
Matera - La Bruna
di Paola Tassinari
Arte Digitale, stampa su Polionda 70x100
cm., è realizzabile in diverse misure, eseguita
nell’agosto del 2020, il titolo è “Sono Bruna e
sono Bella e son di Matera”. Su una base
nera, scura come il caos o la notte, rinvia al
nostro vivere ormai senza il senso del Sacro.
Ho inserito una foto, elaborata al computer,
di luci decorative realizzate dagli artisti delle
luminarie per la Festa della Madonna della
Bruna, su cui si stagliano i ritratti da me
eseguiti a matita e penna su carta, della
statua della Bruna e del Bimbo creata per la
Processione di questo anno 2020, ispirata
all’affresco bizantino risalente al 1270 della
Madonna della Bruna con il Bambino
benedicente con due dita, secondo il rito
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greco, attribuito a Rinaldo da Taranto e
ubicato sull’altare nella prima campata della
navata sinistra della Cattedrale di Matera.
Ho inserito i volti in primo piano, a mezzo
busto, con in testa la corona d’oro, regalità, i
pizzi bianchi al collo, purezza, la Vergine
volge gli occhi in basso a noi, mentre il
Bimbo alza la mano benedicendoci. Non mi
sono mai rivolta alla Madonna, sino a non
molto tempo fa, ero solita farlo con Gesù, era
Lui che avevo amato per primo, diversamente
“la Vergine mi incuteva un tale rispetto che
non osavo disturbarla”. Non le avevo mai
dedicato un’opera! Non sentendomi pronta a
catturarne il senso del Sacro, ho realizzato
solo delle copie simboliche, nella versione
terrena, della iniziale Dea Madre dei tempi
antichi e remoti, soprattutto per il mio
romanzo del 2015 dedicato alle Madonne
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Nere e intitolato: “Sono bruna e sono bella” ,
titolo che deriva da un passo del Cantico dei
Cantici di Salomone. (Forse, teologicamente
non è corretto, scrivere della Dea Madre come
prefigurazione di Maria, ma personalmente
credo che tutto il ‘pregare antico’, prima
dell’Avvento, antropologicamente sia traslato
nella devozione alla Madonna, non solo più
Madre Terra, ma soprattutto Madre di Dio)
Dopo aver realizzato “Il sogno di Vito”, in
modo impellente ho sentito il desiderio di
creare un’opera per la Bruna. Ho come
sentito che Lei, mi dicesse che potevo farlo,
perché la Bruna anche se ha il volto bianco è
una Madonna Nera, con la stessa forte
sacralità e simbologia delle Madonne
festeggiate nelle domeniche in albis, (cioè la
domenica dopo Pasqua. In albis ‘vestibus’,
significa in bianche vesti. Un tempo i
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battezzandi di Pasqua, indossavano una
tunica bianca che deponevano la domenica
dopo; dal 2000 la Chiesa cattolica celebra in
questa data anche la domenica della Divina
Misericordia) della Vergine del Fuoco, o
dell’Acqua o dell’Albero. Sono Madonne le cui
effigi sono legate a delle leggende, sono state
trovate in modo misterioso o hanno creato
prodigi, sono Madonne dei miracoli,
Madonne delle Grazie spesso festeggiate il 2
luglio il giorno della Visitazione di Maria a
Elisabetta, che anticamente si svolgeva il
lunedì in Albis, sono le Stella Maris (Stella
del mare) un titolo, fra i più antichi. Una
delle più importanti è la Madonna di Loreto,
in quanto vi è la Santa Casa e la Bruna ne
ha tutti i simboli, in primis quel
galletto/fischietto che in realtà antropologicamente rivela ben altro. Come individua
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ben altro lo “strazzo”, il rito finale della
processione della Bruna. Il carro viene
sfasciato e i pezzi/pezzettini portati a casa
dai fedeli come buon auspicio o protezione,
con evidenti riferimenti a riti arcaici e pagani
quando il corpo del paredro, (nel Neolitico,
con la scoperta dell’apporto maschile nella
creazione della vita, alla donna/dea/madre,
si affianca il dio della vegetazione chiamato
paredro della grande dea, che nasce e muore
annualmente) il compagno della dea madre,
veniva sacrificato e fatto a pezzettini per
propiziare la fertilità. Ciò non deve
scandalizzare perché la chiesa ha raccolto nei
millenni tutto ciò che era “sacro” limitandosi
a “lavarlo”, togliendo ciò che andava tolto. La
Chiesa scarta ciò che non serve, per il resto
salvaguardia le tradizioni. La Chiesa col
Nuovo Testamento non ha lasciato il Vecchio
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ma, raccoglie tutta la conoscenza possibile
per offrircela secondo la nostra comprensione.
