sabato 30 novembre 2013

JE T'AIME

 
 
                                                                L' APICE

Lentamente mi prendi

lentamente mi stringi

lentamente mi tieni dentro

lentamente mi lasci

lentamente mi cerchi

gesti

passionali

sensuali

che si ripetono

si alternano

si intrecciano

con quelli miei

mi regali il sogno

ti regalo il sogno

come il sole

anche di più

non devo chiedere perché

non devi chiedere perché

so tutto

sai tutto

anche il di più

noi ci apparteniamo

...all'infinito

mercoledì 27 novembre 2013

UN POMERIGGIO VERDE ACIDO D'INVIDIA ( terza e ultima parte)

Finita la presentazione,  c'erano state domande pertinenti che mi avevano fatto intuire la presenza di giornalisti, prima o poi uscirà anche un articolo su questo pomeriggio,  il pubblico è stato invitato ad un aperitivo, nel dirigermi verso la terrazza per partecipare al rinfresco ho intravisto dove era il guardaroba, a testimonianza del mio essere in un posto non usuale ero l'unica che girava col  piumino sottobraccio.
Avevo  deciso di prolungare la mia presenza perchè all'improvviso  mi era venuta voglia di presentarmi all'editore.
Coincidenza  mi ci sono imbattuta appena entrata, ho teso la mano e gli ho chiesto se si ricordava di me.
"Certo, ci siamo anche sentiti per telefono, lei aveva firmato un contratto con  un altro editore pochi giorni prima", mi risponde".
Io coraggiosamente parto all'attacco, ho bisogno di sapere:
"Devo farle una domanda, un po' indiscreta, ma lei come editore pubblica tutto ciò che le arriva? Le chiedo questo perchè ogni volta che spedisco un manoscritto, puntuale arriva la sua risposta positiva."
"No, proprio tutto non  pubblichiamo, sa arrivano certe cose piene zeppe di errori grammaticali ".
Un coltello è affondato nelle mie carni, la risposta era esplicita non gli interessa il contenuto, neanche lo legge secondo me, guarderà qualche pagina e per qualche errore di grammatica in più butterà via magari un romanzo meritevole, che importa la grammatica oggi con word che ti corregge, è la fluidità, l'acchiappare il lettore e non lasciarlo più che conta.
Naturalmente pubblica con il contributo dell'autore che varia da 1500 euro ai 2000 più o meno, come rimborso  si ha un  tot di libri che se sei bravo e paraculo puoi riuscire a vendere ad un Ente o ad una  Associazione, io ci ho provato con la mia banca, la cui fondazione elargisce soldi a manca e a destra, cortesemente mi hanno risposto che sovvenzionano solo il pubblico, niente privati :) il cittadino privato deve solo versare :)
Ho salutato e me ne sono avviata verso l'uscita, con lo stomaco chiuso, ma cosa sto a scrivere a fare, mi è venuto in mente un editore che ora come ora non ricordo come si chiama, questo editore pubblica tutto, ma proprio tutto, senza contributi, perchè ritiene che il mercato librario di oggi sia una farsa, perciò lui  fa uscire  ogni cosa che gli inviano affinché sia il pubblico a decidere cosa leggere.
Dopo la risposta di oggi, di questo editore "ufficiale" rivedo la mia posizione sull'editore "pubblica tutto".
In fin dei conti si scrive in primis per se stessi, io ad esempio scrivento sputo fuori tutti i noccioli di ciliegia che ho nello stomaco.

immagine di Teoderica

domenica 24 novembre 2013

UN POMERIGGIO VERDE ACIDO D'INVIDIA ( seconda parte)



