martedì 10 gennaio 2023

Il volo del gruccione


 

Capitolo 19

Lyuba e le macabre leggende sulla dinastia pelopide

 

 

Interessante è seguire il mito solare della stella che indica la persona come illuminata dal Sole o è addirittura lo stesso Sole, così per puro divertimento, iniziando da Alessandro Magno che si dichiarava discendente della dinastia argeade e perciò pronipote di Eracle e dei re di Argo per parte di padre e per parte di madre erede di Neottolemo, il figlio di Achille.   

Gli argeadi si dichiaravano discendenti dai temenidi di Argo, il cui leggendario antenato Temeno era un pronipote di Eracle.

La Stella argeade, è così appellata dalla città di Argo, importante polis al centro di innumerevoli eventi storici e mitologici; è la raffigurazione di una stella simbolica a 8 o a 16 raggi, chiamata anche Sole di Verghina, in quanto nel 1977 durante alcuni scavi archeologici a Verghina, nella regione greca della Macedonia, fu ritrovata sul sarcofago d’oro in cui era custodito il corpo attribuito a Filippo, padre di Alessandro, un stella a 16 raggi.

Questo ritrovamento, ha creato un grande scompiglio, fra Grecia, Macedonia e Albania dando vita una disputa che pare risolta, ma in effetti ognuno continua per la sua strada.

La Stella fu infatti usata in tutta la Grecia come simbolo di continuità culturale e ritenuta greca in quanto ritrovata sul tale territorio, allo stesso tempo la Stella o sole di Verghina fu utilizzata, dal 1992, come bandiera nazionale, dalla nuova Repubblica di Macedonia.

In questo contezioso si è inserita l’Albania, la cui moneta nazionale è chiamata Lek, che non è altro che il diminutivo con cui gli albanesi chiamano affettuosamente Alessandro Magno.   

Gli storici albanesi e gli studiosi dicono che Alessandro Magno era albanese, quelli macedoni      che era macedone, i greci dicono che era greco.

Da dove proveniva il simbolo della Stella?

Da molto, molto lontano nel tempo, lo pseudo discendente, per parte di madre, di Alessandro è Achille, questi era biondo, bello e invincibile tranne che per il tallone.

Alessandro era rossiccio ma si tingeva i capelli di biondo, per essere come il suo mitico avo.

Achille, durante la guerra di Troia, perse le sue armi dopo averle prestate a Patroclo, ucciso in uno scontro da Ettore. La madre Teti intercede per lui presso il dio del fuoco Efesto, che abilmente   creò nuove armi per Achille, tra cui lo scudo che Omero descrive molto bene.

Vi modellò la terra, il cielo e il mare,

l’implacabile sole e la luna piena,

e tutte quante le costellazioni che incoronano il cielo,

le Pleiadi, le Iadi e la forza d’Orione

e l’Orsa, che chiamano col nome di Carro:

quella gira su se stessa e guarda Orione,

e sola non si cala nelle acque di Oceano.

Odissea XVIII, vv. 478-489 (VIII a.C.)

Dunque al centro dello scudo di Achille non solo una Stella, ma le costellazioni, certo allora ben conosciute e che avevano a che fare col suo essere eroe impavido.

Non può essere un caso che siano rappresentate le Pleiadi e le Iadi che fanno parte della costellazione del Toro, con tutta la simbologia del toro che si propaga dall’Egitto, alla civiltà minoica, sino al culto orientale e poi romano di Mitra, per arrivare alla corrida spagnola o ci sia Orione con tutto ciò che il suo mito racconta e l’Orsa che ha nel suo gruppo di stelle la Polare… è come se gli antichi avessero più conoscenze implicite astrali che noi moderni, una conoscenza che derivava ad un istinto animalesco o dallo Spirito Santo?

Non certo dagli alieni, pensava Lyuba, chiamati in gioco chissà per quale recondito motivo, ma chissà forse un tempo lontanissimo qualcuno… Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. Allora il Signore disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni”. C’erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo -, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi… questo è scritto nella Bibbia.

