sabato 29 marzo 2014

SE TI TROVASSI QUI

Se ti trovassi qui
nella nebbia più fitta
ti fermerei
la tirerei via
all'istante
in tutte le mattine
per tutte le notti
trasformerei l'aria fredda
attorno a noi
in calore dei nostri corpi
salirei le mie mani
lungo le tue gambe
la tua schiena
rimanendo un tutt’uno
senza curarci
di essere visti
Cosimo de Bari


immagine di Teoderica

mercoledì 26 marzo 2014

LO SCULTORE MARIO ZANONI


Qualche tempo fa ho conosciuto l’artista Mario Zanoni, in quell’occasione ho avuto modo di apprezzare le sue sculture in ceramica a lustro dai colori smaglianti ma dalle strane forme allungate come fiammate, un’iconologia mitologica, ma un mito furente e indomabile, i titoli delle opere possono essere apollinei, greci ma qui la saga, l’epopea, il racconto è norreno, ovvero i fiabeschi Vichinghi, ed anche Mario ha un aspetto un po’ nordico, coi toni “aranciati” del volto e dei capelli e gli occhi buoni e birichini dietro le lenti degli occhiali. Mario Zanoni  si avvicina alla scultura attraverso un lungo percorso artistico che va dalla musica rock degli anni ‘60 al teatro sperimentale degli anni ‘70. L’incontro, negli anni ‘80, con lo scultore e docente dell’Accademia di Belle Arti Giovanni Scardovi, di cui diverrà allievo e amico contribuirà fortemente alla sua formazione di scultore. Sue opere monumentali sono esposte a Lugo e a Ravenna, ma l’autore  espone raramente in quanto tutto il tempo lo dedica alla sua ricerca intima e personale, quasi chiuso dentro alla bolla del suo mondo visionario. Dopo quest’incontro, per la stesura di un mio romanzo, mi sono imbattuta nei Nani di stirpe  Brisinga, i racconti del mito norreno mi hanno rammentato Mario e le sue opere, in questa leggenda io vi ritrovavo le sue forme infuocate, ognuna in lotta in un estenuante battaglia dove gli  avversari  rimangono fermi allo stesso posto, un po’ come accadde nella Prima  Guerra Mondiale  dove gli eserciti erano in stallo ognuno nella propria trincea, poi improvvisamente il giorno di Natale i soldati disobbedendo ai superiori invece di spararsi contro fecero una partita di pallone, le opere di Mario sono proprio così, un’eterna lotta dove sul più bello o sul più brutto può  esserci la pace. Brisinghi  dovrebbe significare  “stirpe del fuoco”  i Nani lavoravano nelle miniere e forgiarono una collana d’oro meravigliosa che Freyja la dea della bellezza vide e chiese  a loro il monile, i Nani acconsentirono, a patto che la dea giacesse una notte con ognuno di essi, a turno. Freyja accettò il patto, e così il monile fu suo, ma Odino il suo sposo quando venne a sapere il fatto ordinò al dio Loki di rubarle il gioiello. Odino pose a Freyja come condizione per riavere il monile di istituire una guerra eterna e Freyja accetto. Questa tensione, la battaglia ancestrale fra il “giusto” e lo “sbagliato” continua oggi ed è ciò che ritrovo nelle fantastiche/misteriose/insondabili opere di Mario… speriamo che alla fine non vinca la lussuriosa ed avida Freyja.    


domenica 23 marzo 2014

DISCOBOLO LANCELLOTTI

È una copia d’età antonina tratta dall’originale in bronzo del V sec. a.C., realizzato dal grande scultore greco Mirone. Venne rinvenuta nel 1871 sull’Esquilino ed entrò nelle collezioni di Palazzo Massimo Lancellotti. Si tratta di una delle più celebri sculture della storia dell’arte celebrata sin dall’antichità per la resa dell’atleta in movimento.
E' sicuramente una statua bellissima, riesce a catturare il gesto armonico e ben riuscito di un atleta, dal braccio teso alla torsione del piede, le proporzioni poi risultano eleganti quasi un bello ideale.
Ma come mai fu rinvenuto solo nel 1871?
E' certificato che nel 1800 il cardinale Fesch, zio di Napoleone Bonaparte, e grande estimatore d'arte,( pare che il generale Bonaparte prenda il " vizio" di fare incetta di opere d'arte italiana proprio dal cardinale) prenda in affitto palazzo Lancellotti e qui si contorni di opere d'arte su cui troneggia il celebre Discobolo, il cardinale lo tiene nascosto perchè sa che se ne avesse notizia il nipote se lo accaparrerebbe subito.
Il Discobolo si salvò dai francesi ma durante la Seconda guerra mondiale fu portato a Berlino, venne restituito all’Italia nel 1948.
Ora se ne sta al Museo nazionale romano.


