domenica 28 dicembre 2014

LEI SUONA IL PIANO

 


Acrilico su tela, dimensioni 60cmX40cm, il titolo è “Lei suona il flauto”, è il meno riuscito però è il mio preferito per un motivo che ora vi dirò. Il mio sogno era suonare il pianoforte ma per mancanza di tempo e di denaro è rimasto un sogno nel cassetto, ho quasi obbligato mio figlio ad imparare a leggere e suonare la musica, con ricatti, con paghette, sentendomi in colpa, ma oggi che è grande mi ringrazia. Sapete cosa è successo? Con internet ho imparato a leggere la musica e a suonare il flauto, se volete potete farlo anche voi andate su google e digitate:“gremus leggere la musica”, il professore oltre a fornirvi di materiale vi risponde per mail anche alle vostre domande. GRANDE GREMUS, ma torniamo al dipinto che oltre a ricordare il mio successo con la musica ha una costruzione particolare. Il modello di base è una statua greca di cui mi piaceva assai come girava il volto, da lì ho iniziato aggiungendovi il flauto rosso, chiaro segno erotico allusivo, e le mani  (eseguite male) che sorreggono il flauto. Ho cercato di alludere al suono universale, alla musica dell’aria, del crescere delle piante, dei pianeti e delle stelle, la musica come trait d’union con il tutto. Ne è venuta fuori un’impressione volutamente erotica, chiaroscuri accentuati, elementi simbolici come il flauto rosso e il cesto di frutta, la dolcezza dell’amore, la malinconia della fine dell’amore. Comunque sappiate che se inizialmente credevo che fosse ostico leggere le note, mi è invece facile farlo e solfeggiare, ho decifrato un nuovo linguaggio, sono orgogliosa di me stessa ed ho già fatto “cassetta” per comprarmi una pianola.   




sabato 20 dicembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


9 puntata

Ma che rapporto c'è tra la favolosa vecchia che porta i doni e la festa cristiana dell'Epifania?

A occhio e croce nessuno. E i Magi che rapporto hanno con la Befana?
Vediamo un po' di trovarlo.

Chi erano i magi?
Erano nobili pellegrini o re provenienti dall'Oriente, che studiavano le stelle. Seguirono una cometa che avevano associato alla nascita del "re dei Giudei".
Giunti a Gerusalemme chiesero a Erode di aiutarli a trovare il bambino predestinato a essere re dei giudei. Erode sostenne di non sapere dove fosse, ma chiese loro di tornare se l'avessero trovato. Avvertiti in sogno del pericolo, i tre non tornarono mai più da Erode.
Secondo un vangelo apocrifo i loro nomi erano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e fu Papa Leone Magno che ne fissò il numero a tre.Ma potrebbero essere quattro o anche più , non lo specifica nè il vangelo di Matteo , nè i vangeli apocrifi.
Il numero tre permette di identificare i Magi con le tre razze in cui si divide l'umanità e che discendono, secondo l'Antico Testamento, dai figli di Noè.
Gaspare, mistico re dell'Armenia, lasciò l'intero potere a suo fratello Ntikran per andare a cercare Gesù. Era probabilmente un seguace di Zoroastro. Era un giovanotto rude, discendente di Cam, uno dei figli di Noè.
Baldassarre, re arabo del deserto, era giovane e di carnagione scura, e discendeva da Jafet, un altro figlio di Noè.
Melchiorre era in realtà il soprannome del maharaja indiano Ram, che pure lasciò il potere a suo fratello per partire verso Gerusalemme insieme al saggio Tsekinata suo amico.
Il soprannome gli deriva dalla frase che pronuncio' inchinandosi davanti a Gesù bambino: 'Cham el chior' (ho visto Dio). Era anziano, con i capelli bianchi e la barba lunga e discendeva da Sem, figlio di Noè.

I Magi portarono a Gesù Bambino tre doni che simboleggiano la sua duplice natura di essere umano e di figlio di Dio: l'oro, il dono riservato ai re, l'incenso, usato per adorare l'altare di Dio, e la mirra, il balsamo per i defunti.

Ancora oggi il culto del magi non è dimenticato, la leggenda narra che i resti mortali dei Re Magi furono recuperati in India da Sant'Elena e poi portati a Costantinopoli.

