Capitolo 33
Rose is a rose is a rose is a rose
Intanto
passavano i giorni, Lyuba aveva ripreso la sua solita routine piacevole, lo
scontento era passato, non aveva più pensato al gruccione, al silfio, a quel
tale Duga e neanche a Rocco, si era rilassata lavorando sulle illustrazioni e
sui colori delle creazioni per l’azienda per cui lavorava, che produceva il
vestiario ispirato ai libri; era molto soddisfatta, anche perché il suo datore
di lavoro stava organizzando una sfilata in un bel palazzo settecentesco e
pensare ai suoi lavori indossati da modelle professioniste, la faceva quasi
sentire una stilista.
Si sentiva di
nuovo arrivata, la specie di apostolato sulla ricerca del messaggio del
gruccione, in cui si era creduta una illuminata, una risvegliata, capace di
profetare, la rendeva sì importante, ma allo stesso tempo le pesava la forte
responsabilità di non riuscire nel suo intento: ora si sentiva libera, perché
era riuscita ad abbandonare l’investigazione magica o magari stregata, lo
strano è che si sentiva come dire leggera, come se avesse realizzato un
qualcosa di grande, invece non aveva concluso nulla.
Forse era
finita e non avrebbe più avuto impulsi folli di salvare il mondo: ora il mondo
lo salvava facendo del volontariato, andando regolarmente in Chiesa pregando
per tutti sia per i buoni che i cattivi e sorridendo pensando che: l’oggi
sarebbe stato più bello di ieri e che sarebbe stato meno bello di domani.
Il tempo
libero e anche quello non libero non lo passava più sui libri o attaccata al
computer pensando giorno e notte a trovare un senso dove non c’era, ma con
Luisa e Marina usciva tranquillamente sulle vie dello shopping oppure a qualche
presentazione di libri o mostre d’arte, qualche aperitivo, qualche gita
fuoriporta a Milano, Ferrara, Bologna per respirare un po’ di aria cittadina
che Ravenna, in quanto a vita sociale non era altro che un paesone, poi ora
assieme alle sue amiche era tutta indaffarata a cercare un abito adatto ad una
stilista: le modelle avrebbero indossato anche delle sue creazioni, era ormai
una creatrice di moda a tutti gli effetti, la sfilata sarebbe stata fra un mese
e lei voleva apparire al meglio.
Finalmente si
sentiva libera di pensare anche a se stessa, si era resa conto che i suoi primi
quarant’anni erano stati finalizzati a un qualcosa di grande con l’ansia di non
farcela, si ricordò il chiodo fisso di due anni prima, quando qualcuno o qualcosa
era dentro di lei con un controllo mentale totale così invasivo che lei aveva
pensato di buttarsi nell’acqua torbida del fiume dall’alto del ponte, vicino
alla casa della sua amata bisnonna, perché non riusciva più a sopportarlo;
-forse quella cosa era stata sempre in lei, forse c’era ancora, forse era
ammalata, forse, forse, forse, del domani non c’è certezza ora sto bene il
resto non conta- così diceva mentre pensava -Dio, Dio, fa che il mostro che mi
possedeva se ne sia andato per sempre, ti prego, ti prego.-
Drin, drin,
driin.
“Cavolo la
sveglia, no è il telefono, ma chi è che rompe… Pronto”.
“Buongiorno,
ti ho svegliato?”
“No, non mi
hai svegliato, figurati alle 8 di domenica mattina non mi hai svegliato”.
“È una
mattina splendida e ti porto in pineta alla Via degli Zingari”.
“Non ci
voglio andare, non mi interessano gli zingari e ho ancora sonno e la domenica
mattina vado alla Messa, aspetta che apro la finestra e guardo fuori, urca, hai
ragione c’è un sole bellissimo sole sembra un giorno di primavera, va bene
vengo, alla Messa ci vado stasera”.
“Passo a
prenderti verso le nove e prima ti porto a far colazione con lettura del quotidiano
e commento”.
“Grazie Rico,
ciao”.
Si
stiracchiò, pensando che evidentemente la ricerca era destino che la
terminasse, ma non se ne preoccupò, passeggiare in pineta è uno dei passatempi
preferiti dei ravennati e anche il suo, le pinete fanno parte della zona più
antica del Parco del Delta del Po, in quanto il delta del tempo antico sfociava
più a sud di quello odierno.
Puntuale,
Rico suonò il campanello alle nove e cinque minuti.
“Ciao, come
sei carina col piumino rosa, ti sta proprio bene… Rose is a rose is a rose is a rose”.
“Non fare il
cretino”.
“Volevo farti
un complimento”.
“Allora
doppiamente cretino in quanto la citazione è di Gertrude Stein ed è dedicata
all’amore lesbico”.
“E io l’ho
detto apposta, non è che la tua castità sia il paravento di una tua attrazione
al femminile?”
“Rico, ti
trovo cambiato, non so perché ma mi sembri strano”.
“Dai andiamo,
ti ho fatto una sorpresa ho un thermos di caffè, brioches e quotidiano,
facciamo colazione in pineta”.
“Mmm, ottima
idea”, e intanto pensava e guardava Rico con altri occhi.
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