Era stesa a terra, inerme, senza
ribellione, col corpo a peso morto, quattro donne la tenevano, più
un corpulento uomo che le cingeva le caviglie, con le sue grandi
mani, che erano come morse d'acciaio, e che le facevano molto male.
Si era rifiutata di prendere dei medicinali, da cui si era
disintossicata con molta fatica, sapeva che le facevano molto male,
che il suo sangue era saturo di questo farmaco e loro le avevano
fatto un TSO. Ma loro, loro chi? Non sapeva come e quando fosse
finita lì, nel Servizio Psichiatrico, non sapeva chi fosse stato a
mettere in moto quel demonio che è il TSO (Trattamento Sanitario
Obbligatorio) forse come al solito i parenti/serpenti? Che paradosso
lei si era sempre battuta per un idilliaco amore universale, aveva
subito le più ignominiose offese senza controbattere, cercava sempre
il punto d’incontro, non giudicava, accettava tutto e tutti eppure
Il TSO era lì davanti a lei, firmato da un’assessora. Forse il
sindaco non c’era, forse se il sindaco avesse letto il suo nome,
non avrebbe firmato quel foglio che gettava tutta la sua persona
nella spazzatura. Lei aveva fatto molto per la sua città, per
Ravenna, senza nessun secondo fine o tornaconto, solo per amore della
città. Calde lacrime rabbiose scesero sulle gote di Marla, contro al
sindaco e all’assessora, come era possibile che dei politici
potessero decidere se uno era bisognoso di cure o no? Che erano dei
medici? Degli psichiatri? Dio mio, Mio Dio, non mi abbandonare ti
prego, fortuna che Tu ci sei sempre e nel momento del bisogno mi
sorreggi. Marla, fu costretta a prendere quella capsula blu che
odiava, la mandò giù con rabbia e docilmente si lasciò condurre
verso una stanza, le diedero il letto numero otto, Marla si disse, sì
otto e me ne fotto!
mercoledì 26 aprile 2017
venerdì 21 aprile 2017
Storia di animali 27
Io non faccio differenze fra civette, gufi e allocchi, mi
paiono quasi uguali e mi piacciono tutti anche se non li ho mai visti dal vero.
La spiegazione che va per la maggiore sul web è che le civette sono piccole e i
gufi sono grandi, ma se la civetta nana misura appena 16-17centimetri, la civetta delle nevi misura ben 59-65 centimetri. La civetta è più facile
incontrarla di notte che di giorno, ma essa vola anche durante le ore diurne. E’
facile osservarla al tramonto, appollaiata sui fili del telefono o su alti
pali, mentre scruta il terreno in cerca di prede. L’assiolo, più noto come Chiù. E’ simile alla civetta, ed
quindi facile confonderlo con questa. Il suo tratto distintivo è il lamentoso e
ripetitivo canto “Chiù… Chiù… Chiù…” che può proseguire per ore. Da noi in
Romagna si dice “che sei come un ciù”, che
vuol dire che sei un incantato, un inciciuito, ovvero uno stupido con la testa dura, un ciù, è
un maschio che ha perso la testa per una
femmina. Un proverbio romagnolo recita: “La
nota dla Pasqueta è scor è ciù e la zveta”, la Romagna è stata una terra maschilista, col padre e poi il marito
padrone, l’aforisma svela che la civetta/femmina è pari al ciù/maschio e che
possono parlare solo la sera dell’Epifania in quanto quella notte, secondo la
leggenda, parlano gli animali. L’allocco è grande quasi quanto il gufo, con un’apertura
alare fino a un metro. Vive nei boschi, ma a volte si adatta anche ad
ambienti urbani. Il gufo comune si
adatta a molteplici ambienti e può quindi essere osservato ovunque. Gli occhi del
gufo hanno una bellissima iride arancione. E infine il barbagianni riconoscibile
dal bianco disco facciale a forma di cuore. Questo rapace notturno è piuttosto
difficile da incontrare, in Romagna il termine barbagianni è molto
dispregiativo ancora di più del ciù… il barbagianni è sempre stupido anche
quando non è innamorato.
domenica 16 aprile 2017
VIAGGIO IN FRANCIA XXII
Sulla strada del ritorno ci fermiamo a Nimes, famosa per le
testimonianze romane, un coccodrillo incatenato ad una palma, è il simbolo
della città, ricorda che essa fu fondata dai legionari romani di ritorno dalle
vittorie nelle campagne d’Egitto, Nimes è considerata la Roma di Francia vi si
trovano testimonianze come: l’Arena, la Maison Carrée e la Tour Magne.
