mercoledì 30 giugno 2021

A TE BARBELLA GENIO INDIMENTICABILE

 

 Un’Italia che piace in una lettera d'amore del 1909:

un’Italia della famiglia, della patria e della scienza

A cura di Gaetano Barbella

«Fin dal mio sorgere ti vidi ed a te vengo... Mi chiamo Italia e sola, vengo a cercare in te quel che sia capace di sicuro appoggio, amore e difesa; tu quale cavaliere, lo sai, lo senti, lo puoi fare. Nasco proprio oggi, e nel germoglio della mia nuova vita affido a te il mio essere che fin’oggi ha posseduto un animo sempre deluso e deriso»

L’Italia di uno stivale decisa da quattro zoccoli di cavalli

Illustr. 1: Pietro Aldi, L'incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Partic. affresco del 1886 nella sala del Palazzo Pubblico di Siena.

Sono particolarmente attento alle cose dell’Italia nostra e se ebbero inizio a Teano in seguito all’incontro che la storia ci tramanda, perché non pensare che la stessa Teano sia un’occulta “madre” che possa aver generato una certa altra Italia che non conosciamo ancora, in cambio di quella che sappiamo, il risultato di un gioco politico di diverse nazione europee di quel tempo dell’incontro controverso. Chi ne fu l’artefice non restò nemmeno soddisfatto e preferì finire i suoi giorni a Caprera, piuttosto che essere generale di un re “caporale”. Potevano due “caporali” andare d’accordo? E tutto avvenne in quel tempo “a cavallo”: un formale saluto fra due dittatori e una fugace stretta di mano altrettanto formale, a sigillo dell’avvenimento, come a immaginare che la sorte dell’Italia sorgente possa dipendere da un cavallo, un animale e non dall’uomo stesso tramite le sue gambe e piedi ben saldi sulla terra. E ancora come se la stessa parola “a cavallo” alluda a qualcosa che viene scavalcata, giusto un’ipotetica nascita di un’altra Italia cui ho alluso all’inizio. O forse quei due uomini a cavallo erano dei “zoppi”: metafora di peccato? Senza dimenticare che fu un astuto cavallo a causare la caduta di Troia in favore dei Greci!

«La tradizione ebraica ci consegna la parola “peccato” come violazione dell’ordine voluto da Dio, che Coehlo ne “Il cammino di Santiago” così ci restituisce: La parola “peccato” viene da “pecus” che significa “piede difettoso”, piede incapace di percorrere un cammino. Il modo per correggere il peccato è quello di camminare sempre diritto, adattandosi alle situazioni nuove e ricevendo in cambio le migliaia di benedizioni che la vita concede con generosità a coloro che chiedono. Diversamente, nella Sloka 1 della Stanza V di “Theogenesis” è scritto come l’energia universale Fohat, ponte del percorso tra spirito e materia, diriga l’evoluzione dell’uomo e del cosmo tramite i propri passi, uno alla volta, così che il progresso proceda in infinitesimali periodi di tempo, il cui intervallo è rappresentato dal piede sollevato tra un passo stesso e l’altro: Diventerete così audaci da ostacolare la mia volontà? – gridò Fohat nella sua ira [] – badate che non abbassi il mio piede così pesantemente da demolire il ponte tra gli dèi e gli uomini; allora non potrete più soccorrere gli uomini, né far risuonare accordi pienamente armonici... »

Attenti al "segno", ci volle far capire Gesù con il famoso "segno Giona" evangelico, poiché gli si chiedeva un segno prodigioso da lui per credere alla sua parola. Ma l'uomo oggi ancora non ha capito l'ammonimento.

Al di là della necessità di essere ingoiati dalla “balena” delle necessità vitali, a volte a costo dell’esistenza, l’uomo non presta attenzione a piccole cose simili a “segni” appunto, sul come avvengono i fatti della vita. Essi ci sfuggono in realtà, per la loro vaghezza, una casualità senza basi razionali, né religiose e né scientifiche.

Tuttavia

“Il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo”

È una semplice locuzione della fisica sulla teoria del caos che racchiude l’idea che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. In poche parole è un concetto denominato “effetto farfalla”.

