Xia, il ragazzo cinese era di una bontà
pazzesca, per lui tutti erano amore, fiore, nuvola, luna, voleva che
tutti fossero buoni, a tal punto che diceva… faccio io il
diavolo, faccio io il diavolo, io faccio schifo, tu no tu bella tu
fiore, tu luna. E Xia faceva proprio il diavolo, facendosi del
male, mangiando con la faccia immersa nel cibo come un cane, non
mangiando per niente, oppure tagliandosi ciocche di capelli, capelli
neri come l’ebano. Marla si era affezionata tanto ai suoi compagni
di viaggio, Xia, in particolare, era un figlio per lei e non avrebbe
permesso che lo distruggessero con i medicinali, che erano talmente
in dose eccessiva, che Xia, barcollava, non camminava, ma ondeggiava.
Non avrebbe permesso che lo lasciassero sporco e lurido, mentre il
personale che doveva dare assistenza stava solo a chiacchierare e a
fare i meeting, come gli stronzi. E soprattutto Xia doveva
mangiare regolarmente, non lasciarlo solo dormire, e portarlo un po’
fuori all’aria aperta. Xia era da più di un mese dentro alla
porcilaia senza mai uscire da questo reparto maledetto, Dio meglio il
carcere! Sempre chiedendo cortesemente, sempre col sorriso sul volto,
come le aveva insegnato il compagno/paziente/filosofo, osservando
tutte le regole, mentre il reparto sembrava che diventasse peggio di
quello che era, riuscì a far sì che lavassero Xia, gli tagliassero
le unghie, lo assistessero ai pasti, e chiamassero,una persona da
fuori, un volontario, che lo avrebbe portato fuori. L’aria
balsamica avrebbe fatto meraviglie per Xia, aveva diciannove anni,
avrebbe fatto presto a riprendersi, in quanto alle medicine che gli
somministravano, Xia sapeva di certo cosa fare, Xia era troppo buono
e molto giovane ma aveva la saggezza e la scaltrezza del Buddha.
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