Se stiamo dentro al recinto della Chiesa non
diventeremo pecore pazze, correndo a sinistra
e a destra dalle nuove religioni o da quelle
orientali, la religione cattolica non è
ignorante come ci dicono è… conoscenza e
conoscenza e ancora conoscenza, oltre che
spiritualità… Tanto per fare un esempio, la
psicanalisi, nuova branca scientifica, da
centinaia di anni è perpetrata dai religiosi
con la Confessione… Il perdono non è alla
base di ogni star bene della psiche? Mi fermo
perché altrimenti non la finisco più, un solo
ultimo punto, sui Maestri delle luminarie,
che nel giorno di festa per rendere omaggio
alla Bruna creano merletti e ricami di luce.
Immaginate le luci usate per riscaldare le
notti davvero buie dei nostri antenati, allora
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il buio era veramente buio pesto, quindi
pensate quello che poteva essere un punto
luce. La luce è l’essenza di Dio ed è il primo
elemento che ha creato. Come omaggiare Dio
e i Santi se non con la luce? In origine le fonti
di luce erano torce e candele. Per un fedele la
luce rappresenta la personificazione di Cristo
che sconfigge la morte. È per noi un segno di
affetto e devozione accendere una candela o
un lumino elettrico, come ringraziamento e
gratitudine alla Madonna, a Cristo, ai Santi
e i Martiri, è da queste candele che hanno
origine le luminarie.
Questi Maestri di luminarie e di fuochi
artificiali, luci lanciate al cielo, le ho
ammirate, incantata e meravigliata di
bellezza, da Ravenna, quando il Festival di
Ravenna, uno dei più importanti festival
multidisciplinari d’Italia, nell’anno 2000
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organizzò una grande festa popolare,
invitando i Maestri del fuoco e delle luci da
tutta Italia: luminarie e stupefacenti fuochi
d’artificio invasero la mia città.
Siccome il titolo di quest’opera “Sono Bruna e
sono Bella e son di Matera” è ispirato sia alla
Bruna di Matera che al mio romanzo
dedicato alle Madonne Nere, inserisco in
questo scritto un estratto da “Sono bruna e
sono bella” in riferimento al simbolo del
fischietto/gallo (da noi in Romagna abbiamo
il fischietto/oca), del paredro/sacrificio e
della prefigurazione della Vergine.
…Prima l’uomo è rimasto affascinato dal
fischio ed ha imparato a fischiare, poi ha
acquisito il linguaggio degli uccelli, che poi
ha dimenticato, forse con l’inizio della
scrittura. Per lingua degli uccelli si intende
321
un linguaggio mistico, mitologico o fiabesco
usato dagli uccelli per comunicare con gli
iniziati. L’esistenza di questo linguaggio è
ipotizzato nella mitologia e nella letteratura
medievale. Secondo la scienza, il canto degli
uccelli va considerato come un linguaggio
non articolato, ma rispondente a situazioni
che si verificano, quali situazioni di pericolo,
disagio, aggressività, richiesta di cibo,
corteggiamento ecc. Lo studio del canto degli
uccelli rientra nell’ambito di una nuova
scienza, la bioacustica musicale, che studia i
fenomeni sonori in relazione alle forme di
vita del mondo animale. Nel sufismo il
linguaggio degli uccelli è un mistico
linguaggio angelico. Il poema ‘Il Verbo degli
uccelli’ è un poema mistico, la ricerca
allegorica di Dio. Gli uccelli si riuniscono
tutti per eleggere il loro re. Si dice che la
322
saggezza proverbiale di Salomone derivasse
dalla sua conoscenza del linguaggio degli
uccelli. E San Francesco, il mio Santo
preferito, non predicava agli uccelli? Quindi,
prima che diventassero dei souvenir, i
fischietti avevano una funzione di testimonianza religiosa, si è addirittura ipotizzato che l’uomo antico, nelle grotte dipinte,
fischiasse in segno di ‘devozione’. Il
fischietto/ochetta di Cesena, ancora fino a
poco tempo fa, si era soliti omaggiarlo alla
fanciulla preferita con chiaro segnale di
corteggiamento [...] Arriviamo a Loreto,
scendiamo proprio di fronte all’albergo, ma
non ci ritiriamo… E’ una serata dolce e mite,
così andiamo alla scoperta del Santuario,