Nel 1034 pare che queste reliquie fossero trasportate a Milano in un'arca e depositate nella chiesa di Sant'Eustorgio, ricca di simbolismi legati ai tre re e ancora oggi luogo di pellegrinaggio.I teschi dei Re Magi, con le corone d'oro ingioiellate, sono tuttora tra le reliquie della cattedrale di Colonia.

lunedì 15 dicembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


8 puntata


Allora la Befana è rappresentata come vecchia perchè rappresenta il vecchio che muore per lasciare spazio al nuovo nato e porta i dolci perchè vuole bene al nuovo nato ed anche un po' di carbone perchè un po' d' amaro serve per accendere la vita e non lasciarla infruttuosa. E perchè ha la scopa?
Per spazzare via i guai, no, la Befana era bella un tempo, era Diana la dea libera, ed al posto della scopa , aveva il vischio che è detto anche "scopa di fuoco".
Non ci credete?
Leggete un po'.
Il vischio era considerato sacro, si credeva che le sue bacche biancastre rappresentassero lo sperma maschile.Era molto importante per i Gallo-Celti. Le consuetudini sull'uso del vischio come elemento apportatore di buona sorte derivano in effetti in buona parte dalle antiche tradizioni celtiche, costumi di una popolazione che considerava questa pianta come magica (perché, pur senza radici, riusciva a vivere su un'altra specie) e sacra. Lo poteva raccogliere infatti solo il sommo sacerdote, con l'aiuto di un falcetto d'oro. Gli altri sacerdoti, coperti da candide vesti, lo deponevano (dopo averlo recuperato al volo su una pezza di lino immacolato) in una catinella (pure d'oro) riempita d'acqua e lo mostravano al popolo per la venerazione di rito. E per guarire (per i Celti il vischio era "colui che guarisce tutto; il simbolo della vita che trionfa sul torpore invernale) distribuivano l'acqua che lo aveva bagnato ai malati o a chi, comunque, dalle malattie voleva essere preservato. I Celti consideravano il vischio una pianta donata dalle divinità e ritenevano che questo arboscello fosse nato dove era caduta la folgore, simbolo della discesa della divinità sulla terra. Plinio il Vecchio riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerato l'albero del dio dei cieli e della folgore perché su di esso cadevano spesso i fulmini. Si credeva che la pianticella cadesse dal cielo insieme ai lampi. Questa congettura - scrive il Frazer nel suo "Ramo d'oro" - è confermata dal nome di "scopa del fulmine" che viene dato al vischio nel cantone svizzero di Argau. "Perché questo epiteto - continua il Frazer - implica chiaramente la stessa connessione tra il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credono realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine". Tagliando dunque il vischio con i mistici riti ci si procura tutte le proprietà magiche del fulmine.

mercoledì 10 dicembre 2014

SBISCIOLAMENTO





Tecnica mista su carta, dimensioni 30cm X 20cm, questo “acquerello” mi piace molto anche se tecnicamente può non sembrarlo, ma era il caso che doveva muovere la mia mano, ho cercato di tenere spento il cervello mentre lo eseguivo, per fare in modo che la mia anima potesse uscire da quel controllore inflessibile che è il mio Io o super Io. Il risultato mi è stato assai gradito, sì ci sono le linee nere contorte e sbavate, sono gli incontri con le anime nere che mi hanno tolto colore lasciandomi una scia scura, ma la mia anima è colorata, c’è giallo ( vivacità), azzurro (profondità), verde (rinascita, speranza), rosso vivo (la vita) e rosso scuro (la morte)… tutto è in me.   Sbisciolamento inteso come le vie di fuga, o il caso/caos, che si incontrano nella vita, belle occasioni o treni persi. Il termine sbisciolamento l’ho mutuato da un amico del blog:”Soffio”, lo  psicologo, terapeuta dal blog interessante e assai seguito, anche se ultimamente si è dato alla latitanza, il lavoro del blogger è duro se non si ha la passione si cede.  Soffio è un modenese dedito alla buona cucina, non sa resistere allo gnocco fritto, ma il “capo” in assoluto è la deliziosa moglie che tiene a freno i suoi “sbisciolamenti” con guanto di velluto e mano di ferro.

