giovedì 20 aprile 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 29

Per vincere occorre anche la scaltrezza di Sisifo o di Ulisse

 

 

Rico l’aveva distolta dal suo arrotolarsi nella tristezza, anche se non si sentiva certo a posto, non aveva voglia di uscire, era una giornata che pareva di novembre, piovigginava ed era freddo, considerando che fino ad ieri la temperatura era stata oltre la media stagionale, ma era curiosa di sapere cosa c’entrasse il gruccione con Rocco.

Rocco, era passato ormai un anno dalla fine della loro storia, lui le era parso come l’uomo del destino, aperto e solare, poi in realtà si era dimostrato strano, misterioso e inafferrabile, spariva per lunghi periodi in cui non era possibile rintracciarlo e se inizialmente si era mostrato interessato a lei come persona e le diceva che nessuna donna mai lo aveva intrigato mentalmente come lei, che il sesso era importante ma non come le affinità elettive, poi invece ogni volta che si vedevano, per accontentarlo, finiva esclusivamente nel suo letto, Lyuba così si era sentita come un oggetto sessuale e lo aveva lasciato e Rocco indifferente le aveva detto, come vuoi e non lo aveva più visto né sentito.

Ma ora Lyuba era alle prese con cosa indossare, si era in quella stagione dove si incontravano persone coi sandali e senza calze ed altre con gli stivali, gente col piumino e altre a mezze maniche, alla fine decise per un paio di jeans, una delle magliette di sua creazione, un chiodo in pelle nera legato ai fianchi e un paio di ballerine, per ultimo passò a sistemare i capelli che quando era giù li trovava orribili e non sapeva mai come sistemarli, alla fine li lasciò sciolti, brutti come erano senza farci niente, spettinandoli con le dita e dandogli un filo di lacca illuminante.

Uscì sentendosi sciatta e insulsa e in bici andò all’appuntamento con Rico.

Dopo i convenevoli, Lyuba rimase un poco interdetta Rico abbracciandola le aveva messo le mani sulle reni, ebbe anche l’impressione di un palpeggio, scosse la testa e gettò via la sensazione, si sedettero al tavolino ordinando tè speziato all’orientale e i dolci al cioccolato e Rico iniziò una storia che pareva assurda.     

“Una persona importante, molto importante, un nuovo conoscente di Rocco, che non usa il suo nome ma uno pseudonimo: Duga, e sei stata proprio tu che mi hai parlato del controllo mentale e  del segnale radio militare, proveniente dall’Unione Sovietica chiamato Duga, questa è la prima analogia col tuo gruccione”.

“Io ti ho parlato delle onde elettromagnetiche, del controllo mentale ma del Duga mai”

“Te ne sei già dimenticata tu lo chiami Woodpecker, in realtà il suo nome vero era Duga”.

“È vero me ne ero dimenticata, che strana questa cosa, or ora mi hai fatto venire in mente che Woodpeker era anche chiamata una discoteca di Milano Marittima su cui si narravano certe cose strane. La discoteca aveva lo steso nome del segnale russo “Woodpecker”, il quale si supponeva che emettesse frequenze in tutto il mondo da un trasmettitore vicino Kiev. I russi avrebbero recuperato le carte di Tesla riguardanti lo studio di queste frequenze, quando furono finalmente riportate in Iugoslavia dopo la sua morte.  Nikola Tesla aveva rivelato nel 1901, che l’energia avrebbe potuto essere trasmessa attraverso il terreno servendosi di onde ELF. Rico hai presente per andare a Milano Marittima, quella cupola che sembra un’astronave aliena, là abbandonata in un campo che sembra geometricamente inquadrato per un invito ad uno sbarco di extraterrestri?”