almeno per la parte esterna. Intanto mi
incuriosisce la fontana che è posta qui,
proprio di fronte alla fermata della corriera:
323
presenta quattro galli e un drago… Io non ho
mai visto una fontana con un tripudio di
pollame e dire che sono abituata alla
simbologia del gallo. In Romagna lo
troviamo come simbolo della città di Forlì,
sulla caveja ed anche sui tetti delle case come
banderuole. La Fontana dei Galli, nell’omonima piazza fu commissionata dal Cardinale
Antonio Maria Gallo tra il 1614-1616. È
chiamata anche fontana del ritorno, in
quanto veniva alimentata da una tubatura
proveniente dalla fontana maggiore in cui
giungeva l’acqua direttamente dall’acquedotto. La vasca, anticamente era utilizzata
come abbeveratoio per i cavalli che vi
transitavano da e per Loreto, specialmente
nel periodo delle fiere. La fontana ha subito
diverse modifiche nel corso dei secoli. E’
abbellita da quattro galli di bronzo che
324
rappresenterebbero il Cardinale Gallo e un
drago in onore di Papa Paolo V. Le sculture
sono state realizzate dai fratelli Jacometti. E
ora vediamo un po’ la simbologia del gallo,
che abbiamo già trovato con Esculapio
assieme al serpente e all’oca. Questo volatile
doveva avere, in tempi remoti, una
simbologia molto forte, è ancora oggi vessillo
della Francia. In passato questa nazione era
dominata dai Celti, chiamati Galli dai
romani, in quanto avevano due ali di gallo
disegnate sull’elmo. E perché avevano proprio
due ali di un gallo? Il gallo è presente su
diverse monete galliche e su alcune raffigurazioni gallo-romane è rappresentato a fianco
di Mercurio-Lugh. Pur essendo un simbolo
solare, il gallo viene associato al mondo
sotterraneo e al Mercurio celtico nel suo
aspetto oscuro, oltre che alla Dea Madre
325
Terra. Alcuni galli venivano sacrificati
durante il giorno dedicato alla dea celtica
Brigit e pertanto questo animale, pur essendo
anche un simbolo di mascolinità, aggressività e protezione dalle intrusioni, è connesso
con la Dea. Secondo una tradizione celtica il
gallo scaccerebbe i fantasmi e gli spiriti
maligni che si aggirano nella notte grazie al
suo canto, grido di annuncio per il sorgere
del sole. E così ho risolto il mistero: il gallo
non è propriamente solo simbolo maschile o
del sole ma è anche associato alla ‘grotta’ e
alla Dea Madre. Inoltre, si associa molto bene
anche all’esoterismo del gatto, questi come ho
già scritto, è un’animale legato alla luna, al
regno dei morti, alla profezia e alla terra
dove il seme germina. Un proverbio irlandese
dice che gli occhi del gatto sono la porta
dell’Altro Mondo. Sempre in Irlanda vi è una
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leggenda di una grotta abitata da una
regina/gatto che stava seduta su una sedia
d’argento, chiaro riferimento alla luna; come
tutti sappiamo la falce di luna è presente ai
piedi della Vergine in numerose
raffigurazioni [...] In epoca precristiana il
gallo era la rappresentazione simbolica del
sole ed anche del rinnovamento, ma è con
l’avvento del cristianesimo, il quale si
sovrappone alle altre religioni, assorbendo e
trasformando, ma non eliminando, che
diviene simbolo di Cristo/Luce. Il suo canto
annuncia il finire delle Tenebre e il sorgere
della Luce. Similmente anche la Massoneria
intende il gallo in questa versione di Luce
della Conoscenza. Tornando al gallo, non fu
l’animale che cantò tre volte, ad ogni
tradimento di San Pietro verso Gesù? Il gallo
quindi rende visibile il tradimento, che non si
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può più occultare. Luigi mi prende per mano:
“Finiscila di fantasticare, andiamo a vedere
la Basilica”. Mi costringe ad una piccola
corsa che mi causa il fiatone, però mi fa
anche ridere, con Luigi mi sto divertendo
molto, senza fare niente di particolare, sto
bene con gli altri e con me stessa. Arriviamo
alla Piazza della Madonna, grande,
armonica, al centro si trova una fontana dove
zampilla acqua illuminata, pare
fosforescente, miracoli dell’energia elettrica,
