domenica 31 dicembre 2023
sabato 23 dicembre 2023
mercoledì 20 dicembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Una mattina allo specchio di Vito Coviello
Una mattina allo specchio
non vi ho più trovato la mia immagine
ma solo la mia anima.
Una mattina allo specchio,
guardando la mia anima,
vi ho ritrovato tutti i miei ricordi:
un cielo stellato, il colore del mare,
di un tramonto, di un arcobaleno.
Il ricordo di profumatissimi fiori,
di sonate al piano e di notturni di Chopin.
Il ricordo degli occhi di mia moglie
e di quelli di mia figlia
e del loro amore per me.
Una mattina allo specchio
ho ringraziato il Signore
per l’amore che mi ha dato
e per tutto quello che mi ha donato.
domenica 10 dicembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
La guerra di Paola Tassinari
Ho sempre avuto una grande passione per la pittura, per il disegno e per la Storia dell’Arte; sono un’autodidatta e all’inizio ho studiato tutto con grande interesse, non tralasciando nessuna espressione artistica. Ho iniziato con la copia dal vero, frequentando atelier di artisti o maestri più o meno famosi, tanti ritratti, vedute e nature morte il più possibile vicino alla realtà; tanti disegni di volti, di nudi e di fiori ma poi mi sono resa conto che nella copia dal vero non ero capace di rendere visiva l’atmosfera e il sentimento che provavo, non ero in grado di dipingere l’emozione che sentivo, era un po’ come fare il ritratto a qualcuno senza essere capace, per esempio, di raffigurarne le 56 qualità morali, l’allegria o l’alterigia o dipingere il volto di chi si ama senza riuscire a rendere visivo quanto lo si ami, così ho cercato un mio stile per raccontare cosa avevo dentro in relazione alla vita. L’opera in questione è del 1995, è intitolata “La guerra”, è dipinto su cartoncino e misura 40x60 cm., segna l’inizio della mia ricerca, è ispirato all’Espressionismo, una corrente culturale d’avanguardia sorta in Germania all’inizio del Novecento come reazione all’Impressionismo e al Naturalismo, che contrapponeva all’oggettività dell’impressione la soggettività dell’espressione, quindi non la copia di un oggetto così come appare, ma come lo sentivo, proiettando in esso la mia vita interiore. In particolare mi sono ispirata a Van Gogh, Gauguin, Munch (questi artisti in realtà possono essere considerati dei pre- 57 espressionisti) ed Emil Nolde, che dipingevano paesaggi naturali con segni forti e incisivi e con colori meravigliosi pieni di sublime e di grandioso, i loro colori e i loro tratti producevano forti emozioni sia del bello e dell’infinito, che della paura, dell’inquietudine o del drammatico. Lo sfondo del mio dipinto è per la metà a destra e una striscia in alto e una in basso, occupato da una massa informe di grigio e di nero, con impresso varie forme che si intravedono leggermente, rappresentano dei teschi e vogliono esprimere il disordine e l’orrore. Il colore grigio in questo caso risulta duro e forte come l’impressione di camminare su una strada asfaltata ma piena di sassi o di buche, pericolosa quindi e il nero è opprimente come quando il cuore perde un battito e ci pare di soffocare o abbiamo un 58 peso sullo stomaco di cui non riusciamo a liberarci. In questo grigio/nero pericoloso e triste emerge a sinistra il volto di un bambino, che si volta verso di noi spettatori e ci guarda con occhi stupiti e increduli, ci guarda e ci chiede perché e ci chiede cosa è questo grigio/nero orribile in cui lui vive. Il bambino è ferito, ha la testa fasciata con bende, il viso sporco di sangue e indossa una maglietta rossa, questo colore può essere simbolo di vivacità, come il sapore del cocomero o delle ciliegie, come l’allegria di un bambino ma all’opposto può essere simbolo di martirio. Il bimbo ha gli occhi neri ma in questo caso il nero oltre a esprimere l’incredulità, dà il senso del velluto, del profondo, di quello che poteva essere e non è.
venerdì 1 dicembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
L’occhio guarda e il pennello sfuma il colore … creano poesia… per la penna dello scrittore…” (Foto e parole di AM. Antonelli)
“CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE” Un libro, una collaborazione, un’amicizia! di Annamaria Antonelli “Gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Sono come un vetro che, senza modificare nulla nell’immagine che catturano, trasmettono all’anima di chi guarda prima la bellezza, dopo l’emozione. E’ proprio questo che rende “Unica” un’immagine nei nostri occhi e resta nella mente in un “Infinito Album Fotografico”. E’ sfogliando quell’album che riusciamo nella vita, in particolari momenti o periodi più o meno lunghi, a ritrovare immagini, colori, perfino i profumi e le emozioni che danno continuità allo scorrere del tempo. Da un’immagine si colora la vita di bellezza, di cambi d’umore, di sogni, di fantasia e di speranze. Un amico, fotografo e “compositore di versi”, come ama definirsi, ha 53 diviso la parola fotografia in “foto-grafia”, cioè scrivere, descrivere un’immagine. E’ una frase bellissima! Quando gli occhi sono costretti a chiudere “l’obiettivo” sul mondo circostante è il cuore… è la mente… che lo riapre e lascia un nuovo segno d’arte, secondo le emozioni che ognuno ha nel suo cuore. E così si scrivono poesie, racconti e si dà loro vita con la voce, con la musica cercando di arricchire quell’album della mente. Se più persone scattassero una fotografia, nello stesso momento, il risultato non sarebbe una fotografia uguale per tutti ma, tante fotografie uniche perché gli occhi di chi le ha scattate sono quelli di ogni singola persona. Vale anche per la lettura, la pittura, la musica delle emozioni perché per scrivere e leggere un testo o una poesia, dipingere o 54 guardare un quadro, comporre e suonare si usano “gli occhi, le mani, il cuore”. L’immagine di copertina è un “Arcobaleno a tre”. Ha tutti i colori, quelli della cultura, quelli delle emozioni. Raffigura un arco, sembra un ponte che unisce punti lontani ma, che creano quei colori, i nostri, quelli che vogliamo trasmettere e regalare ai lettori con il nostro libro … Vito, Paola, Annamaria
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Quello che mi manca di Vito Coviello
Quello che mi manca
è il colore azzurro di un cielo di primavera.
Quello che mi manca
è il colore di un’aurora,
all’alba o al tramonto,
sempre così bello,
struggente sempre diverso.
Quello che mi manca
è il colore della neve, del mare in tempesta.
Quello che mi manca
sono gli arcobaleni ed i prati in fiore.
Quello che mi manca
è la luce del sole e delle stelle
in un cielo agostino.
Quello che mi manca è
la luce tenue di quel abat-jour
che illuminava le nostre notti.
Ma quello che mi manca in assoluto
è la luce dei tuoi occhi,
grandi, dolci e belli,
che sorridevano innamorati
ai miei bugiardi e traditori.
