
Fra tanti cani un gatto.
Era stato trovato piccolo e spaurito, con una zampa rotta, lungo il fiume Ronco.
Per questo il suo nome fu Bronco.
Bronco era un amore di gatto.
Grande era lo stupore del vicinato per questo gatto, che stava in mezzo ai cani e strusciava le gambe a tutti.
Ci fu chi a suon di croccantini lo viziò.
Lasciò così la sua casa sempre più spesso, andando ramingo fra le case vicine che se lo contendevano a suon di agi.
Qualche volta tornava alla vecchia magione, grasso inquartato, ti strusciava le gambe e se ne andava via.
E poi.
E poi le vicine ti dissero: - Bronco non si vede più, perché lo tieni chiuso in casa ? Era la nostra sola compagnia-.
-Ma Bronco, non lo vedo più neanch’ io -.
Dov’ era Bronco?
Lo trovasti in una colonia di gatti selvatici che viveva nell’ oasi incontaminata del paese.
Non volle saperne di tornare a casa.
Ma un giorno tornò, mesto, dolorante e maciullato.
Il veterinario disse:- Meglio fargli un’ iniezione pietosa-.
- No, io lo curerò-.
Così Bronco campò per un altro mese fra dolori indicibili, poi, poi, poi.
Tutto finito.
Qualche tempo dopo ti dissero che Bronco non era morto per le ferite dovute alla lotta fra gatti, come tu credevi.
L’ ortolano lo aveva lapidato con pietre e sassi perché andava a rovinare l’ insalata.
Il racconto è frutto di fantasia. Eventuali somiglianze a fatti realmente accaduti sono puramente casuali.
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Andiamo per gradi. Io abito a ridosso dei Ronchi, un declivio montuoso a nord-est verso cui si estende Brescia. E se qualcuno mi "trovasse", come per il gatto sperduto del racconto, potrebbe anche chiamarmi Bronco, considerato che il mio cognome comincia con B. Ma, chissà, nulla di tanto sballato perché a volte siamo veramente in brache di tela nella speranza di soccorsi... Che significa questo? Boh! Diciamo che è un segno per un immaginario approccio con il racconto del gatto Bronco. Se non altro serve per arricchire un commento e/o anche per prendere tempo, come quando si dice "allora"..."allora", finché arrivano le parole giuste (ma è da evitare assolutamente, salvo a inventare qualcosa divagando piacevolmente, un modo assai accattivante). Allora da dove si parte? Perché se per molti, che leggono la storiella di Bronco, questa non dice nulla da poter rilevare, salvo a dire a Paola Tassinari, che si è smazzata a proporla agli avventori del suo blog, "bene", "brava", "bis", non senza baci e baciotti, e così via, per chi è avido di sapere, per chi è curioso a morte, beh! c'è l'imbarazzo della scelta per trovare i giusti "numeri". E da buoni matematici si tratta di estrapolarli e trovare semplicemente il loro M.C.D. e m.c.d. e servirsene. Per capire, consiglio da andare dalla prof. Annarita Ruberto, qui. Naturalmente qui i numeri, intesi in modo traslato, sono le cose che maggiormente risaltano, che colpiscono la nostra immaginazione, e sono queste a farci ragionare per arrivare a delle illuminazioni che a volte servono personalmente e non tanto per chi ha proposto il racconto di Bronco - mettiamo - o altri. Non solo ma può capitare che la percezione straordinaria, che vale magari anche per altri, ci pervenga come accade per il suono. Infatti si verifica che producendo due note musicali se ne produce un'altra di frequenza data dalla differenza tra le due frequenze originarie. Anche qui, per capire consiglio di andare ancora dalla prof. Annarita Ruberto, qui, e leggere attentamente i miei due commenti al suo post. Può essere che qualcuno dica a Paola, scherzando, che il suo scritto è come un animale senza testa e senza coda, come a dire non c'è nulla da capire e basta. Invece la testa c'è ed è quella dell’ortolano che lo aveva lapidato con pietre e sassi perché andava a rovinare l’insalata, la causa malis. E c'è anche la coda, ben in vista e in primo piano, quella disegnata da Paola. Un bel nove che fa da emblema al corpo del gatto tutto avvolto in bende. Ecco il nostro Bronco raffigurato come l'evangelico Lazzaro che attende l'arrivo del suo salvatore da morte, Gesù. Ed è lo stesso che poteva fermare la mano assassina dell'ortolano, così come fece per l'adultera del Vangelo di Giovanni apostolo. Sul numero nove c'è tanto da dire e Paola deve saperne per aver disegnato quella coda così ben in evidenza. Nove è il numero dei numeri. Enumerare si dice anche annoverare. Dante, nella Vita Nova, menziona nove volte il numero Nove, trattando del mistero della Trinità (3x3=9). Egli ha conosciuto Beatrice a 9 anni e le ha dedicato la prima poesia a 18 (9x2). Più tardi suddividerà la Divina Commedia in 99 canti (più 1 proemio) e la concluderà con l'ascesa dei 9 cieli del Paradiso. Il Nove si collega al fondamento, la base su cui poggiano le cose. E' il numero dell'iniziato, la perfezione del tre elevato a potenza, simbolo di protezione divina, dell'ideale, di tutto quanto è lontano: l'estero, la religione, la ricerca spirituale.