giovedì 4 dicembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA



7 puntata

L'origine della Befana è nel mondo agricolo e pastorale. Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura di Madre Natura. In questa notte Madre Natura, stanca per aver donato tutte le sue energie durante l'anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova. Per meglio capire questa figura dobbiamo andare fino al periodo dell'antica Roma. Già gli antichi Romani celebravano l'inizio d'anno con feste in onore al dio Giano (e di qui il nome Januarius al primo mese dell'anno) e alla dea Strenia (e di qui la parola strenna come sinonimo di regalo)con doni ed auguri.. Questa tradizione di doni e auguri si radicò così profondamente nella gente, che la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina. In molte regioni italiane per l'Epifania si preparano torte a base di miele, proprio come facevano gli antichi Romani con la loro focaccia votiva dedicata a Giano nei primi giorni dell'anno. Usanza antichissima e caratteristica è l'accensione del ceppo, grosso tronco che dovrà bruciare per dodici notti. E' una tradizione risalente a forme di culto pagano di origine nordica: essa sopravvive l'antico rito del fuoco del solstizio d'inverno, con il quale si invocavano la luce e il calore del sole, e si propiziava la fertilità dei campi. E non è un caso se il carbone che rimane dopo la lenta combustione, che verrà utilizzato l'anno successivo per accendere il nuovo fuoco, è proprio tra i doni che la Befana distribuisce (trasformato chissà perchè in un simbolo punitivo). La tradizione è ancora conservata in alcune regioni d'Italia, con diverse varianti: a Genova viene acceso in alcune piazze, e l'usanza vuole che tutti vadano a prendere un tizzone di brace per il loro camino; in Puglia il ceppo viene circondato da 12 pezzi di legno diversi. In molte famiglie, il ceppo, acceso la sera la sera della Vigilia, deve ardere per tutta la notte, e al mattino le ceneri vengono sparse sui campi per garantirsi buoni raccolti. In epoca medioevale si dà molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell'Epifania è anche chiamata la "Dodicesima notte". È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. In quelle dodici notti il popolo contadino credeva di vedere volare sopra i campi appena seminati Diana con un gruppo più o meno numeroso di donne, per rendere appunto fertili le campagne. Nell'antica Roma Diana era non solo la dea della luna, ma anche la dea della fertilità e nelle credenze popolari del Medioevo Diana, nonostante la cristianizzazione, continuava ad essere venerata come tale. All'inizio Diana e queste figure femminili non avevano nulla di maligno, ma la Chiesa cristiana le condannò in quanto pagane e per rendere più credibile e più temuta questa condanna le dichiarò figlie di Satana! Diana, da buona dea della fecondità diventa così una divinità infernale, che con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimola la fantasia dei popoli contadini. Di qui nascono i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Nasce anche da qui la tradizione diffusa in tutta Europa che il tempo tra Natale ed Epifania sia da ritenersi propizio alle streghe. E così presso i tedeschi del nord Diana diventa Frau Holle mentre nella Germania del sud, diventa Frau Berchta. Entrambe queste "Signore" portano in sé il bene e il male: sono gentili, benevole, sono le dee della vegetazione e della fertilità, le protettrici delle filatrici, ma nello stesso tempo si dimostrano cattive e spietate contro chi fa del male o è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle "signore della notte", le maghe e le streghe e le anime dei non battezzati. Strenia, Diana, Holle, Berchta,... da tutto questo complesso stregonesco, ecco che finalmente prende il volo sulla sua scopa una strega di buon cuore: la Befana. Valicate le Alpi, la Diana-Berchta presso gli italiani muta il suo nome e diventa la benefica Vecchia del 6 gennaio, la Befana, rappresentata come una strega a cavallo della scopa, che, volando nella dodicesima notte, lascia ai bambini dolci o carbone. Come Frau Holle e Frau Berchta, la Befana è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro protegge e aiuta le filatrici. Nella Befana si fondono tutti gli elementi della vecchia tradizione: la generosità della dea Strenia e lo spirito delle feste dell'antica Roma; i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana; il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda; una punta di crudeltà ereditata da Frau Berchta. Ancora oggi un po' ovunque per l'Italia si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso: il 6 gennaio si accendono i falò, e, come una vera strega, anche la Befana viene qualche volta bruciata… Nella Befana rivivono, quindi, simbolicamente culti pagani, antiche consuetudini, tradizioni magiche. Forse qualcosa in più di quello che superficialmente appare…
La Festa della Dodicesima Notte ispirò tra gli altri William Shakespeare che scrisse la omonima commedia che ebbe la prima rappresentazione il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra.
http://www.esopedia.it/index.php?title=Befana

