lunedì 13 febbraio 2017

VIAGGIO IN FRANCIA X

 
I catari rifiutavano l’idea di un giudizio universale e di un inferno eterno, essi ponevano la responsabilità nelle mani del credente, il proprio destino di vivere nella gioia o nel dolore era determinato dal proprio pensiero e dalla propria azione. L’essere, uguale a responsabilità, non so come la mettiamo oggi, con l’incapacità di rispondere di ciò che facciamo, si ha paura della responsabilità, si fugge, ma la “colpa” ti segue, ti rimane dentro. In questi casi la Chiesa che ha a cuore tutte le pecore, se c’è pentimento sincero, ti accoglie e ti aiuta a sollevarti per vivere con “leggerezza” (vivere è leggero, anche nelle prove della croce, se si ha Fede in Gesù, nel fatto che Lui non ti abbandonerà mai, aiutandoti anche se tu pensi che non lo faccia, Lui ti aiuta sempre). La procreazione, per i catari, era considerata impura, era tollerata la libera unione senza matrimonio, purché si usassero metodi di contraccezione, (questo mi sembra molto in contrasto con la Chiesa che è sempre per la vita e ama i bambini, come diceva Cristo,… lasciate che vengano a Me); anche gli alimenti che ricordavano l’origine della vita, come la carne, le uova, il formaggio ed il latte, erano vietati a favore di uno stretto regime vegetariano, interrotto da periodi di digiuno purificante. Il suicidio per fame, chiamato “endura”, veniva considerato un atto virtuoso, (e qui proprio non ci siamo con la Chiesa, anche se oggi è molto più tollerante e assolve chi si suicida in un momento di crisi esistenziale, esercitando un sentimento di pietà religiosa, ma certo non assolve chi inneggia al suicidio) massima dimostrazione di fede, perché la morte avrebbe impedito il ritorno nel peccato. Coloro che volevano diventare “perfetti” dovevano rinunciare a tutti i piaceri del corpo e vivere in castità, umiltà e povertà, vestendo sempre di nero e mangiando pochissimo e infine, cosa non da poco, i catari non avevano templi per il loro culto; il loro rigidissimo ascetismo e il loro ardore fecero grande presa sulle folle. La Chiesa romana, con suo orrore, si rese conto che non solo la popolazione ma anche i Signori delle terre del Sud in molti casi sostenevano l’eresia, qua sarebbe successo un pandemonio, come poteva la Chiesa cattolica, con le sue ricchezze e la voglia di comandare e possedere le cose terrene, reggere il confronto con queste idee ascetiche e spirituali? E poi ai Signori del Nord non sarà parso vero incamerarsi le terre dei Signori del Sud, patria della splendida civiltà occitana che in pieno Medioevo precorse il Rinascimento: era la terra dei trovatori che cantavano l’amor cortese, dei giochi floreali, sostenuta dalla potenza e dalle ricchezze dei conti di Tolosa, che venivano, con disprezzo e invidia, chiamati “i re del Mezzogiorno”. C’era anche un motivo in più, per odiare la Linguadoca: questa terra era stata per due secoli seguace dell’arianesimo, poi aveva ospitato tranquillamente Musulmani ed Ebrei, con spirito tollerante. All’inizio la Chiesa usò contro gli eretici metodi pacifici: si pensò di mandare i monaci cistercensi a catechizzare gli abitanti, ma le prediche ebbero un insuccesso totale: gli eleganti predicatori, incarnazione del fasto delle abbazie furono accolti con freddezza, con derisione o con astio dal popolo. Il vescovo spagnolo Diego d’Osma e il suo collaboratore, Domenico de Guzman, escogitarono un nuovo modo di predicare, più semplice e vicino al popolo, nacquero i domenicani, ma il popolo reagì con indifferenza. (Non so perché ma i domenicani, tutt’oggi non sono amati come i francescani, perché ritenuti troppo sapienti e col marchio dell’inquisizione appiccicato, non capisco ciò perché anche i francescani amano lo studio ed operarono nell’inquisizione al pari dei domenicani). E così fu la Crociata… degli invidiosi che non potevano proprio non potevano adeguarsi a vivere in semplicità.

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