Se Lyuba rimuginava su queste parole, poteva ipotizzare che lo Spirito Santo di Dio, un tempo antichissimo si fosse materializzato più volte e accoppiato con donne non divine, generando i giganti e gli eroi mitologici, ciò ricorda Maria e la nascita di Gesù. Dio disse anche che il suo Spirito non sarebbe restato nell’uomo più di centoventi anni perché la persona è di carne, questo fa pensare che Dio tramite lo Spirito Santo (un qualcosa che noi non possiamo comprendere) possa inviare in terra i suoi figli che però saranno di carne e perciò mortali e questo ricorda ancora Gesù.

Aveva inviato Dio lungo i millenni altri suoi figli?

Potevano essere chiamati alieni?

Lyuba non sapeva come si era infilata in queste congetture, si rammentò delle Piramidi egizie, di quella di Cheope, un’enorme costruzione di massi di pietra e di cunicoli dove non c’erano geroglifici, ori o apparati funerari ma solo un sarcofago vuoto, un’immagine nitida le apparve nella mente: un sepolcro scavato nella roccia e le donne con olii profumati che vanno alla tomba di Cristo trovando la pietra rotolata e il loculo vuoto… meglio lasciar stare i grandi misteri.

Dunque è facile capire che la Stella designava il combattente e il re con poteri sia terreni che spirituali, ma perché Achille non è divino nel tallone?    

Anticamente, in ogni parte del mondo, al re sacro venivano imposti una miriade di divieti strani, a volte insostenibili. 

Il re aveva potere di vita e di morte sulla creazione.

Le sue mancanze distruggevano i raccolti, richiamando pestilenze, carestie e sterilità delle donne e della Terra, mentre il suo buon operato garantiva raccolti ricchi e sani, donne fertili, salute sul popolo e buona sorte.

Il re doveva essere sempre in ottima forza perché altrimenti veniva ucciso.   

Frazer scrive: “Appena le sue forze danno segni di cedimento, e la sua anima è trasferita nel corpo di un successore vigoroso, prima di venire seriamente danneggiata dall’incombente decadimento. (…) se infatti egli muore di malattia, la sua anima abbandonerà necessariamente il corpo in condizioni di estrema debolezza e spossatezza e, così infiacchita, continuerà a trascinare un’esistenza languida e apatica in qualsiasi altro corpo venga trasferita. Invece uccidendo l’uomo,   si era, in primo luogo, sicuri di catturarne l’anima uscente e trasferirla in un degno successore; e, in secondo luogo, eliminandolo prima che perdesse le forze, avrebbero sicuramente evitato che il mondo si deteriorasse come si deteriorava l’uomo… dopo la castrazione il re sacro veniva mangiato euristicamente, come testimoniano parecchie leggende della dinastia pelopide”.

Lyuba pensava che le macabre leggende sulla dinastia pelopide, nascondessero niente altro che la ferocia che può nascere tra i fratelli nella divisione dei beni e del potere, in un tempo dove essere re determinava scelte da guerriero senza pietà e così vinceva chi faceva scorrere più sangue e più menzogne, dietro al potere del re sacro c’era una gloria effimera e la morte sicura appena appena i suoi capelli diventavano brizzolati.

Pelope, figura della mitologia greca, estese il suo dominio a tutta la penisola greca, che da lui prese il nome di Peloponneso, inoltre, fu il fondatore dei giochi olimpici, nonostante ciò, le leggende su di lui e i suoi discendenti sono orribili. Tantalo, il padre, per provare l’onniscienza degli dèi, li invitò ad un banchetto in cui offrì loro le carni del giovane figlio. Le divinità sconvolte punirono Tantalo e riportarono in vita Pelope, ma quest’ultimo, diventato re, accumulò sì ricchezze ed onori, ma con la frode e l’assassinio e fu così causa anche della rovina dei suoi figli, Atreo e Tieste e della loro stirpe.