Quello che vorrei,
quando, come da sempre è stato stabilito,
chiuderò tra le tue braccia
questi miei inutili occhi,
vedere ancora, un’ultima volta,
il sorriso dei tuoi occhi
per portarlo con me in cielo.
Quando la marea sale di Vito Coviello
Quando la marea sale, milioni di gocce,
insignificanti in sé, unite da un abbraccio,
spostano tonnellate di metallo
a forma anche di nave.
Quando la marea sale,
milioni di donne
possono fermare il mondo.
Le donne.
Diceva e scriveva Joseph Conrad che
“il problema delle donne il più delle volte
sono gli uomini”.
Cosa dire delle donne:
un cervello multitasking,
poetessa, scrittrice, avvocatessa,
presidentessa,
romana o allemanda che fosse,
cattolica o luterana,
o mezza luna orientale.
La donna, dall’inizio dell’umanità,
ha curato l’uomo, l’ha partorito, l’ha cresciuto,
l’ha educato, lo ha amato, l
’ha riverito e ne è stata sempre trattata
e, mal ripagata, malamente.
La giornata delle donne non è una festa,
è una ricorrenza, una ricorrenza di morte:
delle donne sono morte in questa giornata
per lavorare, chiuse, schiavizzate
e le cose non sono cambiate,
nonostante siano la maggioranza,
nonostante siano le nostre compagne, amanti,
sono tutto per noi, i nostri angeli
ed io come uomo, in questa giornata,
vorrei poter chiedere scusa,
chiedere perdono a tutte le donne
che subiscono violenza,
una violenza assurda verso chi ci ama.
Questa è la giornata delle donne,
una ricorrenza
ma se unite le donne,
come le gocce d’acqua del mare,
possono spostare intere tonnellate di ferro
a forma di nave.
Milioni di donne possono, se vogliono,
cambiare il mondo e, con questo,
voglio augurare a tutte le donne
una buona festa ma che sia una festa,
non più una ricorrenza del dolore,
una festa dell’uguaglianza.
Passerà qualche generazione indubbiamente.
Eh! La colpa dei maschi maleducati
e malcresciuti.
lunedì 20 novembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Preghiera alla Madonna Confido in te, Maria
Confido in te, Madonnina mia.
Confido in te, Madonnina mia,
che mi sorridi da quel tuo dipinto
da dietro l’altare.
Confido in te, che con il tuo sguardo
vedi nel mio cuore di peccatore.
Confido in te, per la salvezza dell’anima mia.
Confido in te, che con le tue manine giunte,
preghi per tutti noi.
Confido in te, Maria, Madonnina mia
e nel tuo perdono.
Confido in te che mi guardi sorridendomi
dolcemente, da quel tuo dipinto,
Madonnina mia.
Confido in te, Madonnina mia.
venerdì 10 novembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Preghiera “Solennità di tutti i Santi” di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo Arcivescovo delle Diocesi di Matera e Irsina Sul monte, assiso, ci guardi, Signore!
La tenerezza dei tuoi occhi pieni di luce feconda i nostri intristiti spenti e colmi di lacrime per gli affetti perduti per i respiri spezzati. In te, Gesù, cogliamo l'amore del Padre! Ci riveli il Paradiso saldi i piedi in terra e le mani protese verso te. Viviamo già da beati e seppur nel duello tra vita e morte siam in te vittoriosi. Noi siamo tuoi, Signore, Dio nostro! Uomini siamo desiderosi di speranza in cerca di te 48 mistero rivelato di santità che infiammi i nostri ardenti cuori anelanti all'incontro dell'eterna luce. Continua a guardare questi tuoi figli, Signore! Lontani da ciò che è caduco perchè illude e divide dall'infinito desiderio di lasciarti vivere in noi per essere con te beati. Ecco i nuovi orizzonti di vita, Signore! Essi si aprono davanti a noi come luce di bellezza in cui tuffarsi tensione da coltivare perchè il nostro sguardo sia intriso del tuo. Sentiamo il profumo di cielo, il tuo, Signore! Gustiamo la bellezza dell'Amore che genera pienezza di vita plana tra stelle lucenti 49 canta con gli Angeli e i Santi la tua gloria ora realtà. Don Pino
mercoledì 1 novembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Il sogno di Vito di Paola Tassinari Arte Digitale, stampa su Polionda, 70x100 cm, realizzato ai primi di agosto del 2020, il titolo è “Il sogno di Vito” e rappresenta la processione della Bruna. La festa della Bruna è la festa della Santa Patrona di Matera, la festa di Maria Santissima. Da più di seicento anni i materani portano la Madonna della Bruna nel cuore, un legame profondo che il 2 luglio si manifesta in tutto il suo fervore. Come mai ho realizzato questa opera? Qualche tempo fa mi ha telefonato da Matera, Vito Coviello, scrittore e poeta non vedente, per chiedermi una specie di catalogo delle mie opere con commento, per pubblicarlo assieme alle sue poesie e alle foto di un’altra artista. Chi è costui? Vito di 39 Matera è un uomo semplice, ma non è facile descrivere la semplicità che etimologicamente vuol dire puro, senza artificio, senza malizia, perché oggi il termine di semplice molto spesso viene sminuito in sempliciotto, perché non si crede più alla purezza e alla sua dolcezza intrinseca, la si scambia per ipocrisia, ci si dice… che falsa è quella persona, crede di fregarmi con le sue smielature, oppure è uno sciocco, un credulone e un vero ingenuo? (Siamo a questo livello, lo stesso si dice dei cattolici praticanti, che quasi ti vergogni di dire che vai a Messa ogni domenica, ti guardano col sorriso ironico con negli occhi... che ingenuo non sa che la religione è l’ignoranza dei popoli, crede ancora, che grande ingenuo, la Chiesa così ricca, piena di peccatori che ipocritamente si pentono per peccare più di 40 prima e via dicendo) Vito è come Raffaello, tra l’altro il 2020 è l’anniversario dei 500 anni della morte del grande artista di Urbino, i molti eventi celebrativi sono stati semicancellati dal Covid-19, (quasi come se Raffaello non volesse essere festeggiato da una società in cui la gentilezza e la semplicità sono solo false e a fini di interesse). Raffaello era amato da tutti, papi, potenti, popolazione e anche dai concorrenti, gli artisti che di solito erano gelosissimi e invidiosi, Raffaello era amato perché era semplice, umile e innamorato della vita, grato di vivere e risultava caro e prediletto a tutti, le sue opere lo svelano, sono talmente chiare, serene e complete da apparire semplicemente divine. Vito è come Raffaello, ti fidi e ti affidi, perché l’entusiasmo nella sua voce ti dà fiducia, anche se lo conosco 41 solo “virtualmente”, mi ritengo fortunata e baciata dalla sua amicizia. Alla sua richiesta del catalogo mi viene un’idea: “Vito e se realizzassi un ritratto alla Bruna? Magari con accanto anche il fischietto tradizionale materano, quello che raffigura un gallo, simbolo di forza e virilità?” E Vito scandalizzato: “Ma che dici, scherzi, guai a toccare la simbologia della Bruna”, poi mi narra il sogno che ha fatto poco tempo prima, che ha raccontato anche all’Arcivescovo di Matera… “Mia moglie mi ha descritto tutto quello che i miei occhi inutili