Vi ho spiegato i motivi dell'invidia, semplicemente perché la giovane scrittrice ha avuto quello che volevo  anch'io e non ho ottenuto, ma c'è anche un'altra cosa che a che fare con l'invidia per il ricco.
La presentazione si è svolta in un luogo da ricconi, io ho un  bel da fare a dirmi che i ricchi hanno solo dei soldi in più, io sono parca, assolutamente contro lo spreco e quindi non mi serve la ricchezza, ma i ricchi hanno l'allure, significa luminosità in  francese, rappresenta ciò che si ha l'impressione di vedere, e quindi se io li vedo così è un problema mio e non loro. Molto probabilmente deriva dal sussiego che la mia famiglia doveva al  "padrone" ovvero il proprietario del fondo che coltivava mio padre, lavorava mio padre ma il lusso era tutto per il  "padrone".
Una volta regalai un sacchetto delle ciliegie del "padrone" ad una mia amica che me le aveva chieste, lo feci già sapendo di sbagliare, ma lo feci lo stesso. Passò il "padrone" in perlustazione,vide il sacchetto di ciliegie, non mi disse nulla, ma mi guardò  con certi occhi, la sera ebbi un sacco di rimproveri da mio padre, non mi picchiò, avrei preferito le botte all'indulgenza.
Se chiudo gli occhi  penso a me bambina indecisa fra accontentare l'amica o rubare la roba del "padrone", forse è per questo che non disprezzo fino in fondo i ladri.
Posso dire che odio i ricchi, non è politicamente corretto ma lo dico lo stesso, il mio in fondo è un odio verso me stessa che non riesce a dare un taglio di forbici ai torti ricevuti. 
E per finire vi descrivo la location della presentazione: Il Circolo Ravennate e dei Forestieri un luogo lussuoso, sale, salette e saloni, divani, statue e piante, pare di entrare in uno di quei circoli esclusivi inglesi, dove le donne non sono ben accette, io  ero arrivata sola e mi sentivo una balena fuori dalle sue acque, le altre persone sapevano come muoversi, io mi perdevo  negli intricati corridoi. Il Circolo mantiene viva la più alta tradizione associativa cittadina ha sede   nel quattrocentesco Palazzo Rasponi, collocato nella zona dantesca.   
 Il Circolo Ravennate, è sorto nel 1860  e nel 1958  aggiunse all'antica denominazione di Circolo Ravennate, il termine "e dei Forestieri",  per estendere il numero degli associati anche ai forestieri, per dimostrare il carattere ospitale dei Cittadini di Ravenna. Così ospiti stranieri avrebbero potuto trovare un ambiente accogliente, elegante e riservato, dove ricevere l'assistenza di un interprete e la possibilità di leggere giornali stranieri.  
E’ detto anche Circolo dei Signori e questo la dice lunga, anche se le quote associative non sono molto alte, se nel 1958 la quota annuale era di 60.000 lire, oggi è di appena 800,00 euro.
Ha un albo degli ospiti illustri che va da Arturo Toscanini, alla Callas, a Pound, Gassman, Proietti, Muti e tanti altri.
Per fortuna che c’è Mozart!

E' Zircul di Sgnur
"E' Zircul di Sgnur", cóma che il ciamêva.
Mó indóv'ë-i pió i "Sgnur - Sgnur" ?
I "Vir - Sgnur" j'è scumpêrs da un pëz !
Incù u j'è i "Sgnur d'bajòc",
sèmpar impurtânt, mó j'è un etar quël.
E' mónd l'è cambiê, parchè l'avèva da cambiê,
e Ravèna l'è la mej Zitê de mónd !

Il Circolo dei Signori
"Il Circolo dei Signori", come lo chiamavano.
Ma dove sono più i "Signori - Signori" ?
I "Veri - Signori" sono scomparsi da un pezzo !
Oggi ci sono i "Signori - ricchi",
sempre importanti, ma sono un'altra cosa.
Il mondo è cambiato, perchè doveva cambiare,
e Ravenna è la migliore Città del mondo !

 immagine di Teoderica titolo: Mozart

giovedì 21 novembre 2013

UN POMERIGGIO VERDE ACIDO D'INVIDIA ( prima parte)