domenica 30 novembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


6 puntata

Il termine Epifania deriva dal greco “Tà epiphaneia” cioè manifestazione della divinità. Nella liturgia cristiana passò a significare la manifestazione di Gesù agli uomini come Messia. Con il passar del tempo l’Epifania finì per ricordare solo la venuta e l’adorazione dei Re Magi. Il termine si deformò nei vari dialetti: da Bifania a Epifagna e così via. La figura della Befana ha origini antichissime. I romani celebravano l’inizio dell’anno con le “Sigillarie”, feste in cui ci si scambiavano doni in forma di statuette dette appunto Sigilla. Le Sigillarie erano attese soprattuttodai bambini che ricevevano in dono i sigilla in forma di bamboline e animaletti in pasta dolce. Nel Medioevo l’ Epifania rappresentava la “Dodicesima notte” nel periodo tra Natale e il 6 gennaio. Da questo periodo, che viene dopo la seminagione, dipendeva il raccolto futuro e quindi la sopravvivenza del nuovo anno. Durante queste notti i contadini credevano di vedere volare sopra i campi seminati Diana, dea della fertilità. La Chiesa condannò questa figura pagana e Diana, da dea della fecondità, diventò una divinità infernale. Da qui nascono i racconti di vere e proprie streghe e dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno.
Dal XIII al XVI secolo la Befana non è ancora una persona ma solamente una festa, una delle più importanti e gioiose dell’anno. Nel tardo 1500 si comincia a parlare di Befane come figure femminili che vanno in giro di notte a far paura ai bambini. In seguito la Befana diventa una benefica vecchina che, a cavallo di una scopa, porta doni nella dodicesima notte. Il suo culto si ritrova in varie parti del mondo. In Francia si fa un dolce speciale al cui interno si nasconde una fava. Chi la trova viene nominato Re o Regina della festa. In Spagna i bambini pongono davanti la porta di casa un bicchiere d’acqua e del cibo. In Russia, dove il Natale viene celebrato il 6 gennaio, i doni vengono portati da Padre Gelo accompagnato da Babuschka, una simpatica vecchietta.
La festa assume caratteri diversi nelle varie regioni. In Veneto i ragazzi girano per le case cantando laudi in onore della Sacra Famiglia; in Toscana vi sono le “befanate” rappresentazioni sacre e profane. Befanate sono anche i canti che gruppi di giovani intonano davanti le case per ricevere doni, come accade in Calabria, Sicilia, Puglia e nel nostro Abruzzo.
In Friuli dischi infuocati si fanno ruzzolare sui fianchi delle colline; in Veneto vengono accesi falò per bruciare fantocci raffiguranti la Befana; in Abruzzo si pensa che gli animali parlino ma non bisogna udirli, pena la morte.

La storia della Befana pone quindi le sue radici all’interno di una tradizione culturale di matrice pagana, di superstizioni e aneddoti magici.Lo stesso periodo natalizio si pone in un momento dell’anno che storicamente era ricco di rituali e usanze legati alla terra, all’inizio del nuovo raccolto e all’idea di propiziarsi fortuna e prosperità nell’anno nuovo.

martedì 25 novembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


5 puntata


E per stare sul fantastico continuiamo alla scoperta della Befana.
La Befana è conosciuta dai bambini perché porta i doni nella notte dell'Epifania. Il nome "befana", infatti, è la versione popolaresca del termine greco "epifania" - che significa manifestazione - con cui viene denominata la festa che segue il Natale e che commemora la visita dei Magi a Gesù.

Tra l'altro gli studiosi delle tradizioni etnico-popolari fanno notare come la Befana, al contrario di Gesù Bambino e Santa Lucia, conservi anche un tratto ambiguo, quasi da strega. Ma come tutte le tradizioni anche la befana si può analizzare con una tecnica archeologica, cercando di scavare gli strati delle varie epoche per arrivare alle tracce di quelle più antiche.
La befana potrebbe avere una qualche parentela con la "vecchia" che si brucia in piazza per festeggiare la fine dell'anno: un simbolo della ciclicità del tempo che continuamente finisce e ricomincia. E' un simbolo antico e pagano che suggestiona anche noi moderni dell'era tecnologica.
E la tradizione della "vecchia" non è diffusa solo nelle zone in cui la befana distribuisce i suoi doni, è molto presente anche nel nord Italia. E' infatti una tradizione dei popoli celtici, che erano insediati in tutta la pianura padana e su parte delle Alpi.

I Celti celebravano strani riti (officiati da maghi-sacerdoti chiamati druidi) durante i quali grandi fantocci di vimini venivano dati alle fiamme per onorare divinità misteriose. Divinità che non dovevano essere molto benigne, se è vero quanto riferiscono alcune fonti: in epoche antiche e feroci all'interno dei fantocci si legavano vittime sacrificali, animali e, talvolta, prigionieri di guerra. Insomma la befana è un personaggio molto meno rassicurante degli altri portatori di doni che tutti abbiamo conosciuto da bambini.

Nella tradizione cristiana, è la festa che segue il Natale e che commemora la visita dei Re Magi al Bambino Gesù nella notte tra il 5 e il 6 gennaio.
E allora che cosa c'entra la Befana?
Una leggenda popolare narra la storia di una vecchietta che non volle seguire i Re Magi per andare a Betlemme a rendere omaggio al Bambino Gesù.
Di questa decisione si pentì, ma ormai i Re Magi erano già molto lontani. Fu così che la vecchina si mise in cammino per Betlemme e in ogni casa in cui trovò un bambino vi lasciò un regalo con la speranza che quello fosse Gesù Bambino.

Nell'iconografia popolare la Befana è raffigurata da una brutta ma simpatica vecchietta di stracci vestita che nella notte dell'Epifania, cavalcando la sua scopa scende nelle case attraverso i camini e lascia dolci e giochi nelle calze dei bambini buoni, carbone e cenere in quelle dei cattivi.

La Dodicesima notte dopo quella di Natale è la vigilia del giorno della Befana.
La Befana di oggi è una fata vecchia e saggia che ha rinunciato all’incantesimo che fa apparire sempre belle e giovani tutte le fate. E’ una vecchia con qualche problema di artrite e tante rughe, ma dal cuore generoso.
La Befana risale al tempo dei tempi quando gli uomini celebravano i riti del passaggio dal vecchio al nuovo anno per propiziarsi la Natura. Stanca e rinsecchita per il faticoso lavoro compiuto durante l'anno, la Natura si manifestava con le sembianze di una vecchia comare, decisamente brutta, ma tanto buona.

giovedì 20 novembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


4 puntata

Col detto " cercar Maria per Ravenna" ogni tanto salta fuori qualcosa di nuovo, fu così che all' inizio del "900 un intellettuale ravennate propose di interpretare" il cercar Maria" come il cercare chiese ( a Ravenna presenti in quantità notevole) e quindi cercare una cosa ovvia, oppure risalire agli anni in cui governò Carlo Magno, con prolificazione del nome Berta ( pare che a quei tempi tutte le donne si chiamassero Berta) e quindi cercare una Maria era cosa impossibile, ciò ingloba nel detto due possibilità e pure una terza , e cioè cercare qualcosa che esiste solo nella fantasia, e così ci apprestiamo a farlo anche noi, chiedendoci ma chi era Maria e chi era Berta?
Vedremo che sono la stessa persona.

Nella Teogonia di Esiodo si afferma che Ecate era figlia dei due titani Perse ed Asteria, entrambi simboli della luce splendente. Esiodo la descrive come Regina delle Stelle, figlia della vergine madre Asteria (stellata) e destinata ad ereditare il trono di Regina del Cielo.A riprova dell’alta considerazione che i greci avevano per le antiche origini di questa Dea, fu a Lei riconosciuto un potere posseduto da Zeus : quello di concedere o vietare all’umanità la realizzazione dei desideri. Poste agli incroci di tre strade, le statue di Ecate proteggevano i viandanti, aiutandoli a scegliere il percorso giusto e ad individuare i passaggi meno rischiosi. Ecco perché in alcune rappresentazioni Ecate ha addirittura tre teste, ognuna che guarda in una diversa direzione.
La cristianità ne ha fatto invece territorio diabolico dove vi si seppellivano i suicidi. Il crocicchio è, al contrario, un posto di concentrazione di energie: le strade, i cammini, i destini si incrociano e portano ad una scelta. Ecate è la dea delle scelte e della libertà di scelta.Suoi simboli sono: la torcia, la chiave, la ruota, il serpente il labirinto, il coltello, l' accompagnano: cani, gatti neri, civette e dragoni,Il mito di Ecate ed il simbolismo ad esso associato sono assai complessi.
Essa è contemporaneamente una e trina, in quanto riunisce in sé i tre aspetti, che sono stati visti da alcuni contemporanei come quello di fanciulla, di madre e di anziana (da cui il nome latino Trivia).