adorna di sculture in bronzo, è un’opera di
Carlo Maderno. A sinistra un porticato
snellisce l’impatto massiccio del Palazzo
Apostolico, il campanile svetta a destra
accanto al palazzo Illirico, una costruzione in
laterizio, un tempo ospitava i Gesuiti, oggi
funge da ostello per i pellegrini e soprattutto
per ‘i treni dei malati’. Difronte a noi la
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maestosa facciata marmorea del Santuario,
biancheggia e snella si innalza al cielo:
‘Turris Eburnea’, dal Cantico dei cantici di
Salomone… il tuo collo come una torre
d’avorio, è un aggettivo dedicato a Maria. La
Madonna divenne ‘Torre’ dopo la costruzione
delle cattedrali. A volte discorrendo ci si
interroga sulle chiese contemporanee, non
piacciono, non sono imponenti, risultano
‘vuote’, i simboli sono pop, non affascinano né
inducono alla meditazione. Diversamente nel
Medioevo si aveva un’alta concezione
dell’arte, la quale traduceva nel reale la
Bellezza ideale come riflesso del Divino. La
costruzione di una chiesa, richiedeva perizia
tecnica e la conoscenza del filosofo ma, anche
l’entusiasmo, l’intuito e il soffio dell’anima. È
la stessa cosa quando qualcuno elenca un
sacco di buone azioni, di pregi su sé stesso e
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tu lo guardi perché sai in effetti che si
comporta diversamente, forse tu hai travisato
i suoi gesti? O senti il vuoto delle parole a cui
non corrisponde il gesto? [...] Con il passare
degli anni e la tecnologizzazione le divinità
maschili spodestarono la religione matriarcale, sostituendola con una patriarcale.
La ‘Grande Madre’, questo l’appellativo
generale e comune a tutte le latitudini e
longitudini, veniva chiamata Iside, Ishtar o
Gea o con altri nomi secondo la zona.
Caratteristica peculiare di questa divinità, di
fatto la Dea Terra, è il suo duplice aspetto:
uno positivo/luminoso, in quanto apportatrice di fertilità, raccolto, abbondanza e
l’altro negativo/oscuro, addirittura tremendo, di dea dell’infertilità, della carestia,
della distruzione.
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L’ininterrotto della vita, un ciclo continuo ed
eterno, distinto da venuta al mondo, decesso,
nuova nascita oppure divenire, essere,
morire, era rappresentato da questa divinità.
Da questa poi il fiorire di immagini, allegorie
e simboli presenti anche in culture successive
e in ambienti moderni. In Europa, come
peraltro negli altri continenti, i punti di culto
della Grande Madre sono numerosissimi,
qualcuno in superficie, diversi sottoterra,
nascosti, segreti, sotterranei, scavati o
semplicemente reimpiegati in anfratti a
significare il ‘contenitore’ che generò la vita
dell’uomo: l’utero della Madre. Questi luoghi
sotterranei erano posti in stretta attiguità con
le fluenti cariche energetiche; si pensi alle
forze telluriche dell’entroterra.
Quelle che gli studiosi di storia dell’arte
definiscono le ‘Vergini nere’ e cioè Madonne
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dal volto scuro venerate in molti santuari in
Borgogna, in Alvernia e in Linguadoca,
deriverebbero dalla Grande Madre.
La domanda che viene da porci è la seguente:
quale mistero si cela dietro le loro forme e il
loro simbolismo?
Passando trasversalmente da un passato
lontano, animato da popoli vari: Celti, Galli,
Romani, Arabi, con i propri culti e rituali, il
percorso conduce al Medioevo. Quest’ultimo
ci appare insolitamente rutilante di colori, di
saghe e di leggende. I personaggi che ci
aiutano a comprendere tutto questo, l’humus
che permea questa storia di ricerca della
Madre, rievoca il nome di categorie che oggi
vanno per la maggiore in trasmissioni
televisive in seconda serata e che vendono
migliaia di best seller, infrangendo ogni
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record nelle vendite di libri: Catari,
Pellegrini, Santi, Templari, Eretici, Streghe,
Alchimisti, Trovatori, Dame dell’amor cortese
e altro.
