Cara Paola, hai desiderato essere la cicogna sul tetto ed ecco che hai veramente fatto involare ciò che si trovava nella mia memoria insieme ad altre cose “blu”, ma non sepolte perché contavo che “resuscitassero”. È questa una tua mirabile opera da “mercurio filosofale”, che vale come commemorazione del mio “giorno della memoria” che segue quello trascorso da poco. Tu hai prefigurato una mia visione notturna che si ripeteva spesso di quand’ero ragazzetto di 8, 9 anni. A quel tempo trascorrevo molto tempo a casa dei miei nonni paterni a Sala di Caserta che si trova a ridosso del parco della Reggia nota in tutto il mondo. Immagina che al posto delle case della tua illustrazione, che per me valgono come un lager, ci sia un bosco intricato del tutto simile a quello poco distante dalla casa dei miei nonni suddetto. Nello stesso punto c’era un ponte distrutto da una bomba a causa della guerra di quel tempo. Ecco io mi ritrovavo per aria e sorvolavo le cime del bosco. E poi la poesia di Antonia Pozzi perfeziona veramente, ben più di una pudica mamma, ogni cosa di quel triste periodo, eppur relativamente felice come di un trasognato in me. In lei intravedo la mia cara nonna Luisa che stravedeva per me prediligendomi a tutti gli altri nipoti. Ora mi sovviene questa poesia fatta diversi anni fa e che dedicai a lei.
A te cara nonna Gina
Segreto scrigno d’una mitica infanzia. Vaghi ricordi d’innocenza mestizia; trasognate incerte gioie d’un giocar. Costruir giunche con fragili legni e, poi sospinger mollemente. Parea d’esser in lontano mar felice e pesci qua e là, ma il tempo... il tempo non era in me.
«La signorina...la signorina! I riflettori s’intlecciano!» Là sul terrazzo accanto: è quel che resta ancor vivo in me di semplice e di puro di una notte mortale. Sono il Tanino tuo, ma forse era un altro che vedevi in me. Ti amava tanto da morire!
Ero un bimbo di pochi anni ed era scoppiata la guerra. Quei riflettori, che si vedevano in lontananza, erano della contraerea che fronteggiava l’incursione degli aerei degli alleati su Napoli. Il luogo dove mi trovavo era un paesino non tanto distante da Caserta, Sala, dove viveva la nonna Luisa, come già detto. «La signorina», che mi teneva in braccio, era zia Angelina, la fidanzata di zio Mimì figlio di seconde nozze della nonna Luisa. Zio Mimì, nel frattempo fatto prigioniero dai tedeschi, al rientro dalla Germania a fine guerra sposa zia Angelina. Più grandicello (a nove anni) stavo spesso presso la casa di nonna Luisa, e passavo il tempo, fra altre cose, a «costruir giunche con fragili legni» come dico nella poesia, appunto. Perché proprio «giunche» e non barchette o velieri? Perché era come se vivessi col pensiero in un luogo lontano non precisabile, come quello della Cina con le sue caratteristiche giunche, appunto, così lontana, idealmente fuori dal mondo. Forse ero quel bambino imperatore prigioniero nella sua stessa reggia, la città proibita. Ma è un mio stato trasognato, frutto di riflessione fatto da grande, che ancora permane in me, e che mi fa sentire come fuori dal tempo. Nella conclusione della poesia trapela un altro «Tanino» che si riferisce al primo marito della nonna Luisa, mio nonno paterno Gaetano (Tanino come me) che dopo due anni di matrimonio in seguito ad una polmonite, morì prematuramente lasciando l'infelice sposa con due figli infanti da accudire, Francesco e mio padre Ettore. Ma poi si risposò, come già detto.
Quel bambino, ora ti abbraccia per averlo reso felice, almeno per un attimo che vale l'eternità, gaetano
Sono felice che il mio omaggio ti sia piaciuto. All' improvviso ieri mi è venuto voglia di fare quel disegno per te, mi è venuto in mente Chagall e mi sono detta che sarebbe andato bene per te, accanto hai un' anatra, sarei io, che quando tu arrivi mi fai "svolazzare", chissà se un giorno riuscirò a volare .Il colore doveva e poteva essere solo il blù il perchè non lo so. Sono strafelice che la poesia ti sia parsa consona. Un abbraccio. Paola.