non mi fanno più vedere, mi ha detto che anche Lei ha portato in processione la statua della Madonna per i tre giri in piazza Duomo e in quel momento preciso mi sono sentito al suo fianco alla sua destra a sorreggere insieme agli altri fedeli la statua bellissima della 42 Madonna. Forse è stato solo un sogno che a tutt’oggi mi lascia incredulo e perplesso, ma è stato se pur brevissimo, per me un bellissimo regalo della Madonnina della Bruna. Forse è stata solo la mia immaginazione a farmelo sognare, ma per me è stato un sogno bellissimo, anche perché nel mio piccolo sogno ci vedevo e non ricordavo di essere cieco, cosa che appena ho ricordato mi ha traslato nella mia realtà di cieco e nella mia piccola cucina”. Tac… una lucina mi si è accesa sapevo cosa dovevo raffigurare. L’immagine rappresenta la processione della Bruna, con a sinistra in primo piano, l’Arcivescovo di Matera, riconoscibile dalla veste color violetto, rappresenta la Chiesa che è la guida dei fedeli, in secondo piano a destra Vito che rappresenta i credenti che amano la Madonna così come amano la 43 famiglia, entrambi con la mascherina, imposte dall’epidemia di Covid-19, come testimonianza che quest’anno 2020 ancor di più abbiamo bisogno di Lei, che rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi. Per prima cosa ho realizzato a matita e penna su carta, i ritratti dell’Arcivescovo di Matera e di Vito, che ho poi caricato sul computer su un fondo grigio chiaro, che mi è servito come base neutra per evidenziare i colori del giallo e del violetto, che ho inserito con la penna/mouse, tramite una miriade di lineette per dare movimento e brulichio. Su questa base ho inserito l’immagine della Bruna con elaborazioni al computer, inondandola di oro, con ai piedi una corona verde con i fiori rossi, simbolo del suo dolore ai piedi della Croce del Figlio. (Ella conosce questa valle di lacrime e per questo intercede per noi, è la Porta tra noi e il 44 Cielo, nel XXXIII Canto del Paradiso, Bernardo di Chiaravalle ci dice che la Sua benevolenza non solo risponde a chi la domanda, ma molte volte anticipa). La scelta del giallo carico e luminoso che pervade quasi tutta l’opera come una colata d’oro fuso è in riferimento alla luce divina. L’oro è un simbolo di sacralità e ricchezza, in questo caso è l’oro della luce solare, della divinità che dona a piene mani e che ogni anno si ripete a Matera, proprio come l’oro che può essere fuso e rifuso: “L’oro non appartiene alla mitologia dell’homo faber ma è una creazione dell’homo religiosus” (Mircea Eliade). Per il violetto del fondo, la scelta è stata estetica, per armonizzarlo col primo piano della porpora dell’Arcivescovo, ma anche pensando a Dante nel Canto XXVIII del Purgatorio: “Men che di rose e più che di 45 viole/colore aprendo, s’innovò la pianta/che prima avea le ramora sì sole”, questa volta con la mia traduzione personale: il colore della pianta che coi rami spogli rifiorì era meno intenso del colore delle rose e più intenso delle viole era cioè un vivido violetto allo stesso tempo pacato e pastello, un violetto come il porpora, detto anche paonazzo mitigato dal bianco. Il porpora era il colore indossato dai magistrati romani; divenne il colore imperiale indossato dai sovrani dell’impero bizantino e dal Sacro Romano Impero e in seguito dai vescovi cattolici. Dante, secondo me, vi aggiunge un po’ di bianco, lo rende un colore pastello, perché i fiori che sbocciano sull’albero spoglio sono nel Paradiso, mentre l’uomo perquanto eccelso non può essere del tutto bianco, cioè senza peccato.
venerdì 20 ottobre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Al fontanino (la fontana) di Annamaria Antonelli
(La fontana…oggi)
Anni fa e fino al sorgere dei nuovi rioni al piano, i materani vivevano in abitazioni in tufo scavate nella roccia, i Sassi di Matera (Caveoso e Barisano). Avere l’acqua corrente in casa era privilegio di poche famiglie anche perché aveva un costo. C’erano e ancora ci sono varie fontane. Le donne si recavano lì per riempire l’acqua da bere o che serviva per cucinare, per lavarsi e per la pulizia della casa. Mentre aspettavano in fila, il loro turno 33 per riempire bottiglie, secchi, bacinelle e anfore, si raccontavano la giornata e le storie dei vicini. Per i giovani, invece, era un’occasione, un modo per conoscersi come i protagonisti di questo racconto. “Vado a riempire l’acqua al fontanino” diceva la giovane e bella Bruna alla sua mamma! Era quella un’ottima scusa per poter incontrare un ragazzo che le piaceva molto, parlare con lui e scambiarsi fugaci sguardi d’amore, ma non lontano dagli occhi indiscreti di donna Graziella, la pettegola di Matera. Tutto era nei suoi occhi, nelle sue orecchie e soprattutto sulla sua lingua sempre pronta a raccontare alla gente le storie che ascoltava di nascosto. Mentre i due ragazzi chiacchieravano felicemente alla fontana, la signora Graziella si recò di gran fretta a casa di Bruna per informare la 34 mamma dicendo: ”Ho visto tua figlia al fontanino che amoreggiava con un ragazzo”. La mamma della giovane rispose: “Per fortuna ci sei tu che sai tutto di tutti! Vai via! Pensa a te che a mia figlia ci penso io!”. Era tardi. Bruna tornò di corsa a casa con le bottiglie dell’acqua tra le braccia e vide donna Graziella allontanarsi frettolosamente e per la paura di essere sgridata lasciò cadere, sull’uscio di casa, le bottiglie che si ruppero e le costarono i rimproveri e qualche sberla. Sì, perché a quei tempi per frequentare una ragazza bisognava avere il consenso dei suoi genitori e non sempre era concesso. Anzi si impediva alle figlie di uscire di casa e i giovani cercavano altri modi per vedere, almeno da lontano, l’amata. La fontana, alla quale tutti dovrebbero abbeverarsi, rappresenta metaforicamente 35 l’Amore nelle sue varie forme, tra innamorati, tra amici, tra genitori e figli e tra le famiglie del vicinato. “L’incontro alla fontana” il “Corteggiamento di altri tempi” è solo uno dei tanti racconti e delle tante storie nate nei vicinati che sono oggi, i nostri bei ricordi. Ricordi che, forse, tornano alla mente dei materani grazie alla “Fontana dell’Amore”, un’opera realizzata in bronzo composta da cinque statue a grandezza naturale che dovrebbe rappresentare l’incontro alla fontana dei giovani materani e una nuova attrazione per i turisti. È stata disegnata da Enzo Viti e Teresa Lupo e realizzata dallo scultore Domenico Sepe. Si trova in Via Muro nel Sasso Caveoso, a Matera. E’ stata inaugurata il 7 settembre 2020. Gli innamorati passeranno di lì per scambiarsi promesse 36 d’amore e qualcun altro, come me, sceglierà quel posto come il suo “angolo preferito per i pensieri” e per ammirare la naturale bellezza dei Sassi di Matera di giorno o mentre si colorano al tramonto.