Un sabato pomeriggio verde acido d’invidia, questo voglio raccontarvi.
Il verde è il colore della giovinezza, associato alla natura, è il mio colore, io traggo intuito e segni dalla natura, quando non so dove sbattere la testa, mi rivolgo a qualcosa o a qualcuno di indefinito, agli spiriti che sento, chissà perché li sento solo quando ne ho bisogno.
Esiste però una  sfumatura di verde acido, che indica la bile, l’acidità di stomaco ovvero il mostro dell’invidia, invidia significa il vedere distorto, questo tipo di verde l’ho provato da giovanissima e mi ha così ripugnato che ne sono fuggita subito.
Qualche volta l’ha provo ancora ma non è più  un’invidia acida è qualcosa che ricorda la musica struggente dei Procul Harum e di Bach, è un organo che suona qualcosa che poteva essere e non è stato, è il rimpianto,  per fortuna che c’è anche Mozart che con la sua musica mi dice: fottitene, ridici sopra.
Ebbene questo sabato pomeriggio mi sono recata alla presentazione di una giovane autrice di Ravenna  che ha  vinto  il premio Campiello Giovani.
La studentessa, già finalista l'anno scorso con il racconto “Rose Rosse”, ha presentato “Forbici”, che vede rincontrarsi un uomo ed una donna che si sono amati da ragazzi.
Sull’onda di questo successo è diventata  collaboratrice di un quotidiano, ed ha già accanto a lei un editore che le fa la corte per pubblicarle un romanzo.
La scrittrice è arrivata accompagnata dai genitori e da un ragazzo tutto perbenino, forse il fidanzato.
L'autrice è una bellissima ragazza, flessuosa, il volto delicato, gli occhi da cerbiatto, ha lunghi capelli neri e ondulati come il mare, inoltre è  modesta, riservata, dolce e fine se fosse un fiore sarebbe una camelia rosa.
Parla anche correttamente, non sbaglia gli accenti, sa rispondere a tono e con maturità.
I suoi successi sono l’orgoglio della famiglia, interviene una signora del pubblico, un’insegnante, la quale specifica  che  la studentessa è anche l’orgoglio della scuola, del Liceo Classico che ha frequentato a Ravenna.
 La giovane scrittrice ha frequentato, a scuola, i corsi di scrittura creativa, che l’hanno aiutata nel suo percorso.
Auguro alla dolce fanciulla ogni fortuna e merito nella vita, ma l’invidia melanconica mi ha sommerso, per me fanciulla nessun aiuto dai professori, quella d’italiano mi detestava perché ero una ribelle, non capiva perché io buttassi via il mio talento per stare con gli ultimi della classe, ma Cristo non stava con gli ultimi?
E quello di disegno mi palpeggiava.
Non ero l’orgoglio della famiglia, anzi solo se lavoravo meritavo, se  andavo bene o male a scuola era la stessa cosa.
Ed ora che tento di pubblicare i miei romanzi devo pagare perché sono una sconosciuta, mentre Martina ha l’editore che le fa il filo, che  le ha commissionato il romanzo.
Lei ha la bellezza eterea e virginale, mentre io avevo quella dorata e saporita che tutti vogliono toccare.


immagine di Teoderica

lunedì 18 novembre 2013

IL GENIO DELLA LAMPADA DI ALADINO ESISTE

 Dalla lampada di Aladino esce un genio in grado di esaudire tre desideri.
Come avrei voluto quella lampada eppure il genio era anche malefico, dopo aver esaudito i tre desideri sarebbe rientrato nellla lampada?  
Oppure si sarebbe fatto un boccone di me, sempre a desiderare.
I desideri sono sogni, ma i geni  un tempo antico esistevano.  
I jinn ( noi  storpiamo il nome  in "genio" ) erano presenti nel folklore arabo ancor prima dell'avvento dell'Islam, ed erano creature in grado di sprigionare una grande forza malvagia, che poteva essere addirittura letale. Gli storici della religione islamica vedono in queste entità maligne i segni dell'ostilità dell'ambiente in cui vivevano le popolazioni della penisola arabica, in parte sedentarie e in parte nomadi.
 Più avanti, anche l'Islam accetterà l'esistenza dei jinn, attenuando, però, i loro tratti negativi. Con l'Islam, infatti, il jinn non è più una creatura necessariamente malvagia, ma è dotata del libero arbitrio, quindi può scegliere tra il Bene e il Male. 
Quindi esistono anche dei jinn buoni, convertitisi all'Islam dopo aver ascoltato le parole di Maometto. 
Questi sono esseri benefici per l'uomo e un esempio lampante si trova nelle Mille e una notte, nella fiaba in cui Aladino  libera il jinn rinchiuso nella lampada, che gli promette di realizzare alcuni suoi desideri. Per quanto riguarda i jinn cattivi, invece, l'Islam crede che possano interferire nella vita umana, ma non con la potenza malvagia di cui si credeva fossero dotati. Dopo l'avvento della religione musulmana, infatti, il jinn cattivo divenne uno spirito simile al poltergeist della mitologia nordica, che infastidiva con dei dispetti gli esseri umani, senza arrivare a essere letale.
Anche nella mitologia romagnola esiste un folletto un po' malefico il "Mazepegul", antipatico e dispettoso, molesta le ragazze, se queste ultime riescono a catturarlo, il Mazapegul sarà costretto ad esaudire i loro desideri per essere liberato.
Io non l'ho mai visto, ma c'è chi dice...



