Capitolo 19
Lyuba e le macabre
leggende sulla dinastia pelopide
Interessante
è seguire il mito solare della stella che indica la persona come illuminata dal
Sole o è addirittura lo stesso Sole, così per puro divertimento, iniziando da
Alessandro Magno che si dichiarava discendente della dinastia argeade e perciò pronipote
di Eracle e dei re di Argo per parte di padre e per parte di madre erede di
Neottolemo, il figlio di Achille.
Gli argeadi si
dichiaravano discendenti dai temenidi di Argo, il cui leggendario antenato
Temeno era un pronipote di Eracle.
La Stella
argeade, è così appellata dalla città di Argo, importante polis al centro di
innumerevoli eventi storici e mitologici; è la raffigurazione di una stella
simbolica a 8 o a 16 raggi, chiamata anche Sole di Verghina, in quanto nel 1977
durante alcuni scavi archeologici a Verghina, nella regione greca della
Macedonia, fu ritrovata sul sarcofago d’oro in cui era custodito il corpo
attribuito a Filippo, padre di Alessandro, un stella a 16 raggi.
Questo
ritrovamento, ha creato un grande scompiglio, fra Grecia, Macedonia e Albania
dando vita una disputa che pare risolta, ma in effetti ognuno continua per la
sua strada.
La Stella fu infatti
usata in tutta la Grecia come simbolo di continuità culturale e ritenuta greca
in quanto ritrovata sul tale territorio, allo stesso tempo la Stella o sole di
Verghina fu utilizzata, dal 1992, come bandiera nazionale, dalla nuova
Repubblica di Macedonia.
In questo
contezioso si è inserita l’Albania, la cui moneta nazionale è chiamata Lek, che non è altro che il diminutivo
con cui gli albanesi chiamano affettuosamente Alessandro Magno.
Gli storici
albanesi e gli studiosi dicono che Alessandro Magno era albanese, quelli macedoni
che era macedone, i greci dicono che era
greco.
Da dove
proveniva il simbolo della Stella?
Da molto,
molto lontano nel tempo, lo pseudo discendente, per parte di madre, di
Alessandro è Achille, questi era biondo, bello e invincibile tranne che per il
tallone.
Alessandro
era rossiccio ma si tingeva i capelli di biondo, per essere come il suo mitico
avo.
Achille,
durante la guerra di Troia, perse le sue armi dopo averle prestate a Patroclo,
ucciso in uno scontro da Ettore. La madre Teti intercede per lui presso il dio
del fuoco Efesto, che abilmente creò nuove
armi per Achille, tra cui lo scudo che Omero descrive molto bene.
Vi modellò la terra,
il cielo e il mare,
l’implacabile sole e
la luna piena,
e tutte quante le costellazioni
che incoronano il cielo,
le Pleiadi, le Iadi e
la forza d’Orione
e l’Orsa, che
chiamano col nome di Carro:
quella gira su se
stessa e guarda Orione,
e sola non si cala
nelle acque di Oceano.
Odissea
XVIII, vv. 478-489 (VIII a.C.)
Dunque al
centro dello scudo di Achille non solo una Stella, ma le costellazioni, certo
allora ben conosciute e che avevano a che fare col suo essere eroe impavido.
Non può
essere un caso che siano rappresentate le Pleiadi e le Iadi che fanno parte
della costellazione del Toro, con tutta la simbologia del toro che si propaga
dall’Egitto, alla civiltà minoica, sino al culto orientale e poi romano di
Mitra, per arrivare alla corrida spagnola o ci sia Orione con tutto ciò che il
suo mito racconta e l’Orsa che ha nel suo gruppo di stelle la Polare… è come se
gli antichi avessero più conoscenze implicite astrali che noi moderni, una
conoscenza che derivava ad un istinto animalesco o dallo Spirito Santo?
Non certo
dagli alieni, pensava Lyuba, chiamati in gioco chissà per quale recondito
motivo, ma chissà forse un tempo lontanissimo qualcuno… Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero
loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle
e ne presero per mogli a loro scelta. Allora il Signore disse: “Il mio spirito
non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di
centoventi anni”. C’erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo -,
quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano
loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi… questo
è scritto nella Bibbia.