martedì 10 ottobre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Recensioni
Salvatore Adduce Vito Coviello, mio vecchio amico, ha deciso da tempo di “regalarsi” ad un pubblico vasto di suoi estimatori attraverso la scrittura e la poesia. L’incontro di Vito con Paola Tassinari, che ho avuto la fortuna di conoscere grazie al viaggio culturale della città di Matera, mi ha molto colpito per l’ardire che entrambi hanno avuto di trasferire emozioni e “visioni” in questa pubblicazione che aggiunge un tassello importante nel mosaico delle produzioni culturali in un mondo che ha bisogno di queste boccate di ossigeno per cercare vie nuove per raccontarsi. Poesia e pittura, un binomio fantastico della creatività, regalano emozioni capaci di superare ostacoli e difficoltà riportandoci tutti sullo stesso piano 28 a condizione che ci lasciamo trasportare dolcemente nel mare infinito della fantasia. Sono ancora una volta grato a Vito per aver promosso questa nuova opera. Salvatore Adduce Presidente dell'ANCI Basilicata, già Onorevole e Senatore della Repubblica e già Sindaco di Matera, già Presidente della Fondazione Matera-Basilicata 2019 per Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019.Lina Senese Cantante Internazionale in Lingua Francese e Napoletana “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE…” un lavoro sinergico di tre autori che non si sono mai incontrati: un poeta non vedente, una pittrice e una fotografa, accomunati dalla loro capacità di vedere oltre, di saper cogliere l’essenza, l’anima di cose e persone. Nessuno di loro guarda con gli occhi, ma con il cuore, trasformando un lavoro collettivo in un unico inno d’amore verso la vita. Lina Senese
Chiara Manicone
Cittadina materana
Non ho visto tutto, ma l’impressione che ho
avuto è che tutto il libro sia un viaggio
introspettivo attraverso ricordi, immagini ed
emozioni.
Mi colpisce molto come una persona non
vedente abbia fatto a scegliere una fotografa
e una pittrice come collaboratrici, pur non
vedendo le vostre opere… Evidentemente
l’empatia riesce a far godere della bellezza di
un’immagine anche chi non vede.
E magari ci sono persone che vedono bene
con gli occhi, ma non con il cuore!
Complimenti per questo lavoro…
Chiara Manicone
domenica 1 ottobre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Recensioni
Mario Lorenzini Redazione giornale online Giovani del 2000 (www.gio2000.it) “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE”. È il titolo dell’ennesimo libro dello scrittore materano non vedente Vito Coviello. È altresì il modo con cui Vito raggiunge la sua massima espressività, amplificata in quest’opera collaborativa. La sua visione oltre il naturale, gli ha permesso qui di raggiungere forse l’apice della sua “comunicazione trasversale”; il lettore apprenderà un nuovo modo di incanalare foto, sensazioni visive. Imparerà a far permanere quei ricordi con profonda 22 incisività perché raccontati in una chiave totalmente diversa e inaspettata per chi soltanto vede distrattamente un’immagine. Mario LorenziniDott.ssa Rossella Montemurro Direttore Responsabile della testata giornalistica online Tutto H24 (www.tuttoh24.info) Tre sensibilitàdiverse accomunate dall’amore per l’Arte, l’Arte nelle sue forme molteplici. Sono una fotografa, una pittrice e un poeta - Annamaria Antonelli, Paola Tassinari e Vito Coviello - gli autori di “CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE”, una pubblicazione decisamente sui generis perché nata da un mix delle loro opere. L’Arte è filo conduttore e, nello stesso tempo, il trait d’union tra loro, amici virtuali. I versi del poeta-scrittore Coviello diventano la traccia per l’obiettivo e i pennelli della Antonelli e della Tassinari: si intersecano, si fondono, si completano offrendo al lettore 24 un’esperienza unica. E se le parole di Coviello, cieco da 21 anni, accompagnano in un universo dai colori incredibilmente vividi in cui le sensazioni sono protagoniste, le foto e le opere delle co-autrici sono da interpretare con gli occhi del cuore. Rossella Montemurro
Pasquale Doria
Giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno e
Consigliere Comune di Matera
Conosco Vito da molti anni, ormai. Allora
eravamo giovani. La corsa pazza tra lavoro,
famiglia e impegni di ogni tipo ci ha presto
gettato nella trincea del quotidiano, dove è
facile allentare le relazioni amicali. Poi, a un
certo punto, tramite i social media, è
rientrato nel raggio del mio radar personale,
quello di cronista. Vito ha iniziato a scrivere.
Come ha evidenziato in più occasioni, ha
trovato la terapia giusta per comunicare con
il mondo: la scrittura. Sono stato ben lieto,
perché vivo da decenni di scrittura e, quindi,
l'ho incoraggiato ad andare avanti, a non
mollare, notando una maturazione lontana
dagli anni spensierati giovanili. In
particolare, mi ha colpito la paziente tenacia
26
che lo sostiene, alla stregua di un monaco
zen. A questa caratteristica non possono non
scorgere un certo coraggio nell'affrontare i
frangenti della vita che hanno forgiato il suo
animo nell'acciaio di un vero guerriero.
Eppure, leggendo le sue parole si avverte che
qualcosa è rimasto di quegli anni lontani, la
freschezza giovanile di un'immaginazione
che ha conservato l'entusiasmo e la
spontaneità di un bambino.
Complimenti Vito, adesso sei una persona
nota, hai guadagnato un discreto successo.
Non solo per quello che hai fatto per te stesso
ma, più che altro, per il messaggio che hai
lanciato con il tuo esempio e quindi, per
quello che continui a fare per gli altri.
Pasquale Doria
mercoledì 20 settembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
D.ssa Rosanna Viceconte
Presidente del Comitato Regionale
Anpas Basilicata
“CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL
CUORE”
Un libro realizzato dalla collaborazione di tre
artisti: Annamaria Antonelli, fotografa e
scrittrice materana, Paola Tassinari, pittrice
e poetessa ravennate, Vito Coviello, poeta e
scrittore di Matera non vedente.
E’ soprattutto a Vito che mi rivolgo.
La bellezza di una persona è racchiusa
nell’anima. Una bellezza ben descritta dalle
fotografie della Antonelli e dai dipinti della
Tassinari.
Quella di Vito Coviello è un’anima nobile.