La Madonna nera è collante di un fitto
intreccio che abbraccia enigmaticamente la
civiltà europea e quella islamica.
Il viaggio parrebbe terminare ai giorni nostri,
in cui una crescente e militante teologia
femminista si riallaccia o almeno tenta di
riallacciarsi, alla religione primigenia della
Grande Madre. In Germania, negli Stati
Uniti e in altri paesi europei, gruppi di donne
recuperano antichi rituali legati alla figura
della Dea Terra, mettendosi insieme per farli
rivivere e parlando a tale proposito di
‘religione del futuro’… un culto che, tra
l’altro, va di pari passo con il movimento
333
ecologico perché ‘come madre’ (la Madonna
Nera) può esigere che i suoi figli riflettano sul
modo in cui essi trattano l’uno con l’altro e si
servono delle risorse concesse dalla vita.
Particolare scomodo quest’ultimo perché
riallaccia a molte visioni e messaggi tollerati
anche dalla Chiesa cattolica. Dunque un
messaggio che vorrebbe dirci che anche
Maria, Madre di Dio e nostra Madre Celeste,
ci richiami ad un rispetto della vita e delle
risorse? Oppure che questi gruppi attingano a
fonti cattoliche senza rendersene conto?
Oppure che vi è una saggezza anche in questi
culti un po’ confusi ed alquanto astrusi che
fondano anche sulla magia? Fanatismi
religiosi, nuove interpretazioni della storia
della Chiesa e nella stessa teologia cattolica.
In realtà il ruolo delle donne nei Vangeli, la
rievocazione del ruolo della Madre è già nel
334
pontificato di Giovanni Paolo II col suo
avvicinarsi, in un giusto rapporto, alla figura
femminile, scevro da ogni misoginia [...]. La
storia della Chiesa è ricca di singolarità e
peculiarità, caratteristiche che ne hanno
tracciato i segni dalla notte dei tempi. Su
tutti è da leggersi l’insegnamento paolino
nella storia della diffusione del
Cristianesimo. L’Apostolo delle Gentisi è fatto
promotore, artefice e diffusore di quel
comandamento cristico “Andate e portate la
Buona Novella”. Quando in Europa iniziò la
cristianizzazione ed i primi missionari
cristiani scoprirono in Gallia un gruppo di
Celti immersi nella venerazione di una figura
femminile nell’atto di dare alla luce un
bambino, svelarono agli indigeni che, senza
saperlo, stavano adorando un’immagine
della Madonna e che loro erano già cristiani.
335
Su quel sito sacro venne costruita una chiesa
cristiana e l’idolo pagano, trasferito al suo
interno, si santificò ‘automaticamente’ per
devozione religiosa in una raffigurazione
cristiana. Per questo motivo, per darne una
giustificazione, i teologi coniarono il termine
‘Prefigurazione della Vergine’. Con questa
definizione si intende dunque la presenza di
figurazioni mariane che, a volte, precedevano
la stessa nascita di Maria. Sul nostro
continente sono innumerevoli i siti in cui si
praticava il culto della Grande Madre [...]
anche in Marocco, nel Libano, in Egitto,
Siria e Turchia, sono numerosi e assai
frequentati dai musulmani i Santuari
mariani. La devozione islamica verso la
Madonna è presente ovunque e corrisponde
all’eccezionalità della figura di Maryam
secondo lo stesso Corano. Recentemente,
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cristiani e musulmani del Libano hanno
proposto di proclamare il 25 marzo, giorno
dell’Annunciazione, festa nazionale. L’idea è
stata ufficialmente accolta dal primo
ministro Saad Hariri, sunnita musulmano.
La Madonna potrebbe essere legame,
ramoscello d’ulivo per un incontro fra Oriente
e Occidente [...] James Fraser, antropologo
scozzese, premio Nobel per la letteratura, nel
suo libro, il ‘Ramo d’Oro’, ce lo raffigura: “La
persona del Re è concepita come il centro
dinamico dell’universo dal quale si dipartono
linee di forza che si irradiano in tutti i punti
del Cielo; ogni suo gesto, quindi, volgere il
capo, alzare una mano, si ripercuote
immediatamente e talvolta, con conseguenze
catastrofiche, su qualche parte della natura”.
