Capitolo 22
Ai tempi che Berta
filava
Dopo Ottaviano
la divinizzazione fu la consuetudine, anche se non tutti gli imperatori ebbero l’apoteosi, furono esclusi ad esempio quelli
che dopo la morte avevano ricevuto la damnatio memoriae.
Nel 313 d.C.,
con l’Editto dell’imperatore Costantino, la divinizzazione di un mortale non fu
più possibile, in quanto a Cesare il dominio terreno a Cristo quello del Divino;
il re/imperatore non fu più anche pontefice, quest’ultima carica spettava al
capo della nuova Chiesa; la religione, la spiritualità erano altra cosa che il
dominio terreno.
Nonostante
ciò Giuliano l’Apostata (360-363 d.C.), fedele alla tradizione pagana, ebbe la
divinazione ed altri monarchi benché cristiani furono divinizzati: i re
bizantini, ma anche quelli occidentali,
come Carlo Magno, gli Ottoni, Federico II, Luigi XIV il re Sole, per arrivare a
Mussolini di cui si diceva che quando arrivava lui, il sole splendeva e sbucava
dalle nubi anche se il tempo meteorologico era pessimo.
Per quanto
riguarda Carlo Magno è singolare la selva di leggende su di lui, pari solo a
quelle del ciclo di Artù; forse perché fu capace di riorganizzare e riunire
l’Europa medievale che era in preda allo sconquasso generale, forse in merito a
quel giorno di Natale dell’anno 800, in cui fu incoronato imperatore del Sacro
Romano Impero, una rinascita della grande Roma in un giorno altamente simbolico
di pace e prosperità come quello del 25 dicembre.
Similmente ai
cavalieri della tavola rotonda Carlo ha un gruppo di dodici nobili, cavalieri o
paladini, che lo aiutano nel suo compito di difendere il mondo cristiano
dall’avanzata dei saraceni, un’altra leggenda, che sembra presa pari pari dalle
storie arturiane, sostiene che l’imperatore avesse una relazione incestuosa con
sua sorella e che Rolando il paladino preferito fosse il frutto del loro amore.
La madre di
Carlo, Berta dal gran piè apre tutta una fantastoria che parte dalla malformazione
chiamata piede d’oca, alla regina di
Saba, alla fata Melusina, alla famiglia Lusignano, al regno di Gerusalemme,
all’Albania sino ad arrivare alla regina Elena del Montenegro, proveniente da
un Paese in cui la presenza rom era importante e alle favole metropolitane che
ella simpatizzando verso di loro, ne abbia favorito l’ingresso in Italia, dopo
aver sposato Vittorio Emanuele III.
Sempre a
Berta sarebbe legato il detto: ai tempi
che Berta filava e una storiella che parla di scambi e sostituzioni di
persone, evocando altre storie di equivoci nelle stirpi dinastiche come il
baratto di Modigliana, che permise a un romagnolo di salire sul trono di
Francia o la diceria che Vittorio Emanuele II fosse figlio non di Carlo Alberto
ma di un macellaio, fintantoché si arriva alla canzone di Rino Gaetano… E Berta filava/ E filava la lana/La lana e
l’amianto/ Del vestito del santo/ Che andava sul rogo.
La storiella
su Berta racconta che messasi in viaggio, verso il promesso sposo, fu scambiata
con la figlia di una sua dama di compagnia. Berta doveva essere uccisa, ma
riuscì a fuggire e a trovare ospitalità nella casa di un tagliaboschi, dove
visse lunghi anni, lavorando come filatrice. In seguito grazie alla
particolarità del suo lungo piede, Berta ebbe la possibilità di farsi
riconoscere e di riprendere il suo posto smascherando l’impostora.
Leggende su
leggende, perché?
Forse perché
le cose non sono chiare, le stirpi si incrociano, si imbastardiscono,
addirittura si barattano tanto che la realtà è più fantasiosa delle favole.
Ad esempio
Carlo Magno era tedesco o francese?
Cosa si può
rispondere?
Era franco e
quindi di origine barbaro germanica come del resto i suoi predecessori ovvero i
merovingi che furono spodestati con un complotto di corte ordito da Pipino il
Breve, padre di Carlo Magno, che era maggiordomo di palazzo, a dire la verità
fu una destituzione dolce in quanto il potere e il lavoro era già in mano ai
maggiordomi: i re merovingi dei franchi
a partire dal 639, anno della morte di Dagoberto I, sino al 751, anno in cui
Childerico III fu detronizzato da Pipino il Breve, furono chiamati i re
fannulloni.
Eppure, oggi
è tutto un fiorire di best seller sui Merovingi, considerati santi, sacri e
terapeuti, eppure su di loro nulla ci è giunto che fossero degli unti né dei re
taumaturghi, questi ultimi veramente esistiti, anche se ritenuti capaci di medicare
un solo male: le scrofole, odiernamente un’infezione delle ghiandole
linfonodali del collo, ma forse nel tempo antico facevano riferimento a una
qualsiasi infezione della pelle.
Fu il
carolingio Pipino il Breve a farsi per primo ungere il capo per diventare re dei
franchi e liberarsi così del peso dinastico dei Merovingi. Il padre di Carlo
Magno, fu l’antesignano di una pratica che in Europa ebbe grandissimo successo:
l’unzione del re in carica, che non è di stirpe divina, lo diventa perché è
l’unto del Signore… i principi bizantini ridevano di ciò.
Per gli
altezzosi bizantini, non poteva esistere un altro imperatore al pari di quello
di Costantinopoli, che da Dio direttamente riceveva il potere, loro erano
diversi, erano Dio stesso, al punto di avere un’etichetta di corte rigidissima:
osservanza del silenzio in presenza del sovrano, questi come una specie di idolo, doveva
restare impassibile, era inoltre accompagnato da eunuchi che rappresentavano gli angeli, non camminava
sul terreno, ma soltanto su lastre di porfido o tappeti di porpora ed era
l’unico ritenuto degno di calzare scarpe vermiglie, chi riceveva da lui un dono,
una pergamena, un rotolo o altro, doveva prenderli nascondendo le mani sotto un
lembo del mantello e tanto altro. Eppure significativo è che al tempo della
dinastia macedone, quando il potere lo prese un contadino appunto macedone, si
cominciò a parlare di porfirogeniti
per indicare i principi nati nella
porpora e come tali appartenenti alla famiglia regnante, si evince che
tutti questi riti triti e ritriti servono solo per legittimare il potere.
La famiglia dei
Paleologi fu l’ultima dinastia a governare l’Impero Bizantino, governarono dal
1259 fino alla caduta di Costantinopoli, nel 1453, il loro motto era, Re dei Re, Regnante dei Regnanti. Zoe
Paleologa una nipote dell’ultimo imperatore bizantino fu la seconda moglie di
Ivan III di Russia, è per questo che Mosca è anche chiamata la terza Roma, eppure
oggi, gli ultimi discendenti della famiglia Paleologo che risiedono tuttora
nella provincia di Novara sono meno conosciuti di un qualsiasi attore o
cantante della televisione.
Singolare è
la discussione sulla questione giunta sino a noi del designato, della stirpe
nobile o dell’illuminato: in Italia i titoli nobiliari non sono più
riconosciuti dal 1948 e non conservano alcuna rilevanza ma ultimamente, nelle
persone, complice la televisione e il gossip, c’è una risvegliata adorazione
per i titoli nobiliari… il fascino millenario dei nobili dal sangue blu, come
il dio egizio Amon la cui pelle colorata di blu era associato alla carne degli dèi.
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