“Certo che ho presente, hai proprio poca fiducia sulla mia qualità di studioso degli alieni, la struttura è unica nel suo genere: una collina artificiale ad anello racchiude al suo interno un piccolo laghetto ed una struttura di passerelle che forma alcune “isole”, su una delle quali poggia una enorme cupola in vetroresina, non è altro che la ricostruzione di un atterraggio realmente  avvenuto negli anni Cinquanta, non mi interrompere che non ho finito, il Woodpecker era uno  dei club più in voga della vita notturna tra gli anni ‘50 e ’70, un po’ come è stato il Pineta per la nostra generazione, un locale di prestigio, con prezzi molto alti e molti vip dello spettacolo e dello sport. Nel 1975, guarda caso la tua data di nascita, divampò un incendio e come fu chiuso il sistema di onde in Russia, così la discoteca chiuse definitivamente. Il Woodpecker, forse non lo sai, nacque in un altro luogo, nel cuore di Milano Marittima, fu spostato perché era troppo vicino agli edifici e agli alberghi, che risentivano del rumore e del traffico causato dal locale. Fu da subito un locale “aristocratico”, aveva i prezzi altissimi ma le persone accorrevano da tutta Italia, non aveva la struttura aliena che fu poi adottata quando il locale si spostò in periferia, ma il terrazzo superiore ebbe per un certo periodo un locale chiamato Pepper, nome che è legato a personaggi connessi alla magia, all’horror e agli alieni senza contare il famoso disco dei Beatles Sgt. Pepper’s, la cui copertina può essere letta in svariati modi e livelli a cominciare da quello dell’esoterismo e del complotto mondiale, sulla copertina appare Aleister Crowley, esoterista e scrittore, una figura   oscura e inquietante e appaiono indizi e messaggi che rimandano alla leggenda della morte del    vero McCartney  che sarebbe avvenuta nel 1966 in un incidente stradale e adesso stai attenta…”

“No, non sto attenta, stai dicendo un mucchio di razzate, pepper è il termine inglese per il pepe, nome che sta assai bene per una discoteca in quanto è sinonimo di brioso e frizzante. Oppure con riferimento alla santoreggia che è chiamata anche erba pepe o erba dei satiri, in quanto ritenuta altamente afrodisiaca ed è un dato di fatto che in discoteca non si va solo a ballare e a pomiciare. Sai Rico, con questa storia mi hai fatto ricordare un fatto che capitò a mia madre negli Anni Settanta in discoteca. Stava pomiciando e ballando un lento con un ragazzo, si accesero le luci, coi cosiddetti balli della mattonella le luci si spegnevano per creare l’atmosfera giusta per limonare, accanto a lei un ragazzo lanciò un urlo mentre dall’inguine fuoriusciva del sangue: il ragazzo che stava facendo sesso, con una tipa appena conosciuta, all’accensione delle luci si era tirato su velocemente la lampo dei jeans e il suo gioiello era rimasto incastrato e sanguinolento… arrivò l’ambulanza e lo portarono in ospedale”.

“Fai pure la spiritosa, non solo pepper è esoterico e legato alla teoria del complotto ma anche pepe, hai presente Pepe the frog, Pepe la rana? La rana, tu lo sai benissimo è una delle divinità primordiali egiziane con simbolo di continuità e di resurrezione. Pepe è una rana umanoide, un fumetto diventato virale in Internet, pensi che sia solo un caso che Pepe the Frog, sia diventato una specie di simbolo per la destra estrema, associato a Hitler o anche a Donald Trump? Per me è chiaro il complotto ha cambiato vertice, sta andando verso la destra conservatrice”.

“Rico sei veramente peso, è lampante che se Trump è associato alla rana è per via del connubio  salto/colpo di vento. Se fai un salto generi movimento e vento e i capelli si muovono e mi pare inevitabile che la chioma di Trump quando è mossa dall’aria generi qualcosa di spaventoso, staccandosi come una specie di tappeto volante e mandando alle ortiche, tutto il complicato lavoro del parrucchiere che ha raccolto le cime dei capelli che crescono attorno alla pelata riunendole al centro e poi sparpagliate e solidificate con dello spray/colla hihihihihi.  

Hahaha, continua a fare la spiritosa, fra poco smetterai di ridere, stai bene attenta ora ti dirò dove è nato inizialmente il Woodpecker: negli anni Cinquanta apre un locale in centro a Milano Marittima, alla Terza Traversa, hai capito bene? Alla Terza Traversa e sai quale era il nome esatto del segnale russo? Duga-3, le coincidenze sono troppe, tenuto il conto che dopo quarant’anni il Woodpecker sta per essere ristrutturato e riqualificato, te ne rendi conto? Il riferimento ai quarant’anni, numero legato alle Pleiadi e perciò anche alla costellazione del Toro è connesso a una configurazione particolare celeste che prevedeva un evento eccezionale terrestre, poi salta fuori questa persona il cui nick name è Duga, ti renderai conto Lyuba che le tue ricerche hanno un senso e che devi assolutamente continuarle, no non mi interrompere”.

“Volevo solo chiederti che cosa sta cercando questo fantomatico Duga, perché sono d’accordo con te, il gruccione mi sta indirizzando in una cerca che qualcun altro sta effettuando perché bene informato, qualcuno facente parte dell’esclusivo club della lista delle persone più ricche e quindi anche più importanti del mondo, qualcuno che sta ben lontano dalla ribalta, perché come dici tu l’anonimato è la garanzia di poter agire liberamente”.