Per gli antichi greci le divinità femminili associate alla Luna erano principalmente tre: Selene (la luna piena), Artemide (la luna nuova) ed Ecate (la luna calante), in seguito riprese dalla civiltà romana, con i nomi di Luna, Diana ed Ecate.E’ questa Ecate, o Baba Yaga, o la Nonna Donna Ragno o la Morrigan ed altre ancora, antiche dee
che rappresentano quella fase delle vita in cui è possibile, finalmente libere dai ritmi produttivi della giovinezza, sviluppare il lato magico, lasciando finalmente emergere la sciamana, la donna medicina o la guaritrice di campagna che è presente in ognuna di noi.A conoscenza delle leggi del mondo delle ombre, Ecate, Circe e Medea incarnano anche l’archetipo della Prima Donna, della Grande Dea alla quale ci si rivolgeva con fiducia ma, più spesso, con spavento poiché Ella poteva donare o riprendere la vita.Ma, come Dea della Notte, possedeva anche il dono della magia, della comprensione e dell’ispirazione inviando “visioni notturne”. Quale Regina degli Inferi, infatti, era la padrona di tutto ciò che vive nelle zone nascoste della psiche e dell’inconscio.
Ecate, che ai tempi di Omero aveva ancora il “diadema luminoso” e la “mente candida” prima di assumere un’aura tenebrosa, era ritenuta in origine, con le sue tre teste di cane, leone e cavallo, simbolo della primitiva tripartizione dell’anno in tre stagioni.Prima dell'avvento di Zeus e degli Dei Olimpici, segno del prevalere della società patriarcale-guerriera sul matriarcato, Ecate era considerata una positiva divinità della rigenerazione ma nel tempo, purtroppo, il “comune sentire” ha preferito evidenziare la sua capacità distruttrice piuttosto che la sua forza creatrice.
Ecate era rappresentata allora perlopiù giovane e bella, al pari delle altre Dee.Tale processo storico, cominciato nell’antica Grecia, continuato a Roma e poi perfezionato con il Cristianesimo istituzionalizzato, ha voluto trasformare la primordiale Dea-donna in un’entità infernale. Ormai la Dea dall’aspetto più misterioso della Luna, quella velata che si cela per morire e poi rinascere alla luce, era diventata, nell’immaginario collettivo, la Regina delle Streghe, colei che preparava filtri letali in quel paiolo di rame che, in realtà, è la lontana memoria dell’arcaico recipiente materno della fecondità e della rinascita. La Luna Vegliarda, simboleggiata dalla saggia e potente Ecate, è stata tramutata in una vecchia strega vestita di nero, con un nero cappellaccio, emblema del suo aspetto notturno e tenebroso, ed a cavallo d’una scopa.La grande Madre Lunare mediterranea, che per i Celti era la Matres Trivia, è diventata dunque una temibile megera, la vecchia “Nonna del Diavolo”, quella stessa che nella tradizione popolare germanica d’origine celtica assume diversi nomi: la “Nonna”, cioè Grossmütter per contrazione verbale di Grosse Mütter (“Grande Madre”); o, nella Germania del Nord, la Frau Holde, una brutta strega cattiva che, nelle notti fra il Natale e l’Epifania, vaga con una frotta di demoni disturbatori; o, invece, nella Germania del Sud, Frau Bertha (da berth, “chiaro, lucente”), un’anziana donna portatrice di doni nella notte dell’Epifania. La Regina delle Streghe e la Ecate bonaria che, nella Teogonia di Esiodo, “…largo favore ed aiuto concede a chi essa vuole … nutrice di giovani a lei fedeli…”, si sono unite per creare, oltre che la Frau Bertha germanica, la popolare Befana, dispensatrice di regali per i bimbi buoni (i “giovani a lei fedeli”) volando su di una scopa nella notte dell’Epifania.

http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Ecate.htm







sabato 15 novembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


3 puntata

Col tempo Diomede ritornato
Sposò Ginevra gentile e piacente;
Tutto el tesor del Vecchio li è restato,
E l'un e l' altro di ciò fu gaudente,
E ritornossi al bel piacer passato.
Al buon proverbio ciascun ponga mente,
Di Maria per Ravenna il bel tenore,
Finita è questa Storia al vostro onore.

