Ricordo che il 31 di gennaio, faceva un freddo cane, mi ero imbottita di vestiti, un abito giallo in lana d'angora che metto quando ho particolarmente freddo, stivali, calze di lana, piumino lungo e mantella di lana sopra, nonostante ciò ricordo il freddo sferzante, soprattutto le orecchie e il naso rosso infuocati di gelo, ero andata a Forlì a portare un mio quadro per una mostra collettiva.
L'aria immobile e allo stesso tempo con raffiche di vento tagliente, era grigia, grigia, quasi mi ricordava la descrizione dell'eruzione di Pompei, quando c'è la tempesta di cenere prima della colata della lava, se non fosse per il freddo cane, anzi freddo da lupo.
A volte si vedeva qualche fiocco di neve, pensavo non nevica per il troppo freddo.
Questo succedeva la mattina, il pomeriggio iniziò a nevicare, quasi per scherzo, sembrava che dovesse smettere da un momento all'altro, invece non smetteva mai, ed io non ricordo altro se non che la mattina del 1 febbraio, continuava ancora a nevicare ed io ero sepolta dalla neve.
Abito in campagna, in una casa con attorno abbastanza terreno, per uscire devo spalare neve per una cinquantina di metri, oltrettutto in salita.
Per fortuna la neve era leggera, a volte è più umida e quindi più pesante, e in poco tempo mi feci una stradina larga poco più di 20 centimetri.
Assolutamente impossibile pensare di uscire con l'auto, mi ci volle una settimana di duro lavoro di braccia, per spalare tutta quella neve e senza l'aiuto di mio marito non ce l'avrei mai fatta.
In questi frangenti mi riconosco come sesso debole.
Causa tutto quello spalare neve ho sofferto per tutto l'anno di mal di schiena, ancora ricordo l'impotenza che provavo tutte le volte che spalavo, sembrava che svuotassi il mare col secchiello.
Il panorama era da fine del mondo eppure c'era un fascino sottile, una bellezza incantata, da fiaba, i rumori attutiti facevano trillare le risate che spontaneamente salivano alle labbra, i brividi del freddo si tramutavano in scoppi di riso per la prima volta nella mia vita, mi sono divertita con la neve.
Per la prima volta nella mia vita ho giocato con la neve e costruito un pupazzo e le palate mi hanno fatto sorridere io che le ho sempre odiate perchè sono dolorose e fredde.
La neve l'ho sempre paragonata alla morte...forse ho meno paura della signora con la falce...forse.
immagine: il mio pupazzo di neve con in una mano un ferro di cavallo e nell'altro un legno biforcuto
4 commenti:
O donna o uomo, quelli con la falce vogliono dire comunismo. Ovvero morte e miseria. Infatti la falce e martello erano una versione riveduta, modificata e colorata di rosso della svastica nera.
Decisamente meglio il tuo pupazzo di neve, oltretutto quel 31 gennaio l'ho scampata bella, in treno tornavo da Milano, anticipando di pochissime ore la neve romagnola e non.
Un beso
Per fortuna che quest anno il tempo in Romagna è stato assai clemente.
Ciao Cosimo
Stamani qui ...19°
:-))
Ma che bellissima pagina di apertura!
C o m p l i m e n t i, Paola:-))
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