mercoledì 26 febbraio 2014

RIMINI, RIMINI

 


"L'italia tutta intera può invidiare a Rimini l'onore di possedere i resti del filosofo greco che riposa nel terzo sarcofago di San Francesco".( Charles Yriarte) Il filosofo è Giorgio Gemisto Pletone, arrivato in italia per tentare l' unificazione delle chiese orientali ed occidentali. Il tentativo il cui culmine è il Concilio di Ferrara/Firenze fallirà miseramente e Pletone verrà dimenticato, ma la sua missione avrà un risvolto proprio a Rimini, dove egli riposa nel Tempio in cui è srotolata con una coperta di simboli la sua filosofia. La sua filosofia si basa sulla spiritualità platonica, prolungamento di quella di Zoroastro,questa sarebbe in grado di favorire il superamento delle controversie religiose, come quelle emerse all'interno del cristianesimo e tra cristianesimo e islam, e di fondare la pace universale (aspirazione che sarà ripresa da Marsilio Ficino e che sarà rielaborata da Pico della Mirandola). Tutto questo dovrebbe avvenire anche grazie alla religiosità pagano/ellenica. Rivisitata secondo una prospettiva che accomuna esplicitamente il progetto di Pletone a quello precedente di Giuliano Imperatore: non è un caso che in questo contesto anche gli scritti di Giuliano trovino nuova fortuna, e specialmente il suo Inno al Sole. Giuliano ( 336/363) individua nell’ormai affermatosi cristianesimo una delle cause principali della decadenza dell’Impero sotto molti punti di vista, inclusi quello economico e sociale: trova infatti riprovevole che una setta giudaica, emarginata dagli stessi giudei, si arroghi il diritto di disprezzare la cultura atavica, fautrice dell’unità del mondo classico e responsabile del buon funzionamento dell’Impero: la nuova religione ha permesso a Costantino e ai suoi discendenti di legittimare i loro omicidi, ha destabilizzato la classe aristocratica con la sua predicazione di povertà e ha introdotto il terrore e il senso di colpa nella vita quotidiana. Giuliano è però consapevole che l’antica religione non potrà tornare a prevalere, ma dovrà essere inglobata nella gerarchia cristiana, l'antica religione si basa sulla Dea Madre e sul Sole Invictus. A Cirillo, mandante dell’omicidio di Ipazia, dobbiamo anche l’epiteto di Apostata con cui Giuliano passò alla storia.Presso la chiesa monofisita ( Teodora era legata a questo credo) Mercurio, l'assassino di Giuliano è considerato un santo. Pletone seguace di Giuliano, a Mistra, dove viveva, aveva già promosso la restaurazione degli antichi dei. Nel citato Trattato sulle leggi, Gemisto recupera e riadatta vari inni, preghiere e riti solari, precisandone i significati metafisici, capaci di trascendere le limitazioni delle religioni positive, alimentando una vasta letteratura "solare" nel corso dell'età umanistico-rinascimentale. Purtroppo le Leggi vennero "in gran parte distrutte dall'odio teologico" (E. Garin), su istigazione del teologo Gennadio, nemico di Pletone. Sono rimasti vari frammenti, dai quali è possibile ricostruire le linee generali del grandioso programma di riforma politico-spirituale, in favore del quale Pletone operò durante tutta la sua lunga vita, morendo quasi centenario. Pletone è alla base delle utopie rinascimentali, che cercavano di immaginare un mondo perfetto sotto il dominio del sapere. Un sapere però occulto, riservato agli iniziati di una nuova religione che avrebbe armonizzato nella pace universale cristianesimo e islam, divinità dell'Olimpo, della Persia e dell'India, le filosofie di Platone e quelle di Pitagora. Appare del tutto probabile che Sigismondo sia stato uno dei primi "iniziati". Tanto da avere l'inaudita audacia di rivestire una chiesa cristiana, San Francesco, ( il tempio Malatestiano di Rimini) con un involucro che a metà '400 apparve a tutti pagano e sacrilego. Nei bassorilievi dove i pianeti e le muse sostituiscono i santi, sono in molti a leggere le visioni del filosofo greco. O meglio, sono in pochi. Perché la lapide in greco che sul fianco del Tempio ricorda la sepoltura del filosofo rimase oscura ai più. Solo alcuni sapienti Marsilio Ficino, Pico della Mirandola approfondirono quegli insegnamenti. E poi furono gli occultisti e infine la massoneria a custodirne gelosamente l'arcano ricordo. Qualcuno pensò che Pletone, in realtà, si diede il compito di trasferire l'eredità di misteri millenari che risalivano ad Eleusi e Orfeo. Gli stessi misteri con cui forse erano venuti a contatto i Templari. E ancora oggi si vocifera di misteriosi personaggi che di notte si aggirano nei pressi del sarcofago dimenticato. Sicuramente a Rimini, Pletone fu fautore di un legame dinastico fra occidente ed oriente , una discendente di Pandolfo Malatesta: Cleofa salirà al trono della terza Roma il trono della nascente grande Russia. La translatio imperii di Bisanzio nella terza Roma dell'impero russo, mediante il sangue di Zoe Paleologina (futura Sofija "raina de Rossia" e nipote di Cleofa), sposa del "nuovo Costantino" lo zar Ivan III. I turchi avevano conquistato la seconda Roma (Costantinopoli), ma una nuova dinastia, unione di oriente e occidente avrebbe dato vita ad un nuovo impero che durerà sino alla Rivoluzione d' ottobre del 1917.