La poesia è il finale del poema di " Istoria di Maria per Ravenna", scritta nel secolo xv da ignoto autore.Vi farò un piccolo riassunto di una godevole vicissitudine amorosa.
Un ricco ed anziano signore, pensò di prendersi in sposa una giovane e bella fanciulla. La bella Ginevra era già infatuata di un aitante giovanotto: Diomede. Ma l' anziano forte del suo denaro impalmò la bella Ginevra. Capitò poi che il marito dovette allontanarsi per questioni di lavoro. Consapevole dei rischi che correva nel lasciare incustodita la mogliettina si mise a cercare una fantesca fidata. Nel frattempo Diomede, saputo della cerca del vecchio marito, si travestì da donna, si diede il nome di Maria e con intrallazzi vari, riuscì a mettere in giro la fama di essere la fantesca più fidata e sicura della piazza.
Il vecchio volendo la persona più fidata, incappò proprio nel Diomede mascherato da Maria.
Il marito partì felice e sicuro sulla fedeltà della moglie, mentre quest' ultima si dava alla pazza gioia con Diomede/Maria.
Dopo qualche mese il marito tornò, la pacchia finì, anzi il vecchio cominciò a fare il filo alla Maria. Tanto fece e tanto brigò che l' anziano signore, riuscì ad incantonare la Maria e ad infilargli una mano tra le gambe...urlando inviperito la ritirò fulmineo. Ci fu un gran trambusto , ma svelta Ginevra lanciò un pugno di fave secche ai piedi del marito, il quale scivolò, sbattè la testa e morì.
Diomede e Ginevra vissero felici e contenti col tesoro del marito.

lunedì 10 novembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA



2 puntata

"Cercar Maria per Ravenna", tutti sanno quello che vuol dire e tutti ne danno una versione diversa.
Cosa vuol dire e chi sia Maria lo proveremo a scoprire.

La storia del “cercarMariola" o " Maria" per Ravenna, è un modo di dire popolare risalente al Medioevo significante il cercare cosa che si sa di non poter trovare, si perde nei veti della storia Ecclesiale, nella bigotteria del ceto borghese ed è sempre più imprigionata nella fantasia popolare.
Il nome della Vergine è frequentemente usato in esclamazioni di dolore o di meraviglia: Maria Vergine!; Maria Santissima!; Gesù e Maria! (o Gesummaria!), e in locuzioni quali: fare viva Maria, rubare, saccheggiare, loc. che ha avuto origine nel 1799 dall'uso di dar la caccia ai rivoluzionari gridando “viva Maria” e rapinando; cercare Maria per Ravenna,vuol dire cercare una persona dove non può trovarsi.
Sull'origine del proverbio Cercar Maria per Ravenna, cioè l'andar «cercando il proprio male » la si rintraccia in un'antica canzone popolare o Storia di Maria per Ravenna ( Della origine delli volgari proverbi, Venezia,1526 ) e la troviamo pure in un dizionario del dialetto veneto ( 1829) che ci spiega:" cercar Maria per Ravenna" significa cercare il mare dove non c'è, un tempo Ravenna era circondata dal mare che poi si è ritirato.Il detto è praticamente in disuso, data anche la sua scarsa chiarezza e l'incerta origine del significato. Alcuni vogliono che la Maria in questione non sia il nome di una persona bensì il plurale latino maria, quindi il mare, da cui la città di Ravenna era un tempo bagnata. Ed ancora sul significato del noto proverbio — Cercar Maria per Ravenna — ; e a provare che questo proverbio importa — Andar in cerca del proprio danno — piuttosto che — Cercar le cose dove non sono come vogliono i Vocabolaristi della Crusca, citava una di quelle antiche Poesie popolari che si leggevano o si cantavano sulle piazze nei secoli XV e XVI, che aveva per titolo — Istoria di Maria per Ravenna, e che si conserva nella Palatina di Firenze, dalla quale, si ha ragione dell'origine del proverbio, o almeno del significato che al proverbio medesimo in que' tempi si attribuiva.La Istoria di Maria per Ravenna, scritta nel secolo xv da ignoto autore è un poemetto boccaccesco in ottave.