Piccole azioni possono contribuire a generare grandi cambiamenti. Ciò che facciamo oggi influirà sul nostro futuro: con piccole azioni, possiamo cambiare molte cose che non apprezziamo della nostra vita oppure, più semplicemente, invece che colpevolizzarci per errori che tutti commettiamo, possiamo trovarvi una soluzione introducendo piccoli cambiamenti. Ed è appunto un certo “piccolo cambiamento” che ora mi appresto a introdurre nel sito web “Il Messaggio”, periodico d’informazione di Teano, come una certa “bottiglia del naufrago”, al suo direttore piacendo.

Ma intanto a Teano, in seguito all’incontro storico di Garibaldi col Re Vittorio Emanuele II, fu come se divampasse una seconda guerra, dopo quella dei garibaldini contro i borbonici, con lo scontro di due fazioni locali, Teano e Vairano, per attribuirsi il luogo esatto dell’avvenimento, peraltro ben acclarato in una lettera dell’8 marzo 1908 (depositata presso l’Ufficio storico) scrive testualmente:

«La mattina del 26 (ottobre 1860, ndr) ebbe luogo il memorabile incontro tra i due grandi fattori della unità d’Italia, e precisamente a Taverna Catena, ove ricordo benissimo v’era una cava di pietra»

Ed ecco in un’insospettata lettera un certo “effetto farfalla”, poco meno di un anno dopo la suddetta lettera dell’8 marzo 1908, cioè il 26 febbraio 1909, un giovane fidanzato, Gaetano Barbella, scrive alla sua amata Gina, che sposerà due anni dopo, una lettera d’amore, intravedendo in lei una poetica sorgente Italia. Ed ora è il suo primo nipote, che porta il suo stesso nome, a rendere noto questa lettera e alcune note che vi sono legate.

Amore e patria in una lettera del 1909


Ma cosa si dicevano gli innamorati nel secolo scorso? Solo parole d’amore? Non sempre, per esempio, s’intrecciava nei loro pensieri e parole la Patria, più di quanto si possa immaginare. Poteva capitare che il nome dell’amata si chiamasse Italia e non quella effettiva, come nel caso di una lettera di mio nonno paterno indirizzata alla sua Gina, un paio di anni prima che la sposasse. Credo di onorarli riportandoli al presente col mostrare di seguito il testo della lettera suddetta.

