lunedì 20 marzo 2023

Il volo del gruccione

Capitolo 26

Le toccava andare nel bosco, il gruccione era morto per portarle il messaggio

 

 

Lyuba stava girando su e giù nella zona delle Bassette ma la via degli Zingari non riusciva a trovarla neanche con l’aiuto del cellulare, per fortuna che non si era messa in cerca ieri sera col buio.

Il gruccione stava nello scatolone sul sedile dell’auto e lei ogni tanto occhieggiava per vedere cosa faceva, non si muoveva di un millimetro.

Finalmente trovò la strada, era una specie di carraia polverosa, andando avanti diventava poco più di un sentiero fra sterpaglie e canneti, in poche centinaia di metri era passata da una zona commerciale e industriale in una specie di bosco.

Stava quasi per tornare indietro quando arrivò davanti ad una casa con un grande recinto: era il Centro di recupero… era arrivata.

Scese dall’auto, vide una grande casa chiamata Cà Ponticelle, un gran recinto con un mucchio di volatili e animali e sul fondo un paio di uomini che lavoravano con uno escavatore e che le fecero da lontano una specie di saluto, ma Lyuba non ricambiò il saluto, come in trance proseguì dritto davanti a lei.

Una strana forza l’attraeva verso il bosco, sentiva il gorgoglio dell’acqua, si avviò col gruccione nella scatola verso il sentiero che conduceva nella boscaglia, mentre pensieri come saette veloci, le arrivavano nella mente, un coacervo di rimandi, di cavalieri e di pellegrini che entrano nella foresta e hanno tante avventure, Dante che entra nella selva, Ernst Junker e il ribelle, Der Waldgang, colui che passa al bosco, il proscritto, il bandito, l’eremita, l’esule, lo zingaro, lo scout, il partigiano ecc., colui che abbandona il mondo nichilista e materialistico dominato dalle macchine per ritrovare la propria libertà e spiritualità. Junker nel Trattato del Ribelle scrive incisivo, quasi che al posto di un pennino avesse uno stiletto: “Ogni tirannia ha bisogno di giustificarsi. Per questa ragione organizza false elezioni democratiche dove è utile che vi siano anche alcuni voti contrari, veri. Possibilmente non più del 2%. Questi coraggiosi che osano sfidare il regime nelle urne, nonostante il rischio di venir scoperti con trucchi diretti (spie nel seggio) o indiretti (schede numerate con macchine da scrivere senza nastro), sono comunque utili alla dittatura che, se avesse il 100% dei consensi, non potrebbe più fingere di credere nella democrazia”. Junker scartavetrando le false sicurezze identificava due figure: l’Operaio e il Milite Ignoto, il primo figlio della devastazione tecnica e meccanica (già ne parlava Chaplin nei suoi film) il secondo figlio delle guerre, dei massacri, dei regimi. Il primo è il simbolo della padronanza e del predominio dell’uomo sulla tecnica mentre il secondo rappresenta le gloriose vite sacrificate in nome della democrazia.

A queste due si viene ad affiancare la figura del Ribelle, colui che passa al bosco, Lyuba non aveva proprio voglia di fare la ribelle, eppure ormai sapeva che il gruccione le era stato inviato come messaggero… cosa avrebbe fatto Lyuba?

Avrebbe continuato le ricerche?

Avrebbe lasciato le sue sicurezze, il suo essere arrivata per darsi alla macchia?

“Signora, ma dove va? Torni indietro, là non c’è niente, l’entrata è qua”.

Un uomo vestito di pantaloni color kaki e una felpa verde militare, la stava rincorrendo, era sicuramente un operatore del Centro avifauna, Lyuba tornò indietro velocemente con la sua scatola che diede all’uomo.

“Non sapevo di questo bosco, sembra una bella passeggiata, ha il sentiero segnalato, comunque ecco qua il gruccione. Si salverà?”

“Ci proviamo, sembra che abbia i sintomi di un avvelenamento”.

“La prego, mi faccia sapere qualcosa, sia che si salvi, sia che non ce la faccia”.

Dopo i convenevoli di rito e i saluti Lyuba risalì in auto, riservandosi di tornare con più calma.

Passarono una ventina di giorni, ma nessuno la chiamò e quando si decise lei a telefonare, le risposero che il gruccione era morto per emorragia interna, che anche se dall’esterno non si vedeva certamente aveva preso un colpo mortale, forse da un’auto, chissà.

Lyuba decise che era venuto il momento del suo Der Waldgang, cioè di andare nel bosco, le toccava il gruccione era morto per portarle il messaggio.

Nei giorni che erano passati Lyuba non era stata con le mani in mano, ma si era recata in  biblioteca e si era procurata  dei libri che trattavano degli zingari, in particolare sul loro olocausto, dato che la via del Centro salva uccelli era intitolata agli Zingari caduti nei lager.

Era rimasta giorni e giorni fra le scartoffie, cercando di trovare un senso dove non era possibile trovarlo, con la testa piena di dati che si contraddicevano, decise di chiudere, con le sciocchezze che aveva macinato sino ad ora, ritenendo che stabilire la provenienza iniziale degli zingari fosse qualcosa che in fondo non aveva importanza.

Gli zingari erano nomadi come lo erano stati un tempo antico tutti gli uomini prima di diventare stanziali, forse mantenevano usanze che avevano mutuato nei vari paesi dove si erano spostati lungo i millenni e non aveva intenzione di chiedersi il perché fossero considerati maledetti.

Lyuba si sentiva triste, non sapeva il perché, si sentiva triste e basta.

Aveva creduto veramente a qualcosa di oltre al mondo fisico, di particolari messaggi che lei era in grado di decifrare, si era fatta uno di quei viaggi visionari descritti, nei romanzi che parlano di templari, di graal, di merovingi, di sangue reale, ma ora vedeva tutto ciò come etichette di corte, con la stessa funzione del marchio nei vestiti o negli accessori, per cui un borsa di plastica poteva costare dai 10 euro ai 3000 euro, etichette per legittimare il potere, che servivano anche a creargli intorno un po’ di magia, ben più utile sarebbe liberarsi di queste simbologie/archetipo,    ricomparse in modo massiccio tramite la pubblicità.

-Cielo, quando andavo a scuola, guai se i professori mi trovavano a leggere l’oroscopo e ora, la prima cosa che mi chiedono non è manco il nome ma il segno zodiacale-  disse fra sé Lyuba, tristemente si rendeva conto che lei era caduta completamente nella superstizione, altro che  magia, per capire e modificare la realtà, non era maturata per niente, altro che arrivata era incontentabile non le bastava la realtà; come quando da bambina forò il pallone e la mamma gliene comprò un altro, ma la piccola Lyuba piangeva perché pensava che se non avesse forato il primo ora ne avrebbe avuti due o forse già intuiva che anche le cose seriali a volte non sono mai le stesse, cambiano col momento che stai vivendo, che è sempre diverso, così uno spremiagrumi un giorno ti può apparire utilissimo e sorseggi con gioia il succo d’arancia e un’altra volta antipatico e complicato perché ti spruzza le piastrelle della cucina e non hai voglia per niente di pulirle.  

I giorni passavano e si sentiva sempre più depressa, tutta la sua ricerca era priva di contenuto, semplicemente si era imbattuta in un volatile ferito, lo aveva soccorso e con la sua fantasia aveva creato un castello fantastico, restava il fatto che il gruccione non lo aveva salvato, tutto era stato inutile come i suoi trastulli mentali… la realtà era tangibile, tutto il resto follia.

 

 

 

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