lunedì 24 dicembre 2018

UN BICCHIERE DI MARSALA


Il Marsala è un vino liquoroso (o fortificato cioè con aggiunta di acquavite) prodotto in Sicilia, principalmente a Marsala, da cui prende il nome. Secondo la tradizione, il commerciante inglese John Woodhouse, si fermò a Marsala e qui gustò un vino che veniva invecchiato in botti di legno di rovere e che aveva un gusto affine ai vini spagnoli e portoghesi come il Porto, lo Sherry o il Madera che erano molto apprezzati in Inghilterra. Woodhouse decise così di imbarcarne un po’ di barili, addizionandolo con acquavite di vino, per aumentarne il tenore alcolico e mantenerne le caratteristiche. Il Marsala, meno costoso degli altri vini liquorosi ebbe un gran successo fra gli inglesi, tanto che Woodhouse decise di ritornare in Sicilia e di iniziarne la produzione e la commercializzazione, utilizzando per l’affinamento il metodo soleras, tecnica già usata in Spagna e Portogallo. Nel 1833 l’imprenditore palermitano, di origine calabrese, Vincenzo Florio, fondò le Cantine Florio. Il vino Marsala ebbe il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata nel già dal 1969. Il Marsala si presenta oggi sul mercato con due distinte categorie: vergine o conciato, con diversi anni di invecchiamento e diversi affinamenti, può essere secco o dolce ma va sempre bevuto in un bicchiere del tipo tulipano a stelo alto. Il Marsala è considerato fra i migliori vini da dessert, è un ottimo vino da meditazione, e può essere consumato anche da solo e lontano dai pasti è inoltre utilizzato come ingrediente nella preparazione di moltissimi piatti. Certo oggi è un po’ dimenticato, nessuno più ordina un Marsala al bar, o in enoteca o al ristorante, al suo posto si preferisce un Porto, si sceglie un vino famoso e trendy e il prezzo elevato garantisce la qualità, il Marsala così è un po’ dimenticato, stiamo diventando tutti un po’ come gli inglesi. A questo proposito si narra che Woodhouse, presentando il Marsala agli inglesi come un vino poco costoso, questi non lo apprezzarono. Successivamente, lo fece riassaporare agli inglesi, stavolta presentandolo come un prodotto molto costoso, gli Inglesi rimasero sbalorditi dalla bontà del Marsala.

martedì 18 dicembre 2018

UN BICCHIERE DI FRIULANO


Il Friulano è un vino bianco, prodotto in Friuli-Venezia Giulia. Fino al 2007 era denominato Tocai. Il Tocai italiano, è un bianco secco da pasto, dal sapore fruttato, mentre il Tokaj ungherese è un liquoroso vino da meditazione, dolce e prezioso. Nel 1959, una società di export di Budapest citò in giudizio un produttore udinese e inizialmente la decisione fu a favore del Tocai friulano, perché veniva esclusa la possibilità di confondere i due vini. Ma la diatriba continuò e successivamente a Bruxelles, nel 1995, si assegnò la paternità esclusiva del nome Tocai alla produzione ungherese. Il Friulano è da sempre il vino dei friulani e del Friuli Venezia Giulia e se ha perso il nome Tocai non ha certo perso la sua bontà. Si presenta col colore giallo chiaro, la sua caratteristica principale è il gradito profumo e sapore di mandorla amara. Si dice che il Friuliano si beve e non si abbina, ma questo vino molto beverino si accompagna molto bene a tanti piatti e prodotti gastronomici, quindi beviamolo come aperitivo magari con del prosciutto crudo brindando al matrimonio che ha combinato il fattaccio del cambio del nome. L’antico contratto matrimoniale di Aurora Formentini, quando andò in sposa al conte ungherese Adam Batthyany nel 1632, annoverava, tra i vari beni portati in dote anche “...300 vitti di Toccai...” coltivate già all’epoca nelle campagne friulana. Questo, per i sostenitori della tesi, proverebbe l’origine italiana del vitigno Tocai.   

mercoledì 12 dicembre 2018

MAN RAY 2

 Man Ray è uno dei protagonisti del Dadaismo a New York insieme a Francis Picabia e a Duchamp. Gli oggetti realizzati da Man Ray, i ready mades stravolgono la natura dei manufatti, basti pensare al ferro da stiro coi chiodi che rende inutilizzabile l’oggetto, lo priva della sua funzionalità eleggendolo come opera d’arte non certo per la sua bellezza ma solo come concetto, come idea nuova e antiborghese. Nell’immagine di questo post potete vedere L’Enigme d’Isidore Ducasse, 1920, rifatto nel 1972, consiste in una macchina da cucire, avvolta in una coperta e legata con lo spago. L’idea di Man Ray di usare una macchina da cucire è stata ispirata da una frase dello scrittore francese Isidore Ducasse (1809-87), meglio conosciuto come il Conte di Lautréamont, Bello come l’incontro accidentale, su un tavolo da dissezione, di una macchina da cucire e un ombrello. I dadaisti consideravano fonte d’ispirazione la frase di Ducasse, considerandola pure come simbolo di sessualità nascosta. L’ombrello era considerato un elemento maschile, la macchina da cucire era vista come l’elemento femminile, e il tavolo da dissezione come un letto dove poteva avvenire l’orgia. L’oggetto coperto di Man Ray, tuttavia non è visibile e ciò inquieta perché celato sotto il telo può esserci un qualsiasi altro oggetto, ciò viene reso ancora più evidente dal titolo dell’opera enigma. Qualcosa che viene mostrato ma allo stesso tempo celato, evoca da una parte l’anonimato, dall’altra la curiosità, dall’altro ancora emerge la bellezza della sola forma, che esalta ciò che è nascosto perché soffuso di mistero. Quest’opera può essere vista come antesignana e fonte di ispirazione per Christo, il famoso esponente della Land Art, che impacchetta addirittura il Reichstag a Berlino e  il Pont Neuf a Parigi. Più prosaicamente Man Ray è anche il precursore della moda di questi ultimi anni di coprire edifici, panchine o altro della città con lavori in lane colorate eseguite all’uncinetto o coi ferri da maglia.





