Ah! Pensando
ai dipinti del Quattrocento o giù di lì con raffigurati quei ridicoli uomini
quasi nudi in mutande/calzamaglie in colori sgargianti o addirittura bicolori
che a metà Cinquecento si arricchirono di un gonnellino bombato, Betty ricordò
il primo balletto che vide a teatro. Aveva quattordici anni, sul palco si
muovevano uomini in calzamaglia color carne, un sottile velo che non nascondeva
nulla, anzi evidenziava, Betty non sapeva dove posare gli occhi, si vergognava
e si chiedeva come era possibile che certi spettacoli si tenessero di
pomeriggio e a lei fosse permesso accedere, eppure esistevano i film vietati ai
quattordicenni e ai diciottenni e questo no, non era censurabile? Ma come, si
interrogava Betty, era chic, culturale, ricercato, raffinato andare a teatro,
il balletto veniva definito classico e invece… invece il balletto, sia per i
ballerini con le calzamaglie che imitavano/esaltavano il nudo, che le ballerine
col gonnellino e le gambe velate, fosse anche chiamato classico non era altro
che l’esaltazione della sessualità e dell’erotismo e se oggi non faceva molta
audience era perché il nudo girava per le strade, al mare, in spiaggia, in
discoteca e altro… ma nell’Ottocento, altro che arte era come andare a vedere
la lap dance o frequentare certi luoghi
per scambisti e affini… meglio tornare alla storia delle mutande, si disse
Betty.
immagine: balletto Giselle- Roma
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