venerdì 10 febbraio 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 22

Ai tempi che Berta filava

 

 

Dopo Ottaviano la divinizzazione fu la consuetudine, anche se non tutti gli imperatori ebbero  l’apoteosi, furono esclusi ad esempio quelli che dopo la morte avevano ricevuto la damnatio memoriae.

Nel 313 d.C., con l’Editto dell’imperatore Costantino, la divinizzazione di un mortale non fu più possibile, in quanto a Cesare il dominio terreno a Cristo quello del Divino; il re/imperatore non fu più anche pontefice, quest’ultima carica spettava al capo della nuova Chiesa; la religione, la spiritualità erano altra cosa che il dominio terreno.

Nonostante ciò Giuliano l’Apostata (360-363 d.C.), fedele alla tradizione pagana, ebbe la divinazione ed altri monarchi benché cristiani furono divinizzati: i re bizantini, ma anche  quelli occidentali, come Carlo Magno, gli Ottoni, Federico II, Luigi XIV il re Sole, per arrivare a Mussolini di cui si diceva che quando arrivava lui, il sole splendeva e sbucava dalle nubi anche se il tempo meteorologico era pessimo.

Per quanto riguarda Carlo Magno è singolare la selva di leggende su di lui, pari solo a quelle del ciclo di Artù; forse perché fu capace di riorganizzare e riunire l’Europa medievale che era in preda allo sconquasso generale, forse in merito a quel giorno di Natale dell’anno 800, in cui fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero, una rinascita della grande Roma in un giorno altamente simbolico di pace e prosperità come quello del 25 dicembre.

Similmente ai cavalieri della tavola rotonda Carlo ha un gruppo di dodici nobili, cavalieri o paladini, che lo aiutano nel suo compito di difendere il mondo cristiano dall’avanzata dei saraceni, un’altra leggenda, che sembra presa pari pari dalle storie arturiane, sostiene che l’imperatore avesse una relazione incestuosa con sua sorella e che Rolando il paladino preferito fosse il frutto del loro amore.

La madre di Carlo, Berta dal gran piè apre tutta una fantastoria che parte dalla malformazione chiamata piede d’oca, alla regina di Saba, alla fata Melusina, alla famiglia Lusignano, al regno di Gerusalemme, all’Albania sino ad arrivare alla regina Elena del Montenegro, proveniente da un Paese in cui la presenza rom era importante e alle favole metropolitane che ella simpatizzando verso di loro, ne abbia favorito l’ingresso in Italia, dopo aver sposato Vittorio Emanuele III.

Sempre a Berta sarebbe legato il detto: ai tempi che Berta filava e una storiella che parla di scambi e sostituzioni di persone, evocando altre storie di equivoci nelle stirpi dinastiche come il baratto di Modigliana, che permise a un romagnolo di salire sul trono di Francia o la diceria che Vittorio Emanuele II fosse figlio non di Carlo Alberto ma di un macellaio, fintantoché si arriva alla canzone di Rino Gaetano… E Berta filava/ E filava la lana/La lana e l’amianto/ Del vestito del santo/ Che andava sul rogo.

La storiella su Berta racconta che messasi in viaggio, verso il promesso sposo, fu scambiata con la figlia di una sua dama di compagnia. Berta doveva essere uccisa, ma riuscì a fuggire e a trovare ospitalità nella casa di un tagliaboschi, dove visse lunghi anni, lavorando come filatrice. In seguito grazie alla particolarità del suo lungo piede, Berta ebbe la possibilità di farsi riconoscere e di riprendere il suo posto smascherando l’impostora.

Leggende su leggende, perché?

Forse perché le cose non sono chiare, le stirpi si incrociano, si imbastardiscono, addirittura si barattano tanto che la realtà è più fantasiosa delle favole.

Ad esempio Carlo Magno era tedesco o francese?

Cosa si può rispondere?

Era franco e quindi di origine barbaro germanica come del resto i suoi predecessori ovvero i merovingi che furono spodestati con un complotto di corte ordito da Pipino il Breve, padre di Carlo Magno, che era maggiordomo di palazzo, a dire la verità fu una destituzione dolce in quanto il potere e il lavoro era già in mano ai maggiordomi: i re merovingi  dei franchi a partire dal 639, anno della morte di Dagoberto I, sino al 751, anno in cui Childerico III fu detronizzato da Pipino il Breve, furono chiamati i re fannulloni.

Eppure, oggi è tutto un fiorire di best seller sui Merovingi, considerati santi, sacri e terapeuti, eppure su di loro nulla ci è giunto che fossero degli unti né dei re taumaturghi, questi ultimi veramente esistiti, anche se ritenuti capaci di medicare un solo male: le scrofole, odiernamente un’infezione delle ghiandole linfonodali del collo, ma forse nel tempo antico facevano riferimento a una qualsiasi infezione della pelle.

Fu il carolingio Pipino il Breve a farsi per primo ungere il capo per diventare re dei franchi e liberarsi così del peso dinastico dei Merovingi. Il padre di Carlo Magno, fu l’antesignano di una pratica che in Europa ebbe grandissimo successo: l’unzione del re in carica, che non è di stirpe divina, lo diventa perché è l’unto del Signore… i principi bizantini ridevano di ciò.

Per gli altezzosi bizantini, non poteva esistere un altro imperatore al pari di quello di Costantinopoli, che da Dio direttamente riceveva il potere, loro erano diversi, erano Dio stesso, al punto di avere un’etichetta di corte rigidissima: osservanza del silenzio in presenza del sovrano,  questi come una specie di idolo, doveva restare impassibile, era inoltre accompagnato da eunuchi  che rappresentavano gli angeli, non camminava sul terreno, ma soltanto su lastre di porfido o tappeti di porpora ed era l’unico ritenuto degno di calzare scarpe vermiglie, chi riceveva da lui un dono, una pergamena, un rotolo o altro, doveva prenderli nascondendo le mani sotto un lembo del mantello e tanto altro. Eppure significativo è che al tempo della dinastia macedone, quando il potere lo prese un contadino appunto macedone, si cominciò a parlare di porfirogeniti per indicare i principi nati nella porpora e come tali appartenenti alla famiglia regnante, si evince che tutti questi riti triti e ritriti servono solo per legittimare il potere.

La famiglia dei Paleologi fu l’ultima dinastia a governare l’Impero Bizantino, governarono dal 1259 fino alla caduta di Costantinopoli, nel 1453, il loro motto era, Re dei Re, Regnante dei Regnanti. Zoe Paleologa una nipote dell’ultimo imperatore bizantino fu la seconda moglie di Ivan III di Russia, è per questo che Mosca è anche chiamata la terza Roma, eppure oggi, gli ultimi discendenti della famiglia Paleologo che risiedono tuttora nella provincia di Novara sono meno conosciuti di un qualsiasi attore o cantante della televisione.     

Singolare è la discussione sulla questione giunta sino a noi del designato, della stirpe nobile o dell’illuminato: in Italia i titoli nobiliari non sono più riconosciuti dal 1948 e non conservano alcuna rilevanza ma ultimamente, nelle persone, complice la televisione e il gossip, c’è una risvegliata adorazione per i titoli nobiliari… il fascino millenario dei nobili dal sangue blu, come il dio egizio Amon la cui pelle colorata di blu era associato alla carne degli dèi.

 

 

 

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