666 sconfitto dal 515... la Bestia sta per essere vinta dal Veltro, la profezia è già iniziata



Paola Tassinari, un romanzo, un viaggio misterioso e reale per scoprire il Veltro, tramite Dante e Nostradamus: la profezia dei 700 anni si avvera, tramite una lastra riscoperta nel 1975 a Torino... DXV "nel quale un cinquecento diece e cinque, messo di Dio" ma anche indicante dopo quanti anni si avvererà ovvero 500+ dieci decine+ cinque decine= 650 fra i 650/700 anni, in questo cinquantennio le condizioni cicliche/astrali saranno propizie perché torni l'età dell'oro occorre sono crederci e condividere... questa parola che divide il dolore e moltiplica la serenità... condividere è la parola del secondo Millennio... tutto questo in Io sono la divina

venerdì 7 dicembre 2018

MAN RAY 1


Man Ray (1890-1976) è stato un esponente poliedrico del modernismo, impegnato in diversi ambiti artistici: pittura, scultura, cinematografia, incisione a stampa e poesia. Tuttavia fu grazie alla sua produzione fotografica, dagli studi di nudo alle fotografie di moda, fino ai ritratti, che divenne famoso. Fu chiamato il fotografo del Surrealismo. I numerosi esempi di natura morta, i ritratti e non solo ci mostrano come Man Ray sperimentasse in modo costante nuove tecniche, allontanandosi dall’ambito descrittivo della fotografia per avventurarsi verso forme di espressione poetiche ed evanescenti, grazie all’esposizione multipla, la solarizzazione e i fotogrammi dallo stile unico che lo stesso artista chiamò “rayografie.Man Ray, che significa uomo raggio, era il suo pseudonimo il vero nome era Emmanuel Radnitzky, nato negli Stati Uniti, a Filadelfia, amava la Francia, morì a Parigi nel 1976.  A New York lavora nel 1908 come disegnatore e grafico, nel 1912 inizia a firmare le sue opere con lo pseudonimo “Man Ray”. Nel 1915 conosce Marcel Duchamp di cui diverrà grande amico. A New York, con Marcel Duchamp formò il ramo americano del movimento Dada, nel 1921, Man Ray affermò che  il Dada non può vivere a New York e torna a Parigi, dove avvenne la sua prima mostra, in cui venne esposta la famosa opera Cadeau, un ferro da stiro su cui erano stati incollati dei chiodi, tipico esempio di un ready made illogico e paradossale. Nell’immagine Il ritratto immaginario del Marchese de Sade, presenta un pietrificato de Sade, con sullo sfondo la Bastiglia integra, precedentemente Man Ray aveva realizzato un’altra opera simile, ma sullo sfondo vi era la Bastiglia in fiamme. Il Marchese de Sade fu effettivamente detenuto alla Bastiglia per la sua dissolutezza morale.


mercoledì 5 dicembre 2018

sabato 1 dicembre 2018

MAX ERNST


Max Ernst (1891/1976) è stato un pittore e scultore surrealista tedesco. Max Ernst nasce a Brühl, vicino a Colonia, frequenta l’Università di Bonn per studiare filosofia e psicologia ma poi si dedica al mondo dell’arte. Importante è per lui l’incontro con il movimento surrealista, ma anche quello con gli artisti dadaisti e la Metafisica di Giorgio de Chirico. Significante è il suo incontro con alcuni esponenti del surrealismo, come André Breton e Paul Éluard; con quest’ultimo collaborò alla stesura di due volumi, Les malheurs des immortels e Répétition (1922).  Un viaggio in Oriente gli ispira una nuova tecnica pittorica, il frottage. Quest’ultima è una tecnica di disegno e pittura basata sul principio dello sfregamento di una matita su un foglio di carta posto su una superficie non liscia. Soggiornò a lungo a Parigi, dove collaborò con personaggi quali Duchamp, Dalí e Buñuel, prima di trasferirsi per 12 anni a New York, periodo durante il quale raggiunse l’apice della sua notorietà. Durante questo periodo, Ernst lavora  moltissimo, sperimentando nuove forme espressive, come il dripping, e realizzando importanti sculture tra le quali, per esempio, Il re che gioca con la regina (1944). Nel 1954 vince il primo premio alla Biennale di Venezia. Muore a Parigi nel 1976. Max Ernst era un grande appassionato di scacchi, forse non partecipò a tornei o olimpiadi di scacchi come fece Marcel Duchamp, ma con quest’ultimo giocò parecchie partite e vista la capacità di Duchamp certo Ernst doveva essere un bravo scacchista. Un certo numero di opere di Ernst si ispirano agli scacchi, come l’opera che vedete nell’immagine Il re che gioca con la regina, dove le linee forbite diventano inquietanti per via del re che abbraccia una piccola regina. Un re che pare come un Minotauro gigantesco, ma nel gioco degli scacchi senza regina il re vale poco.