Non appartiene a tutti la capacità di
19
raccontare con parole semplici gli eventi che
ci travolgono.
Vito Coviello uno scrittore che ha la capacità
di raggiungere il mondo esterno con le sue
opere.
Con gli occhi, con le mani, con il cuore, è
un'opera dei nostri tempi.
La paura, l'angoscia e poi la speranza sono le
emozioni di oggi ben raccontate da Coviello.
Con gli occhi si osservano le opere, con le
mani si realizzano e con il cuore si raggiunge
il prossimo. Quel prossimo che Vito non ha
smesso mai di emozionare con i suoi
capolavori.
Si possono scalare mille montagne, ma
l’amore per il prossimo, la passione per l’arte
sono preziose e insostituibili.
20
Ci sono mille modi per raccontare una storia,
ma la semplicità di Coviello rende tutto
perfetto.
E’ ascoltando i racconti e guardando le
fotografie e i dipinti che ci si perde in un
mondo fantastico e il nostro animo a volte
tormentato viene invaso da un soffio di vento
di serenità. Con affetto
Rosanna Viceconte
Presidente del Comitato Regionale
Anpas Basilicata
domenica 10 settembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo
Arcivescovo di Matera - Irsina
Recensione al testo
CON GLI OCCHI, CON LE MANI,
CON IL CUORE
Ci sono tanti modi per vedere,
ascoltare, dire, gustare, toccare. Tutto
dipende da come ci poniamo difronte alla
realtà della vita, con le sue gioie e i suoi
dolori, con le sue ombre e le sue luci, con il
duello con la morte.
15
Tutto dipende dall’equilibrio interiore
che si riesce a trovare esprimendo quella
bellezza che ogni essere umano possiede.
Solitudini, incomprensioni, mancanza
di affetto, discriminazioni offuscano spesso
gli orizzonti di una vita più bella, vera,
autentica.
Soprattutto un non vedente è capace di
vedere e scrutare ciò che a volte chi possiede
la vista non riesce: vigile e pieno di luce
anche quando le delusioni e i tradimenti
degli ideali affondano nei sentimenti, nei
progetti che crollano.
Mani che si muovono nello scrivere
poesie, nel dipingere, nel realizzare ciò che di
più bello e di sacro si porta dentro. Ma anche
le tristezze, il buio dell’esistenza che fa
sprofondare nelle tenebre.
16
Leggere la propria vita e presentarla
agli altri attraverso racconti, versi poetici,
preghiere, tradizioni e immagini è
sicuramente un dono grande: chi è capace di
raccoglierlo di certo potrà arricchirsi e
gustarlo, vincendo la miopia di un’esistenza
sciapa e scolorita, per scrutare orizzonti
lontani nei quali ci si immerge e si diventa
un tutt’uno.
Ringrazio gli autori di questo testo che
davvero “con gli occhi, con il cuore e con le
mani” aiutano a sentire i palpiti della vita
che, feconda e sempre più gravida, partorisce
altra vita.
Li ringrazio perchè aiutano a riempire
gli occhi di cielo mentre ancora le mani di
Dio, come all’inizio di ogni cosa, servendosi
delle nostre mani, impastano, modellano,
17
tracciano la bellezza e la santità di
un’esistenza che ha bisogno di essere solo
vissuta pienamente e amata.
✠ Don Pino
venerdì 1 settembre 2023
CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello
Vito Antonio Ariadono Coviello è nato a Sarnelli, frazione di Avigliano, provincia di Potenza, il 4 novembre 1954, vive a Matera, dove è felicemente sposato e ha una figlia. Un glaucoma cortisonico gli ha rubato la vista, ventuno anni fa. Ha dovuto riorganizzare la sua quotidianità ma, nello stesso tempo, si è rafforzata la sua voglia di condividere la cultura con tutti piccoli e grandi lettori, senza distinzione alcuna, attraverso la scrittura di racconti, di romanzi e poesie, regalando emozioni con parole e 11 immagini ma, anche con la sua voce che racconta le sue storie è Il Contastorie, per i bambini è Vito di Matera. Ha scritto e pubblicato, in primis, Sentieri dell’anima, premiato nel Concorso di Gaeta nel 2017, seguito da diversi libri, romanzi, racconti e poesie: Dialoghi con l’Angelo, Donne nel buio, Sofia, raggio di sole, “Il treno: racconti e poesie”, I racconti del piccolo ospedale dei bimbi, un libro di poesie intitolato “Poi…sia: un amore senza fine” e sottotitolato come “Quaderno di poesie di Vito Coviello”, I dieci racconti per Sammy, romanzo Victor, Debby ed il sogno, “Da quel balcone dei miei ricordi: Matera”, Paolo e Anneshca, La Madonna dei pastori. Regala le sue opere, che pubblicata gratuitamente sul web, a ospedali, carceri, 12 associazioni e nel 2020 anche al Presidente della Repubblica e al Papa. E’ l’ideatore del libro scritto in collaborazione con Paola Tassinari, artista ravennate e Annamaria Antonelli, fotografa materana che ha come fine la condivisione della cultura nelle sue varie forme e la dimostrazione che la cultura è una, ha tanti colori e soprattutto è per tutti… E’ il fondatore del gruppo Facebook ”Invitus invitus matera.il contastorie da matera…”.
venerdì 25 agosto 2023
GEOMETRIA DÜRERIANA Nudo femminile da dietro. 1495 AMORE E PSICHE DI UN DIALOGO GEOMETRICO Di Gaetano Barbella
GEOMETRIA DÜRERIANA
Nudo femminile da
dietro. 1495
AMORE E PSICHE DI UN
DIALOGO GEOMETRICO
Di Gaetano Barbella
Alla donna in punta del
piede sinistro consensiente, ma solidamente poggiata sul tallone destro e sul
bastone, la stella dell'Esagramma. Ad Albrecht Dürer della sua firma, la stella
del Pentalfa.
|
|
La punta del piede di lei, in C, si congiunge con la sommità del bastone inlA che rappresenta il capo di Amore-Cupido. Passa per il centro O della stella dell'esagramma, la passione dell'Eros di lei.
Uno dei piedini della
firma di Albrecht Dürer, in D, si congiunge con O il centro della sua stella
Pentalfa il fulgore dell'Eros di lui e nel contempo si ricongiunge col piede
del bastone.
Il bastone rappresenta Amore-Cupido, cui si adagia quasi
Psiche, della favola di Apuleio. Il Pentalfa si intreccia in sintonia con
l'Esagramma col parallelismo delle linee IH ed EG. Come lo sono il suo asse yy con quello del
bastone AB. Si nota il dialogo d'amore della punta del piede sinistro di lei,
con il "piede " della firma di Albrecht Dürer. Il mantello copre sul
davanti l'ignudità di lei e di lui, e sul di dietro tutto è visibile del
mistero.
Amore e Psiche sono i due protagonisti di una nota storia
narrata da Apuleio all'interno della sua opera Le Metamorfosi, anche se è
considerata risalire ad una tradizione orale antecedente all'autore.
