venerdì 10 marzo 2023

Il volo del gruccione


 

Capitolo 25

Il tè della morte, il tè della vita, il tè dell'amore

 

 

Si alzò, andò in bagno e dopo i soliti preliminari, si vestì e truccò gli occhi di blu, Lyuba non usciva mai senza disegnare il contorno dei suoi occhi verdi con una matita blu, poi schiacciò il tasto dello sciacquone e accipicchia il pulsante si era rotto… grrr, grrr, grrr.

Lyuba, fremeva di rabbia le piccole cose la indisponevano in maniera assurdamente esagerata, cercò di calmarsi, di non pensarci, anche se non sopportava le cose rotte, lei aveva sempre a portata di mano l’attak e con questa colla provava ad incollare ogni tipo di materiale, a volte l’impresa era ok, a volte non era ok e allora si sentiva una scema ritrovandosi con un nulla di fatto e con le dita impiastricciate e incollate fra di loro.   

Telefonò all’idraulico, sarebbe venuto a mezzogiorno, nella pausa lavoro, Lyuba risollevata pensò bene di farsi un tè e poi avrebbe portato via il gruccione.

Mentre stava sorseggiando il tè allo zenzero e limone, un flash improvviso le rammentò Sidi Bou Said e i bicchierini di tè alla menta coi pinoli dentro.

Un tempo a Lyuba non piaceva il tè, aveva cominciato a berlo, dopo essere stata in Tunisia.   

Sidi Bou Said è un incantevole paese della Tunisia, arroccato sul mare, un paese luminoso in quanto assai soleggiato ma anche perché tutte le case sono imbiancate a calce, riflettendo così e amplificando la luce solare; mentre, le porte e le finestre per lo più dipinte di celeste/blu, sono armoniosamente decorate a filigrana, simili, ma ognuna con il proprio stile, riflettevano il colore del mare.

Qui la luce e il mare sono padroni e qui in questo angolo meraviglioso si respira aria d’Europa, e fanno un tè delizioso, Lyuba ricordava che durante la sua vacanza svuotava bicchierini su bicchierini, tanto le piaceva e tanto voleva essere fortunata… a Sidi Bou Said la cerimonia del tè nel deserto era anche un rito di buona fortuna, consuetudine mutuata dai berberi.

Per i tuareg la cerimonia del tè, conosciuta anche come il tè nel deserto, è un’usanza religiosa che si condivide con chi si incontra per augurargli buona fortuna, un punto d’incontro, poi ognuno va lungo la sua strada.

La cerimonia comincia con la preparazione della bevanda, tutto deve essere a modo e percepito come intenso rituale, per esempio il fischio della teiera è visto come un simbolo gioioso di arrivo   e paragonato al proprio battito cardiaco. 

Il tè viene preparato tre volte, ogni volta seguendo una ricetta e una preparazione diversa: la prima variante, piena di tè amaro e forte, è conosciuta come il tè della morte; la seconda variante è composta da tè più dolce ma dal retrogusto amaro, ed è chiamata tè della vita ed infine la terza variante è preparata con tè molto dolce, dal gusto intenso e inebriante, il tè dell'amore.

Il tè nel deserto è anche un film e un libro molto famoso, ma Lyuba non si trovava per niente d’accordo con la trama e il suo intendimento, non si trovava d’accordo con chi non essendo religioso non capiva neanche la religione degli altri, mutuando un qualcosa che era solo un doppio, un qualcosa di degenerato e di imbastardito, che ha perso le qualità e il senso della iniziale tradizione e diviene così vizioso

Paul Bowles, l’autore del Il tè nel deserto, faceva parte della cosiddetta comunità degli espatriati occidentali che si muoveva tra Tangeri e Casablanca, come Truman Capote, Tennessee Williams, Gore Vidal, Brion Gysin e molti protagonisti della Beat Generation come Allen Ginsberg, William S. Burroughs, Gregory Corso, Jack Kerouac, Peter Orlovsky.