foto Discobolo Lancellotti


giovedì 20 marzo 2014

IL PRIMO GIORNO DI PRIMAVERA E' POESIA

BUONA PRIMA GIORNATA DI PRIMAVERA A TUTTI

La Giornata Mondiale della Poesia è stata istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale UNESCO nel 1999 e celebrata per la prima volta il 21 marzo seguente. La data, che segna anche il primo giorno di primavera, riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace.


MARZO
Dopo la pioggia la terra
è un frutto appena sbucciato.
Il fiato del fieno bagnato
è più acre ma ride il sole
bianco sui prati di marzo
a una fanciulla che apre la finestra.
GIORGIO CAPRONI


Una splendida poesia per aprire la finestra al sole e alla vita.

lunedì 17 marzo 2014

CANTO ALLA LUNA



Canto alla luna

La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buio 
a ghermirti nell'anima ferita.
La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati 
dai mantici
dalle parodie del destino.
Io sono nata zingara,
 non ho posto fisso nel mondo, 
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento,
quanto basti per darti
un unico bacio d'amore. 
 
 Alda Merini
 
 
immagine di Teoderica 

giovedì 13 marzo 2014

I SERPENTI DI MEDUSA

 Perseo un  eroe mitico greco raggiunse il giardino delle Esperidi  per  uccidere Medusa,  l'unica delle tre Gorgoni che era mortale, bisognava fare attenzione ad evitare il suo sguardo, che aveva il potere di impietrire chi la guardava. Perseo allora, secondo una versione del mito, decapitò la Medusa volgendo indietro lo sguardo; secondo un'altra versione, vibrò il colpo guardando la Gorgone riflessa in uno scudo lucente che gli era stato donato da Atena.  Dal collo reciso della Gorgone uscirono allora l'eroe Crisone e il cavallo alato Pegaso, che si trovavano nel suo grembo.   
Il messaggio che ci trasmette il mito è che per non soccombere all'energia pietrificante, che coagula (che è quella sessuale) e alle paure inconsce, non bisogna lottare direttamente (Perseo non deve incrociare lo sguardo di Medusa) ma serve la riflessione (il riflesso dello specchio), la conoscenza della natura superiore ed inferiore (Jung direbbe l'ombra) e così possono essere superate le prove al fine di liberare se stessi come il Pegaso alato. 
Sarà vero tutto questo?
Abbiamo visto in un post precedente che la simbologia del serpente è assai positiva, rappresenta la conoscenza,l'energia sessuale che con l'avvento del cristianesimo diventa il male, la tentazione.
Medusa è forse ciò che resta della Dea Madre, uccisa metaforicamente dall'uomo, quando questi si è reso conto che aveva una parte nella procreazione e perciò ha accentrato su di sè il potere.
Passano gli anni ed oggi Medusa è la nuova donna, il cui uomo riconosce in lei, nella sua seduzione, la conoscnza dello scoprire senza riflessione ma con l'intuito perchè oggi sappiamo che il corpo ha una sua conoscenza più ricettiva della mente.
Il corpo sa prima della ragione e i capelli di Medusa sono serpenti che pietrificano solo l'attimo del godimento.
La Medusa matriarcale mi ricorda una pratica dell'India, un metodo che da la conoscenza attraverso la sessualità, più giustamente amore, sessualità e meditazione per scoprire se stessi: il Tantra.
Il Tantra nacque intorno al 2000 a.C. nella valle dell’Indù fra gli Harappei, un popolo di matrice matriarcale, che avevano una vera e propria cultura del piacere: il lussuoso letto della padrona di casa stava nel salotto ed era lì che la donna festeggiava l’atto amoroso con l’uomo che aveva scelto. Il rapporto con la sessualità era molto cosciente, rilassato, naturale e fare l’amore era un atto sacro.   
Oggi il Tantra riscontra sempre più interesse proprio perché unisce in un’unica pratica i tre desideri umani più profondi: quello di fare sesso, quello di amare e quello di essere veramente se stessi.

 immagine di Teoderica

domenica 9 marzo 2014

IL PELUSINO E LA PELUSINA

Ho l'abitudine , ma credo anche voi, di cambiare il nome alle cose, a volte  uso il vezzeggiativo, a volte l'austero, a volte  il dispregiativo a seconda di cosa mi ispira la circostanza.
Io abito in una casa singola con tanto spazio attorno e perciò riscaldarla è molto costoso, addirittura proibitivo,  quindi in casa mia non è mai molto caldo sui 18 gradi circa, se ci si muove si sta  bene , ma se si sta fermi, seduti sul divano o davanti al computer occorre coprirsi; così mio compagno di viaggio è divenuto il  Pelusino.
Il  Pelusino è una coperta leopardata in pile, mi è diventata indispensabile, il  Pelusino è la mia coperta di Linus, non ne posso fare a meno, anche se non è freddo il  Pelusino sta sempre con me al pc mentre scrivo a voi.
Tutti a casa mia sanno chi è il  Pelusino, pure gli amici, certo gli ho dato un nomignolo sciocco ma era quello più indicato, quello che più era rappresentativo di cosa il  Pelusino è per me.
Quest'anno è arrivata anche la Pelusina, me l'hanno regalata, è una borsa d'acqua calda che si riscalda elettricamente in cinque minuti, poi resta calda per circa otto ore.
Dopo essere stata con me al  computer, il  Pelusino lo tengo sulle spalle, la Pelusina sullle gambe, me la porto nel letto, la Pelusina mi riscalda i piedi.
Dovrei andare a vedere cosa dicono gli psicologi su queste manie da bambina che mi sono venute, francamente non me ne importa un fico secco, il Pelusino e la Pelusina li tengo perchè ho freddo, io sono nata d'agosto, non sono temprata per i mesi freddi.
Ultimamente ho saputo che la Pelusina potrebbe essere pericolosa, potrebbe ustionare, ed anche fuoriuscire il liquido interno che è irritante...forse sarà vero o forse no.
Intanto ho scritto il post anche per questi miei due amici...ve li ho presentati.

immagine di Teoderica  

mercoledì 5 marzo 2014



 
HELP 
Sto pubblicando il mio terzo romanzo ma sia io sia l’editore siamo incerti sul titolo:  “Sono nera e sono bella” oppure  “Sono negra e sono bella”.  Cosa preferite? La togliamo la “g” (nera) o la lasciamo (negra)?
Aiutateci con un consiglio.
Grazie 

martedì 4 marzo 2014

VIVA VIVA IL CARNEVALE


Arlecchino: la figura simbolo del Carnevale nasce a Bergamo ma si afferma a Venezia come Zanni, il servitore ruffiano dal carattere schietto e la propensione ai guai. E il suo dialetto da bergamasco diventa veneziano. Compare già nel teatro del Seicento, ma con diversi interpreti e adottato da diversi autori, Goldoni in testa, e deve la sua celebrità alla Commedia dell’arte. Il nome proviene forse dal francese antico, Hellequin, nome di un diavolo buffone nelle leggende medioevali francesi, e si trova un diavolo Arlecchino anche nella Divina Commedia. Il suo principale antagonista è Brighella, che come dice il nome, è attaccabrighe e imbroglione, ossequioso con i potenti e insolente con i deboli.
Lo sappiamo tutti: Arlecchino è un servo furbo e opportunista, un bergamasco chiassoso e povero, come lo erano un tempo i suoi conterranei che a Venezia, durante la Serenissima Repubblica (Bergamo rappresentava l'estremità occidentale della nazione), venivano impiegati in lavori umili e faticosi. Era talmente povero, Arlecchino, da non avere nemmeno i soldi per rattoppare il misero vestito con stoffe dello stesso colore.
Ma se ci fosse altro dietro questo strambo personaggio sempre pronto a truffare il vecchio padrone, ad aiutare giovani amanti, a mettere in ridicolo i soldati?
Forse non tutti sanno che le origini di questo buffo personaggio si perdono nella notte dei tempi. Le ipotesi sul significato del suo nome, e sul vestito rattoppato, sono varie. Un'antica stora narra che nel 1356 il conte francese di Lovence, ritiratosi in Val Brembana, si portò appresso un domestico ubriacone. Sorpreso a rubare, il servo fu bastonato e condannato a una severa punizione: mostrarsi nei paesi della valle a dorso di un asino e con un vestito ridicolo, fatto con toppe di diversi colori. Il clamore e il divertimento fu tale, che alcuni giovani, negli anni seguenti, adottarono quel travestimento come maschera.
Ma è il nome di Arlecchino a destare maggiore curiosità, e secondo molte leggende, l'origine è addirittura diabolica. Erlenkönig (Re Erlen) era un folletto della mitologia scandinava. Herla King (Re Herla), anche questo un personaggio di una saga nordica, è alla guida di una “masnada infernale” di anime e insegue belve ululanti nelle notti di tempesta. L’origine del nome Arlecchino sembra derivare da quest’ambito, prova ne sarebbe il bozzo della maschera nera delle origini, residuo delle corna infernali. Il diavolo citato anche da Dante Alighieri nella quinta bolgia, tal Alichino, deriva dall'Harlequin francese (o Herlequin o Hellequin): demone gigante che guidava per le vie cortei composti da cavalieri neri che sputavano fuoco, nani trasportati su barelle, uomini e donne torturati da demoni neri e schiere di morti che piangevano per i loro peccati. Del demone Arlecchino avrebbe mantenuto i colori dell’inferno, i rombi colorati, il bastone corto (batòcio) e la maschera nera con un accenno di corno sulla fronte.
Arlecchino nelle vesti di Hellequin si trova anche nelle leggende su Teoderico (anche Teoderico è visto a volte come un demonio).
Arlecchino è anche la mia maschera preferita, simbolo principe del Carnevale, emblema dell'oscurità ma anche egida dell' allegria e della vita col suo costume a toppe multicolori.
Arlecchino è l'allegria che tenta di soffocare la paura , Arlecchino è il Carnevale.
Viva viva il Carnevale.


immagine di Teoderica


sabato 1 marzo 2014

DAL CARNEVALE A PIRANDELLO

Dal carnevale a Pirandello, maschera o multi personalità, si potrebbe anche dire.
Forse quando si è molto giovani, si ha voglia di giocare ad essere un' altra persona, ma quando si hanno i miei anni, che potremo definire oltre al cammino di mezza via, l' importante è cercare di essere sè stessi.
Pirandello dice che il nostro spirito consiste di frammenti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre. Come se in noi vivessero due persone che agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Pirandello ci dice che siamo, uno, nessuno o centomila, ma per me il geniale scrittore siciliano è troppo malinconico.Io credo che ci sia un solo uno in noi, come le fondamenta di una casa, la quale può cambiare l' arredamento e rimodernarsi, ma la struttura rimane la stessa.
"Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi", questo è ciò che chiede Pirandello al suo funerale, mentre io al mio voglio tanti amici, parenti e tutti quelli che vogliono venire e tanta musica , fra cui l' aria della Regina della Notte del Flauto Magico di Mozart, e cibo e vino rosso, e assolutamente non mi piace essere bruciata, mi ricorda troppo l' Olocausto.
Nel mio epitaffio voglio scritto. "Ella amò tanto la vita".
Mi è facile nascondermi e mimetizzarmi e regalarmi così momenti di sosta e riparo, ma la coscienza prude perchè sa che così è un non vivere.
Non mi piace il Carnevale, perchè oggi ogni giorno è un carnevale.
Si incontrano persone, amici e pure parenti, e si sente che stanno fingendo, perchè hanno paura di mostrarsi con le loro paure, hanno paura di farsi vedere ignudi.
Paradossalmente viviamo in una società dove il nudo si usa persino per vendere un' automobile, dove ti giri, giri, vedi poppe ed ombelichi al vento, ma nessuno denuderà l' anima anzi la si nasconde.
Quindi io me ne sto vestita come sento di essere, cerco di togliermi la maschera e non mi lascio demoralizzare da Pirandello.
Pirandello offre scuse a certi politicanti, a cui tutto è permesso perchè l' uomo è debole , l' uomo è di carne.Il camaleontismo opportunista di oggi ha tolto ogni fascino al Carnevale, perchè ogni giorno è carnevale, soprattutto in politica.


immagine: L' uomo è debole di Teoderica