immagine di Teoderica 

venerdì 15 novembre 2013

UOMO LIBERO


L'uomo e il mare

Uomo libero, sempre amerai il mare!
Il mare è il tuo specchio; tu miri, la tua anima
nello svolgersi infinito dell' onde,
e il tuo spirito non è abisso meno amaro.
Ti piace tuffarti entro la tua propria immagine;
tu l'abbracci con gli occhi e le braccia, e il tuo cuore
si distrae talvolta dal suo palpito
al rumore di questo lamento indomabile e selvaggio.
Siete entrambi tenebrosi e discreti:
uomo, nessuno ha sondato la profondità dei tuoi abissi;
mare, nessuno conosce le tue ricchezze nascoste,
tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti.
E tuttavia dai secoli dei secoli
vi combattete senza pietà né rimorsi,
talmente amate la carneficina e la morte,
o eterni lottatori, o fratelli implacabili.


Charles Baudelaire

Avevo già presentato questa poesia , ma ora  che non siamo estate e io non vado al mare la ripresento  con saudade, il mare come l'uomo è profondo  misterioso e crudele, dal mare arriva la vita e arriva la morte.

 immagine di Teoderica

martedì 12 novembre 2013

INCONTENTABILE

Incontentabile  dal vocabolario : "non si contenta mai, che non può essere contentato in nulla o in qualche particolare esigenza; anche di persona che, per carattere, è sempre scontenta di tutto. Anche di artista, scrittore, artigiano, ecc., che, per desiderio di una sempre maggiore perfezione, non è mai soddisfatto dell’opera sua e la sottopone a continui ritocchi senza decidersi a considerarla compiuta.    

"L'incontentabilità umana" satira di Orazio: "tutti nel mondo si lamentano, ma se tutti avessero ciò che vogliono si lamenterebbero lo stesso. "Est modus in rebus": ci vuole misura in tutte le cose; la vita deve restare entro determinati limiti. Ognuno è invidioso di altre condizioni che crede siano migliori ma arrivato a quelle vede sempre solamente i lati negativi della situazione.

Se l'incontentabile fosse una maschera sarebbe Pantalone, la maschera veneziana comparsa nel Cinquecento che  veste un abito rosso, sul quale porta una lunga zimarra nera; calze rosse e, sul capo, un berretto nero. Rappresenta il tipo del vecchio brontolone, mercante, ricco, pedante, non sempre accorto, avaro, incontentabile e testardo. Solo con le donne é gentile e galante: allora fa inchini, sussurra paroline dolci e si comporta come un vero dongiovanni, anche se ormai non ha più l'età. Spesso, proprio per queste sue smanie di corteggiatore da strapazzo, si invischia in pasticci così intricati che ne esce a fatica, sacrificando magari quella borsa che ha attaccata alla cintura a cui tiene in maniera spropositata.

L'uomo è infelice perchè incontentabile. (Giacomo Leopardi)

Psicologia dell'incontentabile, ciò che rifiuti ti uccide, ciò che accetti non ti fa niente. L'adattamento all'ambiente è il segreto della sopravvivenza mentre chi è incapace di dominare l'ambiente è incontentabile  e non sa gestire disagi e responsabilità.

Qualche  punto di vista  per  scrivere un qualcosa di indefinibile che rappresenti l'incontentabile, io mi trovo inizialmente d'accordo con Leopardi ed Orazio, l'uomo non è incontentabile per una ricerca di perfezione, ma perchè cerca l'unione da quel Tutto da cui è stato diviso quando è nato, o se volete ha in sè il DNA di tutti quelli che lo hanno preceduto, ha quindi una tensione verso la morte, come la Natura tende all'Eterno Ritorno, con timore ma allo stesso tempo come prova da superare, la cerca metaforicamente nella sua vita. L'adattamento all'ambiente è superficialmente utile all'incontentabile, facendolo dovrà rinunciare a se stesso.
Da piccola, desideravo una palla con tutte le mie forze, la mamma me la regalò, si forò al primo palleggio, i pianti che feci, lacrime a fiumi per giorni e giorni.
La mamma mi regalò un'altra palla, come la vidi, mi misi a piangere  ancora più forte,  pensavo alla prima palla e pensavo che ne avrei potuto avere due, se la prima non si fosse forata...forse la maschera di Pantalone è ben azzeccata per rappresentare l'incontentabile.


