Capitolo 24
E poi gorgheggiando
la laringe si modificò
Per Lyuba, l’attrazione
per il nascosto e il misterioso era talora sopita e sonnecchiante, altre volte
accadeva un minimo evento, come il ritrovamento del gruccione, per partire per
la tangenziale del complotto onirico, un’avventura di sogni e pensieri, che poi
diventavano quasi reali con la possibilità dell’esistenza di un intrigo
internazionale, una cospirazione vecchia di millenni, una catena di eventi sia
politici, sociali che naturali, guidati da un gruppo di persone di stirpe nobile
o illuminate o unte o predestinate che interloquivano fra loro con il linguaggio
dei simboli e l’uso della magia, a volte
uniti, talvolta in contrasto, alternandosi alla guida del mondo e delle genti,
secondo il loro pensiero filosofico, morale e sociale. Così Lyuba, riusciva a
mettere in atto un calderone con tante di quelle cose dentro che non trovava
più il bandolo della matassa nemmeno lei stessa; ma ormai era dentro alla
ricerca e doveva seguire l’arcobaleno, iniziato col volatile, poi là dove
finiva, come racconta la leggenda, avrebbe trovato la pentola piena d’oro, ma
per ora era in alto mare e il porto sembrava irraggiungibile.
Di questo suo
interesse al non visibile, Lyuba ne aveva un certo timore, aveva così lasciato
alle spalle la pericolosa decifrazione della scacchiera politica, in quanto
dopo la pubblicazione delle sue ricerche, non ne era certa, in quanto è
difficile comprendere il nascosto, ma in quel frangente si era sentita come
teleguidata, qualcun altro pensava al suo posto, si era salvata perché aveva un
attaccamento alla famiglia e alla religione inviolabili. Vero, non vero, le
ricerche oniriche sugli eventi politici ed economici li aveva lasciati perdere perché,
anche senza la teoria del complotto, pasticciona com’era poteva incamminarsi
non volendo in simboli pericolosi ed evocare la magia nera, non era
un’eventualità remota in quanto il districarsi tra i simboli orientali e
occidentali che col tempo si sono sovrapposti, travisati, mal tradotti e
falsificati, era complicatissimo se non impossibile, poteva prendere lucciole
per lanterne e ottenere il contrario di ciò che auspicava; comunque lei era
mossa solo al bene, all’amore universale, alla pura conoscenza con l’animo
della bambina curiosa e credulona.
Il filosofo
romano Cicerone riteneva la superstizione una specie di sopravvivenza, pensava
al superstizioso come colui che stancava talmente gli dei con offerte e preghiere,
che alla fine era accontentato per sfinimento e così il superstizioso diventava
il superstite.
Detto ciò, in
merito al gruccione ritrovato, Lyuba doveva indagare seriamente e smetterla di
andare dalle amigdale, alle costellazioni e ai miti più strani che tanto non
sarebbe mai riuscita a sbrogliare il tutto, meglio per lei focalizzarsi solo
sul gruccione.
In tutte le
culture gli uccelli, con tutte le loro parti, le penne, le ali, il canto e l’uovo,
vengono percepiti come la manifestazione dell’invisibile, i volatili vengono
visti allegoricamente come messaggeri celesti, come fossero degli angeli che
vogliono comunicare qualcosa.
Doppiamente
doveva indagare perché ultimamente aveva a che fare con elementi che secondo
certe teorie testimoniavano il contatto con gli angeli, così trovava piume
nelle zone più disparate, le arrivavano ondate di profumi inebrianti e allo
stesso tempo leggeri e delicati, il suo sguardo si posava spesso sulle farfalle
e spesso si incantava al cinguettio dei passeri, perdeva cose che poi ritrovava
dove aveva cercato, tornava a casa e trovava le luci accese mentre era sicura
di averle spente, non aveva mai amato le nuvole e ora si ritrovava ad osservare
in loro forme di stelle, croci, frecce e
pesci e cuori, tanti cuori e tante stelle; se aveva scritto sulla stella
argeade, di cui non conosceva l’esistenza, era perché l’aveva vista formata in
cielo tra le nuvole, aveva cercato in Internet tra le immagini delle stelle e
aveva trovato Il Sole di Verghina.