“Te lo stavo appunto dicendo, questo Duga, sta ricercando una pianta estinta, che secondo lui fu donata agli antichi egizi dai pleiadiani. Secondo la leggenda, la pianta era stata un dono del dio Apollo alla ninfa Cirene, che dimorava in Libia e solo nella città di Cirene tale pianta era possibile coltivarla. La teoria degli antichi astronauti, non è così sballata come credi tu, ci fu un tempo in cui   genti che vennero dal cielo visitarono i popoli primitivi della terra, portando a loro conoscenza e tecnologie impensabili, furono chiamati dèi. Apollo come sai trascinava il carro del sole e del fuoco, altre macchine di fuoco appaiono nella Bibbia, come il carro di Elia o di Ezechiele. La Bibbia e la mitologia raccontano di astronavi con genti venute dal cielo: i pleiadiani sono simili a noi, ma più angelici e hanno caratteristiche apollinee, molto diversi dai rettiliani che somigliano caratterialmente di più a Dioniso, il suo opposto. La pianta chiamata silfio, fu donata da un pleiadiano, anticamente sceso in Egitto, ad una principessa libica che fondò la città di Cirene e per secoli portò enormi benefici ai suoi abitanti, tanto che il suo commercio era un compito reale e tanto da ipotizzare che il mitico giardino delle Esperidi si trovasse nella cirenaica e che l’albero con le mele d’oro non fosse altro che il silfio. Nell’antichità si diceva silfio per indicare la ricchezza estrema e si riteneva che la più grande prosperità della terra fosse costituita dal possesso di tale pianta. La cosa più strana è che questo silfio produceva una specie di gomma che era chiamata laser, di cui non si conosce l’uso, laser fa pensare subito agli alieni”.

“Sì, hai ragione Rico, i casi sono due, un tempo antico sono atterrati degli alieni oppure è esistita una civiltà assai progredita scomparsa come lo sono stati i dinosauri, in entrambi i casi è rimasto qualcosa tramite i miti. Strano, molto strano è ciò che mi dici sulla pianta del silfio, me ne ha parlato il bibliotecario, e che adesso salti fuori un tale che lo sta ricercando in ogni dove è ben inconsueto, inoltre Apollo, se un pleidiano non so, ma un mito su di lui racconta che in Etiopia, ma forse si intendeva la Libia chissà, difficile riconoscere i confini di un tempo così lontano, gli abitanti avevano la pelle bianca e i loro sovrani, pensa un po’, erano Merope e Climene. Merope, ritorna il gruccione. Climene invece era una figlia di Teti, e tanto per chiarire che è una leggenda molto, molto antica non era la Teti, ninfa del mare, madre di Achille, era una sua antenata che faceva parte dei Titani e dei Giganti, “razze” già estinte nella mitologia. Dunque, un giorno accadde che Apollo, durante la sua quotidiana traversata del cielo col carro del sole, vide e si innamorò della regina Climene, fu così che Climene cornificò Merope e nacquero le Eliadi, sorelle di Fetonte; erano sette e fra di loro una si chiamava Merope. Le Eliadi si confondono con le Pleiadi, che erano sette pure queste, fra di loro vi era un’altra Merope di cui era innamorato Orione, che faceva il cascamorto anche con le altre sorelle, così Zeus trasformò le Pleiadi in stelle e pose accanto a loro il cacciatore Orione con i suoi due cani da caccia, Cane Maggiore e Cane Minore, che combatte in eterno contro il Toro, inseguendo le Pleiadi… un casino del genere certo è difficile da decifrare”.

“Lyuba, conosco anch’io questo mito, Merope era chiamata la “Pleiade persa”, perché era poco visibile agli astronomi in quanto si narra che stava nascosta, perché si vergognava, avendo sposato Sisifo uno scaltro e truffaldino mortale”.

“Ricapitoliamo un po’, un tale soprannominato Duga, che evoca col nome il controllo mentale; persona molto importante che conosce sicuramente ciò che cela il mito. Cerca il silfio, una pianta miracolosa perduta, coltivata un tempo molto antico a Cirene e donata, secondo te, dai pleiadiani. Pianta che produce anche una gomma chiamata laser, termine futuristico che rimanda anche alle Eliadi, in quanto, secondo la mitologia, quando Fetonte, figlio di Apollo, fu ucciso, le Eliadi, sue sorelle, furono tramutate in pioppi e le loro lacrime divennero perle d’ambra: l’elektron! Pensa Rico, che tutto combacia perché io ho iniziato a indagare sull’elettricità e il magnetismo e   l’elettricità prende il nome dal termine greco che indica l’ambra, fu Talete di Mileto, nel 600 a.C. che scoprì che l’ambra presentava la proprietà di elettrizzarsi per strofinio e l’ambra che non è altro che la resina o la gomma degli alberi. Si presume che la gomma/resina del silfio doveva essere veramente preziosa e speciale. Perché questo Duga la cerca ora? Perché il gruccione/Merope mi ha inviato ora il messaggio? La pleiade persa può sottintendere il silfio perduto? Eliadi e Pleiadi sono sette possono avere a che fare con una congiunzione astrale e un luogo geografico? E tal unto/designato/eroe e molto furbo ovvero il Sisifo mortale sposo della pleiade Merope può essere paragonato a questo Duga? Le domande sono tante cosa mi rispondi?”

