Il Marsala è
un vino liquoroso (o fortificato cioè con
aggiunta di acquavite) prodotto in Sicilia,
principalmente a Marsala, da cui prende il nome. Secondo la tradizione, il
commerciante inglese John Woodhouse, si fermò a
Marsala e qui gustò un vino che veniva invecchiato in botti di legno di
rovere e che aveva un gusto affine ai vini spagnoli e portoghesi come il Porto,
lo Sherry o il Madera che erano
molto apprezzati in Inghilterra.
Woodhouse decise così di imbarcarne un po’ di barili, addizionandolo con
acquavite di vino, per aumentarne il tenore alcolico e mantenerne le
caratteristiche. Il Marsala, meno costoso degli altri vini liquorosi ebbe un
gran successo fra gli inglesi, tanto che Woodhouse decise di ritornare in
Sicilia e di iniziarne la produzione e la commercializzazione, utilizzando
per l’affinamento il metodo soleras, tecnica già usata in Spagna e
Portogallo. Nel 1833 l’imprenditore
palermitano, di origine calabrese, Vincenzo Florio, fondò le Cantine
Florio. Il vino Marsala ebbe il riconoscimento della Denominazione
di Origine Controllata nel già dal 1969. Il Marsala si presenta oggi sul
mercato con due distinte categorie: vergine o conciato, con diversi anni di
invecchiamento e diversi affinamenti, può essere secco o dolce ma va sempre bevuto
in un bicchiere del tipo tulipano a stelo alto. Il Marsala è considerato fra
i migliori vini da dessert,
è un ottimo vino da meditazione,
e può essere consumato anche da solo e lontano dai pasti è inoltre utilizzato
come ingrediente nella preparazione di moltissimi piatti. Certo oggi è un po’ dimenticato, nessuno più ordina un Marsala al
bar, o in enoteca o al ristorante, al suo posto si preferisce un Porto, si
sceglie un vino famoso e trendy e il prezzo elevato garantisce la qualità, il
Marsala così è un po’ dimenticato, stiamo diventando tutti un po’ come gli
inglesi. A questo proposito si narra che Woodhouse, presentando il
Marsala agli inglesi come un vino poco costoso, questi non lo apprezzarono. Successivamente,
lo fece riassaporare agli inglesi, stavolta presentandolo come un prodotto
molto costoso, gli Inglesi rimasero sbalorditi dalla bontà del Marsala.
lunedì 24 dicembre 2018
domenica 23 dicembre 2018
mercoledì 19 dicembre 2018
martedì 18 dicembre 2018
UN BICCHIERE DI FRIULANO
Il Friulano è
un vino
bianco, prodotto in Friuli-Venezia Giulia. Fino al 2007 era
denominato Tocai. Il Tocai
italiano, è un bianco secco da pasto, dal sapore fruttato, mentre il Tokaj
ungherese è un liquoroso vino da meditazione, dolce e prezioso. Nel 1959, una
società di export di Budapest citò in giudizio un produttore udinese e inizialmente
la decisione fu a favore del Tocai friulano, perché veniva esclusa la
possibilità di confondere i due vini. Ma la diatriba continuò e successivamente
a Bruxelles, nel 1995, si assegnò la paternità esclusiva del nome Tocai alla
produzione ungherese. Il Friulano è da sempre il vino dei friulani e del Friuli
Venezia Giulia e se ha perso il nome Tocai non ha certo perso la sua bontà. Si
presenta col colore giallo chiaro, la sua caratteristica principale è il
gradito profumo e sapore di mandorla amara. Si dice che il Friuliano si beve e
non si abbina, ma questo vino molto beverino si accompagna molto bene a tanti
piatti e prodotti gastronomici, quindi beviamolo come aperitivo magari con del
prosciutto crudo brindando al matrimonio che ha combinato il fattaccio del
cambio del nome. L’antico contratto matrimoniale di Aurora Formentini, quando
andò in sposa al conte ungherese Adam Batthyany nel 1632, annoverava, tra i
vari beni portati in dote anche “...300 vitti di Toccai...” coltivate già all’epoca
nelle campagne friulana. Questo, per i sostenitori della tesi, proverebbe l’origine
italiana del vitigno Tocai.
mercoledì 12 dicembre 2018
MAN RAY 2
Man Ray è uno dei protagonisti del Dadaismo a New York insieme a Francis Picabia e a Duchamp. Gli oggetti
realizzati da Man Ray, i ready mades stravolgono la natura dei manufatti, basti
pensare al ferro da stiro coi chiodi che rende inutilizzabile l’oggetto, lo
priva della sua funzionalità eleggendolo come opera d’arte non certo per la sua
bellezza ma solo come concetto, come idea nuova e antiborghese. Nell’immagine
di questo post potete vedere L’Enigme d’Isidore Ducasse, 1920,
rifatto nel 1972, consiste in una macchina da cucire, avvolta in una coperta e
legata con lo spago. L’idea di Man Ray di usare una macchina da cucire è
stata ispirata da una frase dello scrittore francese Isidore Ducasse (1809-87),
meglio conosciuto come il Conte di Lautréamont, Bello come l’incontro accidentale, su un tavolo da dissezione, di una
macchina da cucire e un ombrello. I dadaisti consideravano fonte d’ispirazione
la frase di Ducasse, considerandola pure come simbolo di sessualità nascosta. L’ombrello
era considerato un elemento maschile, la macchina da cucire era vista come l’elemento
femminile, e il tavolo da dissezione come un letto dove poteva avvenire l’orgia.
L’oggetto coperto di Man Ray, tuttavia non è visibile e ciò inquieta perché celato
sotto il telo può esserci un qualsiasi altro oggetto, ciò viene reso ancora più
evidente dal titolo dell’opera enigma.
