sabato 10 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


Ginestre di Paola Tassinari 

“Ginestre” è il titolo di questo acrilico su tela, dimensioni 60X50 cm del 2005. In questi anni continuo a dipingere con una sintesi di stili diversi: Surrealismo/Informale/Simbolismo, se dei primi due movimenti ho già scritto, del Simbolismo non ho ancora detto nulla. Il Simbolismo è un movimento artistico e culturale che si sviluppa in Francia nella seconda metà dell’Ottocento coinvolgendo arti figurative, poesia e musica, nasce in contrapposizione al Realismo, con l’obiettivo di penetrare al di là delle apparenze dell’evidente. Per i simbolisti la realtà non sta in ciò che si vede con gli occhi, ma in ciò che si percepisce con l’anima, in questo sono 94 quindi affini al Surrealismo come lo sono per i temi legati alla religione, al sogno, al non visibile, concetti ormai cancellati e sepolti dalla ragione che impone l’oggettività della scienza, anche se ultimamente il “dio” della scienza sembra essere messo in discussione. Il Simbolismo è simile all’Informale, nonostante la non figurazione di quest’ultimo, per il fatto che entrambi si affidano al caso, entrambi sono pessimisti ma, mentre il Simbolismo si volta indietro verso un’ipotetica età dell’oro, l’Informale azzera tutto, ma da questo zero si potrà ben ricominciare, arrivati al fondo si potrà ben risalire e a cosa aggrapparsi se non alla tradizione? Il legame tra la letteratura e le opere d’arte simboliste è molto stretto, saranno, infatti le emozioni evocate dai racconti di Edgar Allan Poe o dalle poesie dei “poeti maledetti” Baudelaire, 95 Rimbaud, Verlaine e Mallarmé a fornire spunto di ispirazione per le opere dei pittori del Simbolismo. In Italia, gli echi del Simbolismo arrivano con qualche decennio di ritardo, accolti principalmente da tre autori molto diversi tra loro: Giovanni Pascoli (1855-1912), Gabriele D’Annunzio (1863- 1938) e Dino Campana (1885-1932) ed è proprio attraverso la poesia del Pascoli che riesco a mitigare il forte pessimismo leopardiano. Perché questa mia opera, è ispirata a una poesia di Giacomo Leopardi ed è soffusa di intenso blu, come un grande mare dove nuotare sereni, con qualche sprazzo di denso marrone, che vuol dare la contrastante durezza della terra, che quando la stringi nel pugno ti scivola via tra le dita, lasciandoti le mani sporche, in questo contrasto tra il divino del cielo e la sostanza 96 selvaggia della terra, appare un’onda inarrestabile di giallo pieno di sole, di caldo e di vivacità: sono le ginestre e sono il mio ricordo dell’impatto visivo dal finestrino dell’auto, vagando sull’Appennino romagnolo, in giugno, quando le nuvole gialle delle ginestre accecano, allora il ricordo va al Leopardi, che pessimista come pochi trova ristoro nel fiore e lo paragona all’uomo. Leopardi si rivolge con rispetto e ammirazione alla gentile ginestra, che consapevole di non essere immortale, accetta e vive comunque piena di bellezza e di profumo intenso nei deserti e nelle asperità sassose. In questa mia opera il blu simboleggia il divino, la nostra probabile (o improbabile) immortalità, il giallo è la vita, il bruno rossiccio è la terra… Dio per fare l’uomo lo impastò con la terra. 

Qui su l’arida schiena 

del formidabil monte

 sterminator Vesevo, 

la qual null’altro allegra arbor né fiore, 

tuoi cespi solitari intorno spargi,

 odorata ginestra, 

contenta dei deserti (La ginestra-Giacomo Leopardi- vv. 111-135)

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