Immagine: interno Tempio Malatestiano

domenica 23 febbraio 2014

RIMINI, RIMINI





Giorgio Gemisto detto Pletone nasce a Costantinopoli verso il 1355, da nobile famiglia. Costretto in giovane età, per motivi non noti, a lasciare la città natia, chiede asilo ad Adrianopoli, provvisoria capitale ottomana. In seguito si sposta a Mistra (l'antica Sparta), a quel tempo capoluogo di un principato greco. Qui si stabilisce definitivamente, ricoprendo anche cariche pubbliche; inoltre, fonda e guida una Scuola filosofica tradizionalista. In occasione del concilio del 1438-1439, che viene aperto a Ferrara e poi spostato a Firenze, al seguito dell'Imperatore Giovanni Paleologo arrivano in Italia numerosi filosofi orientali, tra cui Giovanni Bessarione da Trebisonda (1395-1472 altro grande pensatore venato da mistero) e soprattutto il venerando Giorgio Gemisto Pletone, sapiente onorato e ammirato. Pur molto anziano, in Italia tiene lezioni su Platone e sugli Oracoli Caldaici, presentandoli come espressione della dottrina di Zoroastro (Zarathustra), "priscus theologus", considerato la fonte principale di una sapienza solare antichissima che si manifesta per gradi, e della quale Pitagora e Platone( numero e idee) risultano essere tra i massimi rappresentanti. In aggiunta, egli ricollega a tale filone tradizionale anche Minosse, Licurgo, Numa, i sacerdoti di Dodona, i Sette Sapienti, Parmenide, Timeo, Plutarco, Porfirio, Giamblico, i Magi e perfino i Brahmani. A seguito di tali incontri, viene notevolmente rivitalizzato l'interesse per Platone ed il Neoplatonismo in senso spirituale-realizzativo. L'entusiasmo sollevato da Pletone è notevole, Cosimo de' Medici ne viene suggestionato, al punto da meditare la formazione di un'Accademia Platonica a Firenze (progetto poi affidato a Marsilio Ficino). È lo stesso Ficino, nella prefazione alla sua traduzione di Plotino, a dare notizia dell'influsso di Pletone su Cosimo de' Medici.
Le raffigurazioni più celebri del Botticelli, come la "Primavera" e " La nascita di Venere" o la più dibattuta e sempre sconosciuta interpretazione dell' opera più famosa di Piero della Francesca " La Flagellazione" sono frutto di questo fervido brulicare di idee filosofiche venute dall' oriente che tanto fecero presa sugli ambienti di corte per poi frantumarsi allo scadere del secolo"400.Da non dimenticare palazzo Schifanoia a Ferrara con l' altrettanto occulta e sempre aperta a nuove spiegazioni raffigurazione dei Mesi. Anche l' arte stava ricercando un ideale di pace universale, fatto di matematica, sezione aurea, equilibrio , armonia e mistero.