Nella vicenda narrata da Apuleio,
Psiche, mortale dalla bellezza eguale a Venere, diventa sposa di Amore-Cupido,
senza, tuttavia, sapere chi sia il marito, che le si presenta solo
nell'oscurità della notte. Scoperta su istigazione delle invidiose sorelle la
sua identità, è costretta, prima di poter ricongiungersi al suo divino
consorte, a effettuare una serie di prove, al termine delle quali otterrà
l'immortalità. Altre versioni, differenti da quella di Apuleio, narrano,
invece, la morte della ragazza prima dell'ultima prova, altre ancora narrano che
la ragazza abbia fallito l'ultima prova e che abbia, quindi, dovuto lasciare
Amore-Cupido.
Il piedino della
seduzione
È poetico il ricorso al piede rialzato sul tallone di Psiche di Albrecht Dürer, cui corrisponde il piede della sua firma. Ed è immediato il pensiero a immaginare lo scenario di un amore che sboccia, provocato da un'audace segno con piede di lui sul piede di lei, che non si ritrae. È Amore Cupido che ha fatto centro con la sua freccia.
Fare piedino è un gesto di approccio e seduzione non
verbale che consiste nello sfiorare
intenzionalmente col proprio piede (o con la scarpa) il piede o la scarpa della
persona da sedurre. La maggior parte delle volte si effettua da seduti e,
poiché il contatto avviene per lo più sotto un tavolo, il seduttore gioca sul
dubbio che il contatto possa non essere intenzionale. In generale, è un gesto
che avviene di nascosto e che implica un'intesa tra due persone, ma in molti
casi esso è utilizzato come prima manifestazione di un'intenzione seduttiva,
soprattutto laddove questa è volta all'immediata conquista erotica piuttosto
che a un più meditato corteggiamento.
Nella seduzione
Il
"fare piedino" è soltanto una tecnica per manifestare un'intenzione
seduttiva. Se la persona a cui il gesto è rivolto non allontana il proprio
piede e finge di non accorgersene o addirittura asseconda i movimenti del
"seduttore", quest'ultimo potrà correttamente interpretare tali
comportamenti come inequivocabili ed eccitanti segnali di disponibilità. Al
contrario, se la persona a cui è rivolto il gesto non gradisce il
corteggiamento, questa allontanerà il proprio piede e il mancato seduttore
potrà tranquillamente fingere che quel contatto sia stato del tutto accidentale
e per nulla intenzionale.
Dovrebbe
quindi risultare abbastanza chiaro come il "fare piedino" non vada
assolutamente confuso con le svariate forme di feticismo del piede, come, per
esempio, il retifismo, che sono invece delle vere e proprie pratiche sessuali[1].
Il Laccio dell'Amore
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Piedino_(sessualit%C3%A0)
L'intreccio del Pentalfa
con l'Esagramma nel disegno di Albrecht Durer dell'illustr. 2 è un fatto
meraviglioso dell'Eros che trova risonanza attraverso La danza del Laccio
D‘Amore dell'illustr. 4 che affonda le sue origini nella preistoria, parte
di una più vasta liturgia di venerazione delle divinità arboree e di
propiziazione della fecondità.
In questo caso si
tratta di una delle tradizioni popolari più sentite che cadenza i ritmi della
vita rurale abruzzese, attraverso le tappe più importanti come il primo amore,
il fidanzamento, il matrimonio. Tra i tanti balli popolari, quello del Laccio
D'Amore è senza dubbio il più ricco, dal punto di vista scenografico e delle
implicazioni simboliche. La danza si apre con l'arrivo delle dieci coppie che
indossano un tipico costume abruzzese e che passano sotto un lungo arco formato
da ragazze che agitano in alto tamburelli e nastri multicolori. Il ballo si
intreccia attorno a un palo conficcato al centro della piazza, alla sommità del
quale vengono fissati i ‘lacci d'amore', venti lunghi e colorati nastri, tenuti
per l'altro capo dai venti ballerini che, al suono del ‘ddu' botte',
caratteristica armonica a due bassi, danno inizio alle danze che partono da
sinistra verso destra, a coppie sciolte. [...]
A Penna Sant'Andrea (prov.
di Teramo in Abruzzo), la danza del Laccio d'Amore è rimasta radicata sino ad
oggi. All'inizio del ‘900 si è costituito l'omonimo Gruppo Folkloristico che ha
fatto conoscere il ballo in tutto il mondo. La tipica danza, infatti, chiude
tradizionalmente l’Incontro del Folklore Internazionale, che si svolge da oltre
quaranta anni a Penna Sant’Andrea agli inizi di agosto, con la partecipazione
di gruppi folkloristici da tutto il mondo.
Come
si evince dagli approfonditi studi dell’etnocoreologo Giuseppe M. Gala, la
danza dei nastri è un modulo coreutico diffuso in tutto il continente europeo, riscontrato anche in alcune zone
dell’Africa settentrionale (Marocco e Algeria), nel Bengala occidentale e in
buona parte dell’America Latina (Messico, Guatemala, Venezuela, Perù e
Bolivia). In Europa la danza dei nastri è attestata in Provenza con il nome di danse des cordelles, mentre in Borgogna,
presso Mâcon, era in uso un ballo analogo chiamato danse de rubans; la stessa danza era diffusa in Belgio, in Svezia,
in Inghilterra, in Russia e in Spagna ma le testimonianze più numerose
riguardano l’area tedesca, dove è ancora praticata in una vasta zona della
Baviera con il nome di Bandltanz.
In
Italia la danza dei nastri è presente nell’area campana nel periodo
carnevalesco (‘ndrezzata, palintrezzo, laccio d’amore), a Petralia Sottana in provincia di Palermo (ballo della cordella), in Piemonte (bal do sabre); infine, unico caso in
Abruzzo oltre a quello di Penna Sant’Andrea, il ballo del palo intrecciato
sopravvive a Castiglione Messer Marino come rito carnevalesco itinerante (ballo della sposa).
La straordinaria
estensione geografica del ballo rafforza l’ipotesi della sua antichità; alcuni
studi collegano l’intreccio coreutico dei nastri alle danze arboree praticate
in relazione al culto degli alberi, di derivazione neolitica e basato
sull’evocazione della forza vitale e della fecondità. Che il ballo abbia delle funzioni propiziatorie è testimoniato dall’uso
che ancora oggi ne viene fatto a Penna Sant’Andrea, dove l’intreccio dei lacci
colorati è spesso eseguito in occasione di matrimoni come augurio per la coppia
di sposi. [...]
