Non starò a soffermarmi sui dati tecnici, che sono sempre
assai importanti, ma sull’idea di fare di un volto un appartamento (1934/35). Salvador
Dalí ha fatto questo lavoro, di cui vedete le immagini, su una foto di giornale
dell’attrice Mae West, un’icona degli anni ’20 per poi realizzare realmente la
stanza (1947) che io ho visto riproposta alla mostra di Palazzo Albergati a
Bologna. Per Salvador Dalí, Mae ha rappresentato un modello femminile di
bellezza, di cui senz’altro Dalì ne apprezzava anche l’ironia, l’attrice era
famosa per le sue ironiche battute… hai
una pistola in tasca o ti stai eccitando vedendomi? Usando il suo
metodo paranoico-critico, Salvador Dalí crea una scena realistica dalla
fotografia dell’attrice. Adesso la paranoia è fatta di pensieri distorti e
sbagliati non voluti, meglio sarebbe
dire che Dalì immagina e poi realizza sogni, perché questo è un sogno non un
incubo. I tratti del viso di Mae diventano
mobili e motivi ornamentali, gli occhi sono le finestre sono delle immagini e
infatti gli occhi fotografano ciò che vediamo, il naso diventa un camino ed
infatti ha le canne pelosette e quindi scure come un camino.
I capelli di Mae diventano tende e la nostra capigliatura è il nostro velo, che
incornicia il volto. Le labbra di Mae diventano quel divano rosso che è
diventato un’icona del design, come poteva non essere? Le labbra sono morbide e
cuscinose, invitanti e carnose e i baci rilassano quindi è azzeccata l’idea di
un sofà. Ecco che la magia di Dalì è svelata… quanta fantasia, quanta
intelligenza, quanta conoscenza? Tanto di tutto ciò. E’ per questo che il
ritratto a collage o la stanza attraggono e piacciono, c’è fantasia, c’è gioco,
ma sotto sotto c’è tanta analogia, tanta similitudine… alla fine questa Mae
West/appartamento non è altro che una fiaba realizzata.
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