Nell’Arena ben tenuta e in pieno centro, oggi vengono ospitate manifestazioni sportive, congressi, e
soprattutto, le corride di cui la popolazione è da secoli appassionata. La
Maison Carrée è il tempio dell’antichità
meglio conservato al mondo, sembra una bomboniera, nonostante sia un caldo
afoso bestiale, truppe di turisti con le guide si muovono come soldatini
frettolosi lungo l’asse anfiteatro e tempio. Il nome, Maison Carrée, in
francese, significa “casa quadrata” ed è costruita ispirandosi al tempio di
Marte Ultore di Roma. Proprio di fronte al Tempio vi è ubicato il Carré d'Art,
un edificio costruito dall’architetto britannico Norman Foster, inaugurato nel
maggio 1993, lo trovo molto bello, è costruito in vetro, acciaio e cemento. L'edificio
è adibito a museo d’arte contemporanea, esponeva l’artista Ugo Rondinone,
famoso per i suoi pagliacci/spaventapasseri, la coincidenza mi ha colpito
perché il mio ultimo romanzo si intitola: “Lo spaventapasseri”. La Tour Magne raggiunge l’altezza di 32 metri, per
arrivarci si attraversano i magnifici Giardini della Fontana, costruiti nel
1700 tra il Tempio di Diana e la Torre. Furono i primi giardini pubblici
d’Europa, tutto il centro è ornato con canali d’acqua decorati con statue e
opere d’arte che culminano con gli splendidi Giardini. Dopo aver visto le cose
“speciali” di Nimes, abbiamo girovagato per il centro storico, la Piazza delle
Erbe, con la facciata della Cattedrale, e i tanti veramente tanti tavolini
all’aperto, dove nonostante le tre pomeridiane e un caldo feroce centinaia di
persone mangiavano, il Brandade, un piatto di merluzzo sbriciolato nel latte, cozze
con patate fritte e quintali di carne di toro, qui sembra quasi di essere in
Spagna. Vi era un’aria lenta e rilassata, scandita dai grandi caseggiati dai
balconcini e le finestre decorate, e dai numerosi negozi di rigattieri, di
antiquariato e prodotti tipici, tra cui quelli che vendevano stoccafissi e
baccalà in quantità. Sì proprio un’atmosfera rilassata alla spagnola, non per
niente vi è pure una fontana decorata con una grande cicala e altro simbolo di
Nimes è l’ancora, il cui significato è legato al mare ma anche alla barriera,
ciò che è capace di fermare qualcosa, l’ancora si può leggere simbolicamente
con l’ossimoro: “affrettati con calma”, mi sembra che calzi bene con Nimes. Si
parte, si torna a casa, pochi chilometri e Nimes ci saluta con un’opera
architettonica straordinaria: il Pont du Gard, il ponte a doppia arcata
costruito dai romani.
martedì 11 aprile 2017
VIAGGIO IN FRANCIA XXI
Minerve, città martire e antico rifugio di eretici catari, è
un paese scolpito nella roccia, dove esistono ancora recinzioni, porte
fortificate, stradine lastricate di ciottoli di fiume, torri e “il Candela”,
ultimo bastione rimasto del castello. Vi si giunge tramite una strada ricca di
vigneti, il villaggio è stato la capitale del Minervois cioè della regione
vinicola. Un paesaggio incantevole con gole e forre, con uno strano prato di
erba grassa e fitta su un tavoliere riarso dal sole, ad un certo punto
incontriamo un monumento dedicato alla bicicletta, si è corso qui, un tratto
del Tour de France nel 2016. Si parcheggia l’auto e poi si scende a piedi di
trecento metri circa, il ponte principale che conduce al villaggio è chiuso a
tutti i veicoli, tranne i residenti. Si
entra in paese accolti dall’imponenza del Candela, qui ho perso i miei
compagni, non vedendoli più, ho girato per il paese cercandoli, non trovandoli
ho preso in mano il telefonino per chiamarli, spaventata ho visto che il
telefono era “morto”. L’ansia è sopraggiunta, sono tornata al Candela, qui vi
era un bar, si trovava accanto alla Casa dei Templari, mi sono fermata ad un
tavolino all’ombra di un fico che cresceva dalla roccia, pensando al da farsi.