Trovava
monete nei luoghi più impensabili, aveva persino trovato 5 euro nell’acqua del
mare mentre vi passeggiava con le gambe a mollo!
E poi,
inavvertitamente si infilava abiti e mutande a rovescio, con le cuciture in
evidenza, addirittura era arrivata al mare col bikini a rovescio e se n’era
accorta solo quando si era stesa sul telo da mare.
E poi, e poi,
certe volte all’improvviso le si svuotava la testa, tutto girava e sembrava che
qualcuno volesse entrare dentro di lei, questi secondo certe teorie sono tutti
segnali di contatto con gli angeli.
A volte se
non si vuole svelare la fonte di una qualche notizia si dice scherzosamente me
l’ha detto un uccellino. Una frase certo non vera ma nei detti popolari a volte
si trovano verità o comunque un rimasuglio di una credenza antica.
Esiste una
lingua degli uccelli?
Forse sì,
forse no.
Questa credenza
probabilmente proviene da tempi arcaici, forse l’uomo della pietra ascoltando
il suono melodioso degli uccelli e vedendoli saettare nel cielo, pensò che fossero
esseri magici, forse imitò i loro gorgheggi e come noi impariamo una nuova
lingua, il nostro progenitore imparò a comunicare con loro e poi gorgheggiando
la laringe si modificò e fu così possibile iniziare a parlare con le prime
parole che so, mamà, dadà o bubù.
Comunque sono
veramente tanti i religiosi e gli artisti che hanno parlato di questo linguaggio
magico.
Per esempio i
sufi, i monaci spirituali dell’Islam; Salomone la cui saggezza era dovuta al
fatto che capiva il linguaggio degli uccelli; San
Francesco che predicava agli uccelli.
Poi ci sono
le leggende sui Santi, come San Benedetto che dava da mangiare a un corvo che
obbediva ai suoi comandi o San Paolo eremita che ritiratosi nel deserto in una
solitaria grotta, aveva la compagnia di un corvo che all’ora del pasto gli
portava il pane e il profeta Elia che fu sfamato da un altro corvo.
Nella magia e
nell’alchimia, la lingua degli uccelli era considerata un qualcosa di perfetto,
era anche un linguaggio segreto usato dai trovatori, collegato ai tarocchi; vi
sarebbe pure una corporazione talmente segreta da non esistere: la Società
Angelica, chiamata anche la Nebbia,
formata da letterati e artisti che usavano un codice cifrato chiamato lingua
degli uccelli, soliti ritrovarsi al cabaret del Gatto Nero a Montmartre… bè
erano pure spiritosi, il gatto ama acchiappare i volatili e prima di ucciderli
sadicamente ci gioca.
Nelle favole
spesso si trova l’eroe che dialoga coi volatili, come pure nell’opera lirica
del Flauto Magico di Mozart e poi c’è l’opera teatrale Gli uccelli di Aristofane e chissà quanto altro ancora…anche Gli uccelli, il film del 1963 diretto da
Alfred Hitchcock ha qualcosa a che fare col mistero dei pennuti.
Se poi
andiamo al mondo pagano, troviamo gli àuguri, i sacerdoti che si occupavano di
trarre previsioni, dal volo e dal canto degli uccelli oltre che attraverso i
tuoni, i lampi, le eclissi, le comete e altro ancora.
Gli etruschi,
poi mutuati dai romani, furono maestri di questa arte divinatoria, tanto che
era detta etrusca disciplina.