                                                                                                  26.2.1909


A te Gina

È solo degli angioli il sognare??? Nello sfondo ardente d’un “incantevole tramonto, discerno ergersi, qual candida nube nell’orizzonte, una forma vaga che ha del soprannaturale, del paradisiaco. Le scultoree forme poste a traverso i raggi del rosso sole morente, spiccano maestosamente e circonfuse d’un’aureola divina sembrava emanare terribili e deliziosissimi fluidi magnetici che costringono tutte le creature poste al raggio d’esse a rimanere fisse, incantate estasiate. Veste un lungo camice bianco con goffe di trina, del medesimo colore, che dal gomito pende maestosamente fin giù le mani inguantate a bianco. Le cinge la vita una ghirlanda di verdi foglie di quercia che artisticamente legate al fianco sinistro sembrano pendere da quel lato in dolce abbandono. Sulle belle, chiome castagne ammantate con finita arte, posa larga corona d’Alloro e sul davanti di essa, quasi ad emblema di insuperabilità, erge sublime fulgida una stella. A tracolla, porta un largo e lungo nastro tricolore che posato sulla spalla destra scende blandamente obliquo fin all’anca sinistra, ove termina formando una grande e magnifica nocca. Il viso, coperto da piccola maschera non può discernersi, ma dalla dimensione di esso e dal fulgido sguardo emesso attraverso i fori della pendente copertura, si intuisce con matematica certezza esser degno del corpo che lo porta. Essa dirige i passi alla mia volta con andatura celere e maestosa. Io assiso in un cantuccio d’una caverna esistente nella scoscesa parete di una rude roccia isolata, sto guardingo a scrutare le minime mosse di quella nuova Silfide vivente, deciso soffocare qualunque sentimento che essa sarebbe stata capace farmi nascere in cuore. Intanto essa avanzava, avanzava sempre. La potenza magnetica del suo sguardo, che in sulle prime avea trovato in me un corpo neutrale cominciò a far presa. Tentai allora evitare quei raggi visivi e mi rannicchiai il più che possibile onde sfuggire a quella potenza ignota ed arcana; ma mio malgrado guardavo fisso anch’io. Un dolce torpore e un tremito indefinibile avea assalito il mio corpo, facendolo sudare a freddo. Volli alzarmi, provare fuggire, ma rimasi lì fermo, spossato, annientato, con lo sguardo stupito, ma fisso su quella sirena che quale irruente onda marina riversava su di me tutto il di lei fluido. E così stetti finch’ella mi fu vicina. Con mosse da Dea mi si fermò a due passi e tendendomi un’incantevole mano, con voce che fece scuotere tutte le fibre del mio essere disse piano piano: «Fin dal mio sorgere ti vidi ed a te vengo... Mi chiamo Italia e sola, vengo a cercare in te quel che sia capace di sicuro appoggio, amore e difesa; tu quale cavaliere, lo sai, lo senti, lo puoi fare. Nasco proprio oggi, e nel germoglio della mia nuova vita affido a te il mio essere che fin’oggi ha posseduto un animo sempre deluso e deriso». Stette per un po’ silenziosa indi toltasi con infinita grazia la mascherina e ritornando a porgermi la manina, aggiunse: «Accetti??». Quale ebete io stavo a guardare, guardare ancora, quando quell’ultima parola e la vista del volto mi colpì al cervello... saltai di scatto, afferrai la mano che mi venia posta e con stretta atroce la portai al cuore, che dalla massima freddezza era passato alla massima caloricità, indi alle labbra e dopo avea deposto il più santo dei baci mi spinsi d’un passo avanti due braccia mi accolsero. Quanto tempo si rimase così? Io piangevo e le lacrime calde che sgorgavano copiose dai miei occhi, da lungo tempo aridi, venivano assorbite dall’Italia che confortavami a carezze. «Accetti??!!...». Sentii ancora ripetermi come un sussurro. Allora senza aprire bocca guardandola a lungo, mi sciolsi dall’abbraccio e presola per mano la condussi fuori dalla caverna. Nel prato verde che come tappeto infinito stendesi innanzi, raccolsi con la mano libera i migliori fiori ivi esistenti, indi sceltone uno rosso lo porsi ad essa, gli altri li disposi a casaccio, con mano tremante attorno alle di lei chiome e veste, ed inginocchiatomi a lei dinnanzi, tenendo sempre la di lei mano stretta nella mia risposi fra l’emozione: «Abbi infinita fiducia, amore e pazienza; oggi ricorre la tua nascita, la tua rinascita alla vita e con essa ricorre anche la mia; vivi sicura, se oggi siamo rinati in due morremo, ed assieme». Nell’orizzonte intanto splendeva la luna, che con i suoi materni raggi illuminando la coppia, rendevala un gruppo divino, quasi a formarne l’apoteosi della giornata trascorsa incantevole a glorificare la natura che sempre tacita godeva. Gli usignuoli melodicamente lanciavano le loro flebili note al cielo in segno di gaudio celeste.

G. Barbella

Cenni biografici

Gaetano Barbella, l’autore di questa lettera e nonno dell’autore di questo scritto, come già detto, sposò due anni dopo la Gina della lettera, Luisa Sapio nata e vissuta a Caserta dove si stabilirono dopo il matrimonio. Nonno Gaetano, chiamato familiarmente Tanino, in seguito ad una polmonite, morì prematuramente lasciando l’infelice sposa con due figli infanti da accudire, Francesco e mio padre Ettore. Nonna Luisa riuscì, con grande coraggio, a superare la sventura della grave perdita subita dimostrandosi piena di vigore ed iniziativa. Si diplomò come ostetrica ed esercitò, così, la professione di levatrice condotta. Si risposò ed ebbe altri due figli, Domenico e Filomena. Nonna Luisa mostrò particolare predilezione per lo scrivente, suo primo nipote, verso il quale non mancava di dimostrargli un amore filiale straordinario. Intravedeva in lui, pupillo dei suoi occhi, una personale cristianità ideale che, forse, neanche lei riusciva a discernere, ma vi prestava fede e speranza.

Illustr. 2: Abbazia lì, 4 novembre 1914. Presa di possesso del Comando della Base Navale austro-ungarica. L'alzabandiera della vittoria

Mi diceva spesso, vantandosene alla presenza di altri, e facendomi intimidire più di quanto non fossi già, che somigliavo tanto per la mia mestizia e tranquillità al Beato Domenico Savio, l’allievo prediletto del Santo Giovanni Bosco.

La sorte volle che, in modo a lei congeniale, ella si occupasse degli infanti come levatrice aiutandoli a sorgere dal grembo materno. Ecco che si delinea il parallelo con San Giovanni Bosco attraverso le trame incomprensibili del destino. Nulla che faccia meraviglia, allora, se si determinarono in Luisa Sapio, inconsapevolmente, le stesse sacre cose che premevano al Santo.

