Pace, pace, mio Dio!
Cruda sventura
M'astringe, ahimé, a languir;
Come il dì primo
Da tant'anni dura
Profondo il mio soffrir.
L'amai, gli è ver!
Ma di beltà e valore
Cotanto Iddio l'ornò.
Che l'amo ancor.
Né togliermi dal core
L'immagin sua saprò.
Fatalità! Fatalità! Fatalità!
Un delitto disgiunti n'ha quaggiù!
Alvaro, io t'amo.
E su nel cielo è scritto:
Non ti vedrò mai più!
Oh Dio, Dio, fa ch'io muoia;
Che la calma può darmi morte sol.
Invan la pace qui sperò quest'alma
In preda a tanto duol.
6 commenti:
http://www.youtube.com/watch?v=WClMRAlRYk4
..."arte parallela per portare sollievo ai giorni tristi con più Mozart e meno Verdi,cioè se devo soffrire cercherò di alleviare con tutta la grazia e l' ironia delle 9 muse."
F.to TEA
Caro Piero, grazie per il video, ieri con tutte quelle bare , mi bastavano le parole, senza musica, oggi riesco ad ascoltare anche la musica, grazie di avermelo inviato. Con tutte quelle bare, Mozart non riusciva ad allegerire, non riusciva, pensavo al dolore delle madri, e mi veniva in mente solo le parole .......fatalità e.... pace, pace mio Dio.
Sono venuta anche da te , ho letto la poesia ed il commento doloroso che ha lasciato Floriana, ma ieri era il giono degli addii, oggi è il giorno della speranza,oggi mi torna in mente una poesia di Ungaretti .
VEGLIA
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Oggi mi sento miracolata perchè vivo.
Caro Piero, Buona Pasqua e........grazie.
Cara Teo, ti ringrazio della bellissima lirica che hai postato nel commento. Auguro a te e ai tuoi cari di trascorrere una Pasqua serena. E il mio pensiero non può non andare ai tanti fratelli che soffrono. Auguro loro di avere la seranza di ricominciare una nuova vita. La gente d'Abruzzo è forte e tenace e ce la farà, con la solidarietà di tutti noi.
Un abbraccio grande.
annarita
Felici e radiose festivita'.
Vale
Cara Paola, cari amici, oggi mi è giunta assai gradita una email da Pier Luigi. Una magnifica preghiera di pace ed una canzone per l'occasione.
Gli ho risposto così ed è ciò che estendo anche per voi.
È bello l’augurio di pace che si sprigiona dalla preghiera e dalla canzone che ti è piaciuto inviare non solo a me ma anche al resto della ben affiatata cerchia di amici comuni del web.
L’occasione pasquale è propiziatoria della pace ma oggi occorre di più, perché i nostri fratelli dell’Abruzzo non la possono apprezzare. Occorre la consapevolezza che la pace è difficile da ottenere, poiché sulla Terra ci sono molti uomini di governo incapaci di garantirla anche se la promettono.
Per ricambiare alla tua bella email ho pensato di trasmetterti tre pagine di un bel libro del 2005 che è questo: Salam Shalon. Da Venezia a Gerusalemme in bicicletta di Alberto Fiorin, Ediciclo Editore, p. 14,15 e 16.
Si tratta di un viaggio di quattromila chilometri di tredici persone — undici ciclisti, un fotografo e l’autista del mezzo d’appoggio e che fanno parte dell’Associazione Ponti di Pace. È cominciato il primo agosto 2004 e si è concluso dopo 33 giorni.
Questo è il brano che ho estratto dal libro e che è intonato al tuo stesso saluto di pace:
Salam alek
Salam alek, pace a te. Ecco, forse in queste due parole si può racchiudere il significato di questo viaggio in Medio Oriente. Esperienza che verrà condivisa e vissuta per quattromila lunghi chilometri da tredici persone — undici ciclisti, un fotografo e l’autista del mezzo d’appoggio e che fanno parte dell’Associazione Ponti di Pace.