mercoledì 5 novembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


1 puntata

La torre civica di Ravenna in via Ponte Marino è una delle poche testimonianze dell’età medievale in città. Un monumento singolare per la sua pendenza e imponenza. La torre ospitava, una scultura, una testa, e un bassorilievo raffigurante un cavaliere. Ospitava, perchè alcuni anni fa in occasione dei lavori di messa in sicurezza, la torre fu decapitata ed ingabbiata e furono asportati i marmi per essere restaurati ed ora sono in un laboratorio della Soprintendenza. A lungo la testa di marmo è stata attribuita dalla credenza popolare come appartenente ad un corpo femminile e più precisamente alla "Maria" o "Mariola". Il fatto poi che si collocasse di fianco al cavaliere che ostentatamente le voltava le spalle guardando in opposta direzione ha dato il via al detto di “Cercare Maria – o Mariola – per Ravenna” a indicare tra le molteplici interpretazioni delle quali a lungo si è disquisito, il non accorgersi di qualcosa che si ha sotto gli occhi, oppure la vanità della ricerca. La prima citazione compare in un poema di Cecco D’Ascoli, risalente ai primi decenni del XV secolo. Da qui cominciarono le fortune del proverbio approdato oltre confine e citato perfino nel Don Chisciotte di Miguel Cervantes che fa dire a Sancho Panza: “y màs que asì serà buscar a Dulcinea por el Toboso como a Marica per Ravena o al Bachiller en Salamanca”.

immagine di Teoderica

lunedì 20 ottobre 2014

Dedicato a Ravenna alla perdita della Candidatura Città della Cultura 2019



“Se di là sempre ben per noi si dice, /di qua che dire e far per lor si puote/da quei ch’hanno al voler buona radice?”. ( Dante Purgatorio XI) Non si può fare  più nulla, solo aspettare l’esito della candidatura, e intanto provare a indovinare. Il 13 ottobre è il giorno in cui la commissione esaminatrice sarà a Ravenna. Il 13 è un numero ambiguo rappresenta la fine ma anche l’inizio. Il 13 nei tarocchi è associato alla Morte in quanto indica un cambiamento drastico che può essere sia in positivo che in negativo. Il primo significato a cui si pensa è come numero della fortuna (il famoso 13 al Totocalcio)  o come numero della morte (dopo aver vinto esci e finisci sotto un’auto). Il numero 13 può essere sia sconfitta che vittoria, ma Ravenna ha una chance in più in quanto la tredicesima costellazione, l’unica che non è raffigurata nell’oroscopo, è Ofiuco e Ravenna è l’unica città che ha ben visibile in una delle sue colonne in Piazza del Popolo il suo simbolo. Nel territorio forlivese il numero 13 era assai benevolo, si regalava alle fidanzate un piccolo monile che lo raffigurava  oppure un quadrifoglio, ( 1+3=4) il 13 scomposto diventa 4 con significato di realizzazione terrena. Si dice che il 13 porti sfortuna per via dell’Ultima Cena in cui erano in tale numero e Gesù morì, ma pure porterebbe sfortuna perché un venerdì 13 del 1307 vennero arrestati tutti i Templari, anche qui un’altra chance per Ravenna infatti Rinaldo da Concorezzo nel 1311 nel Concilio di Ravenna li assolse. Nell’alfabeto ebraico la tredicesima lettera è la mem (M), e rappresenta il rivelato ed il nascosto: Mosè ed il Messia. Ciò che illustra la cabala è assai positivo per la nostra città almeno per la visita di questo lunedì. E il giorno del verdetto? Il fatidico venerdì 17? Il venerdì è il giorno in cui è morto Cristo e perciò infausto ma è anche il giorno dell’amore, di Venere. Il 17 nei tarocchi rappresenta la sintonia tra l’uomo ed il creato, ed è quindi una carta estremamente positiva. Nel linguaggio corrente invece al 17 è stato attribuito un significato negativo, solo in Italia. Si dice che sulle tombe dell’antica Roma era la scritta “VIXI” che è l’anagramma  di  XVII cioè il numero romano 17. Nell’alfabeto ebraico la diciassettesima lettera è la pe (F, P, PH), che significa bocca e quindi questa lettera rappresenta parola e silenzio. Soluzione: il 17 ottobre usiamo la parola o il silenzio con buon senso.