E dell’Italia tanto onorata idealmente da mio nonno Gaetano, da idealizzarla in colei che amava in modo superno? Egli non ebbe modo, nella sua vita stroncata nel momento più bello che il destino gli offriva, di fare la parte che gli sarebbe spettata e che lui agognava, quella dello sposo amorevole e padre, due cose che gli furono negate dal destino, come anche quella di servire la Patria nella vita sociale. Un servizio che certamente avrebbe svolto con grande prestigio, e che insieme a quello per la famiglia, non può che essere stimato come un’immolazione per l’Italia che lo esigeva da lui imperiosamente, forse in modo speciale. Ma come farò vedere brevemente quanto basta in modo incisivo, toccò al fratello Umberto Barbella occuparsi da milite, nelle vesti di sottufficiale della Regia Marina Militare, a far da simbolica presenza in due momenti eccezionali dell’Italia da ricordare immortalati dalle due foto riportate di lato.

Illustr. 3: Augusta lì, 13 marzo 1914. Regia Nave Napoli. La firma autografa è di Guglielmo Marconi, Nobel per la fisica nel 1909

Oggi, ritornando indietro con la memoria, al tempo della presa di possesso della Base del Comando Navale dell'esercito austro-ungarico dislocato ad Abbazia d'Istria, mai si potevano supporre gli estremi sacrifici cui furono soggetti i residenti italiani ivi dislocati. Eppure fu un gran bel giorno quel 4 novembre 1918, quando il R.C.T. Acerbi della Real Marina Italiana sbarcò ad Abbazia ed un plotone si recò marciando alla base dell'ex Comando Austriaco per issarvi il nostro tricolore. Il caso volle, che fra i componenti dell'equipaggio dell'Acerbi vi fosse il sottufficiale Umberto Barbella, fratello del nonno Gaetano. Ma non basta per far evolvere chissà quale disegno progettuale di un'Italia da realizzare poi, perché Umberto Barbella, quattro anni prima si trovò imbarcato sulla Regia Nave Napoli, in concomitanza del perfezionamento degli esperimenti sulle radiocomunicazioni ad opera dello scienziato Guglielmo Marconi, Nobel per la fisica nel 1909. Era il 13 marzo 1914.

Brescia, 25 giugno 2021

Biografia dell’autore



Diploma tecnico, innata predisposizione per il disegno, capacità e inventiva nel campo della meccanica delle macchine, interessi culturali a tutto campo: su queste premesse Gaetano Barbella coltiva da autodidatta il suo interesse particolare per la matematica, con lo spirito, la genialità e la curiosità di un dilettante di talento. Dedicatosi anche allo studio di esoterismo, di egittologia, di arte, è uno scrittore esperto che nel corso degli anni ha scritto numerosi articoli pubblicati in rete. Nel 2008 la Macro Edizioni pubblica un suo libro in Ebook, dal titolo, “I due Leoni Cibernetici. L’alfa e l’omega di una matematica ignota, pi greco e la sezione aurea”. Nato nel 1938 a Bolzano e vissuto sin da ragazzo a Caserta, dal 1969 ad oggi vive a Brescia con la famiglia.

1Fonte: https://www.ereticamente.net/2021/06/piede-e-peccato-triade-e-tetrade-costanza-bondi.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=piede-e-peccato-triade-e-tetrade-costanza-bondi

2Fonte: http://www.tavernacatena.com/Lo%20Scontro%20di%20Teano.htm

mercoledì 23 giugno 2021

Vacanze romane 103

 



Interessante il passaggio dai 4 angeli a 7 con ovvie simbologie legate a questo numero, Betty non aveva nessuna voglia di impantanarsi sul 7, ora non aveva tempo. Però non poteva fare a meno di pensare al 7, come ai giorni della creazione, come al numero architettonico del Demiurgo massonico ( tanto per stare ancora sui Templari)e di come il 7x4 generasse il 28 che è legato alla lunghezza del ciclo lunare perché corrisponde ai quattro periodi lunari e di come le fasi della luna fossero legate alla Meridiana di Santa Maria degli Angeli e alla determinazione della data della Pasqua. Basta, sui numeri Betty non va oltre, ricerca invece sugli angeli, sempre su Google, perché Betty ne conosceva solo 4 e cioè Gabriele, l’Annuciatore, Michele il Combattente, Raffaele il Guaritore e Uriele l’Innovatore. Uriele Betty l’aveva scoperto da poco perché la Chiesa cattolica, senza reprimere necessariamente queste tradizioni, si è vista costretta nei secoli, soprattutto nel Medioevo, ad arginare la fantasia e l’improprio uso, fino alla chiara superstizione se non occultismo e satanismo, di queste tradizioni angeliche, prescrivendo il culto e la venerazione dei soli tre arcangeli citati espressamente dalla Bibbia e cioè Michele, Gabriele e Raffaele… ,Jeudiele, Salatiele, Barachiele chi sono?  


