L’immagine dell’Elefante
appare per la prima volta nei quadri di Dalí nel 1941,
nel dipinto Sogno Causato dal Volo di un’Ape, per poi
incarnarsi come simbolo nel famoso dipinto dell’artista del 1946, La
Tentazione di Sant’Antonio che
vedete nell’immagine. Nel deserto appare piccolo e indifeso e nudo Sant’Antonio
che si difende alzando una croce, da un cavallo imbizzarrito e da una teoria di
elefanti che stanno trasportando le tentazioni. Il cavallo è associato alla
pazzia, mentre le tentazioni sono raffigurate simbolicamente, con la donna
lussuriosa, la piramide, il palazzo, la torre tutto ciò che riguarda i sensi
sia erotici che quelli legati alla ricchezza e al potere. Gli elefanti di Dalí hanno zampe lunghe
e sottili, che accentuano il contrasto tra la robustezza e la
fragilità, gli elefanti in tacchi a spillo, gli elefanti leggeri che si muovono
come ballerine con le gambe lunghe come quelle degli insetti. All’età di cinque
anni Dalí vide un insetto mentre veniva divorato dalle formiche, del quale non
rimase nulla, eccetto il guscio. Le formiche nei dipinti e nelle sculture di
Dalí fanno riferimento alla morte e al declino, ricordano la mortalità
dell’essere umano, rappresentano anche il desiderio sessuale. Forse allora
Dalì vuole accentuare quanto peso delle passioni sia deleterio, forse vuole
rendere paradossalmente ancora più pesanti gli elefanti ma a me non fanno quest’effetto.
Questi elefanti leggeri mi intrigano perché Dalì usa le basi della pittura, per
dare rilievo per dipingere qualsiasi cosa si gioca col contrasto del
chiaro/scuro ebbene con gli elefanti Dalì gioca sui contrasti, alla pesantezza
degli elefanti oppone un’inusuale loro essere lievi, dotandoli di lunghe e
filamentose zampette facendoli diventare degli insettoni, creando dei nuovi animali che ci paiono assai
indovinati. Questo dipinto è realistico anche se irrealistico, dipinto con
eccellente tecnica, ma è l’idea nuova che ci cattura… quella degli elefanti
ballerini.
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