Qualcosa che viene mostrato ma allo stesso tempo celato, evoca da una parte l’anonimato,
dall’altra la curiosità, dall’altro ancora emerge la bellezza della sola forma,
che esalta ciò che è nascosto perché soffuso di mistero. Quest’opera può essere
vista come antesignana e fonte di ispirazione per Christo, il famoso esponente
della Land Art, che impacchetta addirittura il Reichstag a Berlino e il Pont Neuf a Parigi. Più prosaicamente Man
Ray è anche il precursore della moda
di questi ultimi anni di coprire edifici, panchine o altro della città con
lavori in lane colorate eseguite all’uncinetto o coi ferri da maglia.
666 sconfitto dal 515... la Bestia sta per essere vinta dal Veltro, la profezia è già iniziata
Paola Tassinari, un romanzo, un viaggio misterioso e reale per scoprire il Veltro, tramite Dante e Nostradamus: la profezia dei 700 anni si avvera, tramite una lastra riscoperta nel 1975 a Torino... DXV "nel quale un cinquecento diece e cinque, messo di Dio" ma anche indicante dopo quanti anni si avvererà ovvero 500+ dieci decine+ cinque decine= 650 fra i 650/700 anni, in questo cinquantennio le condizioni cicliche/astrali saranno propizie perché torni l'età dell'oro occorre sono crederci e condividere... questa parola che divide il dolore e moltiplica la serenità... condividere è la parola del secondo Millennio... tutto questo in Io sono la divina
venerdì 7 dicembre 2018
MAN RAY 1
Man Ray (1890-1976)
è stato un esponente poliedrico del modernismo, impegnato in diversi ambiti
artistici: pittura, scultura, cinematografia, incisione a stampa e poesia.
Tuttavia fu grazie alla sua produzione fotografica, dagli studi di nudo alle
fotografie di moda, fino ai ritratti, che divenne famoso. Fu chiamato il
fotografo del Surrealismo. I numerosi esempi di natura morta, i ritratti e non
solo ci mostrano come Man Ray sperimentasse
in modo costante nuove tecniche, allontanandosi dall’ambito descrittivo
della fotografia per avventurarsi verso forme di espressione poetiche ed evanescenti, grazie all’esposizione multipla, la solarizzazione e i fotogrammi
dallo stile unico che lo stesso artista chiamò “rayografie.” Man Ray,
che significa uomo raggio, era il suo
pseudonimo il vero nome era Emmanuel
Radnitzky, nato negli Stati Uniti, a Filadelfia, amava la Francia, morì a
Parigi nel 1976. A New York lavora nel 1908 come disegnatore e
grafico, nel 1912 inizia a firmare le sue opere con lo pseudonimo “Man Ray”. Nel
1915 conosce Marcel Duchamp di cui diverrà grande amico. A New York, con Marcel
Duchamp formò il ramo americano del movimento Dada, nel 1921, Man Ray affermò
che il
Dada non può vivere a New York e torna a Parigi, dove avvenne la sua prima
mostra, in cui venne esposta la famosa opera Cadeau, un ferro da stiro su cui
erano stati incollati dei chiodi, tipico esempio di un ready made illogico e
paradossale. Nell’immagine Il ritratto
immaginario del Marchese de Sade, presenta un pietrificato de Sade, con sullo
sfondo la Bastiglia integra, precedentemente Man Ray aveva realizzato un’altra
opera simile, ma sullo sfondo vi era la Bastiglia in fiamme. Il Marchese de
Sade fu effettivamente detenuto alla Bastiglia per la sua dissolutezza morale.
mercoledì 5 dicembre 2018
IO SONO LA DIVINA
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sabato 1 dicembre 2018
MAX ERNST
Max Ernst (1891/1976)
è stato un pittore e scultore surrealista tedesco. Max Ernst nasce a
Brühl, vicino a Colonia, frequenta l’Università di Bonn per studiare filosofia
e psicologia ma poi si dedica al mondo dell’arte. Importante è per
lui l’incontro con il movimento surrealista, ma anche quello con gli artisti
dadaisti e la Metafisica di Giorgio de Chirico. Significante è il suo incontro
con alcuni esponenti del surrealismo,
come André Breton e Paul Éluard;
con quest’ultimo collaborò alla stesura di due volumi, Les malheurs des
immortels e Répétition (1922). Un viaggio in Oriente gli ispira una nuova
tecnica pittorica, il frottage. Quest’ultima è una tecnica di disegno e pittura
basata sul principio dello sfregamento di una matita
su un foglio di carta posto su una superficie non liscia. Soggiornò
a lungo a Parigi, dove collaborò con personaggi quali Duchamp, Dalí e Buñuel,
prima di trasferirsi per 12 anni a New York, periodo durante il quale raggiunse
l’apice della sua notorietà. Durante questo periodo, Ernst lavora moltissimo, sperimentando nuove forme
espressive, come il dripping, e realizzando importanti sculture tra le quali,
per esempio, Il re che gioca con la regina (1944). Nel 1954 vince
il primo premio alla Biennale di Venezia. Muore
a Parigi nel 1976. Max Ernst era un grande appassionato di scacchi, forse non
partecipò a tornei o olimpiadi di scacchi come fece Marcel Duchamp, ma con
quest’ultimo giocò parecchie partite e vista la capacità di Duchamp certo Ernst
doveva essere un bravo scacchista. Un certo numero di opere di Ernst si
ispirano agli scacchi, come l’opera che vedete nell’immagine Il re che gioca
con la regina, dove le linee forbite diventano inquietanti per via del re
che abbraccia una piccola regina. Un re che pare come un Minotauro gigantesco,
ma nel gioco degli scacchi senza regina il re vale poco.
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