Betty si era
appoggiata ad un recinto, ma ora voleva di nuovo incamminarsi per raggiungere
il Palatino, poi si rese conto che si era addossata allo steccato del Lapis
niger- proprio su questo mi dovevo accostare, che porta iella! -
Lapis niger, il nome deriva dal fatto che anticamente
il luogo era stato coperto da lastre di marmo “nero”, con risvolti sinistri
legati alla tomba profanata di Romolo.
Si trova
nella zona più antica del Foro, forse facente parte del Volcanale un
antichissimo santuario dedicato al dio Vulcano.
Nel 1899, fu
rinvenuto un grosso pezzo di pavimentazione in marmo nero, tra cui un altare,
un tronco di colonna e un cippo con un’iscrizione in latino arcaico e
bustrofedica, ovvero una scrittura antica, in cui la direzione cambia da riga a
riga, cioè da sinistra a destra, poi da destra a sinistra, e così via, come i
buoi che arano.
Bustrofedico,
infatti, deriva dal greco e contiene due termini: bue e girare.
Si tratta
dell’iscrizione monumentale latina più antica mai rinvenuta e il luogo del
ritrovamento era quasi certamente sacro, perché l’iscrizione minacciava i
violatori di terribili punizioni, quali la consacrazione alle divinità infere,
che equivaleva a una condanna a morte… Chi
violerà questo luogo sia maledetto.
I caratteri
sono molto antichi, vicini a quelli dell’alfabeto greco calcidese, da cui
deriva quello latino.
Dionigi di
Alicarnasso, uno scrittore greco vissuto nell’età di Augusto, aveva scritto che
nel Volcanale vi era una statua di Romolo con accanto un’iscrizione in
caratteri greci.
Dionigi,
quindi, potrebbe aver visto una copia del cippo e la statua di Romolo,
sistemati nel Volcanale dopo il seppellimento del santuario più antico.
Stando ad
Orazio, i Galli invasori, penetrati in Roma nel 390 a. C., avrebbero disperso
le ossa di Quirino, altro nome di Romolo, profanandone la tomba.
Nell’antichità
una leggenda raccontava che qui era sepolto Romolo e che l’area venne sepolta e
recinta nella tarda età repubblicana, coperta da un pavimento di marmo nero e
considerata un “luogo funesto”, a causa
della profanazione della sepoltura da parte dei galli.
Betty non
l’aveva profanata, ma proprio qui doveva appoggiarsi, con un sospiro scrollò le
spalle - ora mi godo la bellezza senza tante paturnie, che la iella non esiste,
se fosse un po’ meno caldo però… - e intanto la mente andava alla scrittura bustrofedica
dell’alfabeto greco calcidese, da cui derivava il latino, calcidese le
ricordava un qualcosa sugli etruschi, ma cosa?
Betty era
testarda come un mulo e curiosa come una scimmia, iella o non iella, lei
sarebbe stata appoggiata al Lapis niger, sino a quando non avesse fatto luce
sull’arcano, prese il cellulare e cominciò a digitare su santo Google.
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