La signora che gestiva il locale, vedendomi preoccupata mi ha chiesto se avevo
bisogno di qualcosa; spiegandomi un po’ in francese, un po’ coi gesti sono
riuscita a farmi capire; la signora mi ha procurato il caricabatterie, poi mi
ha fatto accomodare in una poltrona e mi ha acceso il ventilatore per
rinfrescarmi, intanto che aspettavo che il telefono si ricaricasse. Lo racconto
perché questi gesti di gentilezza sono oggi assai rari, per ringraziarla l’ho
abbracciata e baciata sulle guance, lei ha ricambiato sorridente, le ho
lasciato il mio indirizzo perché se verrà in Italia, mi piacerebbe ospitarla
per un paio di giorni. Ritrovati i miei compagni sono andata alla scoperta del
paese, veramente piccolo, ci abitano un centinaio di persone. La chiesa di
Saint-Étienne, in stile romanico, spoglia ma assai suggestiva, davanti al sagrato “la colomba di luce”
scolpita nella roccia dall’artista locale Jean-Luc Séverac, in pratica, una
finestra nella roccia in forma di colomba, qualche negozio artistico di
souvenir e una bellezza panoramica da togliere il fiato, il paese è tutto qui.
giovedì 6 aprile 2017
VIAGGIO IN FRANCIA XX
Lasciata la nostra autostoppista a Rennes-les-Bains,
ritorniamo a Bugarach per visitare il paese, abbiamo pensato di cenare qui per
poi fermarci sino a mezzanotte per “captare” questo probabile magnetismo del
monte. Il paese è veramente solo qualche casa e una chiesetta, l’atmosfera è un
passo indietro di quarant’anni; nella piazza antistante alla Chiesa, c’è una
festa, con la musica della fisarmonica, suonata da un ragazzo biondo e giovane,
col cappello per le monete ai piedi e poi ci sono poche bancarelle coi prodotti
locali, compro pane, olive e formaggio caprino. La bancarella di una ragazza
era molto gremita, vendeva spremute di cocomero, melone ecc. ottenute con una
macchinetta antidiluviana, con l’imbuto e la manovella, abbiamo preso anche noi
la spremuta, sedendoci poi per gustarcela, era un po’ calda, sul muricciolo,
osservando i bambini giocare e l’andirivieni delle persone, forse duecento, in
pratica tutto il paese intero. La chiesa, dedicata a San Martino, sembrava
chiusa, invece spingendo uno spesso portone si accedeva ad un interno
affrescato di azzurro con decorazioni di corone e lettere, tra cui una “S” che
ricorda quelle presenti nel Tempio Malatestiano di Rimini, coi soliti Santi:
Maria Maddalena, San Rocco, Santa Germana ecc.,
c’era una acquasantiera assai bella con un catino di sasso decorato con
dei cuori; era una povera chiesa ma mi ricordava tanto le nostre chiesette di
montagna, povere, ma presenti anche nei luoghi più sperduti. Un’opera d’arte in
ceramica, posta appena fuori la porta della chiesa narra una leggenda. Racconta
che qui vivevano fate e folletti, Nore una fata, Bug un nano e Arach, un elfo,
erano i più amati dalla popolazione, mentre Cers, figlio di Eolo, padre dei
venti, devastava le colture dei contadini ed era assai temuto. Nore e Bug
e Arach pregavano per scongiurare i mali
di Cers, questo vento devastante. Un giorno, la tempesta era più forte del
solito, allora la fata Nore, implorò il dio Giove che le promise di calmare
Cers e di proteggere la terra. Improvvisamente il vento si calmò e Nore vide la pianura che si alzava
gradualmente diventando montagna. Incoraggiati dall’esempio di Nore, Bug e
Arach implorarono anche loro Giove di calmare Cers e per farsi sentire meglio
Bug si arrampicò sulle spalle di Arah, le loro preghiere giunsero a Giove e in
quel punto, dove stavano Bug e Arach, si alzò la montagna più alta: il Bugarach
che frenò per sempre il vento disastroso di Cern. Dopo questa bella leggenda,
siamo andati a mangiare in un ristorante ai piedi del Bugarach, dove abbiamo cenato
benissimo, un po’ troppo abbondante forse (ho scambiato il sanguinaccio per una
fetta di salame, per poco non lo assaggiavo, io che ho sempre avversato questo
cibo, perché contiene sangue di maiale e ciò mi disgusta), il personale era
assai cortese, l’unico impiccio, la carta di credito con cui non si riusciva ad
effettuare il pagamento, mancanza di collegamento… fosse che fosse il
magnetismo della montagna? La serata è finita nell’orto/giardino dietro al
ristorante, passeggiando fra rose rosse e bianche ed eucalipti, osservando la
montagna “sacra”… niente di strano, solo la pace che si ha osservando
l’imponenza delle montagne, tra l’altro l’eucalipto ha significato etimologico
di nascondere, quindi vede solo chi sa.
