni sfondo rosso acceso/sangue su cui risalta il volto coi tratti e gli occhiali molto scuri. Il messaggio è focalizzato dal fatto che entrambi abbiano gli occhiali, Fellini alzati sulla fronte, Mastroianni sulla punta del naso. Gli occhiali rappresentano il sogno o l’incubo! Immaginando Federico, che per realizzare i suoi film onirici e assurdi e allo stesso tempo reali, indossasse gli occhiali dei sogni, come se non gli bastasse la sua vita reale, ma gli mancasse qualcosa. Quel qualcosa che metteva a fuoco con questi occhiali immaginari e metaforici della “doppia vista”: senza occhiali la realtà, con gli occhiali il sogno! Qui, siccome entrambi non guardano attraverso gli occhiali, intendo esprimere il concetto del pericolo della troppa fantasia. La fantasia in sé è sinonimo di creatività, ma poi si devono fare i conti con la realtà, i piatti della bilancia devono essere equilibrati altrimenti si rischia di non uscire più dalla mente e di sviluppare un disturbo ossessivo. Federico ha gli occhiali sulla fronte perché è l’ideatore, mentre Marcello Mastroianni li ha sul naso perché è l’attore, l’alter ego o specchio di Fellini. In questo trittico il punto focale è il dipinto centrale, intitolato “Mastorna”, misura 50x40 cm, è tecnica mista (penna, matita, colori a spirito e a cera) su cartoncino. Come avevo anticipato, le tele ad acrilico con i ritratti dai grandi occhi hanno chiuso il loro ciclo, se questo cartoncino sia l’inizio di un nuovo gruppo di opere o un unicum non lo so. Le tele senza cornice mi hanno stancato, quelle con le cornici non le uso più già da tempo. Ecco qua la novità, ho recuperato il vecchio cartoncino telato, su cui ho applicato tutto attorno, inserendoli nello spessore del cartone dei chiodi a “U”, quasi a creare una cornice metallica ad occhielli. Su un fondo lavorato a più strati di colore verde/rosso/giallo, con linee, simboli e foglie, l’intento era quello di creare un bosco magico, si staglia la figura a mezzo corpo di Mastorna, in giacca e cravatta nero/fumo, camicia bianca e occhi scuri come la notte che dicono spauriti … dove mi trovo? Mastorna sta suonando un violoncello, che è di colore bruno/marrone/terra, mentre l’archetto è verde. Per Mastorna il violoncello è il mezzo/tramite per entrare nel bosco magico, secondo ciò che diceva Gustavo Rol, un sensitivo italiano che era in grado di effettuare autentici fenomeni paranormali e cioè che, il colore verde, la quinta musicale e il calore sono la porta d’accesso al mondo dello spirito… Federico Fellini era un suo grande amico ed estimatore. Mastorna guarda attraverso gli occhiali, li ha al posto giusto, perché è immerso totalmente nel sogno/altro mondo. Ma chi era Mastorna? Fellini ebbe molte proposte dagli americani per un “filmone” sulla Divina Commedia. Non le accettò mai! Però, creò il personaggio di Giuseppe Mastorna, detto Fernet, un clown che suona il violoncello, il cui viaggio ultraterreno è di chiara ispirazione dantesca. Il Maestro, dopo aver raccontato la provincia romagnola, Roma e il mondo del cinema, decide di… partire per l’Aldilà, ma il film non si realizzò mai. Definito da Vincenzo Mollica come “Il film non realizzato più famoso della storia del cinema”, non si sarebbe concretizzato, perché il Maestro era molto scaramantico, consultò l’I Ching, (un testo cinese molto antico, a cui si pongono domande per un orientamento) ed ebbe un risultato negativo. La scaramanzia di Fellini è probabile fosse rivolta all’ipotesi che nulla accade per caso, perciò fosse bene muoversi col vento e a non andare incontro a situazioni, che nate sotto una cattiva stella, potevano finire male! Anche perché ci furono