“Rocco mi ha detto che non sa niente, tranne che Duga sta cercando nella zona del Delta del Po, che è l’antico e mitologico luogo della caduta di Fetonte e del pianto delle Eliadi. Inoltre una     serie di congiunzioni planetarie astrali molto rare in un determinato punto della precessione degli equinozi, un evento che si ha una volta ogni mille anni circa, presuppone un ritorno dei pleiadiani o comunque un qualcosa che farà ritrovare il silfio. Con questa pianta Duga salverà il mondo perché diventerà così potente da imporre finalmente una giustizia uguale per tutti, ho subito pensato a te, secondo me la ricerca tua è la medesima di Duga, ma stai tranquilla non ho detto nulla a Rocco del tuo gruccione e della tua cerca”.

“Bè mi sa che abbiamo parlato abbastanza, certo è che mi hai ridato lo stimolo per riprendere gli studi, mi manca poco, devo solo esplorare sul tema del silfio e su cosa lo lega agli zingari, in effetti ho sempre pensato, diversamente da molti studiosi, che gli zingari avessero dei legami con i berberi della cirenaica e di tutta la costa del Nord Africa. Mi raccomando non dire nulla se incontri Rocco e ora dimmi qualcos’altro su questo Duga.”

“Rocco me l’ha presentato qualche mese fa, ogni tanto viene alle conferenze dell’Associazione, Gli ufo sono tra noi, è una persona piacevole, ritiene che molti fenomeni apparentemente distanti dal mondo ufologico, siano in realtà ad esso interconnessi, così si interessa all’arte in generale e poi ai miti e in genere a tutto il paranormale, il religioso e il medianico, è convinto di essere stato contattato dai pleiadiani, da quello che ci ha raccontato è molto, ma molto probabile. Differentemente dall’aspetto di commesso viaggiatore, è una persona altolocata, amministratore delegato di una banca molto nota in città, è per questo che usa un soprannome, lo sai che non è così insolito nella nostra Associazione il farlo. È misterioso e poco loquace sulla sua vita, in quanto sarebbe seriamente danneggiato, nella sua carriera bancaria, se si spargesse la voce che lui è un ufologo convinto di essere in contatto coi pleiadiani, lo sai come sono chiacchieroni i ravennati.”

“Un altro taroccato come te, sto scherzando, io non ci credo ma ognuno è libero di pensare come vuole, ma perché ha scelto come nome Duga? Te lo ha detto?”.

“Si è scelto come soprannome Duga, proprio per la gigantesca antenna che doveva interferire con le comunicazioni, in realtà un contatto con gli alieni nordici, che come sai si stanno impegnando in una invisibile guerra cosmica contro gli alieni rettiliani, se sta dalla parte dei pleiadiani, è dalla parte di Apollo, di Cristo, del Buddha e di tutti i Santi, è dalla parte della luce. Stai tranquilla. Ma per vincere occorre anche la scaltrezza di Sisifo o di Ulisse e questo Duga se vuole la giustizia nel mondo deve essere più furbo degli altri, senza astuzia, non arriverà a nulla”.

Si salutarono, con il bacio guancia a guancia ma Lyuba ebbe l’impressione che Rico le volesse baciare la bocca. Si avviò per andare a casa, pedalando veloce con la sua bici, pensando che aveva amato tanto Rocco, con lui poteva parlare liberamente di tutto, ok anche con Rico parlava di tutte le corbellerie, ma con Rico era amicizia e basta, con Rocco era stata passione, era stata così felice ma poi nell’opposto piatto della bilancia aveva pagato con altrettanto dolore.

Frenò la bici, il cellulare stava suonando:

“Pronto, Rico, che è successo?”

“Non andare a perlustrare la Via degli Zingari da sola, non ti infilare in uno dei sentieri della pineta da sola, ti accompagno io, sto fuori un mese per lavoro, aspettami”.

