Capitolo 23
E poi ora anche un
Ercole venuto dalla Libia
Singolare è
pure che l’appellativo di re taumaturghi o re unti, con poteri di guarigione, sia
dato solo ai re francesi e a quelli britannici.
Le prime
fonti certe sulla capacità di un re di guarire le scrofole, riguardano il
capetingio, Roberto il Pio (972-1031), titolo ereditato dai suoi
successori fino a Carlo X (1757-1836).
Il nipote di
Roberto era il normanno Guglielmo I d’Inghilterra, detto anche il
Conquistatore. È grazie a questo legame parentale che i re inglesi si sono per
lungo tempo attribuiti la stessa taumaturgia, rivendicando la discendenza
diretta dai re francesi e quindi anche la loro sovranità sulle terre di Francia…
anche questa una razzata che è costata molte vite umane, ogni tanto ci si
focalizza sulla stirpe e sulla razza con fatti assai orrendi.
Il primo
regnante inglese ad attribuirsi questa facoltà fu Enrico I Beauclerc, e l’ultimo
fu Anna Stuart (1665/ 1714), si evince che i rivoluzionari francesi ebbero
veramente coraggio ad uccidere il re; d’altronde senza un potere sacro un uomo
non può soggiogarne un altro, meglio sarebbe avere le facoltà di ottenere
autorevolezza e rispetto per se stessi e non per unzione o sangue reale.
Se per i re
germanici, le facoltà sovrannaturali di sovrano erano trasmesse per via
ereditaria e tutto il casato le possedeva, il tocco taumaturgico dei santissimi
sovrani francesi e inglesi era dato direttamente da Dio attraverso il Papa, col
sacramento dell’unzione col sacro crisma.
Fra questi re
che pretendevano il potere divino, vi fu nel XV secolo, qualche papa che tentò
di unire alle chiavi del Cielo anche lo scettro terreno, come il Borgia ad
esempio.
Criticato
aspramente, imputato di ogni sozzura e bassezza, il Borgia ovvero Papa
Alessandro VI, fu elevato al soglio pontificio nel 1492, era animato da uno
spirito volto al sincretismo religioso, culminante nel trionfo del
cristianesimo, d’altronde il tema della morte e resurrezione può accomunare
Osiride con Cristo.
Il nome del
papa rimandava ad Alessandro Magno, che era stato incoronato come faraone e
aveva come simbolo una stella raggiante, così pure il Borgia, investito
direttamente da Cristo è il nuovo sole, come testimoniano gli affreschi dei suoi
appartamenti; ad Alessandro VI il dovere di unificare l’italico territorio
calpestato da stivali stranieri e di ottenere un periodo di pace e prosperità…
non vi riuscì e si becco la damnatio memoriae.
Nel 1420,
quando la sede papale da Avignone venne trasferita nuovamente a Roma, la città
e il popolo si trovavano in una condizione di degrado e arretratezza; si sentì
così il bisogno di recuperare l’antichità di un tempo, vi fu il cosiddetto
Rinascimento, la rinascita di un qualcosa di molto importante: il recupero
delle radici.
Gli umanisti
riesumarono tutti miti e le culture pagane, con lo scopo di ripristinare,
monumenti, leggi e consuetudini propri dell’antica città di Roma, cercando però
un punto di congiunzione col cristianesimo, la Chiesa partecipava attivamente a
questo rinnovamento richiamando a sé alcuni fra i più importanti umanisti ed
artisti del tempo.
In questo
rifiorire antico Alessandro VI, commissionò la decorazione del suo Appartamento
in Vaticano; l’affresco più noto è nella Sala dei Santi, dove viene esaltato il
Borgia con il suo emblema, quello del toro, dato che Alessandro VI venne
chiamato “il bue” sia dagli amici che dai detrattori, dai primi giorni del suo
pontificato, fino alla sua morte.
Così gli
affreschi egizi rappresentano Osiride, che insegna agli egiziani l’agricoltura
e poi sposa Iside, il malvagio fratello Seth che lo uccide e lo fa a pezzi
disperdendoli su tutta la terra; Iside che riesce a recuperarli e organizza un
solenne rito funebre; a questo punto Osiride ricompare con le sembianze di un
bue, viene portato trionfalmente in processione in un’edicola sormontata da una
rappresentazione dell’Ercole Libico.
Nel Borgia
ritroviamo un tutto ancestrale, il recupero dei miti antichi, della stirpe del
re divino con l’orgoglioso simbolo del toro, la sua appartenenza altezzosa alla
casata degli aragonesi e infine l’investitura divina da parte di Cristo.
Lyuba pensava
che lo zaino del passato fosse sempre più pieno e più pesante e fosse così
impossibile salvaguardare la conoscenza/tradizione esatta… prendiamo il toro,
qualsiasi descrizione degli affreschi del Borgia, da parte di esperti, rimandano
al bue Apis, ma non era il toro Mnevis il simbolo di Eliopoli, quindi del sole
e del futuro illuminato e in pace?
E poi ora
anche un Ercole venuto dalla Libia?
Eppure il
mito ellenico vuole che il figlio di Zeus e Alcmena sia nato a Tebe… ma i
fenici molto tempo prima dei greci adoravano Melqart, il Signore di Tiro, a cui
i greci si riferivano come l’Eracle di Tiro, così come l’egizio Horus
assomigliava al greco Apollo e il greco Zeus a Roma prese le caratteristiche di
Giove… i tempi cambiano, le supremazie delle civiltà scendono o all’opposto
salgono e così Eracle diventa greco, mentre dell’originale resta solo
l’aggettivo: libico.
Così passa la gloria
di questo mondo… parole che vengono ripetute al Papa all’atto della sua elezione al
trono pontificio, per ricordargli la caducità e vanità di tutti gli sfarzi
terreni, -ricordatelo Lyuba, quando pensi di essere un nulla e una perdente e
osservi gli altri vincenti con la malinconia di non essere in grado di
emularli-