sabato 1 aprile 2017
VIAGGIO IN FRANCIA XIX

Si dicono un mucchio di cose sul vulcano spento, pieno di
passaggi segreti e grotte, ovvero il Monte Bugarhac: come ho già scritto
sarebbe l'entrata di Agartha la città sotterranea del mito della Terra cava,
poi come al solito, nasconderebbe dei tesori, quindi la strana storia della
ricerca di una “reliquia” dei tempi biblici: l’Arca dell’Alleanza, e ancora
sarebbe la base sotterranea degli alieni, senza contare che addirittura in una
sua grotta ci sarebbero i resti di Gesù, portati via dalla Palestina dai
crociati. Questa montagna “sacra”, nata in un’epoca lontanissima da una forza
tellurica straordinaria, i geologi dicono 135 milioni di anni fa, avrebbe forti
onde magnetiche, talmente potenti da impedire il volo di aerei e ostacolare le
comunicazioni con i telefoni cellulari. Ciò mi ricorda ancora i Monti Sibillini
e il “triangolo dell'Adriatico”, dove corrono le stesse favole di alieni, di
resti sacri e di magnetismo (ed è qui che si “decise” doveva stare la Casa di
Maria, e nessun altro posto, cioè a Loreto), comunque sia io mi sento a casa,
non mi sembra di essere lontana mille chilometri, non so perché, mi sembra di
conoscere da sempre il Bugarach e questi luoghi. Il Bugarach ha molte belle
passeggiate a piedi per arrivare sulla sua cima, noi ci limitiamo a gironzolare
e a fermarci in qualche bel posto panoramico, su e giù con l'auto, attorno al
Monte, ed è qui nei pressi che ci capita, un incontro. Un’autostoppista, una
pellegrina ci ha chiesto un passaggio sino a
Rennes-les-Bains luogo vicino a Bugarach, famoso per le terme. La nostra
ospite ci ha detto di chiamarsi Anna e che non le piace il nome Annì, cosa
volesse dire non ho ben capito. Anna ha tre figlie grandi, concluso il suo lavoro
di madre è partita per l’India, per Veparala mi sembra di ricordare, dove fa
volontariato attivo, torna in Francia durante i tre mesi estivi per incontrare
le figlie, ma il suo cuore è in India, dove sta cercando il luogo adatto per
costruire una scuola, i fondi e i permessi li ha già ottenuti. Qui in Francia
si esibisce in spettacoli di strada con il flauto indiano e anni fa ha lavorato
anche con il famoso circo Bidone, un fantastico circo che viaggia a bordo di
carovane trainate da cavalli. Le chiedo di Madre Teresa di Calcutta, ma taglia
corto, non vuole parlarne, mi dice che fa anche la guida e che se vogliamo ci
accompagna per la salita del Bugarach, dovremmo però alzarci il mattino dopo
alle cinque col ritorno verso le due del pomeriggio… sarebbe bello, ma abbiamo
le ossa rotte per tutte le salite che abbiamo già fatto. Ci mostra il lato del Bugarach dove in molti vi vedono un
Buddha, altri vedono il volto di Cristo… qua è come il gioco di trovare forme
nelle nubi. Prima di bere dalla mia bottiglietta d’acqua, la porgo ad Anna, che
beve all’indiana, cioè con il collo della bottiglia distante dalla bocca. Anna
scende a Rennes-les-Bains e ci lascia con un sorriso dolce e sicuro, proprio,
di chi ha trovato la propria strada nella vita.
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