Sono una donna non sono una santa. Non tentarmi non sono una santa. Non mi portare nel bosco di sera. Ho paura nel bosco di sera”.

“Lo sai Lyuba, sei stonata”.

 

 

 

 

 

 

lunedì 10 aprile 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 28

 Mi fissava con gli occhi liquidi, una specie di membrana li velava

 

 

Il gruccione è detto anche Merope, come il genere a cui appartiene e Merope è anche una stella appartenente alla costellazione delle Pleiadi.

Nella mitologia greca il nome Merope è associato ai miti riguardanti Orione e Fetonte, quindi   connessi al Sole, ad Arianna e Minosse, al toro, a Enea e a Teti, con riferimenti a Venere e poi agli eraclidi e anche ai veggenti e agli indovini, Lyuba accettò con indifferenza il fatto che lei avesse indagato su questi personaggi in modo inconsapevole perché non sapeva che il gruccione era chiamato anche Merope, ma questa sincronia, che pochi giorni fa l’avrebbe resa euforica, ora non le alzò l’umore di un millimetro.

Lyuba era triste perché si era creduta una illuminata, una risvegliata, capace di profetare e questo la rendeva importante, sentendosi presa in una specie di missione.

Una cosa era certa, lei si era sentita arrivata, ma in realtà non lo era, perché aveva bisogno di un incarico, di una specie di apostolato per sentirsi viva.

A questo punto Lyuba si accorse di aver perso uno dei suoi talismani, il bracciale con gli zirconi non era più al suo posto.

Il bracciale di zirconi che aiutava a superare l’ansietà e le paure, dava fiducia in se stessi, facendo aspirare a grandi ambizioni, che era anche pericoloso, poiché poteva trasformare il suo proprietario dandogli la chiaroveggenza, lo aveva perso e non aveva idea di quando era successo né dove poteva averlo smarrito, glielo aveva regalato Rocco, ormai erano passati mesi da quando si erano lasciati, si rese conto che ancora sperava in un suo ritorno, la perdita del bracciale era un po’ come se avesse perso l’ultimo legame, l’ultima speranza.

Lyuba si sentì stesa, stesa a terra come i serpenti… aveva preteso di conoscere e sbrogliare matasse, credendosi immune dalla superbia ed era caduta, ora strisciava in cerca dell’allegria che aveva perso per filosofeggiare.

Suonò il cellulare, era Rico un suo amico più squinternato di lei, addirittura credeva nell’esistenza degli alieni, oltre al direttore della biblioteca era l’unico con cui aveva parlato del gruccione e delle sue fantasie, non rispose non ne aveva voglia, ma poi si ricordò di una storiella, in cui un naufrago su una zattera pregava Dio che lo salvasse, passò una barca, poi uno yacht e poi una nave, ma lui non se ne accorse intento com’era a supplicare e così morì di sete e di fame. Giunto in cielo incontrò Dio e gli disse di averlo implorato tanto, ma di non aver ricevuto nessun aiuto, Dio gli rispose: “Non ti ho aiutato? Ma se ti ho inviato una barca, uno yacht e una nave, mezzi sempre più grandi perché li vedessi, ma tu niente, hai disprezzato il mio aiuto, perciò vai un po’ in Purgatorio a pregare ancora”. 

Così richiamò Rico.

“Ciao, ero in bagno, ho visto ora la tua chiamata”.

“Hai tempo per parlare un poco? Volevo parlarti del gruccione, della possibilità che tu abbia ricevuto un contatto dagli alieni nordici, i pleiadiani, sai, quelli che provengono dalle Pleiadi, le stelle che fanno parte della costellazione del Toro e comunicano con noi terrestri con l’aspetto di Angeli o di Santi, potrebbe essere questo il messaggio che cerchi, mi hai accennato che hai pensato al volatile come a un messaggero divino e poi l’ultima volta che ci siamo sentiti per telefono, hai parlato e riparlato sulla simbologia del Toro e delle Pleiadi, potrebbe essere che il gruccione sia il tramite fra te e gli alieni nordici quelli la cui stirpe è detta angelica”.

“Potrebbe essere e allora mi hai cercato solo per dirmi questo? Sai che non credo agli alieni, te l’ho già detto più volte”.

“Ma questa volta ho una notizia eccezionale, Rocco, sai quel mio amico molto addentro ai misteri ufologici, quello che partecipa a quelle riunioni che chiamano sulle stelle, aperte a tutti e in realtà solo per pochi”.