Il sovrano è il perno su cui poggia la bilancia
del mondo e la minima irregolarità da parte
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sua può sconvolgere quel delicatissimo
equilibrio [...] Se, infatti, egli muore di
malattia, la sua anima abbandonerà
necessariamente il corpo in condizioni di
estrema debolezza e spossatezza e, così
infiacchita, continuerà a trascinare un’esistenza languida e apatica in qualsiasi altro
corpo venga trasferita. Invece, uccidendo
l’uomo-Dio si era, in primo luogo, sicuri di
catturarne l’anima uscente e trasferirla in un
degno successore; e, in secondo luogo,
eliminandolo prima che perdesse le forze,
avrebbero sicuramente evitato che il mondo si
deteriorasse come si deteriorava l’uomo. Dopo
la castrazione il Re Sacro veniva mangiato
euristicamente, come testimoniano parecchie
leggende della dinastia pelopide” [...] Robert
Graves è un poeta e romanziere britannico,
ha approfondito lo studio antropologico di
338
James Frazer e la teoria dell’esistenza di un
continuo cultuale in tutti i popoli
indoeuropei.
Ciò che egli scrive, è una lettura un po’ forte.
“Questo Eracle è accompagnato da dodici
arcieri, tra cui il suo gemello armato di
lancia, che è Tanist (parola irlandese che
indica il successore di un re) il suo sostituto,
ed ogni anno celebra il suo matrimonio
silvestre con la regina dei boschi. Il modo
della sua morte può essere ricostruito da
tutta una serie di leggende, usanze popolari e
altre sopravvivenze religiose. A metà
dell’estate, alla fine di mezzo anno di regno,
Eracle viene ubriacato di idromele e condotto
al centro di un cerchio di dodici pietre
disposte intorno ad una quercia, di fronte
alla quale c’è un altare di pietra. La quercia è
339
stata sfrondata fino a farle assumere la
forma di una T. Eracle viene legato all’albero
con funi di salice e con il sistema del
quintuplice legame, che unisce polsi, collo e
caviglie ed è percosso dai compagni fino a
perdere i sensi; poi viene scuoiato, accecato,
castrato, trafitto con un paletto di vischio e
infine, smembrato sull’altare di pietra. Il suo
sangue viene raccolto in un bacile e asperso
sull’intera tribù per renderla vigorosa e
feconda. I pezzi del corpo vengono arrostiti su
fuochi gemelli, di rami di quercia, accesi con
il fuoco sacro che è il fuoco, debitamente
conservato, di un fulmine che ha colpito una
quercia, oppure è ottenuto mediante lo
sfregamento di un trapano di legno di ontano
o di corniolo in un ceppo di quercia [...] I
compagni si nutrono delle carni del re, i cui
resti vengono poi bruciati, eccetto i genitali e
340
la testa che, posti in una barca sono
trasportati su un’isola; altre volte la testa
viene invece conservata per uso oracolare. Il
suo Tanist gli succede per la seconda metà
dell’anno, assumendo dignità di sovrano,
grazie al matrimonio con la regina che
rappresenta la Dea ed all’aver mangiato
qualche porzione sacra del corpo dell’Eracle.
Gli succede a sua volta l’Eracle dell’anno
nuovo, reincarnazione dell’ucciso, che lo
decapita e ne divora il capo. Questa
ripetizione del sacrificio eucaristico conferiva
continuità alla regalità, giacché ogni re era
per un certo periodo il dio-sole amato dalla
dea-luna regnante”.
Graves ci spiega anche il perché la mitologia
parli tanto dei talloni, in particolare quello
di Achille, perché il piede era causa di morte,
in realtà era effetto di vita.
341
“Quando alla morte rituale del re si sostituì il
culto di un re che invece regnava a lungo
senza morire violentemente, la morte venne
sostituita dalla castrazione e azzoppamento
del re. Più tardi ancora, a questi supplizi,
vennero sostituiti la circoncisione e l’uso di
scarpe regali chiamate i “coturni” (degli
zoccoli molto alti). Ecco svelata la
contraddizione. Il Re deve essere integro e
morire, poi deve essere vivo, ma menomato e
infine egli deve solo recare addosso il simbolo
della sua regalità, senza più patire sofferenze
o morte”.