Grazie Annarita un abbraccio pure a te. E' una stana amicizia fatta di abbracci virtuali e di parole ma io mi sono affezionata e vi considero amici veri non virtuali.
Cara Teo il web e' anche questo: io e Gaetano ci siamo introdotti nel tuo blog e poi abbiamo trasferito il dibattito nel mio http://utilizerapagain,blogspot.com Tu scrivi, riuspondendo ad Annarita e Gaetano, "E' una strana amicizia fatta di abbracci virtuali e di parole ma io mi sono affezionata e vi considero amici veri non virtuali". Con Gaetano cerchiamo di dimostrare che il nostro incontro virtuale non e' poi tanto ''virtuale" in quanto accresce le nostre interiori potenzialita'. Vale
E' vero che accresce le nostre interiori potenzialità, però viene voglia di farsi un abbraccio vero.Come hai detto tu una volta a Gaetano , trovarsi tutti davanti ad un camino, magari con una buona cena ed un buon bicchiere di vino e parlare, parlare, parlare. D' estate quando è a casa anche mio figlio , facciamo tavolate all' aperto dove si finisce un po' brilli, e dopo l' immancabile partita a carte si finisce col parlare sino alle ore piccole delle cose più assurde.Ecco mi piacerebbe che fosse possibile invitare anche Piero, Pier Luigi, Gaetano , Annarita coi loro amici.Un abbraccio cumulativo ( ho rubato l' aggettivo ad Annarita)
8 commenti:
Cara Paola,
hai desiderato essere la cicogna sul tetto ed ecco che hai veramente fatto involare ciò che si trovava nella mia memoria insieme ad altre cose “blu”, ma non sepolte perché contavo che “resuscitassero”.
È questa una tua mirabile opera da “mercurio filosofale”, che vale come commemorazione del mio “giorno della memoria” che segue quello trascorso da poco.
Tu hai prefigurato una mia visione notturna che si ripeteva spesso di quand’ero ragazzetto di 8, 9 anni. A quel tempo trascorrevo molto tempo a casa dei miei nonni paterni a Sala di Caserta che si trova a ridosso del parco della Reggia nota in tutto il mondo. Immagina che al posto delle case della tua illustrazione, che per me valgono come un lager, ci sia un bosco intricato del tutto simile a quello poco distante dalla casa dei miei nonni suddetto. Nello stesso punto c’era un ponte distrutto da una bomba a causa della guerra di quel tempo. Ecco io mi ritrovavo per aria e sorvolavo le cime del bosco.
E poi la poesia di Antonia Pozzi perfeziona veramente, ben più di una pudica mamma, ogni cosa di quel triste periodo, eppur relativamente felice come di un trasognato in me. In lei intravedo la mia cara nonna Luisa che stravedeva per me prediligendomi a tutti gli altri nipoti.
Ora mi sovviene questa poesia fatta diversi anni fa e che dedicai a lei.
A te cara nonna Gina
Segreto scrigno d’una mitica infanzia.
Vaghi ricordi d’innocenza mestizia;
trasognate incerte gioie d’un giocar.
Costruir giunche con fragili legni
e, poi sospinger mollemente.
Parea d’esser in lontano mar felice
e pesci qua e là, ma il tempo...
il tempo non era in me.
«La signorina...la signorina!
I riflettori s’intlecciano!»
Là sul terrazzo accanto: è
quel che resta ancor vivo in me
di semplice e di puro
di una notte mortale.
Sono il Tanino tuo, ma forse
era un altro che vedevi in me.
Ti amava tanto da morire!