immagine: Arcangelo Uriele

martedì 15 giugno 2021

Vacanze romane 102°

 


Dopo la lettura sulla devozione di Antonio Lo Duca per i 7 Angeli, Betty non poteva non soffermarsi sul fatto che il sacerdote avesse tale cognome, Duca, che evocava il titolo di duca che era secondo solo a quello di re, evocava i Normanni o i Bretoni e i ducati indipendenti come l’Aquitania e la Borgogna che tanto avevano avuto a che fare coi Templari. Poi Antonio Lo Duca proveniva dalla Sicilia, quindi… Normanni, Svevi, Federico II, Carlo V, i Borboni  ecc. Questi Borboni erano una delle più importanti e antiche case regnanti in Europa di origine francese, la famiglia è un ramo cadetto addirittura dei Capetingi. Questi Borboni che si imparentarono coi duchi di Borgogna, tra il 1238 ed il 1241, Ugo IV di Borgogna fu in Terra Santa  a combattere per gli ultimi regni cristiani che ancora resistevano in Palestina e quindi con la Terra Santa ritornano ai Templari. Questi Borboni che si diramano col tempo in Borboni spagnoli, Borboni delle 2 Sicilie, Borboni di Parma, Borboni d’Orleans, Borboni del Lussemburgo e chissà quanti altri e sicuramente avranno un certo potere anche oggi, visto che attualmente il Lussemburgo è assieme a Bruxelles e Strasburgo una delle capitali della Comunità Europea. Tutte queste dinastie coi loro intrighi dinastici a non finire, gli Asburgo in lotta coi Borboni a volte all’opposto uniti con matrimoni dinastici… il Re Sole che era un Borbone ebbe un unico grande obiettivo: affermare la potenza francese, consolidando le frontiere e ostacolando il potere degli Asburgo, la guerra di Successione spagnola (1701-1714) voleva scongiurare la possibilità che l’eredità andasse ad altri due discendenti indiretti di quella dinastia, Luigi XIV di Francia o l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, l’egemonia territoriale europea era esagerata sia con gli Asburgo che coi Borbone per questo i paesi europei si combatterono fra di loro, alla fine vi fu una pace senza né vinti né vincitori e non molti anni dopo la strategia cambiò radicalmente col matrimonio nel 1770  tra Luigi XVI, Borbone e Maria Antonietta, Asburgo, certo non finì bene visto che furono ghigliottinati… meglio tornare agli Angeli

 

 immagine:Il matrimonio di Luigi XVI e Maria Antonietta a Versailles la cappella reale, il 16 maggio 1770- autore Derrais

martedì 8 giugno 2021

Vacanze romane 101°

 


“La Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri si deve soprattutto alla volontà incrollabile di Antonio Lo Duca (Duca o Del Duca), sacerdote siciliano, nato a Cefalù nel 1491 e morto a Roma nel 1564, devoto al culto degli angeli. A questo culto si era votato fin da quando (1513-15), nominato maestro di canto della cattedrale di Palermo, aveva scoperto nella chiesetta di Sant’Angelo, ove si radunava con i chierici per tale insegnamento, un antico dipinto dei Sette Principi degli Angeli riemerso quasi per miracolo dopo secoli d’incuria. Venuto a Roma, sembra nel 1572, con la segreta intenzione di ottenere il riconoscimento della devozione ai Sette Principi angelici, divenne cappellano del cardinale A. Del Monte, zio del futuro Papa Giulio III con il quale condivise tale culto e per il quale compose la Messa dei Sette Angeli. Dopo la morte del suo protettore (1533), Antonio fu fino al 1537 cappellano del conte Cifuentes, ambasciatore dell'Imperatore Carlo V. In questi anni cercò invano di fare approvare ufficialmente la Messa dei Sette Angeli. Anche il suo intervento presso Papa Paolo III Farnese fu vano; da lui ricevette soltanto cariche e prebende che lo riportarono alla natia Sicilia. Dopo un breve periodo, ritornò nuovamente a Roma dove divenne cappellano in Santa Maria di Loreto al Foro di Traiano. Qui, un mattino d'estate del 1541, ebbe una visione straordinaria: vide “una luce più che neve bianca” scaturire dalle rovine delle Terme di Diocleziano con al centro i Sette Martiri (Saturnino, Ciriaco, Largo, Smaragdo, Sisinnio, Trasone e Marcello papa) collegati alla costruzione dell’immensa fabbrica. Da questa visione Antonio ebbe la certezza che un tempio dedicato ai sette Angeli doveva sorgere proprio in quelle maestose rovine termali. Recatosi nel luogo della visione, segnò col nome dei sette Angeli (Michele, Raffaele, Gabriele, Jeudiele, Salatiele, Barachiele e Uriele) le colonne della grande sala dell’antico tepidarium. Cominciò così a delinearsi l'idea di trasformare la grande sala in una chiesa da dedicare ai Sette Angeli e ai Sette Martiri. Il solerte Antonio incominciò subito a pensare all'edificazione, ma invano inoltrò suppliche all’allora pontefice Paolo (…) il nuovo pontefice Pio IV Medici realizzò finalmente nella maniera più maestosa e solenne il sogno di Antonio. Con una Bolla datata 27 Luglio 1561, il Papa ordinava, infatti, la nascita di una chiesa nelle antiche Terme di Diocleziano che, dopo un “Breve” emanato subito dopo per concederne l’officiatura ai Padri Certosini di Santa Croce in Gerusalemme, intitolava alla ‘Beatissimae Virgini et omnium Angelorum et Martyrum’. (http://www.santamariadegliangeliroma.it)

 

immagine: Interno Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri

martedì 1 giugno 2021

Vacanze romane 100°

 


Mentre pensava agli argomenti da approfondire, la mente di Betty si tormentava anche con la triade Narcissus/Narciso/Giallismo, finché Betty ricordò un fatto di qualche anno fa: un giovane, seguace di una non meglio specificata forma di avanguardia artistica, il ”Giallismo” ha impugnato un pennarello nero ed ha sfregiato un’opera di Mark Rothko, la cui quotazione si aggira sui cento milioni di euro. Tranquillamente, il giovane ha scritto il suo nome e cognome e la denominazione del suo movimento artistico, poi se l’è data a gambe senza essere fermato da nessuno. È stato in seguito rintracciato, grazie ad un numero di telefono reperito sul suo blog, il quale pubblicizzava il movimento del Giallismo. Praticamente gli investigatori hanno letto il suo nome e cognome scritto sull’opera d’arte, poi sono andati su internet, hanno digitato su Google: Giallismo. Ed è apparso il suo blog con i suoi dati, compreso il numero di telefono. Se lui non si fosse firmato, dove lo pescavano? Ha dichiarato di essere scioccato non per il suo gesto, in linea con gli artisti più rivoluzionari come Duchamp e Hirst,i quali hanno firmato opere che non erano le loro, ma per la mancanza di sorveglianza sia tecnica che umana sulle opere d’arte. Nel suo sito accessibile a tutti Vladimir Umanets, l’artefice dello sfregio al Rothko, dichiara che il Giallismo non è un movimento artistico ma è il nuovo contesto nella cultura contemporanea. La tristezza è gialla, così come l’allegria. Il dolore è una pura espressione del giallo, così come un orgasmo. Il giallo è il colore della pazzia, col giallo sono stati marchiati gli ebrei, i pazzi (cioè gli artisti) e gli intellettuali (chi più degli ebrei può rappresentare la cultura?)  Il giallo è il colore della luce, permette l’attività, ma non la impone. Rappresenta il Sé, la spontaneità, la curiosità, il nuovo, l’investigazione e la lucidità di coscienza. Evoca il bisogno di aspirare a qualcosa, il desiderio di liberarsi dei limiti, di togliere ogni ostacolo… e comunque questo Giallismo se non è diventato un movimento artistico importante di giallo ne ha sparso abbastanza: basti pensare alla rivolta dei gilet gialli francesi, nata spontaneamente nel 2018, ma vi era già stata un’atra rivolta gialla nel II secolo in Cina, quella dei turbanti gialli, eh, il giallo rimane il giallo come in letteratura ad esempio

 

immagine: La tela di Mark Rothko deturpata dal Giallista