“Lasciami spiegare,
mia cara, che la tartara alla quale mi riferisco non ha niente a che vedere con
la salsa ed è stata inventata dai cosacchi in Siberia: pensa che può
essere preparata a cavallo, al galoppo addirittura, se le
circostanze lo rendono necessario. Ecco le indicazioni: tagliate al coltello
mezza libbra (per persona) della miglior carne che riuscite a trovare e
mettetela in un piatto di
porcellana, bianco – così che nessuna decorazione possa disturbare
la disposizione degli ingredienti – dandole una forma a nido di uccello.
Sistemate poi, al centro del nido, due tuorli d’uovo e infine disponete a lato
del piatto, in graziosi bouquet, i seguenti ingredienti: cipolla bianca
finemente sminuzzata, capperi, acciughe, prezzemolo fresco, olive nere
accompagnate con foglie di sedano, sale, pepe. Ogni commensale mescolerà gli
ingredienti alla carne. Al centro del tavolo: pane, burro e una bottiglia di vino rosè”. Questa
è la ricetta della tartare scritta da
Marcel Duchamp. Non è una novità che il cibo abbia interessato gli artisti da
sempre, basti pensare alle nature morte, per arrivare poi ai futuristi, ai
surrealisti che sovvertirono gli accostamenti e gli abbinamenti culinari. Non è
una novità che il cibo evochi l’eros. Molto spesso dalla cenetta, magari
afrodisiaca, dalla tavola, dalla tovaglia si passi al lenzuolo del letto. Così non
può stupire che dal cibo si passi agli utensili per la cucina. Duchamp realizza
queste due presine in tessuto scozzese che possiamo definire
maschile/femminile, in quanto in una sbuca un pene, mentre nell’altra Duchamp
applica un quadratino di pelliccia… non resta che sorridere.
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