tutta una serie di fatti inquietanti, ma reali, che accaddero… Come le diatribe con De Laurentis, il produttore, il malore improvviso di Fellini, i suoi sogni inquietanti e poi il foglietto che si trovò in tasca con scritto “Non fare questo film” con la firma di Gustavo Rol. Fellini crolla! Rol è Rol! Un giorno, lo ha visto trasformarsi davanti ai suoi occhi da nano in un gigante; un’altra volta, mentre erano assieme al parco, un calabrone stava per pungere un neonato: Rol, schiocca le dita a tre metri di distanza e tac il calabrone stecchito! Rol è Rol e Fellini, a malincuore, decide di non realizzare il film. Nel Mastorna, il Maestro partiva dal presupposto che l’Aldilà fosse un “casino” come l’Aldiquà, provando a immaginare cosa sarebbe accaduto a un individuo che, dopo un disastro aereo, si trovasse nell’altro mondo. Privo di punti di riferimento, senza un’identità, sempre più disperato, Giuseppe Mastorna, che crede di essere ancora vivo e non sa del disastro aereo, ma pensa a un atterraggio tecnico in uno scalo di una qualche città, ha un solo chiodo fisso in testa, quello di partire e di proseguire il suo viaggio. Riesce finalmente a raggiungere una stazione dove incontra un ragazzo che lo saluta. Mastorna agghiacciato, tremante e sudando freddo lo riconosce: si tratta di un suo vecchio amico, morto tanti anni prima. Le pagine del Mastorna, intessute tra la Commedia di Dante, Il Fu Mattia Pascal (Pirandello), Il processo (Kafka) e l’Ulisse (Joice), ci lasciano dentro un profondo senso di tristezza verso la morte. Ma forse, Mastorna si trovava all’Inferno perché un altro scrittore, Luciano De Crescenzo, immaginava il Purgatorio come luogo momentaneo, dove le anime erano desiderose di andare da San Pietro. Per questo abbisognavano di preghiere, più ne avevano e più velocemente sarebbero salite e pensava il Paradiso, come un luogo dove ognuno aveva subitamente quello che desiderava… vedere un amico, il padre, mangiare un bignè o fare una passeggiata a Venezia o altro… quindi, l’opposto di quello che accadeva a Mastorna che non riusciva ad andare dove voleva. Per Mastorna, Fellini si è valso anche della collaborazione di Dino Buzzati, il loro incontro avvenne a Milano nel ‘65, in un ristorante famoso per il pesce, ma la serata terminò con un’intossicazione alimentare per Fellini, non per Buzzati; altro “segno” per il Maestro, che il “caso” non era in armonia col “tutto”. Il Mastorna, proviene oltre che dai sogni di Fellini, da un racconto breve di Buzzati, “Lo strano caso di Domenico Molo” che narra di un fanciullo, che compie un sacrilegio mancando a un giuramento… Per il senso di colpa, si ammala e sogna di andare nell’Aldilà, per esservi giudicato. Buzzati, intrappolato nel personaggio di Giovanni Drogo, il protagonista del “Deserto dei Tartari”, ma con altre ambizioni artistiche. Anche se in molti non lo sanno, Dino Buzzati fu un disegnatore eccezionale, capisce che questo Mastorna non si realizzerà mai e decide di scrivere e disegnare il “Poema a Fumetti”, che suscitò lo sconcerto per il mutamento della scrittura, dell’immagine e per la presenza massiccia del nudo. Una decisione che dispiacerà molto al regista! Il Poema a Fumetti, si ispira al mito di Orfeo e Euridice, dove Orfeo, col canto e la musica, vince la morte. È la vita anche la morte… E’ ciò a cui si ispira pure Fellini, tramite un altro suo importante collaboratore, Pier Paolo Pasolini. Una leggenda racconta che un mago avesse consigliato al regista di non girare il Mastorna perché sarebbe morto subito dopo l’uscita del film. Nel 1992 dalla collaborazione con Milo Manara esce il fumetto di Mastorna, nel 1993 il Maestro muore.

