L' 11 ottobre del 1910 uscì, a cura del romagnolo Francesco Balilla Pratella il MANIFESTO DEI MUSICISTI FUTURISTI.
" Io mi rivolgo ai giovani. Essi solo mi dovranno ascoltare e mi potranno comprendere.C'è chi nasce vecchio, spettro bavoso del passato, crittogama tumida di veleni: a costoro, non parole, nè idee, ma una imposizione unica:fine.
Io mi rivolgo ai giovani necessariamente assetati di cose nuove, presenti e vive. Mi seguano dunque essi, fidenti e arditi, per le vie del futuro, dove già i miei, i nostri intrepidi fratelli, poeti e pittori futuristi, gloriosamente ci precedono, belli di violenza, audaci di ribellione e luminosi di genio animatore."
Non ricordano queste parole una canzone di Vasco Rossi di anni fa: " Una vita spericolata"? Oggi Vasco con
Manifesto futurista della nuova umanità e soprattutto con il singolo " I Soliti"unisce tutti quelli che si sentono anomali e diversi dall' omologazione imperante odierna...grazie Vasco perchè
noi siamo liberi, liberi, liberi di volare...siamo liberi, liberi, liberi di sbagliare! immagine di Teoderica
4 commenti:
Ciao Paola..
.....il futurismo è in ogni attimo della vita di ognuno di noi. Per me è sempre esistito. Poi è arrivato il momento che fosse riconosciuto a dimensione di massa planetaria. C'è chi lo riconosce, chi non lo riconosce o non vuole riconoscerlo. C'è poi chi, fortunatamente, lo prende per mano per vivere.
Io mi sento uno de "I Soliti", me lo ha sempre detto il cuore con i battiti che impazziscono, con diverse tonalità, ogni volta che volo per un sentimento o per qualcos'altro.
Un beso nel presente e per ogni presente.
Buona metà settimana :-))
Paolè, ma anche il futurismo nasce vecchio.
Qualche decennio prima, c'erano gli scapigliati milanesi.
Pratella si rivolge a quelli di quella generazione quando li apostrofa:
"...vecchio, spettro bavoso del passato, crittogama tumida di veleni: a costoro, non parole, nè idee, ma una imposizione unica:fine".
Ma quelli, ai loro tempi avevano scritto cosi, dei loro vecchi:
Noi siamo i figli dei padri ammalati;
aquile al tempo di mutar le piume,
svolazziam muti, attoniti, affamati ,
sull’agonia di un nume .
Nebbia remota è lo splendor dell’arca,
e già dall’idolo d’or torna l’umano,
e dal vertice sacro il patriarca
s’attende invano;
s’attende invano dalla musa bianca
che abitò venti secoli il Calvario,
e invan l’esausta vergine s’abbranca
ai lembi del Sudario…
Casto poeta che l’Italia adora,
vegliardo in sante visioni assorto,
tu puoi morir!…degli antecristi è l’ora!
Cristo è rimorto!-
O nemico lettor, canto la Noja,
l’eredità del dubbio e dell’ignoto;
il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boja,
il tuo cielo e il tuo loto!
Canto litane di martire e d’empio;
canto gli amori dei sette peccati
che mi stanno nel cor, come in un tempio
inginocchiati.
Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro,
Non irrider, fratello, al mio sussurro
Se qualche volta piango,
giacché più del mio pallido demone
Odio il minio e la maschera al pensiero,
giacché canto una misera canzone,
ma canto il vero!
(Emilio Praga - Preludio - da PENOMBRE; 1864)
Molto dei Guccini e dei Vasco stanno già in questi versi.
Un abbraccio, Paolè,
Piero
Caro Cosimo,
c'è sempre chi non si sente a suo agio nell'oggi, c'è chi li ha chiamati futuristi chi con altri nomi, Vasco li chiama i soliti ed è quello che si avvicina di più...i soliti in ogni epoca che non si adattano alla società ed alle regole.
Un abbraccio futurista.
No Piero, Pratella non era tanto giovane quando scrisse ciò, lui si rivolge a chi è vecchio dentro a chi non ce la fa ad andare contro le regole, non a chi è giovane di età o almeno non solo a loro, anche se devo riconoscere che lo spirito, l' ardore si perde con gli anni...io l' ho rimasto e tu?
Ricorda lo si deve essere con i fatti e non con le parole.
Un abbraccio futurista.
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