MARIA
Nata alla fine del milleottocento.
Tempi duri per le donne quelli.
Gli uomini sono alla guerra e a loro tocca portare avanti la famiglia da sole.
Per quelle in età da marito la scelta è parca. Alla fine della prima guerra mondiale sono rimasti pochi uomini e dei superstiti parecchi sono menomati.
A Maria non importa di rimanere zittella.
Ma il giorno della fiera, conosce un giovanotto che sa leggere il giornale.
Per Maria fu amore.
Il giovanotto, lei che non sa leggere e non sa scrivere, la incanta con i racconti che legge dai libri.
Maria le belle favole le aveva ascoltate solo in chiesa, ora scopre nuove maniere per sognare.
Si sposa.
Ha otto figli, quattro maschi, quattro femmine.
Figli partoriti al lavoro e tirati su nel rispetto delle leggi e della chiesa.
Ha una nidiata di nipoti.
Nipoti che l' abbracciano come Anteo con la madre Terra.
A sessant' anni impara a leggere e scrivere. La Parrocchia aveva ricevuto dei fondi dal Comune per organizzare dei corsi per la licenza elementare. Le chiesero di aderire per far sì di raggiungere il numero minimo degli iscritti richiesti.Lei accettò. Realizzò il sogno più recondito e desiderato solo per generosità, mai avrebbe chiesto qualcosa solo per lei.
Un ictus la colpì, pochi anni in carrozzella, poi morì a Firenze.
Maria siedi alla destra del Figlio.
Il racconto è frutto di fantasia. Eventuali somiglianze a fatti realmente accaduti sono puramente casuali.
13 commenti:
Un racconto dolce e triste, questo di Maria.
Una Maria eroica e tenace, tenera e resa dura dalla vita e dalla guerra, che è come dire dalla vita e dalla morte.
Ma chi si chiama con quel nome forse ha un destino speciale. E il destino non avvisa quando decide che è giunto il momento di compiersi.
Così, con la facoltà lettura per Maria si apre il mondo magico da cui era stata esclusa per una vita.
Perchè, si sa, le favole, le storie, le magie, che si possono trovare dentro i segni delle parole hanno una potenza infinita.
Ma il destino forse non si è compiuto interamente quel giorno in cui Maria ha graffiato la sua prima parola intera sul marmo nero di una lavagna, nella sacrestia della parrocchia.
Forse il destino aveva ancora una pretesa esosa da riscuotere.
E l'ha esatta il giorno in cui ha mietuto la vita di Maria.
Bella e triste storia, Paola mia, quella che hai raccontato attraverso i magici segni che hai tracciato nell'etere bianco del tuo disegno.
Cuori e fiori e tratti verdi come steli teneri d'erba.
Una forma di chiocciola estesa come il destino di Maria, contorto ed involuto come quella povera esistenza.
Ma reso eterno e senza fine dai tuoi segni magici.
E quello sfondo bianco come l'aria pura, cristallino come il ghiaccio, candido come il velo di una sposa, anche quello sfondo vergineo è come la pagina dove si è scritto il destino di Maria, pronto ad accogliere e cullare i segni dell'amore che tracciano la traiettoria spiraliforme di quella vita proiettata nel mondo dell'amore.
Bella storia, Paola. Anche se un pò malinconica.
Ma lo sai, quel velo mi piace.
Caro Piero, il tuo commento mi ha dato un brivido di piacere, tu hai capito che il mio amore per Maria, era mia nonna, l' ho riversato nel disegno, quello che ho saputo fare, quel poco che ho potuto per ricordarla è in quella spirale d' amore, ricoperta di pratoline, dove il suo cuore grande, all' inizio della spirale, è legato al mio piccolo cuore che si trova alla fine della spirale, il tutto immerso nel bianco, il bianco della morte, ma anche della somma di tutti i colori , quindi di un qualcosa che non conosciamo e che magari sarà come il bianco, ha tutti i colori ma non ne percepiamo nessuno........nei giorni dell' adolescenza, quando si pensa spesso alla morte, mi era di conforto il sapere con certezza che la mia nonna mi avrebbe accolta a braccia aperte ed aiutato, così come mi aveva aiutato da piccola, mi avrebbe aiutato nel mondo dove ora è.
Come vedi il velo di tristezza c'è.
Ciao Piero, grazie del commento, grazie soprattutto per aver capito il disegno.