mercoledì 1 gennaio 2025

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


Trono Ludovisi di Paola Tassinari Arte Digitale, stampa su Polionda, dimensioni 70x100, titolo: “Afrodite del Trono Ludovisi sulla riva del mare nel mese di Luglio 2020” o “Alala III”. Sono i miei nuovi lavori che sto realizzando attualmente al computer. Mentre per i lavori creati completamente a mano, sono con lo stomaco in subbuglio, il parto non è ancora arrivato: i volti in primo piano con gli occhi grandi hanno esaurito la loro carica emozionale, il periodo è stato chiuso, con cosa si aprirà? Non lo so. Durante il lockdown ho realizzato due lavori, uno per Atelier Montez di Roma e un altro per Precis Arte di Taranto ed è stato in quel momento che ho realizzato che gli occhi grandi e grossi non mi interessavano più. Per atelier Montez, per il progetto Be**pArt ho realizzato una serie di piccoli cartoncini circa 10x10 cm, con raffigurato i volti delle donne nei dipinti degli artisti più noti e che più mi hanno colpito, focalizzando un particolare o cambiandone i colori. Per Precis Arte, per il progetto “Autocertificazioni d’Artista” ho realizzato un volto di donna in stile espressionistico, con gli occhi tristi che guardano un uccellino che la donna tiene in mano, con ovvio riferimento alla libertà e al volare, sull’autocertificazione che serviva per motivare l’uscita durante la carcerazione per Covid-19. In questo caso, la stampa presenta una base azzurra, foto reale di una spiaggia col mare calmo, che ho lavorato inserendo onde e linee rosse, una scelta estetica per vivacizzare il fondo. Su questo mare si staglia a mezza figura, l’Afrodite del Trono Ludovisi modificata al computer e velata con un pareo di chiffon incolore caldo grigio, come la sensazione della sabbia calda che scorre tra le dita. Il volto è di profilo, sembra quasi stagliato su una moneta, ha i capelli lunghi e biondi con un nastro rosso tra i capelli. In alto a destra la scritta in stampatello “Alala!” Il significato è il medesimo di “Alala I”, un possibile nuovo futuro recuperando l’ideale di bellezza/dovere/dignità, adattato ai giorni nostri, quindi con un po’ di libertà in più rispetto al dovere in senso stretto (rappresentato dal mare). Mentre “Alala!” è il grido di vittoria dei greci perché per qualsiasi nuovo futuro, prima di tutto, occorre crederci e avere fiducia. In epoca moderna, il termine fu ripreso da Gabriele D’Annunzio per coniare il celebre incitativo “Eia! Eia! Eia! Alalà!” quale grido di esultanza degli aviatori italiani che parteciparono all’incursione di Cattaro nel 1917, durante la prima guerra mondiale. Il Vate aggiunse “Eia!” che era il grido con cui, secondo una tradizione, Alessandro Magno era solito incitare il suo cavallo Bucefalo. Il motto fu poi usato anche dai Granatieri di Sardegna ribelli che seguirono D’Annunzio nell’Impresa di Fiume del 1919, infine, fu adottato dal Fascismo quale grido collettivo d’esultanza o incitamento. Declinò rapidamente dopo la caduta del fascismo. Per ovvi motivi, il mio rispolverarlo ha il significato di non gettare con l’acqua anche il bambino, ogni epoca anche se molto tragica, qualcosa di buono ce l’ha… si tratta di dividere il grano dal loglio. Per la scultura femminile da inserire nell’opera sono stata assai titubante! Per un ritorno all’ordine e all’antico avrei dovuto inserire “La Venere de’ Medici”, una statua greca ellenistica originale in marmo, databile alla fine del I secolo a.C. e conservata nella Tribuna della Galleria degli Uffizi. Oppure, la Venere Italica dello scultore neoclassico Antonio Canova, realizzata nel 1819, che si trova alla Galleria Palatina di Firenze. Ma, ho preferito questa Venere perché per il mio sentire è il giusto equilibrio tra il dionisiaco e l’apollineo. Il Trono Ludovisi è un trittico marmoreo databile al 460-450 a.C. (sebbene esistano al riguardo anche altre ipotesi, Federico Zeri sosteneva che era un falso ottocentesco) e conservato nel Museo nazionale romano di Palazzo Altemps a Roma. L’opera fu rinvenuta a Roma nel 1887 durante i lavori di lottizzazione della Villa Ludovisi, nell’area corrispondente agli antichi Horti Sallustiani, nei pressi del tempio della Venere Erycina, dove anni prima erano stati ritrovati anche il Galata morente e il Galata suicida, tutte opere di straordinaria importanza e bellezza. Il Trono Ludovisi è un trittico marmoreo che raffigura, ai lati, una flautista nuda e una figura di donna ammantata e al centro vi è Venere coperta da un chitone delicatamente panneggiato, dai seni tremolanti. Si appoggia a due figure femminili che la stanno aiutando a fuoriuscire dall’acqua, è intrisa di acqua, di luce e di erotismo. Sono affezionata moltissimo a questa Venere, trovandosi a Ravenna, al Museo d’Arte della città di Ravenna, una copia in gesso, che si incontra salendo le scale del primo piano.