“Scusa ti interrompo, trovo il tuo amico Rocco un uomo affascinante, galante, ma sicuramente inquietante, le sue amicizie importanti, di cui non ha mai rivelato un nome, lasciando intendere chissà quali cose, il suo squadrarmi quasi facendomi la radiografia con quegli occhi da gatto, ecco il tuo amico Rocco può ben essere un alieno e non voglio sentire niente su di lui, proprio niente solo il suo nome mi irrita la pelle e mi fa incassare il collo tra le spalle con un brivido”.

“Lyuba, lo so che hai avuto una breve storia con Rocco, anche se non me lo hai mai detto, me ne ero accorto che eri tutta presa da lui, ma questa volta te ne devo parlare assolutamente, perché riguarda le ricerche che stai facendo sul gruccione, anche se so che non ti piace chi prende l’esoterismo sul serio”.

“Hai tradito la mia fiducia, ti avevo parlato del gruccione e delle mie ricerche e tu le hai spifferate a Rocco, anche se non hanno portato a nulla e non hanno rivelato nessun mistero, tranne la mia schiocca infantilità, rimane il fatto che hai tradito l’amicizia fra di noi”.

“Ma che dici, non ho detto nulla a Rocco, è lui che mi ha parlato di un segreto, qualcosa che stanno ricercando in molti in varie parti del mondo e che secondo me ha che fare col tuo gruccione”.

“Rico, ancora il gruccione? Mi prendi in un momento in cui trovo ridicola la storia del volatile, come messaggero divino, l’avevo presa come un gioco, poi era diventata una specie di missione, poi mi ha nauseata e ora arrivi tu con Rocco, che non ho mai capito se sia un templare, un iniziato ai segreti sugli alieni o a quelli sugli egiziani, sicuramente un sangue freddo, cosa a che fare Rocco col mio gruccione?”

“È appunto per questo che ti ho chiamata, ma non posso parlarti di questo al telefono, sai  benissimo che certe parole sono captate dagli algoritmi e così poi risalgono a noi, l’anonimato oggi è la maggior garanzia e…”.

“No scusa, ti interrompo, non cominciare con l’agente segreto che è in te, tu potrai anche restare senza carte di credito e persino carta d’identità, io non ne sono capace, sono troppo comode e non ho bisogno di restare anonima, tanto non ho nulla da nascondere”.

“Questo lo credi tu, cara Lyuba tu sei spiata, non solo dagli addetti alla sicurezza o…”.

“Ti prego risparmiami di dirmi che sono spiata anche dai pleiadiani, dai grigi o dai rettiliani, questi ultimi davvero sono una grande bufala, come fai ad esserne convinto per davvero. I rettiliani, una specie di lucertole umanoidi, dall’antichità sul nostro pianeta e che oggi sarebbero al centro del potere politico ed economico con l’obiettivo di imporci un Nuovo Ordine Mondiale, ora che ci penso il tuo amico Rocco potrebbe essere un rettiliano, a volte mi guardava in uno strano modo brrr, mi viene freddo a pensarci, era l’unico momento in cui non sembrava impassibile, mi fissava con gli occhi liquidi, una specie di membrana li velava  e sai che aveva uno strano modo di baciare, che mi piaceva molto, ma era strano, arrotolava la lingua, dici che era per nascondere la lingua biforcuta?”

“Lyuba, non essere cattiva, Rocco è mio amico, non si sparla dei non presenti e tu smettila di non aver rispetto per chi è…”

“Schiavo dei rettiliani…”

“Eh no, adesso basta, mi interrompi sempre…”

“Ma dici sempre le stesse cose, sono sicura che avresti detto: i rettiliani ci hanno sottomesso, sono in pochi ma governano il nostro pianeta, favoriscono le catastrofi, la fame, la disoccupazione, l’avvelenamento del pianeta perché si nutrono di energia cattiva, si nutrono della nostra tristezza, della nostra paura e giocano con la nostra mente… non volevi dire questo?”

“Continua a scherzarci sopra, no, non volevo dire questo, intendevo che oggi siamo spiati anche dall’esercito degli impiegati, persone comuni, che hanno la password per entrare nel nostro database, non dovrebbero farlo, ma stai sicura che nei ritagli di tempo e di meritato svago, vanno a spulciare le informazioni del vicino, del conoscente ecc., questo volevo dirti, quindi cerca di stare un po’ più attenta”.

“Scusami Rico, sono un’antipatica, quando sono giù di morale divento saccente e polemica, forse sono io una rettiliana, infatti poco prima che suonasse il telefono, mi sentivo un serpente, dimmi allora per parlare con calma, vieni a casa mia?”

“No, il luogo più sicuro è sempre un ritrovo pubblico”.