Se Lyuba
rimuginava su queste parole, poteva ipotizzare che lo Spirito Santo di Dio, un
tempo antichissimo si fosse materializzato più volte e accoppiato con donne non
divine, generando i giganti e gli eroi mitologici, ciò ricorda Maria e la
nascita di Gesù. Dio disse anche che il suo Spirito non sarebbe restato
nell’uomo più di centoventi anni perché la persona è di carne, questo fa
pensare che Dio tramite lo Spirito Santo (un qualcosa che noi non possiamo
comprendere) possa inviare in terra i suoi figli che però saranno di carne e
perciò mortali e questo ricorda ancora Gesù.
Aveva inviato
Dio lungo i millenni altri suoi figli?
Potevano
essere chiamati alieni?
Lyuba non
sapeva come si era infilata in queste congetture, si rammentò delle Piramidi
egizie, di quella di Cheope, un’enorme costruzione di massi di pietra e di cunicoli
dove non c’erano geroglifici, ori o apparati funerari ma solo un sarcofago
vuoto, un’immagine nitida le apparve nella mente: un sepolcro scavato nella roccia
e le donne con olii profumati che vanno alla tomba di Cristo trovando la pietra
rotolata e il loculo vuoto… meglio lasciar stare i grandi misteri.
Dunque è
facile capire che la Stella designava il combattente e il re con poteri sia
terreni che spirituali, ma perché Achille non è divino nel tallone?
Anticamente,
in ogni parte del mondo, al re sacro venivano imposti una miriade di divieti
strani, a volte insostenibili.
Il re aveva
potere di vita e di morte sulla creazione.
Le sue
mancanze distruggevano i raccolti, richiamando pestilenze, carestie e sterilità
delle donne e della Terra, mentre il suo buon operato garantiva raccolti ricchi
e sani, donne fertili, salute sul popolo e buona sorte.
Il re doveva
essere sempre in ottima forza perché altrimenti veniva ucciso.
Frazer
scrive: “Appena le sue forze danno segni
di cedimento, e la sua anima è trasferita nel corpo di un successore vigoroso,
prima di venire seriamente danneggiata dall’incombente decadimento. (…) se
infatti egli muore di malattia, la sua anima abbandonerà necessariamente il
corpo in condizioni di estrema debolezza e spossatezza e, così infiacchita,
continuerà a trascinare un’esistenza languida e apatica in qualsiasi altro
corpo venga trasferita. Invece uccidendo l’uomo, si era,
in primo luogo, sicuri di catturarne l’anima uscente e trasferirla in un degno
successore; e, in secondo luogo, eliminandolo prima che perdesse le forze,
avrebbero sicuramente evitato che il mondo si deteriorasse come si deteriorava
l’uomo… dopo la castrazione il re sacro veniva mangiato euristicamente, come
testimoniano parecchie leggende della dinastia pelopide”.
Lyuba pensava
che le macabre leggende sulla dinastia pelopide, nascondessero niente altro che
la ferocia che può nascere tra i fratelli nella divisione dei beni e del
potere, in un tempo dove essere re determinava scelte da guerriero senza pietà
e così vinceva chi faceva scorrere più sangue e più menzogne, dietro al potere
del re sacro c’era una gloria effimera e la morte sicura appena appena i suoi
capelli diventavano brizzolati.
Pelope,
figura della mitologia greca, estese il suo dominio a tutta la penisola greca,
che da lui prese il nome di Peloponneso, inoltre, fu il fondatore dei giochi
olimpici, nonostante ciò, le leggende su di lui e i suoi discendenti sono
orribili. Tantalo, il padre, per provare l’onniscienza degli dèi, li invitò ad
un banchetto in cui offrì loro le carni del giovane figlio. Le divinità sconvolte
punirono Tantalo e riportarono in vita Pelope, ma quest’ultimo, diventato re,
accumulò sì ricchezze ed onori, ma con la frode e l’assassinio e fu così causa
anche della rovina dei suoi figli, Atreo e Tieste e della loro stirpe.
