Oggi 7 gennaio, giorno festivo dopo il giorno della Befana,
una giornata atmosferica tetra e grigia non piove ma è più scuro della notte,
tutto sembra tinto di grigio. Ieri sono andata a Bologna, quando mi schiodo da
Ravenna e vado in una città metropolitana, mi viene da pensare quanti miliardi
siamo e quanto poco contiamo, siamo così in tanti, magari chissà siamo più
degli animali, degli insetti no, ma delle lucertole o dei cani magari sì. C’è
tanta gente a Bologna, il centro è pedonale e la gente, tantissima fa le vasche
su e giù in mezzo c’è sempre qualche artista di strada o qualcuno strano e una botta di vita tutto questo
te lo dà. Sono andata a vedere una bella Mostra sugli artisti rivoluzionari del
Novecento. Dal 16 ottobre 2017 all’11 febbraio 2018, Palazzo Albergati di
Bologna ospita oltre duecento
opere, tutte provenienti dal Museo di Gerusalemme. Duchamp, Magritte, Dalì, Ernst, Tanguy, Man Ray, Calder e altri sono gli innovatori, coloro
che hanno creato il Surrealismo e il Dadaismo, coloro che si interrogano,
coloro che scandagliano l’inconscio, il proibito, il nascosto, coloro che
giocano e scambiano e cambiano. E non ho voglia di mettermi a fare un articolo
coi tre puntini, cioè precisino ed esaustivo, sto scrivendo una pagina di
diario per rilassarmi perciò vi spiego solo un’opera rivoluzionaria e poco
conosciuta di Duchamp, antesignana di tutta una serie di barzellette e
disegnini sulla topa eufemismo che
sta per qualcosa d’altro in auge tutt’oggi nei social network, senza Duchamp
questa vena ironica maschile mai sarebbe venuta fuori. 1950 circa
Duchamp crea due presine in tessuto
scozzese su una a metà come se uscisse un pisello
maschile, l’altra al centro un quadratino di pelliccetta tipo topetta… incredibile ma vero da lì tutto un
modo di dire che ancora non si è acquietato.
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