foto: interno tempio Malatestiano

giovedì 20 febbraio 2014

RIMINI, RIMINI




Seconda parte

La parte più solenne, romana del Tempio, è la parte esterna destra con le urne sepolcrali .
Sono sette i sarcofagi che si vedono nella fiancata destra (l'altra parte non ha tombe) sono dedicati ad onorare la memoria di illustri poeti, filosofi e scien­ziati.
II terzo è il sarcofago di Giorgio Gemisto Pletone (1355-1450), filosofo bizantino. Venne a Firenze nel 1439 in occasione del Con­cilio per l'unione della Chiesa latina con quella greca. In questa città formò alla corte di Firenze, di Cosimo de Medici, il primo nucleo dell'Ac­cademia Platonica. Pubblicò in Italia l'opera "Sulla differenza della filosofia platonica ed aristotelica". Mori a Mistrà nella Laconia. Si­gismondo, quando fu a combattere i Turchi in Morea, ne rintrac­ciò le ossa e le fece trasportare a Rimini.
Sigismondo questo grande riminese, legato anche alle sponde di oriente, pare che nel Tempio riminese abbia voluto manifestare la sua filosofia, il suo senso della vita, basata sulle idee di Pletone a tal punto che il grande filosofo ha la sua tomba qui a Rimini.
All' interno del Tempio vi è un affresco di Piero della Francesca, che lo dipinse attorno al 1450, rappresenta Sigismondo Malatesta ( 1417/1468) inginocchiato davanti al suo Santo omonimo: San Sigismondo.
Il Santo ha le fattezza di Sigismondo di Lussemburgo, l'imperatore che aveva fatto cavaliere il condottiero Malatesta legittimando così il suo potere su Rimini.
Nell'affresco appaiono anche due cani: nella metafora dell'opera, quello bianco indica la fedeltà mentre quello nero presuppone la vigilanza.
Piero della Francesca è anche l'autore della "Flagellazione", tela che parla dei fatti che si svolsero proprio negli anni del soggiorno di Pletone in Italia, di quel fervore e della speranza di unire Occidente ad Oriente, ideale non raggiunto e che sarà la causa della caduta di Costantinopoli e della rottura fra le due Chiese, che permane ancora oggi.
Ravenna, la Romagna è la terra dove ogni cinque anni si tenta un dialogo, dialogo che non va mai a buon fine, la parte orientale non dimentica i torti subiti.
Alla caduta di Costantinopoli (1451) il patriarca dirà: meglio essere conquistati dai mussulmani che dai cristiani occidentali.
Ma chi era Giorgio Gemisto Pletone?

foto : arche sepolcrali
foto: arca di Pletone
foto: affresco di Piero della Francesca

lunedì 17 febbraio 2014

RIMINI, RIMINI
















 






