Dunque, nel
Rinascimento l’uomo indossava una sottile calzamaglia con un vistoso pacco sopra
al suo gioiello, spesso evidenziato dalla calza da un colore diverso, il
pacco conteneva una tasca che era usata per metterci il fazzoletto o le
monete, successivamente il pacco venne imbottito in modo da esaltare la
potenza del gioiello, moda che alla fine del Cinquecento decadde verso
costumi più morigerati, a Betty vennero in mente certi film degli Anni Settanta
o certe barzellette in cui l’uomo si rinforzava il pacco con dell’ovatta
o della bambagia, le donne invece si imbottivano il seno: tecnica usata anche
oggi tramite i reggiseni imbottiti, beh in fondo chi non vuole essere bello/a?
Le mutande femminili, praticamente scomparse fino al
XVI secolo, vengono rilanciate da Caterina de Medici e dalle altre dame famose,
erano chiamate briglia da culo, avevano sul davanti un’apertura
strategica e imbottite sul dietro per ottenere un sedere a mandolino. Le “briglie
da culo”, divennero di moda negli ambienti nobiliari di Francia e d’ Europa
diventando strumento di seduzione a volte anche in tessuto d’oro o d’argento,
tanto da diventare peccaminose e lussuriose e infine
simbolo delle prostitute: alle veneziane tanto brave in questo vecchio mestiere
furono imposte dalle autorità, per ragioni di decoro delle braghettone lunghe
sino al ginocchio.
La Chiesa da
un lato le osteggiava, ritenendole lussuriose, dall’altro le invocava per
coprire le parti intime… un po’ come oggi sono ritenute pudiche i semplici slip
bianchi mentre sono libidinose se nere o rosse in pizzo trasparente.
Nel XVIII
secolo. le mutande spariscono e subentrano i mutandoni lunghi sino ai piedi,
finché si arriva al boom degli slip più o meno nel 1950.
Oggi slip,
tanga, perizomi o niente mutande tutto è lecito.
immagine: donne in bikini - villa romana del Casale- piazza Armerina
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