Arrivati a questo punto sorge il dilemma sul gatto che è poi tanto caro agli esoteristi, quasi a stimarlo una possibile loro realtà mediatica. E qui può essere che si ferma la visione cosciente di Paola, autrice del disegno qui esposto. Nel senso che non le è chiaro il senso di tutto ciò nella sua profondità. E più specificamente, che non ha modo di sentire il "terzo suono", riferendomi a quanto suddetto sulla percezione di due note musicali. Dico il vero, ammettendo che anch'io, almeno fino a pochi momenti fa, non percepivo l'argomentato "terzo suono", ma ora forse sì. Il gatto Bronco, che andava d'accordo con i cani (fatto considerevole), emblemizzerebbe l'uomo da venire, quello di nuova generazione. Una sorta di gatto con gli stivali della famosa favola. Egli non avversa i nemici ma li "ama" (i cani) ed è anche l'esortazione predicata da Gesù. Ma è anche 'evangelica pecora fuoruscita dal gregge tanto ricercata dal buon pastore che lascia le novantanove pecore a tal fine. L'uscita dal gregge della centesima pecora (che viene dopo il numero 99 è in relazione col 9 che si è interpretato prima) è come l'uscita di Adamo ed Eva dall'Eden (il gregge) ma a causa dell'aver mangiato il frutto dell'albero della scienza del bene e del male, un fatto saliente raccontato nella Bibbia. Di qui la relazione con il gatto Bronco (o l'ipotetico uomo di nuova generazione) che è stato sorpreso dall'ortolano mentre mangiava l'insalata del suo orto e così meritarsi la lapidazione. Con Adamo ed Eva della Bibbia, il frutto proibito è servito a farli evolvere. Diremo all'azzardo che l'uomo, che si trovava ad un tratto sulla Terra a lui estranea perché appena scacciato dal giardino edenico in cui stava come un pascià, si riduce a vivere da primitivo nelle caverne e senza un briciolo di cognizioni intellettive. Era come una scimmia, secondo le teorie di Darwin che sappiamo, e poi man mano si è evoluto. Dunque una buona cosa il frutto proibito anche se a danno di una coscienza spirituale decaduta, ma doveva essere così per il suo bene. Potremo intuire, a questo punto, che il frutto proibito sia la stessa spiritualità come votata al sacrificio per il bene degli uomini. In seguito vedremo che questo sacrificio è posto in atto visibilmente con il sacrificio corporale di Gesù. Nell'ultima cena, Gesù celebra il rituale, da perpetuarsi dai suoi apostoli, di mangiare il pane e il vino, il corpo e il sangue suo. Dunque due frutti del mondo vegetale, il grano e l'uva, notate bene... E siamo così giunti al legame con la storiella del gatto Bronco che mangia anche lui, inconsapevolmente (nella sua innocenza), l'insalata dell'orto, un vegetale pure questo, ma è una cosa che non doveva fare e finisce quasi ammazzato. Nulla fare, il gatto poi muore fra atroci dolori, ma il Gatto-Lazzaro disegnato del disegno ci fa sperare nella sua resurrezione. In realtà il sacrificio è del mondo vegetale e, dunque delle spiritualità che lo governano, diremo gli Avatara. Ma questa è una nuova e avvincente storia dal titolo L'ALGEBRA RISOLUTRICE NELL'APOCALISSE DEL "NOCINO" DELLA PROVVIDENZA che ho scritto e che è stata pubblicata tempo addietro. Leggete qui. Gaetano