Grande Paola,
che bello questo scritto, quanta dolcezza e tristezza insieme, mi hai fatto pensare alla mia nonna che ho perso quando aveva 8 anni, era il mio punto di riferimento, la mia dea dagli occhi luminosi, sempre pronta a comprendere e a sacrificarsi per chi amava. Ti farò avere in privato la una delle tante poesie che per lei ho scritto, sempre se ti fa piacere e se mi fai avere la tua mail, sono poesie che mi piace condividere con pochi.
Ciao bella buona domenica.
Sara, ti ringrazio tanto del pensiero gentile che hai avuto, ora vengo da te per darti la mia e-mail........come un incontro fra le nostre due nonne tanto amate dalle loro nipoti.
Ciao e baciolotto.
Anche mia nonna è nata alla fine dell'ottocento in cui nascevano militi anche in gonnella.
"Militi ignoti" nel nostro caso appartenendo ad un mondo nostalgico di penombra e non fulgido quale fari per le doti mostrate nel mondo della cultura, della scienza, nella politica e quant'altro.
Tuttavia c'è sempre un cuore di una figlia o figlio, di una nipote o nipote e in mancanza, di un'estranea o estraneo, come per quella "maestra Anna"del post precedente, che ne assicura la memoria nel tempo.
A mia nonna che mi prediligeva in modo speciale, facendo ingelosire gli altri nipoti che erano tanti, ho dedicato alcuni scritti, ma in quest'occasione mi intenerisce il cuore declamando questa umile e semplice poesia dedicata a lei, nonna Luisa.
Grazie cara Paola di avermene dato l'occasione con la memoria della tua cara nonna che mi ha toccato il cuore.
Sono il Tanino tuo!
Segreto scrigno d'una mitica infanzia.
Vaghi ricordi d'innocenza mestizia;
trasognate incerte gioie d'un giocar.
Costruir giunche con fragili legni,
e poi... sospinger mollemente.
Parea d'esser in lontano mar felice
e pesci qua e là, ma il tempo...
il tempo non era in me.
«La signorina... la signorina,
I riflettori s'intlecciano!»
Là sul terrazzo accanto:
è ciò che resta ancor vivo in me
di semplice e puro di una notte mortale.
«Sono il Tanino tuo»! Ma forse
era un altro che vedevi in me e
che ti amava tanto da morire...
Al quel «tempo» ero un bimbo di pochi anni ed era scoppiata la guerra. Quei riflettori in lontananza erano della contraerea per
l'incursione di aerei americani su Napoli vista da un paesino di Caserta, Sala. Qui viveva la nonna Luisa, che il nonno Gaetano, familiarmente chiamato Tanino come me suo primo nipote.
«La signorina», che mi teneva in braccio, era zia Angelina, la allora fidanzata di zio Mimì figlio di seconde nozze della nonna Luisa.
Zia Angelina a fine guerra sposo zio Mimì, nel frattempo fatto prigioniero dai tedeschi e poi rientrato a fine guerra dalla Germania.
Più grandicello (a nove anni) sono vissuto con frequenza alla suddetta Sala di Caserta presso la nonna Luisa e passavo il tempo, fra altre cose, a «costruir giunche con fragili legni» appunto.
Cari abbracci,
Gaetano
Chiedo venia per questa frase non corretta (cose che capitano) che sostituisco:
"Qui viveva la nonna Luisa, che il nonno Gaetano, familiarmente chiamato Tanino come me suo primo nipote".
"Qui viveva la nonna Luisa vedova del nonno Gaetano, familiarmente chiamato Tanino come me suo primo nipote".
Gaetano
Caro Gaetano, lacrime scendono mentre leggo la tua poesia, quanto ti avrà amato la tua nonna, in te avrà rivisto il suo Gaetano,avrà pensato...la sorte in fondo non è stata cattiva con me, mi ha tolto Gaetano ma mi ha dato Tanino e per questo ti preferiva agli altri non importandosene di non farlo vedere agli altri nipoti.Forse ti chiedeva:"Chi sei tu?" e tu rispondevi: " Sono il tuo Tanino" e lei sarà stata tanto felice in quell' attimo. Tuo nonno doveva essere una gran persona, la lettera meravigliosa che scrisse alla tua nonna mi rammenta "Il Cantico dei Cantici", tuo nonno sicuramente aveva una sensibilità accentuata, e tua nonna questo lo vedeva bene in te......perchè Gaetano, non è retorica, tu mi hai insegnato tante cose, ma sempre con rispetto, non deridendo mai le mie a volte schiocche domande, sempre attento a non ferirmi,sempre pronto a scherzare e a ironizzare, insomma sembra quasi che tu mi legga nel pensiero, meglio di quanto possa farlo io.
