L’astio,
invece di diminuire, cresceva ogni giorno.
Nulla gli
dava più sollievo, né la lettura dei suoi amati libri, né i pranzi nella vicina
trattoria e neanche ascoltare i brani di Mozart; neppure Lui riusciva a
calmarlo.
Franco aveva
dedicato tutta la sua vita ai ragazzi del Liceo, non si era mai sposato, aveva
avuto occasione di accasarsi, ma aveva preferito la libertà.
Mai si era
sentito solo nel suo bell’appartamento pieno di cose a lui care, ma ora la
solitudine, il non avere nessuno con cui sfogarsi, lo facevano sentire
abbandonato come un sacchetto di immondizia pronto da gettare nel cassonetto.
Aveva
provato a confidarsi con i pochi amici che aveva, ma loro si erano messi a
ridere:
“Franco, tu
sei avulso dal mondo, stai male perché ti hanno mandato a quel paese, ma può
capitare ad ognuno, e in tutti i santi giorni, il mondo è cambiato. Tu devi ben
essere pieno di te stesso per non mandarla giù”.
Questa
risposta degli amici lo ferì molto.
Decise di
vendicarsi.
Iniziò a
girare con un coltellino in tasca, di quelli a serramanico, comprato in
edicola.
Lo aveva
visto all’edicola vicino a casa sua, mentre stava scegliendo un giallo da
portarsi al mare.
Questo
coltellino faceva parte di una raccolta di fascicoli, un’enciclopedia
addirittura, di tutti i coltelli esistenti.
Franco da
buon ravennate aveva una specie di fascinazione per il coltello, soprattutto
per la saracca.
immagine di Teoderica
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