lunedì 24 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 5


Marcel Duchamp il famoso artista francese esponente del movimento dadaista ed ironico dissacratore non solo dell’arte ma di tutto il vivere, utilizzò molto spesso il tema degli scacchi nelle sue opere in quanto era anche un accanito giocatore. Forse fu per questo che realizzò questi deliziosi mini scacchi, ( che vedete nell’immagine) per averli sempre con sé e per usarli anche durante i suoi viaggi. Grande appassionato del gioco degli scacchi, partecipò non solo ai campionati francesi ma anche alle Olimpiadi. Un giornale dell’epoca dava la notizia della sua vittoria in un campionato regionale nel 1924:  “Il signor Marcel Duchamp, campione dell’Alta Normandia, ha ben meritato il titolo per il suo gioco profondo e solido. La sua freddezza imperturbabile, il suo stile ingegnoso e il suo modo impeccabile di sfruttare ogni minimo vantaggio ne fanno un avversario sempre formidabile”. La sua ossessione per gli scacchi divenne sempre più forte col passare degli anni, al punto da rasentare la follia, al punto di lasciare la moglie per gli scacchi. Riguardo al suo matrimonio Man Ray, artista surrealista e amico suo scrisse: “Duchamp passò la maggior parte della settimana del viaggio di nozze a studiare problemi di scacchi, e sua moglie per la disperazione si vendicò alzandosi una notte mentre egli dormiva e incollò tutti i pezzi alla scacchiera. Divorziarono tre
mesi dopo”.
Duchamp soleva dire: “I pezzi degli scacchi sono l’alfabeto che plasma i pensieri, e questi pensieri esprimono la bellezza astrattamente”. Passare ore ed ore, anni ed anni, davanti una scacchiera a studiare questa o quella mossa, incaponirsi, tentare e ritentare è sinonimo di razionalità e di intelligenza ma può portare psicosi, manie o depressioni… mi domando se Duchamp non fosse stato famoso, dove sarebbe finito? Perché la differenza è tutta lì se sei famoso le stranezze sono genio, se sei un nessuno le stramberie sono follia.

martedì 18 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 4


Nel dicembre del 1919, lasciando Parigi per New York, Duchamp porta un dono ai suoi amici e mecenati Louise e Walter Arensberg: un ready-made, un souvenir particolare, denominato Air de Paris. Un ready made è un oggetto di uso comune prelevato dal suo contesto quotidiano ed esposto come opera d’arte senza ulteriori interventi da parte dell’artista, se non l’atto mentale. Il primo a proporlo fu proprio Marcel Duchamp con la ruota di una bicicletta appoggiata su uno sgabello ed esposta come opera d’arte. Duchamp per questo souvenir acquistò una fiala vuota da un farmacista a Parigi e la riempì di aria parigina per donarla ai suoi amici. Una fiala con niente, l’aria non si vede né si sente, un’opera d’arte che non esiste. Eppure questa fiala diventa arte in quanto Duchamp ha l’idea di affermare che dentro c’è l’aria di Parigi, e sta dicendo la verità, perché l’ampolla è stata riempita a Parigi e cosa c’è mai di più bello che portare come souvenir l’aria e il profumo della città. Inoltre ha riempito la fiala con l’aiuto del farmacista ha quindi creato una specie di alchimia. Soffermarsi sul valore inutile ma allo stesso tempo ossessivo del souvenir, mi sembra d’obbligo, anzi mi domando se i tanti turisti o viaggiatori che si portano a casa in un vasetto la sabbia di una spiaggia lontana o l’acqua del mare siano degli epigoni dell’artista oppure degli ossessivi/compulsivi. Non bastava la mania dei tanti collezionisti di francobolli, orologi, monete, gufi, ecc.,  no Duchamp ci ha creato oltre ai souvenir classici anche i souvenir delle bottigliette di aria. Mi chiedo se la creazione di nuove idee, se benefica da una parte non crei all’opposto dei problemi, forse il rovescio della medaglia esiste anche con le idee e le fantasticherie. Nel 1949, l’ampolla si ruppe e venne riparata, creando un ulteriore domanda, l’aria è ancora quella di Parigi?


mercoledì 12 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 3


L’Esposizione internazionale surrealista è una mostra collettiva di artisti del Surrealismo organizzata in diverse città ed in periodi differenti a partire dalla prima, tenutasi a Parigi nel 1925. André Breton fu l’ ideatore delle mostre che si protrassero fino al 1967. La mostra che si tenne dal 14 ottobre al 7 novembre 1942 presso la Whitelaw Reid mansion in Madison Avenue a New York fu organizzata sempre da Breton con la collaborazione di Marcel Duchamp. Duchamp curò l’allestimento ed il catalogo. L’allestimento era costituito da una rete di corde intrecciate lungo tutto lo spazio espositivo in modo di avere una percezione diversa delle opere presenti all’esposizione. L’operazione intitolata sedici miglia di spago prevedeva l’allestimento di sedici miglia di corde intrecciate che occupavano tutto lo spazio della mostra, in pratica un’opera d’arte che ospitava ed evidenziava le altre opere d’arte, proponendo punti di vista diversi, perché osservare attraverso un reticolato non è la stessa cosa che vedere a campo libero. Precedentemente, nel 1918, Duchamp con l’opera chiamata: Scultura da viaggio aveva realizzato delle corde con cuffie da bagno in caucciù che aveva poi teso da un lato all’altro della stanza. Il suo intento era modificare e deformare la percezione scenografica di uno spazio attraverso dei fili. La scultura era da viaggio in quanto smontabile e ricomponibile in un altro spazio, infatti poi Duchamp la ripropone ingigantita a New York, nel 1942. I visitatori dell’inaugurazione di questa mostra rimasero assai disorientati, non solo dalla installazione dei chilometri di corda di Duchamp, ma anche dalla presenza di un gruppo di bambini che giocavano a palla fra i fili tesi in ogni dove. L’intervento dei bimbi che giocavano, voluto da Duchamp, come a ribadire da parte dell’artista che l’arte da lui intesa non è altro che gioco.

venerdì 7 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 2


Duchamp a un certo punto abbandonò la pittura, anzi lasciò ogni genere artistico sino ad allora conosciuto ideando il ready mades, il già fatto, esponendo come in questo caso due oggetti già belli e pronti, uno sgabello con sopra una ruota di bicicletta, esponendoli al museo come un’opera d’arte tradizionale. Lo spostamento di oggetti che nel loro contesto hanno una valenza di utilità in un altro ambito che è quello museale della bellezza li svuota di significato, esposti perdono la propria funzione, diventano inutili ma acquistano tramite l’inutilità la qualifica di opere d’arte, d’altronde l’opera d’arte non si distingue per il suo non essere utile? Duchamp stravolge tutto e ironizza su tutto ma con molta filosofia, infatti unisce due oggetti che sono uno il contrario dell’altro, lo sgabello serve per sedersi mentre la ruota per spostarsi. Tutto incomincia a Parigi, con l’incontro di una ruota con uno sgabello, con Duchamp che salta ogni confine, l’arte dilaga non solo con il movimento e la performance già propri del Futurismo, l’arte diventa non arte, tutto è arte e quindi niente è arte. Essì l’arte diventa un concetto, una rappresentazione mentale, un’idea. Nell’opera dello sgabello/ruota possiamo quindi vedervi anche la volta celeste che si appoggia sulla base/terra oppure l’esaltazione della ruota come iniziale invenzione dell’uomo primitivo, che si evolve con l’uomo diventando cerchio di bicicletta, ricordo che agli inizi del Novecento la bicicletta era un mezzo veloce, e poi ruota di auto e di aereo, rondella di ingranaggio e altro. Ognuno nella nuova opera di Duchamp può vedervi ciò che vuole anche la bellezza di un cerchio coi raggi similitudine della Terra coi meridiani.

sabato 1 settembre 2018

MARCEL DUCHAMP 1


L’artista francese Marcel Duchamp (1887-1968) viene considerato uno dei maggiori rappresentanti del dadaismo, anche se Duchamp ne sconfessava l’appartenenza, ma come poteva essere altrimenti? Duchamp stesso amava ironizzare su tutto impegnandosi a sovvertire tutte le regole. Il termine stesso di dada non significa nulla, essendo una parola che ricorda il primo balbettio emesso dai bambini. Si racconta che questa parola sia stata trovata dai dadaisti aprendo a caso il vocabolario francese, quando cercavano un nome adatto a esprimere la loro protesta. Dada in dialetto romagnolo, che si dice sia molto simile all’idioma francese, ha significato di persona cara, nel linguaggio infantile. Il dadaismo nasce a Zurigo,    mentre l’Europa è sconvolta dalla Prima guerra mondiale e la Svizzera è neutrale. In questa nazione pacifista si incontrano rifugiati e dissidenti politici, tra loro ci sono artisti, poeti, attori come Tristan Tzara e Hugo Ball che nel 1916 fondano il Cabaret Voltaire. Si tratta di un caffè letterario dedicato ironicamente al filosofo illuminista Voltaire: si organizzavano spettacoli che mettevano in ridicolo proprio la razionalità in cui Voltaire credeva. I dadaisti rifiutano valori come patria, morale e onore che hanno portato allo scoppio della guerra; esaltando tutto quanto è casuale e privo di senso. Duchamp più di tutti gli artisti dadaisti è fuori da ogni schema, ha elevato l’anormalità ad arte, anzi il rifiuto della norma diviene opera d’arte e lui stesso si trasformava in arte con travestimenti e atteggiamenti spregiudicati. Nato in un paese della Normandia in una famiglia numerosa, si vota alla carriera artistica occupandosi di cose diverse: esegue caricature per i giornali, si interessa di teatro, gioca a biliardo, lavora presso una biblioteca  e ha una spropositata passione per gli scacchi… non poteva essere altrimenti perché a guardare bene tutta la sua vita è stata un gioco, chissà se si è divertito o era solo una maschera di dolore che nascondeva l’orrore di non credere in nulla, in nullissima cosa. Nell’immagine la Gioconda coi baffi e pizzetto, con le lettere L.H.O.O.Q.  che, significano  Lei ha caldo al culo,  cioè è eccitata, oppure, giocando sulla presunta omosessualità di Leonardo e sul fatto che la Gioconda stratifichi più volti, tra cui quello del compagno fedele di Leonardo, Salai, con sottointesi espliciti riferimenti al posteriore.