immagine di Teoderica
 Q
 

sabato 9 novembre 2013

BRUCIA ALL'INFERNO ( terza parte)


Dante e Virgilio sono deposti dal gigante Anteo nel nono cerchio, sulla distesa ghiacciata del fiume Cocito, nella quale sono conficcati i traditori lividi e tremanti per il freddo.  Qui Dante incontra un altro romagnolo: Tebaldello Zambrasi, il quale tradì Faenza , la sua città per consegnarla in mano ai bolognesi.
Altro interessante traditore dell'ospite, misfatto ancora più grave, è Alberigo Manfredi, dell'ordine laico dei frati godenti, era un personaggio assai in vista a Faenza nell'ultimo scorcio del XIII secolo. Ed un suo gesto scellerato l'aveva reso famoso ben oltre le mura cittadine, tanto che Dante non sente nemmeno il bisogno di raccontare l'episodio. 
Sembra che Frate Alberico, in una grave disputa sorta per ragione d'interessi, ebbe uno schiaffo da Alberghetto, figlio di Manfredo Manfredi suoi congiunti. Per l'onta ricevuta, Alberico concepì un odio mortale contro  i  suoi  parentii, e covando in cuore la vendetta sotto mentite apparenze di perdono e di pace, invitò il 2 maggio del 1285 Manfredo ed Alberghetto ad un sontuoso pranzo.  Sul finire del convito, quando frate Alberico pronunziò ad alta voce l'ordine "vengan le frutta", come a segno convenuto, Ugolino suo figlio, Francesco Manfredi, un altro cugino , Surruccio da Petrella, ed altri sei sicari, si lanciarono coi pugnali levati sui due miseri ospiti, e barbaramente li trucidarono.
 La lista dei romagnoli all'inferno continua.
Dante colloca, l'Ulisse romagnolo: Guido da Montefeltro tra i consiglieri fraudolenti della VIII Bolgia dell'VIII Cerchio dell'Inferno, presentandolo nel Canto XXVII. È Guido a rivolgersi a Virgilio dopo che questi ha congedato Ulisse parlando italiano, per cui il dannato lo prega di dirgli qual è la condizione politica della sua terra, la Romagna. Virgilio invita Dante a rispondere e il poeta spiega che le varie città romagnole sono dominate da altrettanti tiranni e nessuna di queste è attualmente in guerra. Poi Dante prega il dannato di presentarsi e Guido, credendo di parlare a un altro dannato, svela la sua identità raccontando la sua storia: in vita fu abilissimo condottiero e astuto politico, poi si pentì della sua condotta e si fece francescano. Papa Bonifacio VIII, in lotta coi Colonna, gli chiese un consiglio su come espugnare la rocca di Palestrina, promettendogli l'assoluzione in anticipo. Pur titubante, Guido gli aveva consigliato di promettere il perdono ai nemici e di non mantenerlo, cosa che aveva permesso al papa di radere al suolo Palestrina.
Dopo la sua morte la sua anima era stata contesa da san Francesco e un diavolo, e quest'ultimo aveva avuto la meglio sostenendo la sua colpevolezza con sottili argomenti teologici.
Portato davanti a Minosse, il mostro si era morso la coda destinandolo alla VIII Bolgia.


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mercoledì 6 novembre 2013

BRUCIA ALL' INFERNO (seconda parte)