Ero un bimbo di pochi anni ed era scoppiata la guerra. Quei riflettori, che si vedevano in lontananza, erano della contraerea che fronteggiava l’incursione degli aerei degli alleati su Napoli. Il luogo dove mi trovavo era un paesino non tanto distante da Caserta, Sala, dove viveva la nonna Luisa, come già detto. «La signorina», che mi teneva in braccio, era zia Angelina, la fidanzata di zio Mimì figlio di seconde nozze della nonna Luisa. Zio Mimì, nel frattempo fatto prigioniero dai tedeschi, al rientro dalla Germania a fine guerra sposa zia Angelina. Più grandicello (a nove anni) stavo spesso presso la casa di nonna Luisa, e passavo il tempo, fra altre cose, a «costruir giunche con fragili legni» come dico nella poesia, appunto. Perché proprio «giunche» e non barchette o velieri? Perché era come se vivessi col pensiero in un luogo lontano non precisabile, come quello della Cina con le sue caratteristiche giunche, appunto, così lontana, idealmente fuori dal mondo. Forse ero quel bambino imperatore prigioniero nella sua stessa reggia, la città proibita. Ma è un mio stato trasognato, frutto di riflessione fatto da grande, che ancora permane in me, e che mi fa sentire come fuori dal tempo. Nella conclusione della poesia trapela un altro «Tanino» che si riferisce al primo marito della nonna Luisa, mio nonno paterno Gaetano (Tanino come me) che dopo due anni di matrimonio in seguito ad una polmonite, morì prematuramente lasciando l'infelice sposa con due figli infanti da accudire, Francesco e mio padre Ettore. Ma poi si risposò, come già detto.
Quel bambino, ora ti abbraccia per averlo reso felice, almeno per un attimo che vale l'eternità,
gaetano
Sono felice che il mio omaggio ti sia piaciuto. All' improvviso ieri mi è venuto voglia di fare quel disegno per te, mi è venuto in mente Chagall e mi sono detta che sarebbe andato bene per te, accanto hai un' anatra, sarei io, che quando tu arrivi mi fai "svolazzare", chissà se un giorno riuscirò a volare .Il colore doveva e poteva essere solo il blù il perchè non lo so. Sono strafelice che la poesia ti sia parsa consona. Un abbraccio. Paola.
Pensiero squisito, Paola! Il disegno è azzeccato e molto suggestivo insieme ai versi scelti.
Un abbraccio cumulativo.
annarita
Perché blu? Vai da Pier Luigi a questo link "'A "Tiana" di Gaetano Barbella e otterrai la risposta.
Gaetano
Grazie Annarita un abbraccio pure a te. E' una stana amicizia fatta di abbracci virtuali e di parole ma io mi sono affezionata e vi considero amici veri non virtuali.
La poesia, il disegno e tutto il commento di Gaetano sono davvero pieni di vita.
Non servono molte parole. E' bello, tutto questo.
Il disegno mi ricorda qualcosa di Matisse, per la leggerezza ed il colore blu, e molto di Chagall - vai a questa panoramica google:
http://images.google.it/images?hl=it&sa=3&q=chagall
Beh? Non respiri più? Sei rimasta senza parole?
Cara Teo il web e' anche questo: io e Gaetano ci siamo introdotti nel tuo blog e poi abbiamo trasferito il dibattito nel mio
http://utilizerapagain,blogspot.com
Tu scrivi, riuspondendo ad Annarita e Gaetano, "E' una strana amicizia fatta di abbracci virtuali e di parole ma io mi sono affezionata e vi considero amici veri non virtuali".
Con Gaetano cerchiamo di dimostrare che il nostro incontro virtuale non e' poi tanto ''virtuale" in quanto accresce le nostre interiori potenzialita'.
Vale
E' vero che accresce le nostre interiori potenzialità, però viene voglia di farsi un abbraccio vero.Come hai detto tu una volta a Gaetano , trovarsi tutti davanti ad un camino, magari con una buona cena ed un buon bicchiere di vino e parlare, parlare, parlare. D' estate quando è a casa anche mio figlio , facciamo tavolate all' aperto dove si finisce un po' brilli, e dopo l' immancabile partita a carte si finisce col parlare sino alle ore piccole delle cose più assurde.Ecco mi piacerebbe che fosse possibile invitare anche Piero, Pier Luigi, Gaetano , Annarita coi loro amici.Un abbraccio cumulativo ( ho rubato l' aggettivo ad Annarita)
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