L’àugure era
il sacerdote che aveva il compito di interpretare la volontà degli dèi
osservando il volo degli uccelli, a partire dalla loro tipologia, dalla
direzione del loro volo, dal fatto che volassero da soli o in gruppo e dal tipo
di versi che emettevano; da questi elementi il sacerdote traeva gli auspicia (che
significa osservare gli uccelli) per capire se gli dèi approvavano o meno l’agire
umano sia nell’ambito pubblico che in quello privato, sia in pace che in
guerra.
L’àugure come
insegna, aveva un bastone ricurvo: il lituo, simile al pastorale della Chiesa
cattolica, l’osservazione avveniva al centro di un recinto tenendo conto delle
porzioni di cielo da cui provenivano i pennuti tramite cippi astronomici.
La loro
attività era a vita ed erano molto venerati, al punto che per chi li offendeva
era prevista la pena di morte.
In guerra,
dato che erano necessari segni di rapida consultazione, non si poteva quindi
aspettare che arrivassero volatili dal cielo ci si serviva dei polli sacri,
erano chiamati Auspicia Pullaris. Se i polli mangiavano, l’auspicio era
favorevole, se poi mangiavano molto avidamente facendo ricadere a terra briciole
di cibo la previsione era ottima, se mangiavano poco il segnale era infausto.
A questo
proposito Lyuba ricordava che la bisnonna quando sparpagliava sull’aia il
becchime alle galline, e Lyuba le chiedeva di farlo lei, la bisnonna rispondeva
che non era possibile, in quanto dare da mangiare ai polli era una cosa molto
particolare che se non si faceva bene, poi i polli non avrebbero mangiato e
magari il giorno dopo ci sarebbe stato un temporale o un altro contrattempo.
Lyuba doveva
chiedere scusa anche ad Onorio, fratello di Galla Placidia, che fu imperatore alla
fine del IV secolo, quando la capitale dell’impero era Ravenna, perché aveva
sempre ridacchiato sull’ aneddoto raccontato dallo storico bizantino Procopio
di Cesarea, eppure sapeva che questo Procopio era una malalingua e un
pettegolo, basti leggere cosa ha scritto su Teodora.
La storiella
racconta che all’imperatore Onorio un eunuco, annunziò che Roma era perita.
Onorio esclamo: “Ma come! Se ha appena mangiato dalle mie mani!” L’imperatore
aveva un gallo di dimensioni enormi, a cui aveva dato il nome di Roma.
L’eunuco, comprendendo l’equivoco, disse che Roma, la città, era perita per
mano di Alarico. Onorio con un sospiro di sollievo, rispose: “Temevo che il mio
pollo Roma fosse morto!”.
Tanta, infatti
tramandano, fosse l’inettitudine dell'imperatore.
Ora alla luce
di quello che aveva scoperto, poteva pensare che Onorio si dedicasse agli
Auspicia Pullaris e che avendo visto il suo gallo Roma mangiare avidamente aver
creduto ad un responso assai favorevole e fosse rimasto allibito dall’esito
reale nefasto…quindi Procopio può essere accusato di blasfemia.
A questo
punto Lyuba poteva cercare di decifrare il messaggio angelico sul ritrovamento del gruccione e su ciò che stava
accadendo nella sua vita.
Il gruccione
era stato ritrovato alla sua destra, quindi il probabile evento era giusto e
corretto, il suo piumaggio era per lo più verde, indicando quindi un sacco di
cose belle… amore, emozioni, relazioni, armonia, unità, compassione, perdono,
guarigione, benessere.
Un pensiero
improvvisò l’allarmò e se il gruccione non si salvava?
Che vorrà
dire?
Forse
qualcosa riguardo al mio percorso di castità, infatti il gallo è colorato e
vivace ma se lo castrano diventa un cappone e il suo piumaggio diventa bianco…
bastaaa quante corbellerie, adesso mi alzo e porto il gruccione al Centro di
recupero, disse a se stessa Lyuba stiracchiandosi.
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