Atreo e il
suo gemello erano acerrimi nemici in quanto si contendevano con ferocia il
trono di Micene, di Argo e di tutta l’Argolide, al punto che Atreo attirato
Tieste, proponendogli la spartizione del regno, lo invitò a un banchetto per
festeggiare la pace ritrovata e servì al fratello, ignaro, la carne dei suoi
figli.
Tieste,
furioso, cercò i figli di Atreo per consumare su di loro la sua vendetta, ma i
due giovani, Agamennone e Menelao (Atridi perché discendenti da Atreo),
riuscirono a fuggire.
Tieste voleva
vendetta a tutti i costi e seguendo il responso di un oracolo, violentò sua
figlia Pelopia che era una sacerdotessa, da questa unione infatti sarebbe nato
Egisto colui che l’avrebbe vendicato.
Atreo, nel
frattempo, pieno di rimorsi si innamorò di Pelopia, che aspettava un bambino
dal padre. Atreo ignaro la sposò e allevò Egisto. Quando Egisto divenne adulto,
Atreo lo incaricò di uccidere Tieste ma quest’ultimo riconobbe il figlio e così
Egisto cambiò idea decidendo di uccidere Atreo.
Si avverò
così la profezia dell’oracolo, che aveva visto in Egisto, figlio incestuoso,
colui che avrebbe vendicato Tieste.
Successivamente,
Agamennone sposò Clitemnestra, sorella di Elena, uccidendole il marito e
riconquistò il trono di Micene, scacciando Tieste ed Egisto.
Al suo ritorno
da Troia fu ucciso dalla moglie Clitemnestra e da Egisto, figlio di Tieste.
Egisto fu poi
ucciso da Oreste figlio di Agamennone.
Una
rappresaglia vera e propria, che al di là del mito giunge sino a noi, basti
pensare alle faide di stampo mafioso.
Oreste regnò
per lunghi anni sull’Argolide, regno ereditato dal padre e su Sparta avendo
sposato Ermione figlia di Elena e di Menelao.
Lyuba si era
sempre chiesta perché tra tanto sangue, la storia d’amore fra il re di Sparta Menelao
ed Elena fosse finita a vino e tarallucci, nonostante la guerra di Troia fosse
stata provocata dal tradimento di Elena e dalla rabbia di Menelao che non tollerava
le corna.
Menelao ed
Elena, risultano un po’ antipatici, danno una bella riverniciata alla facciata
della casa con tanta ipocrisia eppure il mito li salva.
Perché?
Il mito
racconta la storiella della riconciliazione fondata sull’incolpevolezza perché
ci indica che occorre fingere per costruire un mondo civile e ordinato e che
l’unico modo sia non amare follemente, oppure che bisogna saper perdonare in
quanto chi ama il suo peccato è innocente?
La risposta non
si sa… sono indovinelli della mitologia, che a sbrogliarli forse si intente
meglio la storia, ma il farlo è difficilissimo.
Meglio andare
a scoprire perché il tallone di Achille era difettoso.
Robert Graves
con la teoria dell’esistenza di un continuum cultuale in tutti i popoli
indoeuropei, scrive: “Quando alla morte
rituale del re si sostituì il culto di un re che invece regnava a lungo senza
morire violentemente, la morte venne sostituita dalla castrazione e
azzoppamento del re. Più tardi ancora, a questi supplizi, vennero sostituiti la
circoncisione e l’uso di scarpe regali chiamate i ‘coturni’ (degli zoccoli
molto alti). Ecco svelata la contraddizione. Il re deve essere integro e
morire, poi deve essere vivo ma menomato e infine egli deve solo recare addosso
il simbolo della sua regalità, senza più patire sofferenze o morte”… Ecco
spiegato il perché il tallone d’Achille non era divino.
Si evince che
il potere del re sulla terra sia diminuito man mano che si ingentilivano le
prove alle quali doveva sottostare.
L’uomo passò
dall’essere lo sposo della Dea, a Dio vivente.
ll sacrificio
non venne più ritenuto necessario.
La vita del re
divenne più importante del popolo e della terra, sino a quando la Rivoluzione
Francese lo decapitò… Lyuba non sa dirvi se in un’involuzione, un ritorno
all’antico o un cammino in avanti.
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