“Allora che dici, ci ritroviamo fra un’ora al forno pasticceria di Via d’Azeglio, così ci deliziamo con quelle paste sfoglie al cioccolato che fanno solo lì”.

“Ok, a fra poco, ciao”.  

 

sabato 1 aprile 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 27

Il suo nome, era di origine rom e significava amore

 

 

Lyuba non sentiva più il fuoco della ricerca e non le importavano più i segreti nascosti.

Riportò i testi alla biblioteca, dove incontrò il direttore.

Questi era giovane e aitante, Lyuba lo aveva incontrato la prima volta, quando era andata a prendere i libri sugli zingari e si era stupita, in quanto si aspettava una persona più anziana e più topo da biblioteca, ma lo aveva trovato assai preparato e avevano discusso su molti temi.

La salutò calorosamente, chiedendole delle sue ricerche, iniziando poi a darle notizie e dati molto pertinenti sugli zingari, Lyuba ascoltava attenta, ma non era più lei, non era più la Lyuba dai tanti collegamenti.

Lyuba, gli rispose che era un po’ giù per via del pennuto che non si era salvato, gli raccontò del gruccione avvistato anni prima in Tunisia e gli disse pure che i gitani avevano perso interesse per lei.

Il direttore le disse che il suo nome, era di origine rom e che significava amore, ma non le importò, come non considerò importante ciò che lui disse su Cartagine e la rotta commerciale dei fenici o quello che disse sulla Libia di oggi: che dopo la morte di Gheddafi, non trovava pace, divisa per il possesso dell’oro nero tra gli interessi della Tripolitania e della Cirenaica, poi si soffermò a lungo su Cirene parlando di una pianta, il silfio, che rese ricca questa città fondata intorno al 630 a.C. dai dori che discendevano da Eracle, a Lyuba non interessava più neanche Eracle, però pensando al silfio per un attimo rise tra sé.

-Certo che è una bella coincidenza, anticamente il silfio la pianta/tesoro di Cirene e odiernamente il Silvio che dona la scultura/tesoro a Gheddafi- .     

Nel 1913 degli archeologi italiani rinvennero presso Cirene la Venere Anadiomene del II secolo, copia di Prassitele che fu portata in Italia, ma poi nel 2008, Berlusconi riconsegnò la scultura all’ex leader libico.    

Il sorriso sfumò velocemente perché pensò che era una concomitanza che non aveva portato bene né al dittatore libico né alla Libia.   

Non prese altri libri e neanche restò a parlare con l’affabile studioso, se ne andò a casa.

Anche questo era strano, era consapevole che dopo l’eremitaggio in cui si era chiusa da sola, aveva bisogno del contatto umano, ma allo stesso tempo come usciva di casa, non vedeva l’ora di tornare a richiudersi fra le quattro mura del suo studio.

Lyuba si rese conto che l’importanza che si dava agli eventi o alle cose che capitavano dipendevano da come ti sentivi dentro… Lyuba aveva perso l’entusiasmo.

Ora non si sentiva più arrivata, ora non stava più bene con se stessa, si sentiva sola immensamente isolata e tutto questo perché si era dedicata anima e corpo ai rimandi e alle fantasie su ciò che era il messaggio del gruccione.

Come se il volatile portasse nel becco un telegramma, che sciocca era Lyuba, ma santiddio la realtà era lì davanti a lei, un tavolo era un tavolo, se la scienza sentenziava che nel tavolo ci sono gli atomi, piccolissime particelle con protoni, neutroni ed elettroni, non si vedevano proprio e il tavolo poteva spaccarlo, spezzarlo e metterlo nel cassonetto e non sarebbe successo niente, ne avrebbe comprato uno nuovo all’Ikea; lo stesso succedeva per il gruccione, se pure avesse avuto un messaggio, non si vedeva né si percepiva coi sensi, quindi non esisteva e stop.

Per seguire le sue ridicole fantasie, non aveva neanche lavorato alle grafiche per l’abbigliamento,  aveva sempre qualche immagine già pronta di scorta, ma ora le aveva finite e doveva idearne di nuove, ma non aveva neanche un pizzico di inventiva, senza contare che non aveva voglia di mettersi al lavoro.

Si sentì ancora più depressa, se pensava che venti giorni prima si sentiva arrivata, voleva dire che  più che arrivata era stata solo un’illusa, una ridicola ingenua.

Doveva però farsi forza e uscire da quella specie di prigione in cui si trovava ora, telefonò alle amiche e come un giusto contrappasso, era stata più volte invitata da loro, ma aveva declinato tutti gli inviti per arzigogolare sul gruccione, erano tutte e due impegnate, sia Luisa che Marina avevano un appuntamento al buio con due fratelli incontrati su facebook… doppia coppia, doppio amore, doppia vita ecc. ecc.