Prima parte


Rimini nota in tutto il mondo per le sue spiagge bianche e lisce che la fanno sembrare un atollo e per le notti dolci e frizzanti ed un poco movimentate, ha un entroterra di soavi colline dai colori ammiccanti, meta di rilassanti gite. Fra le lunghe spiagge e le basse ed ubertose colline, c'è la città, la quale nasconde la sua perla più preziosa: il Tempio Malatestiano.
Il Tempio di Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini dal 1432 al 1468, sorge ove era prima la Chiesa di S. Maria in Trivio e, dal XIII secolo, la Chiesa di S. Francesco. Quest'ultima era decorata da pitture oggi perdute ad eccezione del Crocifisso di Giotto, unica opera dell’artista a Rimini, risalente alle soglie del ‘300. Vicino alla chiesa crebbero il convento e l'area cimiteriale in cui furono sepolti alcuni Malatesta.
Sigismondo realizzò nel Tempio, rimasto incompiuto alla sua morte, un sogno di magnificenza, riunendovi, come in una grande arca, le memorie della Famiglia.
I lavori, avviati nel 1447, prevedevano l'apertura di due cappelle a sepolcro di Sigismondo e di Isotta degli Atti, sua terza moglie; Sigismondo decise poi di agire su tutta l’antica chiesa affidando il progetto a Leon Battista Alberti, cui si deve il recupero della tradizione romana, evidente nella facciata e nelle fiancate che rieccheggiano l’arco d’Augusto e il ponte di Tiberio.
All'eleganza dell'esterno, fa riscontro la ricchezza della decorazione interna, vicina ai modelli di corte, è un ricamo di marmi traforati e stucchi, l'iconografia è poi lontana dalla tradizione cattolica. Matteo dei Pasti e Agostino di Duccio operarono con una sensibilità quasi pittorica al rivestimento marmoreo delle sei cappelle laterali. I soggetti trattati aprono a più letture, dall'esaltazione dell'amore di Sigismondo ed Isotta alle teorie filosofiche; ma ciò che emerge è la personalità del committente, celebrata da Piero della Francesca, con il principe inginocchiato davanti a San Sigismondo.
Sui pilastri di accesso della cappella dei Pianeti si stagliano, con un lieve e raffinatissimo aggetto, le personificazioni dei pianeti. Numerosi attributi iconografici ne svelano il nome. Raffigurati in forma di divinità dell’Olimpo, i pianeti sono affiancati dai segni zodiacali, ovvero dalle costellazioni in cui ogni pianeta ha il proprio domicilio, sia diurno sia notturno. Numerose stelle, un tempo dorate, si dispongono lungo il profilo delle figure dello zodiaco, non casualmente ma a seconda delle rispettive costellazioni. Nella cappella svetta il segno zodiacale del Cancro, che sovrasta la più antica veduta della città, era infatti il segno zodiacale di Sigismondo Pandolfo Malatesta.

foto: panorama entroterra di Rimini
foto: tempio Malatestiano
foto: interno tempio Malatestiano

venerdì 14 febbraio 2014

SE NON AVESSI VISTO TE

SE NON AVESSI VISTO IL SOLE

Se non avessi visto il sole
avrei sopportato l'ombra
ma la luce ha reso il mio deserto
ancora più selvaggio.


 Emily Dickinson


SE NON AVESSI VISTO TE 
Se non ti avessi visto incontrato
avrei creduto di essere felice
ma ti ho incontrato
ed ora non so più vivere senza di te

 Teoderica




immagine di Teoderica

martedì 11 febbraio 2014

IL NEVONE DELL'ANNO 2012

Ricordo che il 31 di gennaio, faceva un freddo cane, mi ero imbottita di vestiti, un abito giallo in lana d'angora che metto quando ho particolarmente freddo, stivali, calze di lana, piumino lungo e mantella di lana sopra, nonostante ciò ricordo il freddo sferzante, soprattutto le orecchie e il naso rosso infuocati di gelo, ero andata a Forlì a portare un mio quadro per una mostra collettiva.
L'aria immobile e allo stesso tempo con raffiche di vento tagliente, era grigia, grigia, quasi mi ricordava la descrizione dell'eruzione di Pompei, quando c'è la tempesta di cenere prima della colata della lava, se non fosse per il freddo cane, anzi freddo da lupo.
 A volte si vedeva qualche fiocco di neve, pensavo non nevica per il troppo freddo.
Questo succedeva la mattina, il  pomeriggio iniziò a nevicare,  quasi per scherzo, sembrava che dovesse smettere da un momento all'altro, invece non smetteva mai, ed io non ricordo altro se non che la mattina del 1 febbraio, continuava ancora a nevicare ed io ero sepolta dalla neve.
Abito in campagna, in una casa con attorno abbastanza terreno, per uscire devo spalare neve per una cinquantina di metri, oltrettutto in salita.
Per fortuna la neve era leggera, a volte è più umida e quindi più pesante, e in poco tempo mi feci una stradina larga  poco più di 20 centimetri.
Assolutamente impossibile pensare di uscire con l'auto, mi ci volle una settimana di duro lavoro di braccia, per spalare tutta quella neve e senza l'aiuto di mio marito non ce l'avrei mai fatta.
In questi frangenti mi riconosco come sesso debole.
Causa tutto quello spalare neve ho sofferto per tutto l'anno di mal di schiena, ancora  ricordo l'impotenza che provavo tutte le volte che spalavo, sembrava che svuotassi il mare col secchiello.
Il panorama era da fine del mondo eppure c'era un fascino sottile, una bellezza incantata, da fiaba, i rumori attutiti facevano trillare le risate che spontaneamente salivano alle labbra, i brividi del freddo si tramutavano in scoppi di riso per la prima volta nella mia vita, mi sono divertita con la neve.
Per la prima volta nella mia vita ho giocato con la neve e costruito  un pupazzo e le palate mi hanno fatto sorridere io che le ho sempre odiate perchè sono dolorose e fredde.
La neve l'ho sempre paragonata alla morte...forse ho meno paura della signora con la falce...forse.