Continuiamo la discesa all' inferno dei romagnoli, all'ottavo cerchio, da cui Dante dirige il suo sguardo verso il fondo della quarta bolgia, dove una moltitudine di anime, quelle degli indovini, avanza in silenzio piangendo. Ciascuna di esse ha il viso completamente rivolto all’indietro, in modo che le lagrime bagnano la parte posteriore del corpo. Nel vedere la figura umana così stravolta Dante non riesce a trattenere un moto di commozione, ma Virgilio lo rimprovera aspramente, facendogli notare che essere pietosi verso siffatti peccatori significa ignorare la vera pietà. Poi gli rivela il nome di alcuni di loro, fra questi c'è Guido Bonatti , astrologo di Forlì autore di un Liber astronomicus, trattato astrologico che ebbe larga fortuna. Visse alle corti di Federico II, Ezzelino da Romano, Guido Novello e Guido da Montefeltro. Il "Liber decem continens tractatus astronomiae", di cui esistono vari esemplari e vennero pubblicate diverse edizioni a stampa, che dimostrano  il credito e l'interesse che il testo suscitò anche nei secoli successivi. Sorvolando sulle implicazioni matematiche, Bonatti vi esponeva gli elementi basilari dell'astronomia tolemaica, aggiungendovi i risultati delle proprie ricerche ed osservazioni, con l'individuazione di ben 700 stelle. 
Nel  XXIII canto, il girone dei seminatori di discordia, Dante incontra un altro romagnolo , è il girone in cui si trova pure Maometto. Si avvicina un altro dannato con la gola squarciata, il naso mozzato e un solo orecchio, che dopo aver osservato Dante emette la voce attraverso la ferita nel collo: si rivolge al poeta dicendo di averlo conosciuto in  Terra e si presenta come Pier da Medicina, originario della Pianura Padana. Invita Dante ad ammonire Guido del Cassero e Angiolello da Carignano circa il fatto che saranno gettati fuori da una nave e uccisi presso Cattolica, per il tradimento di un malvagio tiranno (Malatestino da Rimini). Una simile infamia non si è mai vista in tutto il Mediterraneo: il tiranno, che regge la terra (Rimini) che un suo compagno di pena si pente di aver visto, li attirerà in un tranello con la scusa di parlare e poi li ucciderà prima di giungere a Focara.
Dante è assai severo con gli indovini  e chi con previsioni e proprie idee causa discordia, questi ultimi hanno gli arti tagliati e stanno bagnati nel sangue, forse Dante dimentica che pure lui era un indovino, mago ed alchimista e le sue idee sulla visione della politica, causa all'epoca di scontri feroci gra guelfi e ghibellini, si rivelarono inattuabili.




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domenica 3 novembre 2013

BRUCIA ALL'INFERNO (prima parte)


I fumatori o le fumatrici l'inferno già lo vivono in terra, stanno col fuoco  tra le labbra, malvisti come untori dell'altrui salute  oltre che suicidi della propria vita, puzzano, sono sporchi brutti e cattivi, scialacquano il loro denaro in fumo, peggio dei giocatori incalliti e dei bevitori, quindi alla loro morte, avendo vissuto in terra l'inferno andranno sicuramente in paradiso nel  primo cielo, che  è il  cielo della luna, considerato un pianeta nel Medioevo, e la cui caratteristica peculiare è l'incostanza: risiedono qui, infatti, le anime di coloro che mancarono ai propri voti, non per scelta bensì perché costretti.  Infatti si vorrebbe smettere di fumare ma non ci si riesce.
Io sono una fumatrice, e andrò in paradiso, mi è venuta quindi la curiosità di sapere quali romagnoli Dante mise all'inferno.
I primi due, i più famosi,  Paolo e Francesca non meritarono certo l'inferno, altrimenti oggi non ci sarebbe più posto, mentre sarebbero vuoti sia il purgatorio che il paradiso.
Dante e Virgilio scendono al secondo girone, quello dei lussuriosi.  
I due poeti entrano nel luogo dove sono puniti i lussuriosi, travolti dalla bufera che castiga l’insana passione. Una schiera di anime incuriosisce Dante che chiede notizie al maestro. Virgilio prontamente risponde, ed elenca alcuni di questi lussuriosi, morti in modo cruento.
Si sofferma su Semiramide e poi indica donne e uomini, protagonisti del passato mitologico e storico: Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano.
Dante colpisce i protagonisti di grandi amori, qui è un po' ipocrita perchè lui personalmente idealizzava Beatrice, ma con le altre si dava da fare carnalmente.
 Dante scorge due anime che procedono insieme e sono al vento più leggere. Egli domanda a Virgilio di potersi intrattenere con loro e quando si accostano le invita a restare e a parlare ed esse si fermano desiderose. I due infelici amanti, uniti anche nell’eternità, sono Paolo e Francesca. La donna rammenta la città natale, Ravenna, e accenna al suo innamoramento per Paolo, seguito dalla tragica morte per mano del marito Gianciotto, geloso e vendicativo. Un grande turbamento assale Dante che pensa ai casi dei due amanti, alla dolcezza del loro amore così tragicamente concluso. 
Dante sviene, sa che anche lui non è uno stinco di santo, forse il girone lussurioso capiterà pure a lui, e a tutti noi, sarebbe ora di togliere la lussuria dai vizi, fa bene alla salute, rende allegri e sereni, toglie la rabbia e il livore...la Chiesa è entrata in camera da letto nel milleduecento, sarebbe ora che ne uscisse.
immagine di Teoderica