Salam alek. Questa formula di saluto diffusissima in tutto il mondo islamico e diventata proverbiale perfino in italiano, tanto da essere trasformata per paronomasia in salamelecco, che ha acquistato a dire il vero il significato di un complimento eccessivamente cerimonioso.
In quante occasioni capita di sentire tale parola - salam, sholom - in questi paesi! Ogni giorno viene reiterata tante volte, forse troppe perché il significato non ne esca svalutato da un uso ridondante, che ha fatto perdere evidentemente il suo senso originale. Quando si alza la cornetta del telefono per rispondere – sia in Israele che in Palestina – la formula è proprio questa, shalom o salam.
Ma cosa si cela realmente dietro questa frase rituale? Anche l’incip dei notiziari radiofonici e televisivi nei paesi mediorientali è sempre questo, sempre lo stesso, e poi - subito dopo, con apparente cinismo ed evidente dicotomia - vengono snocciolati i bollettini di una guerra non dichiarata ma sotto gli occhi di tutti, uno stillicidio di attentati e sanguinose repressioni, di terroristi e di soldati regolari, di sassi e di muri. In poche parole, di disperazione. Ma regolarmente, ad aprite la trasmissione, risuona quasi beffarda questa parola: pace.
È per cercare di capire questo clima, di respirare questa atmosfera che ci stiamo muovendo verso est; per percepire cosa significhi la parola pace per un croato, un serbo, un turco, un israeliano. È una parola che chiude oppure che spalanca le porte? Quali immaginari nasconde?
Questo viaggio all’insegna della pace vuole in qualche modo andate alla ricerca della capacita di accettare innanzitutto le differenze, trovare l’equilibrio prezioso e delicato della convivenza. Forse la nostra piccola comunità viaggiante – con le sue regole e i suoi ritmi – può costituire un esempio di convivenza esportabile su scala maggiore; quando si ha un preciso obiettivo si riesce a superare ostacoli e difficoltà che in altre situazioni possono apparire insormontabili.
Può sembrare poco, ma è con questo spirito che affrontiamo il viaggio, avventurandoci in luoghi che paiono sordi a questa parola o che la declinano in modi assai diversi.
E partiamo con il desiderio di portare la nostra testimonianza, un messaggio di pace da consegnare alle principali autorità di tutti i paesi attraversati. Quindi anche nei paesi balcanici toccati da guerre recenti e ancora con problemi di convivenza tra etnie e popoli diversi. Poi anche in Turchia, paese proiettato verso il futuro e verso l’ingresso nella comunità europea ma alle prese con un passato che non vuole ancora ammettere e superare, macchiato indegnamente dal dramma del popolo armeno e di quello curdo Ovviamente in Siria, paese splendido dal punto di vista culturale e archeologico ma anche decisamente ostico e ancora poco permeato dalla democrazia, in cui il presidente Assad II è succeduto al proprio padre, che a sua volta ha conquistato il potere con un colpo di stato. Di sicuro anche in Giordania, nazione sconvolta e toccata duramente dal conflitto con Israele ma che sta cercando di uscirne grazie a una storica svolta voluta dal suo carismatico re Hussein, recentemente scomparso, e proseguita dal figlio Abdullah. Il fatto che il quaranta per cento circa della popolazione sia palestinese tiene altissimo il livello della tensione e rende l'idea di quanto la situazione possa essere delicata.
E infine irrinunciabilmente, con forza, in Israele, nelle mani del sindaco di Gerusalemme, perché è proprio lì che vogliamo esprimere l’urgenza, il desiderio, la necessita per noi — semplici ciclisti italiani — e per il mondo intero che si possa scrivere finalmente la parola fine a questo scempio. E di giungere alla pace, che per forza di cose può scaturire solo da un compromesso, per dirla con le parole di Amoz Oz nel suo lucido saggio Contro il fanatismo: «Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c’è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non e integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte. Ma il compromesso deve vedere coinvolte tutte le parti in causa e così si spiega la nostra necessità di recapitare il messaggio.
Salam Shalon
Gaetano
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