Atreo e il suo gemello erano acerrimi nemici in quanto si contendevano con ferocia il trono di Micene, di Argo e di tutta l’Argolide, al punto che Atreo attirato Tieste, proponendogli la spartizione del regno, lo invitò a un banchetto per festeggiare la pace ritrovata e servì al fratello, ignaro, la carne dei suoi figli.

Tieste, furioso, cercò i figli di Atreo per consumare su di loro la sua vendetta, ma i due giovani, Agamennone e Menelao (Atridi perché discendenti da Atreo), riuscirono a fuggire.

Tieste voleva vendetta a tutti i costi e seguendo il responso di un oracolo, violentò sua figlia Pelopia che era una sacerdotessa, da questa unione infatti sarebbe nato Egisto colui che l’avrebbe vendicato. 

Atreo, nel frattempo, pieno di rimorsi si innamorò di Pelopia, che aspettava un bambino dal padre. Atreo ignaro la sposò e allevò Egisto. Quando Egisto divenne adulto, Atreo lo incaricò di uccidere Tieste ma quest’ultimo riconobbe il figlio e così Egisto cambiò idea decidendo di uccidere Atreo.  

Si avverò così la profezia dell’oracolo, che aveva visto in Egisto, figlio incestuoso, colui che avrebbe vendicato Tieste.

Successivamente, Agamennone sposò Clitemnestra, sorella di Elena, uccidendole il marito e riconquistò il trono di Micene, scacciando Tieste ed Egisto.        

Al suo ritorno da Troia fu ucciso dalla moglie Clitemnestra e da Egisto, figlio di Tieste.

Egisto fu poi ucciso da Oreste figlio di Agamennone.

Una rappresaglia vera e propria, che al di là del mito giunge sino a noi, basti pensare alle faide di stampo mafioso.     

Oreste regnò per lunghi anni sull’Argolide, regno ereditato dal padre e su Sparta avendo sposato Ermione figlia di Elena e di Menelao.

Lyuba si era sempre chiesta perché tra tanto sangue, la storia d’amore fra il re di Sparta Menelao ed Elena fosse finita a vino e tarallucci, nonostante la guerra di Troia fosse stata provocata dal tradimento di Elena e dalla rabbia di Menelao che non tollerava le corna.

Menelao ed Elena, risultano un po’ antipatici, danno una bella riverniciata alla facciata della casa con tanta ipocrisia eppure il mito li salva.

Perché?

Il mito racconta la storiella della riconciliazione fondata sull’incolpevolezza perché ci indica che occorre fingere per costruire un mondo civile e ordinato e che l’unico modo sia non amare follemente, oppure che bisogna saper perdonare in quanto chi ama il suo peccato è innocente?

La risposta non si sa… sono indovinelli della mitologia, che a sbrogliarli forse si intente meglio la storia, ma il farlo è difficilissimo.

Meglio andare a scoprire perché il tallone di Achille era difettoso.

Robert Graves con la teoria dell’esistenza di un continuum cultuale in tutti i popoli indoeuropei, scrive: “Quando alla morte rituale del re si sostituì il culto di un re che invece regnava a lungo senza morire violentemente, la morte venne sostituita dalla castrazione e azzoppamento del re. Più tardi ancora, a questi supplizi, vennero sostituiti la circoncisione e l’uso di scarpe regali chiamate i ‘coturni’ (degli zoccoli molto alti). Ecco svelata la contraddizione. Il re deve essere integro e morire, poi deve essere vivo ma menomato e infine egli deve solo recare addosso il simbolo della sua regalità, senza più patire sofferenze o morte”… Ecco spiegato il perché il tallone d’Achille non era divino. 

Si evince che il potere del re sulla terra sia diminuito man mano che si ingentilivano le prove alle quali doveva sottostare.

L’uomo passò dall’essere lo sposo della Dea, a Dio vivente.   

ll sacrificio non venne più ritenuto necessario.

La vita del re divenne più importante del popolo e della terra, sino a quando la Rivoluzione Francese lo decapitò… Lyuba non sa dirvi se in un’involuzione, un ritorno all’antico o un cammino in avanti.

 

Nessun commento: