Fin dal III sec. a.C.
in questo stesso luogo, lungo le pendici dell’Aventino, dove Betty
scendeva felice, sorgeva un roseto,
Tacito, ne scrive negli Annales, parla di un tempio dedicato alla dea Flora, i
cui festeggiamenti, “floralia”, si svolgevano in primavera nel Circo Massimo. Successivamente
questo pendio dell’Aventino fu ricoperto di orti e di vigne fino a tutto il XVI
secolo. Nel 1645, divenne l’Orto degli Ebrei con annesso il loro piccolo
cimitero. Nel 1934, il cimitero ebraico fu trasferito al cimitero Verano,
l’area rimase incolta ma agli inizi degli Anni Cinquanta divenne il roseto
comunale. Come ringraziamento alla
comunità ebraica, che aveva permesso di ricreare il roseto in un luogo sacro,
venne posta all’ingresso del giardino una stele e i vialetti che dividono le
aiuole assunsero la forma della menorah, il candelabro a sette bracci, simbolo
dell’Ebraismo. Il giardino è a forma di anfiteatro ed ospita rose botaniche,
antiche e moderne. Il Roseto ospita circa 1.100 specie di rose provenienti da
tutto il mondo, persino dalla Cina e dalla Mongolia. L’idea di un roseto a Roma si deve alla Contessa
Mary Gailey Senni, un’americana che sposò un conte italiano, questo Betty non
lo sapeva lei volteggiava felice verso la fine della discesa, quando dolori
lancinanti la presero all’addome. -Oh Dio che male, che mal di pancia- così
diceva Betty mentre di corsa risaliva il colle senza degnare più uno sguardo le
rose. -Che fare, che fare, c’erano solo rose e ancora salita, che fare, che
fare, Betty non la teneva più. Vide un vicoletto con dei calcinacci,
evidentemente stavano facendo dei lavori e si abbassò e la fece lì in gran
quantità, poi la coprì con della cartaccia che era lì. Velocemente si diresse
all’hotel, si chiuse nella doccia, aprì il rubinetto dell’acqua cercando di
dimenticare tutto.
immagine: Roseto dell'Aventino
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