Il
ballo è caratterizzato dall’intreccio attorno a un palo di ventiquattro nastri
colorati tenuti da dodici coppie di ballerini, e da una serie differenziata di
intrecci e di esecuzioni di danza,
codificati nel corso del Novecento dal gruppo folkloristico del “Laccio
d’amore”: la zenna cupertë, danza processionale
di trasferimento, usata in passato per gli spostamenti da una contrada
all’altra e divisa in due fasi, la processione
e la galleria; la saldarellë,
eseguita in coppia e inserita in un contesto formale di simulazione del
corteggiamento; lu trallallerë, accentuazione del corteggiamento al ritmo di
quadriglia; la polchë, con uomini e donne che girano in direzioni opposte,
dandosi in alternanza la mano destra e la mano sinistra a ogni incontro con un
differente ballerino; il ballo del laccio vero e proprio, contrassegnato da
cinque tipi di intrecci differenti e di diverso grado di complessità, eseguiti
a ritmo di saltarella (il palo semplice, il palo
a coppie, il palo a quattro, il palo
doppio e le treccette), guidati da comandi in dialetto e accompagnati
dall’organetto a due bassi (ddu bottë),
dalla fisarmonica, dal tamburello (ciuciombrë),
dalla chitarra e dal tamburo a frizione (battafochë)[1].
La catena del DNA
avvolta al palo dell'Eros metafisico
[1]
https://www.gransassolagaich.it/arti-e-spettacolo/laccio-damore/
Potremmo legare il palo
dove si attorcigliano i Lacci d'Amore (fig. 5) con le catene o eliche degli
infiniti casi di DNA degli abitanti della nostra Terra, (fig. 6) per avere
l'idea della funzione dell'Amore emanante dall'Eros metafisico.
La
catena del DNA è un acido nucleico (detto desossiribonucleico) che contiene le informazioni
genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili
per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli
organismi viventi.
Il DNA
è la base fondamentale della vita. Possiamo
immaginarlo come una lunga catena, che si trova all’interno di ogni cellula del
corpo umano.
Al suo
interno troviamo i cromosomi, che contengono tutte le informazioni genetiche che si trasmettono da un
individuo all’altro. Ogni parte di questa catena è formata da elementi più
semplici.
Dal
punto di vista chimico, possiamo definire il DNA come un polimero organico
costituito da monomeri chiamati nucleotidi (deossiribonucleotidi).
Questi nucleotidi sono
costituiti da tre elementi:
1. Un gruppo fosfato;
2. Il deossiribosio (zucchero pentoso);
3.
Una
base azotata che si lega al deossiribosio con legame N-glicosidico.
Ma vediamo ora qualcosa in
più sulla struttura del DNA e sulla sua funzione.
Come
struttura il DNA, così come l’RNA, è un acido
nucleico costituito da subunità chiamate nucleotidi. Ogni nucleotide è
costituito da tre componenti (gruppo fosfati, zucchero pentoso e base azotata).
Lo
zucchero di riferimento è il desossiribosio, che può legarsi a quattro basi
azotate differenti: adenina, timina, guanina e citosina.
La molecola del DNA è
formata da due catene polinucleotidiche appaiate e avvolte intorno allo stesso
asse, in modo da formare una doppia elica. Ecco le principali caratteristiche
della stessa:
•
Si
tratta di catene complementari e antiparallele;
•
I
legami tra i nucleotidi all’interno di ciascuna catena sono covalenti, mentre quelli che uniscono i due
filamenti appaiati sono legami a idrogeno;
•
L’elica
ha diametro costante e avvolgimento destrogiro.
Il DNA si trova nel nucleo
di tutte le cellule, di cui porta il codice genetico.
A cosa
serve l’acido desossiribonucleico?
Sicuramente,
la funzione più preziosa ascrivibile al DNA è quella di contenere le informazioni necessarie per far funzionare l’organismo.
Questo
patrimonio di dati è trasmissibile da una cellula all’altra e da un organismo
all’altro. Nella molecola ci sono tutte le istruzioni fondamentali per la
sintesi delle proteine importanti per costruire i tessuti e gli organi e per
attivare i processi biologici e chimici che garantiscono la sopravvivenza dell’organismo.
Dunque, la funzione
più rilevante del DNA è quindi quella di trasmettere le caratteristiche ereditarie da un individuo all’altro[1].
Brescia, 14
agosto 2023
domenica 20 agosto 2023
Il volo del gruccione
Capitolo 40
Ho chiuso coi pleiadiani,
i marziani, e i rettiliani
“Rico quella
pianta di finocchietto esiste ancora, è nella casa in campagna dove abitava mia
nonna. Ora la casa è disabitata, ci sono andata l’ultima
volta la primavera scorsa in una delle mie gite in bici. Quando ci passo
davanti, a volte mi fermo proprio per rivedere la pianta di finocchietto. Nel
mese di maggio è tutto verde, poi si alza e si infittisce e sbocciano gli
ombrelli di fiori gialli. Raccolgo i fiori, li faccio essiccare poi li uso per
insaporire vari cibi, i piccolissimi noccioli hanno dentro
un solo seme a forma di cuore, credevo che tutte le piante di finocchietto
avessero sentore di menta e che i semi fossero tutti a forma di cuore, mica
sono una botanica… andiamoci subito”.
“Andiamo, ma
cosa vuoi fare? Non puoi essere certa che il tuo finocchietto selvatico sia il silfio”.
“Intanto la
fotografo e poi la estirpo e me la porto via, che è mia perché l’hanno regalata
a me e l’ha piantata la mia bisnonna, poi mi metto in contatto con qualcuno, in
Internet si trova di tutto, troverò qualcuno che è informato”.
Tornarono
indietro, a buon passo mentre Lyuba non la finiva di dire: “… pensa te,
incredibile, pensa un po’, si hanno le cose sotto agli occhi e non si notano,
che ignorante che sono, ma ci pensi Rico, mi sta scoppiando il cuore, ma ci
pensi Rico…”
Arrivarono
alla casa di campagna, con il viottolo che calava dalla strada sopraelevata,
che costeggiava il fiume, sulla cui aia vi era a fianco della casa un pozzo.
Lyuba aprì lo
sportello prima che l’auto si fermasse, corse al pozzo e rimase fissa e tinca
come un baccalà.
“Che c’è
perché fai quella faccia? Dov’è il silfio?”
“Non c’è più,
c’è solo erba”
“Una bella
iella, ora che sai che forse poteva essere il silfio, il finocchietto non c’è
più”.
“Incredibile,
trent’anni e più questa pianta è stata qui. Accanto al gelsomino che è ancora
qui ma il silfio no, non c’è più”.
“Adesso non
esagerare Lyuba, è più probabile che fosse una comune pianta di finocchietto”.
“In primavera
spuntava e poi cresceva, anche quest’anno a maggio c’era e ora è sparita, al
suo posto solo dell’erba, vieni con me nel capannone, forse c’è ancora una
vanga o un badile”.
“Che vuoi
fare?”
“Scavare per
vedere se c’è il vaso di rame”.
“Lyuba,
lascia perdere, va bene, lascia che scavo io”.
“Abbiamo
scavato, un metro per un metro, non c’è nulla, con gli anni si sarà
disintegrato”.
“Va bene
Rico, basta, qualcuno l’ha portato via, qualcuno che lo credeva una pianta di
finocchietto selvatico, qualcuno a cui piace il coniglio arrosto o la pasta
alle sarde col finocchietto, alla mia vicina di casa hanno rubato i gerani dal
davanzale di casa, ormai rubano tutti e di tutto e poi danno del ladro agli
zingari”.
“Ci sei
rimasta male?”
Rico, le
prende il mento, le solleva il viso, la guarda con strani occhi liquidi, poi la
bacia lievemente sulle labbra, tentando di insinuarsi con la lingua, ma Lyuba
serra velocemente i denti.
“Non ti
provare mai più, non hai rispetto per la mia scelta, mai più, mai più darò
fiducia a un uomo, ha ragione la Chiesa sulla castità, ti dai ad uomo e lui non
ti apprezzerà più per quello che sei ma ti riterrà solo un contenitore da
riempire col suo coso, non farti sentire più, vattene”.
“Scusami, non
volevo offenderti… dove stai andando”.
“Vado ad
aspettare la corriera, con te non torno, sei un falso amico, perché ti aspettavi
qualcosa da me, e poi già che ci siamo ho chiuso coi pleiadiani, i marziani, e
i rettiliani come te”.
Duga che
aveva dissotterrato, la pianta già da una settimana, ma non aveva ancora
avvisato il Maestro, aveva provato tramite Rico ad entrare nella psiche di
Lyuba, per rendersi conto se poteva metterla al corrente delle sue capacità
divinatorie, se era possibile un futuro per loro due, ma vista la sua reazione,
soprattutto avendo percepito dentro di lei un terrore autentico, non se la
sentiva di rischiare, non voleva farle altro male, senza di lui che interferiva
con la sua mente Lyuba sarebbe stata finalmente in pace.
Non avrebbe
mai saputo che lei era stata la messaggera divina più importante, meglio così
all’oscuro di tutto non sarebbe stata in pericolo, non avrebbe più avuto
bisogno di un agente segreto innamorato di lei.
Ora doveva
andare, l’ultimo tassello del puzzle, il silfio, andava al suo posto, ora era
tempo di lavorare per realizzare il nuovo Rinascimento.
Intanto Lyuba
aspettava la corriera e la rabbia iniziale per il sentirsi un oggetto sbollì
improvvisamente così come era venuta, ebbe come la consapevolezza che non si
sarebbe mai più sentita invadere l’anima, la testa, il cuore, tutta sé stessa, da
qualcuno che non avrebbe mai saputo chi fosse, sentiva che sarebbe finito tutto
e non voleva, ora alla paura di sentirsi come posseduta era subentrato il terrore
di perdere per sempre quel qualcuno che non sapeva chi era o cos’era ma ormai
non poteva più farne a meno, intuiva che dietro a Rico, dietro ai suoi amori
c’era sempre la stessa persona, ma non capiva come poteva accadere.
Lyuba ora si
struggeva, sapeva dentro di sé che era libera da quel qualcuno, che non lo
avrebbe mai più sentito palpitare dentro di lei e un ardore, una fiamma la
bruciava, voleva con tutte le sue forze una storia d’amore che finisse bene, ma
come fare, dato che lei non sapeva nulla di nulla?
Arrivò
l’autobus e Lyuba salì e fece il biglietto alla macchinetta e si sedette con un
gran sorriso… quel qualcuno avrebbe sentito che lei lo cercava e
qualcosa di nuovo e di bello sarebbe accaduto.
giovedì 10 agosto 2023
Il volo del gruccione
Capitolo 39
Era un finocchietto
speciale al profumo di menta
Lyuba stava distesa,
seminascosta dall’erba alta, osservando gli specchi d’acqua, che si allargavano
all’infinito, come pure infiniti sembravano i gruppi di volatili, di cui
sembravano pieni zeppi sia il cielo che le acque.
Milioni di
uccelli.
Lyuba era
immersa nella luminosità e nella la pace circostante, ancora più evidente in
quanto se girava il volto dalla parte opposta trovava il grigio delle ciminiere
industriali e il traffico della strada.
Si sentiva
appagata e felice immensamente grata alla bellezza della natura, stupita come
di fronte a un grande miracolo; mentre Rico era andato ad osservare il bottino
di carpe di due giovani pescatori dagli alti stivali.
Lyuba
sonnecchiando mentre il sole la riscaldava, pensava che tutto quel ricercare
sugli zingari e la sua ipotesi bislacca sul loro perpetuo girovagare per colpa
del silfio, era veramente assurda e strampalata.
Poi all’improvviso
ricordò.
Tanti anni
prima, si trovava con la bisnonna al mercato rionale, lei avrà avuto al massimo
cinque anni, una zingara, che non pareva neanche tale, offrì alla bisnonna dei
bottoni per mille lire, che furono acquistati.
La zingara le
disse che era scura e bella come i loro bambini, le chiese come si chiamava e
alla sua risposta la zingara disse che lei era un amore di zingarella poi le
prese le mani dicendole di strofinarle forte forte chiedendole che odore
sentisse.
Lyuba rispose
che sentiva odore di terra, la zingara tirò fuori da non so dove, come per
magia, un contenitore di rame decorato con dei graffiti, poi le diede un seme e
disse alla bisnonna: “Piantalo in
questo vaso con della terra di fiume, poi coprilo e tienilo al buio, appena
spunta il germoglio interra tutto, vaso compreso, all’ombra di un pozzo”.
La nonna bisa tornata a casa, andò al fiume a prendere della
terra, con Lyuba che le trotterellava accanto e assieme misero il seme nella
terra e la nonna lo coprì con un pezzo di stoffa bagnato d’acqua.
Lyuba andava
ogni giorno a sollevare un poco il pezzo di tela per sbirciare e fu lei che si
accorse per prima del germoglio, tre piccole foglioline.
La nonna fece
un buco con la vanga accanto al vecchio pozzo chiuso da una pesante lastra di
ferro, che era ornato da un gelsomino rampicante di colore giallo.
Si era
dimenticata tutto, eppure quella pianta era cresciuta, la bisnonna era morta
pochi anni dopo, ma Lyuba ricordava che la nonna la usava per cucinare il
coniglio e in agosto quando si apriva la caccia e il nonno acchiappava la lepre
le diceva: “Lyuba corri, vai al pozzo a prendere un po’ di finocchietto
selvatico che cucino una lepre in salmì coi fiocchi” e un po’ di quel
finocchietto lo metteva pure nel ragù che serviva per condire le tagliatelle.
Lyuba si
ricordava bene che la nonna diceva che era un finocchietto speciale al profumo
di menta.
Poteva essere
il silfio?
Si alzò e
chiamò a gran voce Rico, era eccitata al massimo.
“Che c’è devi
raccontarmi altro sugli zingari?”
Raccontò la
scoperta a Rico e poi e poi era troppo eccitata.