immagine: il mio pupazzo di neve con in una mano un ferro di cavallo e nell'altro un legno biforcuto

sabato 8 febbraio 2014

LA MAGIA DEL SATOR (RISOLUZIONE)


Il quadrato magico del Sator è la più famosa struttura palindroma che da secoli ha attratto gli studiosi a causa del suo innegabile fascino. Si tratta, sostanzialmente, di una frase in lingua latina (SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS) che può essere letta in entrambi i sensi. Le letture che ne sono state fatte sono innumerevoli, il quadrato è uno scrigno di fascino e fantasia, come un sacchetto magico da cui puoi estrarre infiniti pensieri, il suo significato è forse in sè stesso, è come un DNA del nostro alfabeto. Lettere e numeri hanno combinazioni che l'uomo non ha ancora risolto del tutto.
Ed ora vi propongo la mia interpretazione personale del Sator.
Notate la croce centrale evidenziata in rosso,è una croce che ha i bracci terminanti con la lettera T, che è già di per sè stessa simbolo della croce.Il significato più comune attribuito alla Croce è la raffigurazione del sole, ma anche della vita dell'uomo e del creato. Per quanto concerne la lettera T , è l'antica lettera ebraica Tau la quale ritroviamo in un passo della Genesi:
«Il Signore disse: Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono...»
Il "sigillo" del Tau sulla fronte quale popolo scelto da Dio fino alla fine della vita.
Negli angoli della croce (in rosso) , troviamo in ognuno quattro lettere ( in nero) , se teniamo da parte una lettera A( simbolo di inizio ) e una lettera O ( simbolo di fine) otteniamo due scritte
identiche
A PRO ARS O

Ars è un' espressione indicante attività intellettuali prestate da uomini liberi.
Quindi un' interpretazione del Sator potrebbe essere:

Dall' Inizio alla Fine con arte ed intelligenza tiene e regola tutto il Creato.

mercoledì 5 febbraio 2014

IL FASCINO DEL SATOR




Il Quadrato Magico del SATOR è la più famosa struttura palindroma che da secoli ha attratto gli studiosi a causa del suo innegabile fascino. Si tratta, sostanzialmente, di una frase in lingua latina (SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS) che può essere letta in entrambi i sensi, come ve ne sono tante altre. La sua singolare caratteristica, però, è che, essendo formata da cinque parole di cinque lettere ciascuna, è possibile iscrivere la stessa frase in un quadrato di 5 x 5 caselle all'interno del quale la frase può essere letta in quattro direzioni possibili: da sinistra verso destra, e viceversa, oppure dall'alto verso il basso, e viceversa.La traduzione più semplice è quella che considera AREPO (questa è l'unica parola del Sator dal significato letterale ignoto) un nome proprio di persona, quindi: "Il seminatore Arepo adopera le ruote."
Ma le interpretazioni sono innumerevoli sia letteralmente che simbolicamente.
Inizialmente si credette che il Quadrato fosse un'invenzione medievale, perché tutti i ritrovamenti fino ad allora effettuati non erano databili prima del IX secolo. Ma nel 1868 uno scavo archeologico tra le rovine dell'antica città romana di Corinium (oggi Cirencester, nel Gloucestershire, in Inghilterra) rivelò la curiosa iscrizione sull'intonaco di una casa databile al III sec. d.C.
Si cominciò allora a diffondere la convinzione che esso rappresentava un modo adottato dai primi Cristiani, la cui fede religiosa era ancora contrastata e vietata dai Romani, per adorare la croce in forma dissimulata: le due parole TENET, infatti, disegnano al centro del quadrato un croce perfetta, centrata sull'unica lettera N. L'ipotesi si rafforzò allorché Felix Grossner, pastore evangelista di Chemnitz, scoprì dopo numerose prove che le 25 lettere del quadrato potevano essere disposte in modo da formare le parole PATERNOSTER incrociate e poste tra le lettere A ed O, corrispondenti, in questa interpretazione, alle lettere Alfa ed Omega dell'alfabeto greco, il principio e la fine di tutte le cose. Fu ritrovato il Sator anche a Pompei e nel 79 d. C. ,a Pompei non si hanno notizie di presenza di cristiani, ciò getta scompiglio sul Sator inteso come simbolo cristiano. L'alone di mistero si infittisce in quanto il Sator è legato ai Templari, come attestato dai graffiti lasciati dai cavalieri prigionieri nelle torri di Dinnon e Chinon, inoltre il Sator è presente sovente nei loro luoghi di culto.Il Sator sembra legato anche al mistero di Rennes La Chateau. Il Sator fu scoperto anche sul sigillo dell'Inquisizione spagnola.Il Sator è stato ritrovato in varie parti d' Europa: Inghilterra, Francia, Spagna ed anche in Arabia e in Etiopia. In Italia, lo si trovò in varie località, come a Roma, Livorno, Aquila, Siena ecc., presso Cremona appare rappresentato sulla figura di un cane ammansito, questa è un' antichissima prova che testimonierebbe il Sator come talismano contro l'idrofobia, o comunque contro la possessione, in quanto lascritta centrale "tenet"significa: tiene, possiede, regola, controlla.
Il Sator allora potrebbe essere un talismano che domina e controlla?
Lettere e numeri possono creare strane combinazioni, che ancora non sappiamo ben decifrare, forse il Sator ha significato in sè stesso, nell'essere così duttile e multiforme, non dimentichiamo che anche il DNA ha sequenze che sono palindrome.

domenica 2 febbraio 2014

CANDELORA DE L' INVERNO SEMO FORA

«Per la santa Candelora
se nevica o se plora
dell'inverno siamo fora;
ma se l'è sole o solicello
siamo sempre a mezzo inverno
»
Questo detto famoso, sta a indicare che se il giorno della candelora si avrà bel tempo, si dovranno aspettare ancora diverse settimane perchè l'inverno finisca e giunga la primavera. Al contrario, se alla candelora fa brutto, la primavera sta già arrivando.
La Candelora, è un momento di passaggio, tra l'inverno/buio/morte e la primavera/luce/risveglio. Questo passaggio viene celebrato attraverso la purificazione e la preparazione alla nuova stagione.
La Candelora si festeggia il 2 febbraio (febrarius in latino significa purificare), subito dopo i giorni della merla. Era una festa già celebrata in Oriente, quando dal VII secolo si adottò anche in Occidente. Candelora è il nome popolare (deriverebbe dal tardo latino "candelorum", per "candelaram", benedizione delle candele) candele che ancora oggi, dopo essere state benedette vengono distribuite ai fedeli. Secondo la tradizione queste candele vanno accese quando si corre un grave pericolo. La festa cristiana celebra la Presentazione di Gesù al tempio e la purificazione di Maria quaranta giorni dopo la nascita di Gesù. Questo in quanto per gli ebrei, dopo il parto di un maschio, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni. Le origini di questa festa sono però precedenti e sono riscontrabili, in diverse forme ma tutte con lo stesso significato, in varie parti d' Europa. Famosi sono i fuochi di Imbolc nei riti celtici e a Roma alle Calende di febbraio era festeggiata Giunone.
La purificazione di Maria fu fatta coincidere (per sostituirsi poi del tutto o quasi) con la festa pagana dedicata a Giunone e ai Lupercali.
L’usanza di benedire le candele pare invece essere di origine francese.
In Romagna, fino a non molti anni fa, era tradizione accompagnare la puerpera dal parroco, con una piccola candela in mano, detta del "cappone", in quanto la candela era stata ritirata, previa offerta di un cappone. La puerpera con la candela accesa s'inginocchiava all' ingresso della chiesa, dove il parroco l' accoglieva recitando formule, poi giunta all'altare riceveva la benedizione, ascoltava la messa, quindi ritornava a casa e poteva svolgere ogni tipo di lavoro, che prima della purificazione le era vietato.


Immagine:Candele alla luna di Teoderica