Un albero maestoso, solitario, un po’ magico è il noce.
Nessun’altra pianta gli cresce intorno poiché quest’albero produce una sostanza
tossica. Il noce viene coltivato dai tempi più remoti per il suo legno, per i
frutti commestibili, le noci, e per l’olio che se ne ricava. È anche un albero
talvolta considerato simbolo di saggezza, altre volte legato alle divinità
dell’inferno e alla stregoneria, come il famoso Noce di Benevento. Il nome botanico
del genere Juglans sembra derivi dal latino Jovis glans (ghianda di Giove ) quindi una “ghianda” da
dio. I medici del passato consigliavano di mangiare noci per curare le malattie
mentali, vista la strana somiglianza tra una noce e la testa umana: il mallo
sarebbe l’equivalente del cuoio capelluto, il guscio del cranio e il gheriglio
del cervello. Dall’antica Roma proviene invece un canto nuziale che, tradotto
dal latino, dice: “Ti stanno portando la sposa, lancia, o sposo, le noci”. Infatti
si credeva che le noci fossero bene auguranti e simbolo di saggezza nascosta, e
ancora oggi comunque, in alcuni paesi del nostro Meridione, esiste l’usanza di
lanciare noci sul corteo nuziale. Ma il noce più intrigante è forse il celebre Noce di Benevento dove, secondo una
leggenda, si riunivano a cantare e a ballare sfrenatamente diavoli e streghe
provenienti da ogni luogo. La storia ha inizio coi Longobardi che non ancora
cristianizzati, mantenevano le usanze pagane, tra cui quella di riunirsi
intorno a un albero di noce per compiervi i loro riti considerati dalla Chiesa
stregoneschi. Il vescovo di Benevento avrebbe allora abbattuto il noce e al suo
posto costruito una chiesa. La leggenda racconta che da allora ogni anno , la
notte di San Giovanni, le streghe di
tutto il mondo tornano a Benevento sul
luogo dove c’era il noce per il loro sabba. Certo vi chiederete che c’azzecca
un noce fra le erbe spontanee, ma vi potrà capitare cercando le erbette
selvatiche di incontrarvi con questo
albero solitario, ce ne sono lungo le strade e nei campi incolti di case
abbandonate, per esempio nella pista ciclabile per andare al mare, a Ravenna la
mia città, ce ne sono ben tre ed io non manco di raccogliere 29 noci quando
sono ancora verdi per San Giovanni ( 24 giugno)per
fare il nocino e in autunno raccolgo le noci secche per fare poi una torta o il
croccante, sono buone anche in mezzo alla macedonia cotta insieme all’uvetta. Il
liquore tipico della mia bella terra, la Romagna, è il nocino. E’ una
pozione di noci acerbe, raccolte, secondo la miglior tradizione, nei
giorni vicini alla festa di San Giovanni, messe in infusione in alcol con
aggiunta di zucchero e, in piccole quantità, di aromi. Scommetto che molti
di voi ne hanno una propria ricetta oppure hanno contribuito alla raccolta
delle noci ed alla sua preparazione. Certo oggi gli appassionati sanno
fare tanti altri liquori, tipo il limoncello o altri a base di caffè. Ma
il nocino ha un’antica storia che viene ancora prima che ci colonizzassero i
romani. Era l’infuso dei druidi, gli antichi sacerdoti dei celti.
Quando i romani invasero la Britannia vi trovarono uno strano popolo che, per
l’uso che avevano di dipingersi il volto e di tatuarsi il corpo, chiamarono
Picti (dipinti ). Questo popolo usava bere, specialmente nella notte del
solstizio d’estate durante riti particolari, uno strano liquido scuro che li
rendeva particolarmente euforici, un infuso di noci acerbe e miele. Ed ora la
ricetta. 1
litro di alcool 95°, circa 800 gr di zucchero, 1 Kg di noci che possono essere
dalle 31-35 a seconda della dimensione la tradizione non le vuole mai in numero
pari. Le noci devono essere verdi e raccolte il 24 giugno, poi tagliate in 4
pezzi e messe in un contenitore di vetro assieme allo zucchero, ogni tanto mescolate affinché
si sciolga lo zucchero, a questo punto va aggiunto l’alcol e riposte in un
luogo fresco sino al 31 ottobre, filtrare e brindare alla notte di halloween… e
gli altri giorni pure.
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