Io non so se ero la preferita della nonna,lei non faceva differenze,ma io ero l' unica che le stava attccata come un francobollo,e per questo so cose di lei che neanche i figli sanno o ricordano..........sai la nonna non sapeva andare in bicicletta, aveva il triciclo, il mercoledì andava al mercato col triciclo per vendere i conigli, tornava con un sacchettino di quadratini gialli e rossi, che nascondeva in alto, solo io sapevo dove li nascondeva, lei mi diceva :" Non li mangiare, sono le mie medicine" ed io le dicevo:" Ma nonna, sono uguali alle caramelle, io ci vado ogni tanto a prenderne una e ti dico che sono buone come le caramelle"........la nonna rideva e mi baciava e diceva: " Non ci andare più,altrimenti cambio il posto, non mi puoi lasciare senza medicina". Credici Gaetano, io andavo a controllare se erano al solito posto, ma non ne presi più nessuna, per non dare un dispiacere alla nonna..........non avevo capito allora che la nonna mi lasciava vedere il posto perchè ne potessi prendere più degli altri nipoti. E le chiese, amerò sempre le chiese, ci andavo con la nonna, lei metteva il velo e pregava e stava in ginocchio anche se aveva le articolazioni che le facevano male, io sempre seduta accanto a lei, le dicevo :" Nonna, stringo gli occhi, fisso le candele, ma non ce la faccio non riesco a vedere Gesù". E lei "ssssssstz"
Sono ricordi dolci ma con il velo della malinconia........mi sovviene or ora, che alla nonna mancava un dito, se lo era tagliato facendo la cuoca in gioventù, bè a mio marito mancano ben due pezzi di dito da quando era un fanciullo, uno se ne è andato in un ingranaggio,e l' altro perchè infilò il dito dentro la canna del fucile da caccia di suo padre e come puoi immmaginare partì un colpo......pensa due delle persone più importanti della mia vita hanno a che fare con la mancanza di falangi......e mi è ritornato in mente solo ora.
Gaetano ti lascio, altrimenti non termino più......mi è piaciuto molto il commento che hai lasciato da Annarita.
Ciao.
Cara Paola, adesso sono io a commuovermi per le tue intime cose che tieni strette nel cuore. È con la sofferenza del "ricordo" che la vita di tanti "ignoti militi" come la tua nonna è assicurata ai posteri genealogicamente. Questo ci viene dai Vangeli il cui epilogo trova l'apoteosi nella passione, morte e resurrezione di Gesù.
Ognuno porta il segno, le stimmate, che nel caso della tua nonna è il dito mancante e come "seguito" i due pezzi di dito di tuo marito sin da bambino.
Che incredibili segni che ci legano e che costituiscono il segno indelebile di una fratellanza che trascende la vita reale!
Anche a me manca la falangetta del dito medio della mano di sinistra. Me la son troncata nel lavorare il legno con la fresa. Mi dedico attivamente per cose della casa, non solo come falegname ma anche meccanico, idraulico elettricista e così via. In fondo sono sempre un valente progettista di macchine e impianti industriali.
Stammi bene, cara Paola,
Gaetano
Bello il racconto ma triste
nello stesso tempo.
Buona settimana Teodorica.
Ciao da Giuseppe.
Triste dolcezza ,ma piacevole comunque da leggere.
buona settimana
baci
kicca
Ma dai Gaetano.......incredibile ti manca una falangetta in un dito.....a differenza di ieri ora sto ridendo a crepapelle, ma guarda tu le coincidenze, poi mi dicono che sono strana, ma a me queste cose paiono segnali,o lampadine o piccole luci che ci fanno sentire un tutt'uno.Che tu ti dedicassi alle cose di casa , già lo sapevo, siccome già si era capito che sai fare i lavori manualmente,come non fare allora personalmente le migliorie e le manutenzioni in casa propria? Dove viviamo, la casa che è anche il nostro nido o rifugio?
Ciao Gaetano.
Ciao Giuseppe, il racconto è triste perchè avrei voluto tanto che mia nonna non fosse solo un ricordo.
Ciao e buona settimana.
Ciao Kikka, grazie della visita, sai com'è per me la primavera è talmente bella, che mi rende sempre un po' triste, perchè mi dispiace che la bellezza scompaia.
Ciao e buona settimana anche a te.
Baciolotti ^_^
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