Poteva uscire, ma non ne aveva voglia, poteva fare un sacco di cose ma non ne aveva voglia, si sentiva brutta, sporca e cattiva, parevano passati anni, invece che giorni, da quando si sentiva carina come la Bardot.

Tra l’altro, proprio nei giorni in cui lei, si sentiva partecipe di grandi idee e prospettive, quei fatidici venti giorni in cui dalle stelle era discesa alle stalle, aveva perso la sua amica del cuore.

Si era fidata, anche se di solito era guardinga, si era detta non ci saranno invidie fra di noi, siamo troppo diverse, poi invece aveva avuto la netta sensazione della menzogna, non sentiva più la sua sincerità. Lyuba le disse sinceramente cosa provava, non volle tacere per codardia, senza schiettezza ed onestà non sarebbe più stata l’amica del cuore, le disse che era solo un chiarimento, l’amica rispose… ho troppe cose da fare sono stanca è solo per questo che mi senti diversa, ma non telefonò più, Lyuba la chiamò, l’amica fu carina e gentile, Lyuba le disse, chiamami che usciamo, ma l’amica non si fece più sentire, Lyuba comprese.

Lyuba comprese, prima le telefonava più volte al giorno, Lyuba comprese di averla persa.  

Nei giorni di furore inventivo, in cui vedeva la vita con gli occhiali rosa aveva preso atto dell’evento considerandolo come qualcosa che doveva accadere, senza pensarci troppo, ma ora sentiva la mancanza dell’amica e soprattutto si sentiva lei la colpevole.

Aveva sempre pensato che l’amicizia vera, esistesse solo nei libri, non le era mai capitato di trovare l’amica/tesoro a cui ci si poteva aprire completamente, a cui non nascondere niente, né bassezze, né meschinerie, né tristezze e soprattutto non dover celare i successi, i trionfi, le cose belle. Lyuba sapeva di poter raccontare alle amiche le tristezze e i dolori, sarebbe stata rincuorata, abbracciata e consolata, ma i successi no, perché anche l’amica più cara sarebbe stata tentata ad usare stilettate piene di veleno: incoraggiare chi sta male fa sentire buoni e virtuosi, ma ascoltare i successi di un altro spesso scatta l’invidia.

Non c’è niente da fare l’invidia rende cattivi, si è cattivi perché non si è felici, non si è felici perché non ci si sente amati, amati come vorremmo.

Lo sapeva bene lei, perché la Lyuba ventenne era stata invidiosa, ma se ne vergognava perciò quando sentiva tale sentimento si mortificava facendosi del male… del tipo di farsi fuori tre pacchi di patatine, un etto di salame, un pacco di biscotti, due pesche e un chilo di gelato, per poi stramazzare sul letto in una specie di sonno/digestione, in una specie di stato comatoso

Poi col tempo era riuscita a combattere il vile mostro verde di bile, che istiga la rivalità fatta di astio e di rancore, credeva di aver vinto e di essere riuscita ad amarsi coi suoi tanti difetti, di piacersi così come era, lei non era arrivata?

Come mai ora si sentiva uno schifo?

Si sentiva uno schifo di persona, incapace di cavarsela da sola, comprese lo stato d’animo di    Gregor Samsa, che una mattina si svegliò e si trovò trasformato in uno scarafaggio, capiva ora molto bene Gregor il protagonista della metamorfosi di Kafka, l’incomunicabilità con i propri simili, l’isolamento del diverso, goffo, disarmonico, deforme.

Lyuba  si paragonava ai bruchi molli e bianchicci che infestano e mangiucchiano le foglie delle rose, tanto orridi che lei come soggiogata dal mostruoso li prendeva fra l’indice e il pollice schiacciandoli, guardando i loro corpi flaccidi aprirsi sputando una crema densa e sanguinolenta.

-Basta, pensa a qualcosa di lieto, di bello che vorresti-.

-Cosa, cosa posso pensare?-

-Perché non pensare al direttore della biblioteca, prestante e intelligente, perché non sognare su un nuovo amore?-

- Nooo, sei proprio una zuccona, devi stare bene da sola, devi essere serena senza bisogno di un altro-

Questi erano i pensieri di Lyuba, alla fine, accantonato il sogno d’amore, non le restò altro che pensare a ciò che le aveva detto il bibliotecario sul gruccione, su Cirene e il silfio e forse riflettere su quello che aveva letto sui rom, in fin  dei conti Kafka era boemo e da lì venivano gli zingari.