Un gruppo di persone di cultura, disgustato dai valori americani, nemico del complesso militare-industriale-imperialista e nemico delle religioni istituite, appassionato di viaggi, attorno al modo ma soprattutto di viaggi interni, usando droghe a go-go e poi successivamente interessato al buddismo e alle tecniche di meditazione orientale.

Questo gruppo dedito all’introspezione e dedito all’yoga e al buddismo, durante il soggiorno in Marocco e Tunisia non si interessò ai valori dell’islam, alla frequentazione di moschee, preferì divertirsi coi vizi, piagnucolando poi sull’insulsaggine della vita e infarcendo i loro libri, seppur molto belli, di non speranza.

Tangeri o Tunisi o Sidi Bou Said erano per loro una specie di terra di nessuno dove le autorità non erano troppo esigenti e le prestazioni dei bei giovani dalla pelle abbronzata, molto a buon mercato, specie per chi pagava in dollari.

Bowles, come molti non-musulmani in Occidente, tra cui parecchi eruditi, percepisce la vita delle popolazioni mediorientali, come soggiogata dal fatalismo religioso, dove il credente è  completamente privo del libero arbitrio e quindi incapace di cambiare ciò che Dio ha stabilito.  Quando è solo destino, la vita non è altro che un disperato gioco già perso in partenza, anche se la fede nella compassione di Allah prevede la salvezza per chi si sforza di comportarsi bene.

Bowles non riusciva a capire la facilità con cui i ragazzi magrebini si prestavano ad avere rapporti omosessuali con uno straniero, accettandone i soldi e le loro abitudini viziose, come l’alcool e le droghe, mantenendo la loro di fede di musulmani osservanti, li considerava degli immorali e degli ipocriti perché consideravano i cristiani solo da sfruttare, facendosi pagare le loro marchette e facendogli pagare un’extra per ogni tè che bevevano.

Bowles, non capiva che lui portava a loro, il mito dello straniero ricco e arrogante, dai molti vizi, il ricco che in quanto erudito aveva capito tutto della vita, il ricco che comunque aveva disprezzo di loro, e allora che facevano? Quello che ci si aspettava da loro, ma avendo fede, non si buttavano nel pozzo vuoto della disperazione di chi aveva tutto e piagnucolava, ma si dicevano che prima o poi avrebbero smesso, liberandosi dalle lucciole dello straniero, essendo certi che Allah avrebbe perdonato.

Bowles e gli altri invece erano arroganti, si credevano umili, ma non lo erano, perché se avessero avuto vero amore dentro a loro stessi avrebbero intuito che la salvezza c’è: è lo sforzarsi di fare bene, se si cade pazienza, ma il non fare niente, l’accidioso presuntuoso che crede di aver capito tutto e non si sforza di comportarsi bene cosa fa, se non credere che tutto è destino e non conti niente fare qualcosa?

Lyuba finì di sorseggiare il tè allo zenzero e limone e un ulteriore ricordo illuminò la sua mente… durante il suo viaggio in Tunisia, su uno dei fili del telefono, mentre si trovava a Kelibia, antica città sul mare prima fenicia, poi punica, romana e bizantina, aveva visto un uccello verde e blu, colorato come un pappagallo, che l’aveva tanto colpita, ora sapeva che era un gruccione.

Bee-eater ovvero mangia-api, così è chiamato il gruccione in inglese, ha due rotte principali di migrazione: quelli che nidificano, in primavera, nel Sud Ovest dell’Europa, in autunno passano dallo stretto di Gibilterra, attraversano il Sahara e si dirigono verso l’Ovest dell’Africa. Invece i Gruccioni che nidificano nell’Est dell’Europa si dirigono, in autunno, verso l’Africa passando per Israele, chissà poi perché si chiede Lyuba, mah!

Comunque i gruccioni che arrivavano sulle coste della Tunisia avevano le guance blu, Lyuba corse dal suo gruccione, era ora di portarlo al Centro avifauna e constatò che aveva le gote blu.

 

 

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